Anime & Manga > Card Captor Sakura
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Autore: micia95    03/06/2012    3 recensioni
Antico Medioevo. Tomoeda è divisa in quattro regni pacifici, ma un re malvagio e assetato di potere cercherà di conquistarla tutta. L’ultima principessa in grado di fermarlo è scomparsa. Si riuscirà a ritrovarla prima che il mondo intero cada nel caos più completo?
Una classica storia fantasy, con amori, magia ed esseri magici.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LA MISSIONE

Correva il più velocemente che le gambe le permettevano. Non sapeva da quanto tempo correva; forse secondi, minuti o addirittura ore. L’unica cosa certa era che doveva andare più veloce e seminare i suoi inseguitori. Le davano la caccia da quasi tre mesi ormai. All’inizio aveva pensato che fosse divertente e aveva accolto l’inseguimento come una sfida, ma adesso essere continuamente braccata le pesava. Le pesava dover controllore ogni propria mossa senza concedersi un attimo di tranquillità. 
Quel mezzogiorno aveva trovato un luogo perfetto per nascondersi e riposarsi: il boschetto vicino al lago, aveva anche decisamente bisogno di fare un bagno. “In fondo, chi mai verrebbe in un luogo del genere a mezzogiorno?” si era domandata. Così si era spogliata e si era gettata nell’acqua fresca. Sarebbe stato tutto perfetto se non fosse stato per quel ragazzo, quello Shaoran. L’aveva vista e questo le dava immensamente fastidio. Come si permetteva di sbirciare una ragazza che faceva il bagno? Questo era quello che aveva pensato subito vedendolo in riva al lago; poi si era accorta che era un ragazzo timido e che non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. L’aveva spiato mentre parlava con il cavallo. Aveva subito pensato che fosse un po’ pazzo, parlare con un cavallo non era certo considerabile come “cosa normale”. Poi però aveva capito che doveva sentirsi solo e che aveva bisogno di parlare con qualcuno; doveva essere in viaggio da molto tempo, aveva dedotto. Come lei d’altronde, ormai non ricordava più l’ultima volta che si era intrattenuta in una piacevole e pacata conversazione con qualcuno.
Aveva sentito che parlava di lei al cavallo, diceva che era bella. La giovane aveva sentito il cuore accelerare i battiti ed  era arrossita, era un sacco di tempo che non riceveva un complimento. In quel momento aveva deciso di aiutarlo regalandogli quei vestiti che lei non avrebbe mai messo, poiché le erano troppo larghi e non era capace nè di cucire né di rammendare.
Avevano poi parlato e lei si era quasi pentita di averlo preso in giro con quel “…anche tu sei bello”. Però non poteva negare che le piaceva il viso rosso e imbarazzato di quel ragazzo.
Saltò un tronco d’albero caduto probabilmente a causa della tempesta di qualche giorno prima. Poi inciampò e cadde a terra, rotolò e si ritrovò nel letto asciutto di un fosso. Si arrabbiò con sé stessa per essersi distratta a pensare a quel tizio, si arrabbiò con Shaoran per aver preso possesso dei suoi pensieri e si arrabbiò di nuovo con sé stessa per aver sporcato il vestito che aveva appena lavato e ovviamente in quel momento il bagno che aveva fatto era appena stato vanificato. In più durante la caduta si era graffiata la faccia e le mani ma fortunatamente i vestiti non si erano strappati. Tentò di rialzarsi ma si rese conto di avere il fiatone e di avere ogni singolo muscolo del corpo indolenzito. Decise di rimanere lì sdraiata a prendere fiato, sperando con tutta sé stessa che i suoi inseguitori superassero quel fosso senza accorgersi di lei.
Rimase rannicchiata in quella posizione per ore. Vedeva l’intero sottobosco: arbusti e piantine rigogliose e completamente fiorite; i tronchi marrone scuro degli alberi che s’innalzavano di parecchi metri sopra la sua testa e che erano cresciuti ai bordi del letto del fosso. Vide gli abitanti del sottobosco, soprattutto insetti; osservò una colonia di formiche che si procurava il cibo, che “combatteva” per difendere il proprio territorio e che infine si ritirava nella sua tana.
Decise finalmente di muoversi da quella scomoda posizione solo quando sentì il richiamo dei gufi e degli altri uccelli notturni. Quello fu l’unico modo per capire che il sole era tramontato perché il bosco era fitto e non lasciava filtrare abbastanza luce da capire in quale fase della giornata ci si trovasse. 
Si alzò, e lentamente e cautamente risalì il breve pendio dal quale era caduta. Si guardò intorno e usando quel poco di stelle che riusciva a scorgere, riuscì ad uscire da quel bosco in un tempo relativamente breve.
Era quasi l’alba quando avvistò un pennacchio di fumo all’orizzonte: doveva esserci per forza un villaggio. La ragazza ne fu rallegrata e sollevata; per la notte successiva avrebbe dormito all’asciutto su un letto caldo e mangiato cibo non freddo, magari una minestra.
Arrivò all’entrata del villaggio che non era più da sola, con lei c’erano alcuni mercanti, probabilmente intenzionati a vendere la loro merce al mercato del villaggio. Le piaceva stare in mezzo alla gente, sentire il frastuono delle voci, le risate dei bambini e le chiacchiere della gente. Era da sempre stata una ragazza riservata, ma non per questo timida e la compagnia di gente anche sconosciuta la faceva sempre sorridere sotto i baffi.
“Fermate quella bambina!” sentì urlare da una donna, poi sentì qualcosa, o meglio qualcuno, venirle addosso. Bloccò quella persona e si accorse che si trattava solo di una bambina che doveva avere circa otto anni.
“Ehi, piccola, che succede?” le chiese gentilmente vedendo lo sguardo spaventato della bimba. 
“Succede che è una ladra!” sbraitò un donnone tutto sudato e con un foulard legato in testa.
“E’ vero, piccola?” continuò gentilmente la giovane. La bambina la guardò con due grandi occhioni scuri e alla ragazza fece una tenerezza tale che la invitò a restituire la mela rubata promettendole che l’avrebbe accompagnata a fare la spesa.
“Non si ruba, hai capito?” la rimproverò gentilmente ancora inginocchiata di fronte alla piccola.
“Sì” disse quella con una vocina minuscola.
“Su con la vita! Non è successo niente! Come ti chiami? Io Sakura” le disse allora Sakura tendendo la mano alla bimba che la afferrò, ed iniziando a camminare.
“Maria… Quanti anni hai?” cominciò a chiedere la bambina incuriosita.
“Sedici, e tu?” 
“Quasi nove!” disse fiera Maria.
“Dai, adesso andiamo a fare la spesa e poi t’insegno come si fa il pane, d’accordo?”
“Sì, sì, sì!” esclamò la bambina saltellando e battendo le mani.

 

Un’ora dopo Sakura entrò in una casa fatta di legno con tetto di paglia a un solo piano. 
“Maria! Era ora che tornassi! Tua cugina è venuta a cercarti e ho bisogno di una mano con tua sorella Anna!” esclamò una donna dalla pelle chiara entrando nella stanza in cui si trovavano Maria e Sakura.
“Oh” disse allora la donna, che Sakura pensò essere la madre di Maria, quando si accorse della ragazza.
“Ti presento Sakura!”
“Molto piacere” disse Sakura educata e chinando leggermente il capo.
“Piacere mio. Maria vai a controllare Anna. Subito” disse poi la madre rivolta alla figlia che si dileguò nella stanza accanto.
Quando la figlia se ne fu andata, la donna cominciò a parlare “Mi dispiace se Maria ha fatto qualcosa, ma vede, sono sola, non è facile badare a due figlie e alla casa.” Sarebbe andata avanti se Sakura non l’avesse fermata “Oh, non si preoccupi! Sua figlia non ha fatto niente e poi l’ho accompagnata a fare la spesa, poi, se permette, le insegnerò ad impastare il pane”
“Oh, allora aspetti che le dia i soldi per la spesa…” disse la donna girandosi e cominciando a cercare il borsellino tra le pieghe dell’abito scuro che indossava.
“No, no, no, non ce n’è bisogno, dico davvero!” si affrettò ad aggiungere Sakura, non aveva mai avuto intenzione di farsi pagare, per lei era stato divertente e in più aveva aiutato la gente di quel paese.
“D’accordo allora… Non mi sono neanche presentata!” esclamò allora la donna battendosi una mano sulla fronte “Mi chiamo Mihaki” poi tese una mano che Sakura afferrò e strinse gentilmente.
“C’è qualcosa che posso fare per te?” disse Mihaki voltandosi e sistemando il tavolo della cucina. Solo allora Sakura si concesse il lusso di esaminare la casa. Era una casa misera, si vedeva che la famiglia che vi abitava era povera e che faceva fatica a mangiare tutte le sere. Sakura si accorse che sia sull’unica sedia che sugli unici due tavolini che ornavano la casa spoglia, vi erano solo indumenti femminili. Sakura sentì il petto stringersi in una morsa pensando a quelle due bambine senza il padre; la madre si doveva sacrificare molto per le figlie. Nonostante la vedesse di spalle, aveva subito notato che era molto magra; il viso scavato e stanco; la pelle chiara; sembrava quasi una malata. Sebbene questi fossero i tratti predominanti di quella figura, Sakura intuì che doveva essere stata una donna molto bella e attraente che si faceva guardare dagli uomini prima che la sfortuna si abbattesse sulla famiglia.
“Se per voi non è un problema, mi poteste ospitare per questa notte?” chiese Sakura titubante. Non le sembrava giusto privare quella famiglia così povera di un letto e un pasto caldo. Ma purtroppo non sapeva dove altro andare; la locanda del paesino era chiusa, l’aveva notato facendo un giro del villaggio e chiedendo alla piccola Maria.
“Certo, cara! Sei la benvenuta!” disse la donna.
“Grazie. C’è anche un’altra cosa che vorrei chiedervi. C’è un posto appartato dove possiamo parlare?” chiese Sakura spiando dalla porta e dalle finestre che nessuno le stesse sentendo.
La donna annuì curiosa e le indicò una porticina vicino al lavabo. Sakura e Mihaki sbucarono in una stanzetta che solitamente veniva usata come deposito di legna. Quella stanzetta, invece di essere adibita a deposito, era arredata con un tavolo e una sedia e uno scaffale sulla parete di fronte alla porticina. Sul tavolo erano appoggiati un calamaio, un pergamena mezza scritta e una piuma d’oca. Sakura si stupì, non pensava che una famiglia così povera potesse disporre di uno studio, seppur modesto come quello.
“Leggere e scrivere erano la passione di mio marito. Ha insegnato a leggere e a scrivere a me e a Maria. Prima che partisse per quella stupida campagna a Nord. Spesso la sera si sedeva a questo tavolo e componeva poesie per me e Maria, poi ce le regalava al compleanno. Non fece mai ritorno da quella campagna. Un incendio qualche anno fa ha distrutto tutto il villaggio, sono riuscita a salvare solo queste poche cose.” Mentre parlava aveva fatto il giro del tavolo sfiorandolo con le dita e aveva fatto vagare gli occhi sullo scaffale persa nei suoi ricordi.
“Scusami, mi sono fatta prendere dalla malinconia” disse Mihaki asciugandosi gli occhi che erano diventati umidi al ricordo del marito morto. 
“Dimmi pure. Qui nessuno ci sentirà” disse poi alzando lo sguardo.
Sakura esitò un attimo, poi disse “Ci sono persone con poteri magici in questo villaggio?”
Mihaki s’irrigidì e, mentre sfilava un pugnale dalla manica dell’abito e lo puntava contro Sakura, disse “Chi sei? Cosa vuoi?” la sua voce era allarmate e nonostante il pugnale puntatole contro, Sakura non si scompose. 
“Non sto con il re.” Disse semplicemente.
“Se anche fossi una di loro, diresti così.” 
Sakura allora, disse “Allo scoccare dell’Ultima Mezzanotte...
…nel Circolo Infinito del Cielo…” rispose Mihaki.
…il cristallo puro brillerà in tutto il suo splendore” finirono le due insieme.
“Scusami, ma abbiamo dovuto prendere delle precauzioni negli ultimo tempi, ci sono molte spie che girano nel Regno”
“Sì, lo so, hai fatto bene. Potresti rispondere alla mia domanda?”
“Mia figlia, e sua cugina. Sono le ultime. Anni fa vennero a prendere mio figlio maggiore, le probabilità che anche la sorella possedesse poteri magici erano piuttosto basse, così non sono più tornati. Abbiamo fatto di tutto per proteggerle.”
“Tieni” le disse Sakura porgendole una pergamena che aveva preso dalla bisaccia che aveva con sé.
Mihaki la srotolò e vide che conteneva incantesimi.
“Dove l’hai presa, l’hai rubata?” chiese titubante e appoggiando la pergamena sul tavolo.
“Non sono una ladra. L’ho presa in prestito, l’ho copiata e l’ho rimessa al suo posto. Ma…” Sakura fece una smorfia “…qualcuno ha parlato. Non ti fare scrupoli, se te la trovassero di’ pure il mio nome. Fai qualunque cosa per proteggere la tua famiglia.”
Mihaki stava per ribattere, ma Sakura la fermò con un gesto della mano la fermò. “Non fare promesse che non puoi mantenere” Poi sorrise e disse “Comunque io ne farei più copie se fossi in voi”
“Lo faremo sicuramente. Ci hai fatto un dono prezioso.”
Sakura alzò le spalle e sorrise alla donna e che rispose sorridendo a sua volta.
“Hai per caso una mappa?” le chiese poi. Mihaki si voltò e prese una delle poche pergamene sugli scaffali e la porse a Sakura.
La ragazza prese la mappa e la stese sul tavolo fermandone gli angoli con il pugnale dal pomolo rosso che portava con sè, con il pugnale della donna, con la sua bisaccia e la sua mano. Osservò a lungo la mappa.
Sulla cartina erano rappresentati quattro regni, in realtà solo in tre di essi vi era un re poiché il regno che si trovava a nord era minuscolo e non vi erano insediamenti umani. Gli altri tre regni erano a forma di triangolo, con la base larga e le punte che s’incontravano in un punto detto semplicemente l’”Incontro”. Si diceva che in questo luogo non ci si trovasse in alcun regno poiché era il punto di congiunzione dei tre. A ovest vi era il mare, ma al di là di questo nessuno sapeva cosa ci fosse; a sud-ovest un vasto deserto chiamato “Deserto del Milione” perché si raccontava che un milione di uomini si fosse perso in quel luogo caldo e assolato; a est invece si estendeva un fitto bosco di pini chiamato “Matsu”1 in onore degli alberi che lo componevano. 
Sakura conosceva le storie che si raccontavano sulla terra di Tomoeda: i primi uomini erano venuti dal mare con il grande mago Clow Reed a capo della spedizione. Clow Reed e la sua flotta di navi avevano vagato per lungo tempo nel mare e alla fine avevano trovato quella terra che era stata battezzata con il nome della terra natia. Gli uomini si erano insediati e avevano costruito città e villaggi, poi i figli del mago si erano allontanati per creare altri regni: quelli che poi sarebbero stati chiamanti del Sud e dell’Est. I regnanti perciò discendevano tutti da questo mago e si raccontava che lui e i figli avessero poteri magici.
Sakura passò ad osservare con più attenzione i regni, le era capitato solo altre due volte di poter vedere una cartina così dettagliata e non ricordava quasi più niente di quelle esperienze.
A Nord c’erano le montagne. Non avevano un nome perché nessuno era mai riuscito a scalarle, ma il luogo era generalmente chiamato “Immobile”. Erano pochi i villaggi sulle loro pendici e le persone che decidevano di viverci. In effetti non era il luogo migliore per vivere. Era inverno quasi tutto l’anno e per i pochi mesi che non nevicava, soffiava un vento gelido e impetuoso.
A Ovest sorgeva il Regno di Kuma, il regno in cui si trovava e da cui stava fuggendo. Il suo re era crudele, i suoi modi facevano soffrire gli abitanti che non erano ricchi e favoriva solo i nobili. I commerci e gli scambi via mare erano intensi solo con le città sulla costa del regno, mentre i commerci con gli altri regni, come i contatti, erano scarsi. Nell’ultimo periodo, però, giravano voci secondo le quali il regnante aveva deciso di conquistare gli altri regni e autoproclamarsi imperatore. La capitale era Hanoko.
A Est si estendeva il Regno di Chiaki, il regno con la grande foresta. Qui si viveva una vita tranquilla e il commercio del legname era fiorente anche se negli ultimi anni la grande foresta si era ridotta notevolmente. La capitale era Nashiyo.
A Sud vi era invece il Regno del Aldelail, il luogo dove era diretta, la sua missione in parte consisteva nel raggiungere il Re Touya e informarlo sugli ultimi avvenimenti del Regno di Kuma. Il Regno di Aldelail era pacifico, tranquillo e con un clima favorevole, la sua capitale era Mamiya.
Il nome dei regni era il nome dei figli di Clow Reed che li avevano fondati, mentre quello delle capitali era il nome dei nipoti del mago.
Sakura contemplò la distanza che ancora la sparava dal confine con il regno di Aldelail e sospirò, ci avrebbe impiegato molto tempo e se tutto fosse andato bene, calcolò, sarebbe arrivata a metà dell’inverno, se poi doveva contare tutti i possibili contrattempi, sarebbe arrivata all’inizio della primavera.. Cercò anche di memorizzare i nomi delle città che avrebbe potuto incontrare e cercò il percorso più breve e lontano dalle città per raggiungere il regno del Sud.
“Quando arrivi nella città Misoji, cerca Sato, le ti darà una mano” le consigliò Mihaki.
“Grazie” rispose Sakura sbadigliando.
“Oh, sarai stanca! Vieni!” Mihaki la condusse in una camera e le disse che avrebbe potuto dormire quanto desiderava. Sakura le sorrise riconoscente, aveva proprio bisogno di dormire un po’. Mihaki rispose al sorriso e sorrideva ancora quando chiuse la porta alle sue spalle.
Sakura si infilò nel letto con ancora stampato in mente i sorrisi di Maria e Mihaki. Era per vedere sorridere quelle facce sempre tristi che Sakura aveva deciso di partire per quel viaggio. Quella era la sua missione.




1= Matsu significa pini in giapponese
Vorrei ringraziare ScheggiaRossa, KuroCyou e LaDesy che hanno recensito il capitolo scorso e quei coraggiosi che hanno deciso di seguire e leggere la mia storia. Vi do un consiglio: quella sottospecie di “poesia” che recitano Sakura e Mihaki non dimenticatela e anche e fa veramente pena sarà bene ricordarsela più avanti. Per quanto rigurada il resto del capitolo è ancora tutto molto misterioso anche se si scopre qualcosina in più sulla ragazza, ma pian piano si capirà tutto. Un’altra cosa: i nomi sono assolutamente inventati. Sebbene mi piacerebbe non posso promettere che tutti i prossimi capitoli siano della stessa lunghezza di questo.

 
  
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