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Autore: winnie343    08/06/2012    3 recensioni
E se il cavaliere di Gemini avesse conosciuto il suo destino? Se gli fosse stata offerta la possibilità di cambiare il corso del Fato? Questa storia narra le vicende del grasso e buffo Edgar, di come diventò il Cavaliere di Pegasus grazie all'addestramento di ben due cavalieri d'oro (Milo e Aioria) e di come, pur non possedendo un cosmo, fece di tutto per proteggere i suoi amici. Perchè non sempre gli eroi del Mito hanno i muscoli.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II

Nowhere Man


Il ragazzo dai capelli biondi osservava distrattamente la gente camminare sul marciapiede. Se fosse stato più attento si sarebbe reso conto delle ragazze che, passando vicino alla panchina in cui era seduto con le gambe accavallate, si voltavano ad osservarlo. Il suo sguardo era fisso su un ragazzo di circa 28 anni, che ne dimostrava almeno dieci in più, fermo ad una fermata, in attesa di prendere un autobus per tornare a casa. Noncurante degli sguardi delle donne, continuava a fissare quel ragazzo, stupefatto da quanto potesse essere insignificante una persona. In quel tipo nulla appariva speciale: era basso, sciatto, trascurato e poco atletico, per non dire grasso. Eppure l’ordine che avevano ricevuto era chiaro e indiscutibile, ma nonostante ciò, la sua incredulità non cessava di tormentarlo. Si voltò improvvisamente verso il ragazzo seduto al suo fianco:

  • Deve esserci per forza stato un errore!

  • Perché?

Il ragazzo dai capelli rossi continuò a tenere gli occhi chiusi, apparentemente assente. Le ragazze, ma anche le signore, passando, continuavano a lanciare sguardi ai due giovani, eppure nessuno dei due sembrava curarsene. Il biondino si protese verso l’altro con un sorriso storto sul volto:

  • Avanti, Camus. Come puoi chiedermi perché?

  • E’ quello che ho fatto, mi sembra …

Il ragazzo dai capelli rossi aprì lentamente gli occhi, mostrando uno sguardo di ghiaccio, incastonato in due occhi del colore del profondo mare. La sua espressione era seria, ma compassata. Il giovane dai capelli biondi, sorridendo, puntò il braccio verso il ragazzo grassoccio che, non accortosi di essere spiato, continuava ad aspettare l’autobus avvolto nel suo sciatto impermeabile marrone.

  • Avanti, amico mio, guardalo – il rosso voltò lo sguardo nella direzione in cui il dito del biondo puntava – ti sembra possibile che quello sia un pretendente ad una qualsiasi armatura?

  • Le apparenze spesso possono ingannare, non trovi Milo? – gli occhi di Camus tornarono sul suo compagno di viaggio

  • Sarà, ma se quello ha la stoffa per essere un cavaliere … beh … io sono una donna

Detto questo, si alzò bruscamente e attraversò, senza guardare, la strada, rischiando di causare un incidente fra due o tre auto. Camus sorrise, senza aggiungere altro. Conosceva Milo da ormai troppo tempo: il suo amico era ancora giovane e impulsivo, ma in un futuro molto prossimo avrebbe smussato tutti gli angoli acerbi della giovinezza per lasciare il posto all’indulgenza della maturità. Anche lui si alzò e lo seguì, rispettando, però, la segnaletica e i semafori. I due giovani, dopo essersi affiancati al tipo grassoccio, lo seguirono sull’autobus. Entrambi sapevano che quel ragazzo non si era ancora accorto della loro presenza, ma decisero comunque di mantenersi ad una certa distanza: non volevano allarmalo prima del tempo.


Edgar, come tutti i giorni, si era svegliato alle 6.00 del mattino. Dopo aver fatto colazione con una tazza di latte e con una fetta di crostata, si era fatto la solita doccia di 10 minuti, aveva indossato uno dei tanti completi anonimi che riempivano il suo armadio e si era incamminato verso il lavoro.

Si era recato alla fermata dell’autobus, a pochi isolati da casa sua. Aveva aspettato pazientemente il 30 barrato che lo avrebbe portato in centro. Dopo i soliti 10 minuti di attesa era salito sul mezzo colmo di persone che, come lui, si recavano tutti i giorni in ufficio e di cui ormai, dopo anni passati a studiarli di nascosto, conosceva ogni minimo tic. Era sceso dopo 20 fermate ed era entrato nella Banca dove lavorava da circa 10 anni (grazie al posto che suo padre gli aveva gentilmente ceduto prima di andare in pensione), andando a sedersi nel suo solito bugigattolo che qualcuno spiritosamente (il suo capo) si ostinava a chiamare ufficio e aveva atteso pazientemente il passare delle ore. Aveva sbrigato nel frattempo pratiche, consumato il suo pranzo religiosamente da solo, lavorato nuove pratiche … il tutto senza mai rivolgere la parola ad un qualsiasi collega di lavoro. Semplicemente, per gli altri, compreso il suo capo, lui era invisibile. Inesistente per i cassieri che sedevano tutti i giorni nelle postazioni di fronte al suo ufficio, per la donna delle pulizie che ormai da sette anni entrava nel suo stanzino e svuotava i cestini senza neanche salutarlo. Soprattutto continuava ad essere invisibile agli occhi dell’unica ragazza che mai avesse fatto palpitare il suo cuore: Daisy, dell’ufficio cambi.

Tante volte, nel corso di quegli anni Edgar le si era avvicinato, discretamente certo, ma con decisione, per rivolgerle almeno un saluto; una o due volte era perfino riuscito a sussurrarle un “ciao”. Eppure lei non si era mai degnata di ricambiare. All’inizio della loro “frequentazione” Edgar aveva sperato di dare finalmente una svolta alla sua vita grigia, fatta di inesistenza e nullità; aveva sognato ad occhi aperti, a volte anche in ufficio, di fughe d’amore con la dolce Daisy, ma ovviamente, vista la sua condizione di uomo senza qualità, la bella ragazza gli aveva sempre preferito colleghi di lavoro più aitanti e simpatici; Edgar così piano piano era ritornato (semmai vi fosse in realtà uscito) nell'oblio, dove era rimasto fino a quel giorno. Ora che, dopo aver aperto la porta, si ritrovava a guardare dal basso verso l'alto, due ragazzi belli e attraenti (di quelli che sarebbero tanto piaciuti a Daisy, per intenderci), la sua unica speranza, sentiva che dovesse essere quella che i due adoni avessero sbagliato porta.




Mentre Camus rimase fermo davanti alla porta aperta ad osservare l’omino di fronte a loro, Milo non riuscì a trattenere un sorriso. Cosa diavolo volesse il Grande Sacerdote da quel tizio, Athena solo lo sapeva. Di certo non poteva pensare di fare di quel “nano grasso” un vero cavaliere, ma per quanto si fosse arrovellato nelle ore precedenti, non era riuscito a trovare altra spiegazione: solitamente non si scomodano due cavalieri d’oro per portare un tizio ordinario al Grande Tempio solo per fargli svolgere una mansione di basso livello; ma osservando il tappo da vicino lo trovò ancora più insignificante rispetto all’idea che si era fatto in precedenza. Eppure, eccoli li, i cavalieri d’oro d’Athena, pronti a prelevare il signor Edgar Allienz, uomo banale dalla vita insulsa. Eccoli li, ad osservare e ad essere osservati dal perfetto esempio di uomo invisibile.

  • Non compro enciclopedie, grazie

  • Prego? – Milo era talmente assorto nei suoi pensieri che pensò di aver sentito male ciò che il nano gli aveva detto

  • Scusatemi, ma non compro enciclopedie.

  • Chi le dice che noi vendiamo enciclopedie?

Camus e le sue domande! Il suo amico era sempre pronto a cercare di comprendere cosa il suo interlocutore volesse dire, come se quel tizio potesse nascondere chissà quali misteri.

  • Glielo dice la sua testa vuota!

  • Vuota?

Edgar si volse verso Milo, sgranando gli occhi. Ora anche gli estranei lo insultavano. Doveva essere un tipo oltremodo anonimo per essere insultato perfino da chi avrebbe dovuto lusingarlo.

  • Perdoni il mio amico. A volte la sua mente non riesce a fermare i pensieri idioti che partorisce prima che giungano alla bocca

Camus incenerì con lo sguardo il cavaliere al suo fianco, mentre Edgar considerava che forse il tizio dallo sguardo di ghiaccio, a dispetto del suo aspetto altero, sapeva fare il suo mestiere. Se avesse avuto possibilità economiche, molto probabilmente, avrebbe acquistato almeno due volumi di quelle enciclopedie.

  • Non fa nulla. Immagino che il suo amico sia nuovo e che lei lo stia addestrando. Magari gli dica che non è sufficiente un bell’aspetto per vendere, ma serve anche gentilezza e cortesia

Edgar si sorprese di tanto ardire; mai in vita sua si era rivolto in quel modo a nessuno, neanche a un bimbetto di dieci anni che una volta lo aveva reso bersaglio del gelato che si era stufato di mangiare. Considerò che forse la presenza del tizio freddo lo aveva talmente rassicurato, da renderlo quasi spavaldo. Il sorriso che comparve sul volto dell’”apprendista” però gli fece tornare velocemente tutte le paure.

  • Senti un pò, Edgard, pensi davvero che siamo qui per venderti un’enciclopedia?

Nel sentire pronunciare in quel modo il suo nome, l’omino rabbrividì. Lo fece senza neanche rendersene conto. Se avesse avuto un luogo dove fuggire, sarebbe scappato a gambe levate. Quell’uomo, con quel suo sguardo assassino gli incuteva timore. Nonostante la presenza rassicurante del tizio glaciale, nella mente di Edgar cominciarono a formarsi pensieri sempre più orrendi sulla presenza di quell’uomo di fronte a lui. Ad un certo punto gli venne in mente anche la possibilità che fosse lì per violentarlo; impossibile, quello avrebbe potuto avere tutte le donne che voleva. E se fosse stato gay? Avrebbe potuto avere anche tutti gli uomini che voleva, non un insulso ometto di mezza età quale lui era. Escluse la possibilità che fossero lì per derubarlo: tutti nel quartiere sapevano che lui non possedeva nulla. E se loro non lo sapevano? Ma da quando in qua i ladri bussano alla porta? Da quando hanno a che fare con un “tappetto” come te, si rispose mentalmente. Cominciò velocemente a sragionare alla ricerca di una possibile giustificazione alla presenza di quei due esseri di fronte a lui ed alla fine, sull’onda delle troppe emozioni, svenne, cadendo a terra come un sacco di patate. Milo sgranò gli occhi, incredulo di fronte a quello spettacolo. Poi, in un gesto teatrale, alzò le braccia al cielo

  • Fantastico! Ora ci toccherà pure portarcelo in spalle fino al Grande Tempio

  • Ti toccherà portarlo – così dicendo, Camus si girò e riprese il corridoio

  • Ehi aspetta! – Milo gli urlò dietro – perché dovrei portarlo io?

  • Perché se tu fossi stato più gentile con lui, questo poveraccio non si sarebbe agitato e non sarebbe svenuto

Milo rimase incredulo a fissare il suo amico che si allontanava, poi, una volta compreso che Camus non avrebbe fatto nulla, si caricò in spalla Edgar e corse dietro al suo compagno di viaggio, constatando che il sacco di patate era ancora più pesante rispetto a quanto sembrava.




Eccomi con un nuovo capitolo. E’ passato poco tempo dalla prima pubblicazione … non vi ci abituate …. È un puro caso che riesca a pubblicare così presto ;-). Ed ecco qui Edgar, l’omino a cui avrebbero potuto tranquillamente ispirarsi i Beatles per scrivere la canzone Nowhere Man …. Un tipo talmente insignificante da rendere Milo incredulo …. Sarà lui il futuro cavaliere di Pegasus?

  
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