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Autore: Alelea    21/12/2006    4 recensioni
Prende come ambientazione il mondo dei cavalieri dei draghi descritti da Paolini ma i personaggi sono quasi tutti inventati. Questa è la storia di un amore tra un cavaliere umano ed una bellissima elfa.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La fine di un sogno

Amroth stringeva con dolcezza il corpo di Anie, i suoi occhi erano spenti e vuoti come se avessero appena perso la loro luce. La morte della donna tanto amata gli aveva provocato un shock terribile dal quale, ne era certo, non avrebbe mai potuto riprendersi.

Cos’era la sua vita senza di lei?

Galbatorix osservava la coppietta immobile, senza curarsene più di tanto Amroth adagiò lentamente Anie a terra e le lanciò un ultimo dolce sguardo, il volto dell’elfa sembrava inspiegabilmente sereno. Il cavaliere riprese la spada e, con il volto rigato dalle lacrime, si avventò contro Galbatorix. Tanto era l’odio che portava nel cuore e tanta era la voglia di sterminare il nero cavaliere ed i suoi seguaci che gli avevano tolto il suo mondo.

Non ci sarebbe stato nessun perdono, nessuna redenzione.

La spada argentea cozzò violentemente contro quella di Galbatorix e mille scintille purpuree schizzarono nell’aria. La tensione era altissima ed i due contendenti sembravano, ora, più motivati che mai.

Con un balzo felino Galbatorix si allontanò di poco da Amroth, tenendo però sempre gli occhi e la spada puntati verso di lui. Amroth notò con la coda dell’occhio Ardyador, il suo drago, avvicinarsi ad Anie e dargli l’ultimo addio, sfiorando con il suo muso la fronte della donna; per poi tornare all’attacco.

Galbatorix era decisamente superiore ad Amorth che, da quando si era procurato una profonda ferita magia sulla gamba sinistra, non aveva più potuto combattere seriamente e si era quindi dovuto dedicare all’insegnamento.

Galbatorix in azione era formidabile, calibrava bene potenza e precisione; si muoveva velocemente e colpiva con una forza inaudita, schivava poi tutti gli affondi con una facilità che aveva poco di umano.

Amroth sapeva che se voleva vincere doveva escogitare qualcosa di geniale, altrimenti non aveva nessuna speranza contro il nero cavaliere. L’umano si slacciò il collo della tunica ed osservò con aria di sfida l’avversario mentre pensava ad un modo per batterlo.

Cosa avrebbe fatto Anie al suo posto?

Impugnò con foga la spada argentea e ripartì all’attacco, questa volta i suoi gesti erano meno violenti e più calibrati; non tentava più di sfondare le difese del suo avversario con la sola forza fisica che, sapeva, non era sufficiente contro un guerriero abile come Galbatorix. Questa volta si concentrava più su movimenti ben calibrati che potevano, con un po’ d’astuzia, trovare un varco in quelle difese che sembravano impenetrabili.

I due piroettarono per un po’ sul suolo ghiaioso senza esclusione di colpi, Amroth rischiò, per parecchie volte, di venire colpito ma riuscì a conservare la calma sufficiente per portare avanti il duello alla pari.

Fu con un gesto fulmineo che l’umano, inaspettatamente, schivò un fendente di Galbatorix per poi colpirlo pesantemente in una gamba lasciando scorrere il sangue con aria soddisfatta.

Il duello continuò pesantemente per molti minuti, forse ore. Spesso Amroth si ritrovava a pensare a suo fratello Gildor, chissà cosa stava facendo, chissà se stava bene.

Ad un certo punto, mentre i due combattevano Amroth fu colpito in volto da un incantesimo oscuro e cadde nella ghiaia, ansante.

“Questa è la vera forza” lo derise Galbatorix puntandogli la spada contro

Amroth si rialzò a fatica, l’incantesimo che lo aveva colpito sembrava avergli consumato le forze, puntò la spada contro il nero cavaliere e per un attimo non udì nulla poi il dolore prese il sopravvento. Era un dolore terribile, straziante, seguito da un urlo, non un urlo umano.

Tutto sembrò farsi buio accanto ad Amorth mentre Galbatorix estraeva la scura spada dal corpo dell’umano per poi voltarsi ed allontanarsi zoppicando.

Amroth riuscì a vedere Ardyador, il suo drago, cadere a terra privo di forze.

(Ardyador.. mi dispiace. Sei stato coraggioso ed hai lottato bene ma..)

sussurrò il cavaliere

(No Amroth non scusarti. Sono contento di aver vissuto al tuo fianco)

(Grazie amico mio)

I due si guardarono per quegli interminabili ultimi attimi finché il buio non prese il sopravvento. Amroth, poco prima, allungò la mano sfiorando qualcosa, poi chiuse gli occhi e non scoprì mai che quella che aveva appena afferrato era la mano di Anie.

A quelli che, poco dopo, si ritrovarono la scena di fronte, i due amanti non poterono che infondere un sentimento di tristezza infinita. Se ne stavano immobili, distesi sul terreno aspro con le mani unite come da un filo invisibile che mai avrebbe potuto spezzarsi.

Sui loro volti non traspariva nessun segno di sofferenza, come se avessero deciso di addormentarsi; questo loro sonno eterno lo avrebbero compiuto assieme e questa volta ne erano sicuri, nessuno li avrebbe più potuti dividere.

  
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