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Autore: Yuchimiki    03/06/2012    4 recensioni
Ho sempre cercato di farmi i fatti miei, di non legare con nessuno, stavo bene da me. I miei obbiettivi mi bastavano ed avanzavano.
Lui è stato un incidente di percorso.
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hisoka, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Potete sbranarmi, farmi a brandelli, ma prima leggetevi la storia e ne riparliamo in seguito, va bene? 
HunterXHunter non mi appartiene.

Buona lettura!

 

He deals the cards as a meditation
And those he plays never suspect
He doesn't play for the money he wins
He doesn't play for the respect...

He deals the cards to find the answer
The sacred geometry of chance
The hidden law of a probable outcome
The numbers lead a dance…
 




Un brivido le percosse la schiena, non che lo fece notare, ovvio.
Quel… clown, la metteva a disagio, in particolare il modo in cui la guardava da capo a piedi, neanche fosse una bambolina in svendita.

“Beh, sa com’è, con una ferita al braccio ci s’impiega ad arrivare al duecentesimo piano.” Ma del resto, cosa poteva farle a quel punto?  Con la lesione rimarginata e soltanto un ricordino bianco a rammentarle di stare più attenta, era certa di potersi difendere, anche se…
Rovistando nella borsa a tracolla, tirò fuori il completo che qualche settimana prima al suo risveglio aveva preso in prestito, impacchettato e lavato fresco di lavanderia. Certo, quella volta ce ne aveva messo di tempo a trovarsi qualcosa della sua misura! E in particolare di decente.
Quel completo in particolare era stato riposto proprio nel fondo dell’armadio; aveva un piacevole gioco di verdi e neri, con contorni a volte rossi, a volte gialli. Tuttavia, per quanto le fosse piaciuto, si era sentita strana conciata in quel modo, infatti, appena aveva acquistato dei vestiti di suo gusto, quelli li aveva mandati in lavanderia seduta stante.

Accomodato in quella posa, mentre giocherellava con delle carte da poker, prese la busta porta quasi con… appagamento?  
“Oh, il mio completo preferito… peccato non mi stia più, davvero un peccato.” Non le sembrava sinceramente dispiaciuto.
Anche se non aveva idea di come avrebbe reagito e non poteva importarle di meno, quel modo di fare le rammentò qualcuno. Non si lasciò impressionare per molto.

“Beh, non posso far altro che ringraziarla.” Fece un mezzo inchino che ai tempi della sua infanzia le avevano insegnato a fare come gesto di gratitudine, tipico della sua gene, ma non come segno di sottomissione.
La sensazione di disagio non era mutata, costringendola infine a muoversi, a sottrarsi a quello sguardo che aveva qualcosa di malato in sé.

“Ora, se non le dispiace, dovrei andare a iscrivermi. È stato un piacere.” In un primo momento il suo volto parve acconsentire, poi, quando stava per andarsene, si sentì tirare una mano. Intuì cosa fosse e dopo un momento di sorpresa iniziale attivò l’En, ritrovandosi nuovamente quella robaccia rosa addosso, come aveva sospettato del resto. Non le erano mai piaciute le gomme.

Il filamento rosato che intravide era attaccato all'estremità dell'indice di Hisoka, che ci giocherellava compiaciuto, mentre tutte le altre estremità erano appiccicate alle dita di Esther, che parevano irritarsi al solo contatto.
Proprio prima che potesse tirarla nuovamente a sé, con un fluido gesto infranse quella robaccia con l'altra mano, intrisa di Nen.
"Combatti con me." Non si era fatto tanti problemi nell'esprimere un proprio desiderio. Non conosceva nemmeno il suo nome! Il sangue le ribolliva. Intuiva fin dall'inizio che c'era qualcosa di totalmente sbagliato in lui, ma fino a quel punto...

La posa di Esther e lo stato di allerta lasciavano chiaramente  intendere che proprio non si fidava di lui. In quel breve istante si ricordò quel pensiero di tre settimane prima su quel salvataggio assurdo: uno, chi l’aveva curata aveva intanto qualche rotella fuori posto, ma qui la cosa passava a tutto un altro livello!

"No." Rispose, seccata dal comportamento di quell'uomo, che sembrava pronto a saltarle addosso in quel preciso istante tanto emanava Nen. La risposta parve infiammarlo ancor di più e ci mancava poco, ma così poco che lo facesse per davvero che il Nen le si radunò automaticamente nei pugni, prima che potesse addirittura pensarci. Per fortuna la vita parve avere altri piani per lei quel giorno.

"Signorina? Signorina Esther! Ma insomma, non si ricorda cosa è successo due anni fa? Questa è la sua seconda e unica possibilità, quindi si muova!" Oh, Martha... guardò la ragazza dalla chioma rossa che a passi decisi le veniva incontro, lasciandola un po' perplessa e stralunata, mentre Hisoka sembrava annoiato per l'intrusione e incuriosito per aver scoperto il nome della donna davanti a sé.
"Esther... " Tuttavia, la donna in questione era troppo intenta a pensare ad altro per sentire Hisoka pronunciare il suo nome con malizia, sarebbe stato capace di farle venire nuovamente i brividi.

Infine, la rossa afferrò Esther per un braccio, quello buono, tirandosela dietro. Ringraziò il signore che almeno qualcuno avesse un po' di tatto in quel posto. "Va bene. Vengo, vengo… " Però questa non poté far a meno di girarsi mentre si arruffava i capelli, ripensando a quando aveva passato una giornata simile l’ultima volta.
"Beh, è stato un piacere. Ci si vede in giro, giullare." Gli fece un cenno, dileguandosi tra i corridoi, mentre l'altro attendeva le sue giovani prede in procinto di tornare.





Per qualche strana ragione era rimasta sveglia anche dopo un rilassante bagno in acqua calda, capace di rinvigorire un morto a quanto ne sapeva lei. Di libri non ne aveva, e di usare la connessione non se ne parlava neanche, i prezzi erano stratosferici in quel posto.
Così, nell'insonnia si era seduta davanti al muro che era una vera e propria finestra, a osservare la città e le sue sfumature, attendendo l'alba e le sue tinte incandescenti.
Di certo non si sarebbe aspettata di sentir qualcuno bussare alla sua porta a un’ora così tarda. La presenza era forte, ma sembrava che nascondesse l'aura.

In quella città faceva sempre particolarmente caldo, anche se in confronto ai deserti che era solita visitare quell'afa era niente. Quindi, per quanto potesse apparire strano, era interamente vestita, con dei pantaloni cargo verdi e una maglia a collo alto nera, senza maniche. Ne aveva a palate di combinazioni simili.  

Però, quello che davvero non si aspettava era di ritrovarsi un clown con gusti alquanto ambigui davanti alla porta, con un sorrisetto tutt'altro che rassicurante. Si sarebbe data uno schiaffo in faccia se non fosse sicura che fosse davvero Hisoka.
"Buonasera, o forse dovrei dire buongiorno?" Il giullare non aveva la più pallida idea di quanto una voce tanto sdolcinata potesse darle noie, le ricordavano una persona in particolare che avrebbe preso a calci con molto piacere. Ma, tornando al presente, si diede una regolata. Quello era uno sconosciuto, non l’altro, che invece conosceva da una vita.

Si costrinse a spegnere il fuoco. "Dipende dai gusti, ma sta per salire il sole, quindi deduco che buongiorno si adatti di più. Posso esserle d'aiuto?" La soprese che nonostante l’ora fosse vestito e truccato di tutto punto, mentre lei nemmeno si degnava di toccare quei trucci che le donne che la incontravano le regalavano, rimanendo lì a marcire infondo a un cassetto dimenticato, lontano da quel luogo. Ma questo non stava a significare che fosse brutta, solo non le piaceva l’idea di impasticciarsi la faccia con roba poco consigliabile, scomoda per di più.
Dopo averlo guardato in volto per due minuti belli buoni, tutto con suo sommo piacere di Hisoka, Esther tornò sulla terra.
“Oh, ma cosa sono tutte queste formalità? Posso entrare?” Quello che Hisoka non si aspettava è che lei fosse diffidente per natura, fino a quel punto almeno. Gli sbatté la porta in faccia con decisione, senza nemmeno guardarsi indietro o sentirsi in colpa nel farlo. Però un pensierino la sua stramaledetta mente lo fece lo stesso, costringendola infine a ritornare indietro  e a riaprire quella porta che per un miracolo di qualche dio era rimasta completamente intatta.
Lui era ancora lì, ancora col sorriso in volto e per niente ferito dalle sue azioni. Esther sbuffò, particolarmente annoiata e con uno sguardo in volto di chi si è arreso, cingendosi le mani dietro al collo. “Va bene, mi arrendo. Cosa volevi?” Quella dichiarazione della donna lo rallegrò oltremodo, come se gli stesse dando carta bianca sul da farsi. Esther non poté far a meno di chiedersi se fosse stata una mossa saggia la sua. Ci avrebbe pensato dopo.

“Beh, immaginavo che non stessi dormendo, e tanto che siamo svegli entrambi, ti andrebbe di fare colazione assieme?” Le si illuminarono gli occhi all’istante. Lui non fece in tempo a vederla prendergli la mano che erano già arrivati all’ascensore, di corsa. Lui, un gigante, per quanto aggraziato nella sua figura, trascinato da una donna altra mezza testa in meno di lui.
Non teneva nemmeno conto di chi la stesse accompagnando al piano di sotto, ovvero un rinomato killer, noto per il suo sangue freddo, la poca sanità mentale e in particolare il sadismo puro che lo permeava durante un combattimento. Ma del resto nemmeno lui s’immaginava cosa e chi fosse realmente Esther, neanche lontanamente.

Ogni donna ha qualcosa che riesce a prenderla, a incantarla, che siano gioielli, Esther per la cronaca non li amava molto, che fossero i vestiti o altro. Il punto debole della donna in questione era il cibo, cosa alquanto ridicola data la sua minuta stazza, almeno era quello che le avevano sempre stato detto, non che le importasse granché.
Hisoka, compiaciuto e allo stesso tempo un po’ esterrefatto la guardava dondolarsi da un lato all’altro, come una bambina euforica. L’aveva presa per la gola.

Al loro arrivo, con Esther che trotterellava felice, non c’era ancora nessuno, se non per qualche cameriere qua e là per il ristorante. Si accomodarono proprio al centro della sala, con dei camerieri intimoriti dalla sua presenza che si fecero avanti per servirli fin da subito.
Esther, senza farsi tanti problemi, ordinò tre fette abbondanti di torte totalmente diverse, dando all’uomo da pensare su quali fossero i suoi veri gusti. Hisoka si fece solo portare il dolce più zuccherato che avevano, se solo si poteva veramente dire.

“Forse l’unico motivo per cui mi ostino a ritornare in questo luogo è la cucina da urlo, e le torte in particolare.” Disse tra un sorso e l’altro di thè, le tre fette ormai svanite. Esther non lo guardava perché era troppo intenta a rilassarsi, ma Hisoka, con la forchetta che penzolava dalla bocca, andando su e giù di tanto in tanto, la osservava con interesse. Esther aveva gli occhi grigi e un neo accanto all’occhio sinistro, adorabili orecchie a punta e la pelle abbronzata, che doveva essere stata bianca come porcellana anni prima, ma questi particolari li aveva notati fin da subito.

C’era qualcos’altro che da qualche tempo ormai lo faceva pensare: era un frutto maturo o ancora no? Lo intrigava quello scudo che costantemente la permeava, anche in quell’istante, mentre beatamente saziava la propria fame.
La vedeva, mentre tra un boccone e l’altro lo scrutava dalla coda dell’occhio, come per assicurarsi che non facesse niente di sospetto. Era adorabile, nel suo essere così minuta e abbuffarsi di dolci, eppure non poteva far a meno di voler vedere il sangue che scorreva nelle sue vene danzare per lui, voleva sentire quell’elisir della vita permeare le sue papille gustative e assaporarlo come un vino della miglior annata. Ma quel dubbio lo costringeva a non agire, a osservare quella bambolina aspettando che mostrasse quello di cui era veramente capace, ma non sapeva per quanto sarebbe stato capace di resistere, la tentazione… oh, che desiderio… voleva mangiarsela tutta.

“Oh, e viaggi spesso?” Infine si era dato una calmata. Forse sarebbe stato interessante conoscere qualcosa sul conto di quella donna, averla nel palmo della sua mano, ignara di quello che la aspettava.

“Abbastanza da perdere il senso del tempo spesso e volentieri.” Ma cosa credeva? Che non sentisse come la sua aura fosse altalenante mentre guardava? Che fosse così sciocca da perdere la guardia solo perché stava mangiando e si era rilassata un po’? Ci mancava poco che si alzasse e gli lasciasse il conto da pagare, senza neanche ringraziarlo pur di non rivedere quel suo ghigno malato e fuori di testa.
Di malati di mente ne aveva incontrati molti e sapeva come gestirseli.





A occhi esterni entrambi sarebbero parsi due silenziosi giocatori di scacchi, lei dalla parte dei neri, lui dei bianchi, a osservare cosa avesse in mente l’altro, pur di averla vinta. L’unica differenza era che lei giocava per costrizione, lui come torturatore.
Niente di più, niente di meno.





Beh, cosa posso dire? Che mi dispiace in primis, non mi scuserò mai abbastanza per tutto il tempo che è passato, penso quasi mezzo anno se non di più, tuttavia... non sapevo come gestirmi Hisoka! Ecco, l'ho detto. Spero solo che finalmente la sua insanità mentale sia qualcosa di gestibile ^_^'

Credo di dover intanto delle scuse a Kokomori, a Sad Little Chrona e a Chihiro per non parlare di Ismile, Kylli, La Sposa Di Ade, Moyoko  e Liberamente. Se avrete la pazienza di continuare a sopportarmi vi ringrazio, se no... ci farete i conti lo stesso =D

Per quanto riguarda la canzone, è stato uno dei fattori che mi hanno costretta a ripensare seriamente a Hisoka e a Esther, e a continuare. In più mi piace molto, quindi ho preso due piccioni con una fava.

Come sempre, commenti e critiche sono accolti a braccia aperte!


Alla prossima!

  
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