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Autore: Beverly Rose    12/06/2012    3 recensioni
Una fan fiction che torna indietro nel tempo a quando Sesshomaru era ancora figlio unico.
Come occupava le sue giornate, quando ancora non poteva sfogarsi sul fratellino mezzo demone e quando le spade che desiderava erano appese alla cintura del padre?
Una serie di episodi che vedono Sesshomaru ed Inu No Taisho insieme duecento (e passa) anni prima che l'avventura di Inuyasha avesse inizio!
E, di grazia-domandò -a che cosa serve una spada che non taglia?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era stata quella l’ultima volta, proprio quella notte, nella quale Inu No Taisho aveva provato, la Signore dell’Ovest era comparsa e Sesshomaru aveva scelto.

L’ultimo barlume di Sesshomaru che non fosse stato modellato con cura da sua madre era sparito quella notte.

Anche se non era certo così che Sesshomaru la vedeva, nemmeno ora, ripensandoci a mesi di distanza.

Il giovane demone osservò la schiena del padre, come aveva fatto quell’ultima volta sulla porta del Palazzo ed il suo sguardo fu inevitabilmente attratto dalle spade che portava allacciate alla vita.

Un sorriso di soddisfazione premette per spuntargli sulle labbra ma lo trattenne.

Stava succedendo, esattamente come sua madre aveva predetto.

Gli aveva spiegato, poche ore dopo la sua prima, cocente sconfitta, quale fosse la forza che animava suo padre; gli aveva anche spiegato la sua debolezza, quella che avrebbe fatto finire Tessaiga in mano sua senza che l’altro potesse impedirlo.

Lui, ora Sesshomaru sapeva, si animava come non mai per far valere i suoi ideali; ma per quegli stessi ideali era più che disposto a dare la vita.

Sesshomaru osservò Inu No Taisho, gli occhi sottili come fessure.

Il bianco della pelliccia si confondeva con il turbine di fiocchi di neve che lo circondava; aveva il braccio sinistro abbandonato lungo il fianco ed il sangue vi colava copioso dalla spalla al gomito, al polso, alle dita, fino a gocciolare sulla coltre di neve ai suoi piedi.

Il demone più giovane arricciò il naso quando l’odore di umani gli raggiunse le narici: erano vicini e fra loro c’era la donna che avrebbe condotto suo padre a morte certa.

Sarebbe successo quella notte, lo sapeva, perché sua madre glielo aveva anticipato:
suo padre si sarebbe parato davanti alla sua umana ed al suo bastardo e, dopo la gloria, la potenza ed il suo regno duraturo, semplicemente, sarebbe morto.

L’umiliazione della morte l’avrebbe infine raggiunto ed al pensiero Sesshomaru avvertì i propri denti stridere, sfregando tra loro.

Nonostante ciò, alla fine Tessaiga sarebbe stata sua ed era quello tutto ciò che contava.

Sostenne la sua ultima conversazione con il padre, mentre la pozza rossa di sangue si allargava sempre di più.

Era già stato avvisato che Inu No Taisho non avrebbe allentato la presa sulle spade, neppure ad un passo dalla morte ma tentò comunque, ascoltando a malapena la risposta.

Registrò vagamente i suoi ennesimi deliri sulla poca importanza del potere e le sue domande senza senso su chi desiderasse proteggere.

Infine, lo guardò andarsene via, nella sua vera forma canina, consapevole che non l’avrebbe visto un’altra volta.

Sesshomaru abbassò il braccio; l’aveva alzato parallelo al terreno, senza neppure accorgersene.

Cosa aveva sperato di fare?

Colpirlo?

Attaccarlo mentre gli dava la schiena?

No. Pareggiare i conti.

Il demone fletté le dita della destra e fu come se il dolore per la frusta spezzata gli percorresse nuovamente il braccio.

Il vento gelido alzò nuove manciate di neve; lo sciacquio del mare gli invase le orecchie.

Se fosse stato umano, a quel punto sarebbe rabbrividito per il freddo.

Rimase in silenzio, ad assorbire quella verità che aveva un tempo ritenuto improponibile: Inu No Taisho stava morendo, anzi, considerando la gravità della ferita che Ryukotsusei gli aveva inferto, poteva essere già morto.

Mentre lui vinceva.

Tessaiga diventava sua assieme con Songa; gli sarebbe bastato avventurarsi sul campo di battaglia, una volta terminata e sottrarla dalla mano senza più vita di suo padre.
Lui non sarebbe certo più stato in grado di impedirglielo e, con un tocco di fortuna, non ci sarebbe neanche più stato nessun bastardo con il quale spartire l’eredità.

Così, Sesshomaru vinceva.

Sesshomaru, il Signore dell’Ovest.

Sesshomaru, il più potente.

Sesshomaru, dalle micidiali spade.

Mentre Inu No Taisho moriva l’indegna morte degli umani, sorgeva il futuro demone più potente, forte come il suo predecessore ma libero di tutti i suoi sentimenti terreni.

Incontrastato, invincibile.

Senza i difetti di suo padre.

Perfetto.

Un ricordo, l’ultimo, gli pungolò la memoria:
il demone maggiore che lo guardava preoccupato e le sue parole: “Questa tua indifferenza nei confronti di qualsiasi cosa … Non ti farà vivere, Sesshomaru.”

Ma era già tardi.

- Sciocchezze- sentenziò il giovane ad alta voce.

Si voltò e se ne andò, lasciandosi dietro una scia di orme sulla neve fresca e la pozza cremisi di sangue che era del demone maggiore Inu No Taisho.

Così, rifletté, mentre il vento gli faceva sbatacchiare la pelliccia sulla spalla, finiva.

Finiva una leggenda, prima di guastarsi.

Finiva e portava con sé quelli che sarebbero stati il simbolo del suo declino: quella donna e quel figlio indegni.

Meglio, rifletté, era andarsene ora, prima che la fama si deteriori a causa di scelte sbagliate.

A continuare la storia ci avrebbe pensato lui.

Mentre ancora camminava, già pregustando la propria eredità, Sesshomaru fu trafitto da una consapevolezza che gli bloccò il passo a metà:

Suo padre era morto.

Il Grande Demone Cane aveva lasciato quel mondo, per sempre.

La fine di quel braccio forte in battaglia, di quella voce così autoritaria, di quel potere che aveva, una volta, spezzato la sua frusta.

Tutto finito.

E lui non l’avrebbe mai battuto.






Questo era l'ultimo capitolo.
Spero di non aver deluso nessuno!
Ciao! :)

  
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