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Autore: Alexandra e Mac    13/06/2012    3 recensioni
La storia, quella con la “S” maiuscola, a volte riserva grandi sorprese. Fra le pieghe di un libro può capitare di trovare le cose più strane, o fra le sue righe captare qualcosa che non è detto esplicitamente ma che è volutamente lasciato intuire dall’autore o dall’autrice.
Sono specialmente le biografie del “grandi” quelle che riservano le maggiori meraviglie, e occorre un occhio attento per saper cogliere quello che, in superficie, non compare.
Questo racconto è nato così, cercando i messaggi nascosti che la Storia ha disseminato lungo il suo cammino e che alcuni più perspicaci hanno saputo cogliere e che hanno poi elaborato offrendoli al lettore.
Siamo certe che adesso anche voi cercherete fra il detto e il non detto di un volume quella zona grigia che vi spalancherà le porte di un altro mondo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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GdD - 2 - Un Diario

Capitolo XXVI

Contrasto di sentimenti



Vistosi perdere la partita a causa dell’intervento di D’Harmòn, Von Webb si era dileguato nei giardini del castello, aiutato in questo dalle ombre della notte che ancora persistevano. Aveva raggiunto il proprio cavallo ed, eludendo la sorveglianza ai cancelli principali, era uscito dal perimetro dello Schonbrunn attraverso una porta secondaria poco sorvegliata.

Certamente l’Imperatore aveva già diramato l’ordine di catturarlo, e doveva battere tutti sul tempo.

Si era diretto verso la sua residenza privata a Vienna.

Non appena vi era giunto, aveva affidato la cavalcatura ad un servitore insonnolito e si era rifugiato nel suo studio privato. Non aveva molto tempo a disposizione, sapeva ormai che le guardie imperiali erano sulle sue tracce, aveva notato, strada facendo un insolito dispiegamento di forze: gendarmi e soldati dell’esercito in mobilitazione che pattugliavano la città. La sua buona stella, tuttavia, non l’aveva abbandonato, e il percorso che l’aveva condotto al palazzo era sgombro. Ma il tempo scarseggiava.

Doveva elaborare un piano alla svelta e si era rallegrato che la casa fosse deserta: sua moglie era dai genitori, dopo la festa non se l’era sentita di tornare alla casa coniugale. Era molto scossa.

Aveva acceso il camino senza neanche attendere che qualcuno della servitù lo facesse al suo posto e si era seduto allo scrittoio.

La sua mente pensava molto in fretta, cercando di comprendere non solo dove avesse fallito, ma anche l’itinerario che Lady Sarah e D’Harmòn avrebbero potuto seguire.

Il Conte è francese, quindi cercheranno scampo in Francia” si era detto, alzandosi e traendo un grosso volume dalla biblioteca alle sue spalle.

Lo aveva aperto sullo scrittoio. Era un atlante del Nord Europa e con un dito aveva provato a tracciare il percorso dei due fuggiaschi.

Ormai era inevitabile: avrebbe dovuto ucciderli. Non poteva permettere che trovassero riparo da qualche parte e si mettessero nuovamente in contatto con Francesco Giuseppe rivelandogli i suoi piani. Dovevano morire prima, entrambi, così se lui fosse stato acciuffato dalle guardie imperiali avrebbe sempre potuto raccontare ciò che più gli aggradava e convincere l’Imperatore che si era trattato solo di un malinteso. A suo tempo, poi, avrebbe trovato un capro espiatorio e la faccenda si sarebbe chiusa.

Sbarrerò loro l’accesso alla Francia” si era detto, “così saranno costretti a deviare per il Tirolo… ma D’Harmòn ci avrà già pensato. Sarà anche un francese, ma non è stupido.”

Aveva fissato l’atlante.

I secondi correvano e le guardie dell’Imperatore si avvicinavano. Dopo i suoi appartamenti allo Schonbrunn sarebbero certamente arrivate anche lì.

Doveva sbrigarsi e pensare in fretta.

“Un momento!” aveva esclamato. “Milady è inglese, per cui… ma certo come non ho fatto a pensarci prima! Andranno a Marsiglia, l’unico porto aperto in questa stagione e per farlo attraverseranno le Dolomiti. Li attenderò là e allora…”

Aveva chiuso il volume ed era uscito a precipizio dallo studio, lasciando tutto com’era, ci avrebbe pensato la servitù a rimettere le cose a posto. Aveva lasciato il palazzo immerso nell’oscurità, mentre l’alba del giorno di Natale cominciava a schiarire il cielo sopra i tetti di Vienna.

La città era in subbuglio: la notizia dell’attentato all’Imperatrice si era sparsa come fuoco nella sterpaglia. Molta gente si era riversata nelle strade nonostante l’ora, e in mezzo a quella folla che si stava dirigendo verso lo Schonbrunn per apprendere notizie sullo stato di salute di Elisabetta c’erano anche molti gendarmi e poliziotti che sorvegliavano la situazione.

Tutte le forze di polizia avevano ricevuto un ordine esplicito: catturare l’aiutante di campo di Sua Maestà vivo.

Ma la baraonda era davvero imponente e non era affatto facile tenere sotto controllo tutto quanto.

Von Webb aveva approfittato di questa situazione e si era diretto verso il luogo ove abitualmente si ritrovava con le sue amanti occasionali e i suoi fedelissimi.

Un ghigno truce gli era comparso sul volto tramutandolo in una maschera da Grand Guignol: aveva un piano e quando fosse giunto a destinazione, sarebbe stato anche al sicuro dalle guardie dell’Imperatore.

Avrebbe obbligato i due amanti a scegliere la via delle Alpi e del Tirolo, per poi passare nel Lombardo-Veneto e nel Regno di Savoia, fino a giungere a Marsiglia e colà avrebbe avuto ragione di entrambi.

 

 


***



29  Dicembre 1856




Stavi quasi per morire assiderata, pur di non contrariarmi.

Hai capito perché ti tenevo lontano? Hai capito perché evitavo di parlarti, se non lo stretto indispensabile?

Durante i tre giorni a cavallo, diretti verso le montagne del Tirolo, è stata una tortura non prenderti tra le braccia e cercare di scordarmi di te.

Quando ho visto quel piccolo chalet immerso nel bianco il mio primo pensiero è stato: “Non puoi fermarti qui con lei...”. Ma non potevamo proseguire per tutta la notte… già così avevo chiesto uno sforzo eccessivo al tuo fisico. Eri esausta e completamente gelata. Tesa all’inverosimile nel tentativo di resistere e non lamentarti.

Quando ti ho preso tra le braccia, per riscaldarti con il mio corpo, sapevo che per me sarebbe stata la fine.

Il mio desiderio era indescrivibile e quando tu mi hai guardato non sono più stato in grado di resistere.

Nei tuoi occhi ho potuto vedere il riflesso dei miei sogni.

Baciarti, dirti che ti amo, è stato come lasciare andare un respiro trattenuto troppo a lungo: sarei morto, se non lo avessi fatto.

Nei tuoi occhi ho visto che anche tu stavi andando alla deriva… non volevi saperne del mio amore, ma mi desideravi da morire. Io, invece, oltre al tuo corpo, volevo soprattutto il tuo cuore. Il mio già ti apparteneva dal nostro primo incontro.

Ti ho baciata e, finalmente, nei tuoi occhi c’erano le risposte alle mie domande. Ho fatto l’amore con te come non ho mai fatto con nessun’altra donna.

Dopo aver saputo che avevi sempre provato repulsione nel concedere il tuo corpo ma che, nonostante ciò, desideravi che proprio io ti possedessi, senza ricavare alcunché in cambio, ho voluto regalarti le sensazioni più belle che un uomo può donare alla sua donna.

Ora, nei tuoi occhi, posso vedere perché il nostro amore è vivo e penso di avere imparato ad amarti di più.

Hai detto che ti sarebbe stato impossibile concedermi il tuo cuore…

Forse non lo sai ancora ma, mentre tra le mie braccia sussurravi “Ti amo”, il tuo cuore era già mio.

 


***



Harm terminò la lettura della giornata del diario che portava la data del 29 dicembre 1856 e rimase in silenzio.

Accoccolata tra le sue braccia, come ormai si stava abituando a fare, anche Mac non disse nulla. Non ci riusciva. Le parole usate dal conte per descrivere i suoi sentimenti e ciò che aveva provato nel far l’amore per la prima volta con la donna che amava, erano così poetiche, così dolci ma al tempo stesso piene di passione, che n’era rimasta sopraffatta.

Sentirle pronunciate da Harm, poi, per lei era stato troppo!

Quante volte aveva desiderato che lui le dicesse parole simili?

Osservandolo di sottecchi mentre leggeva, si era accorta che anche Harm sembrava emozionato: all’inizio la sua voce aveva il solito timbro profondo che tanto le piaceva; ma mentre proseguiva nella lettura, l’aveva sentita abbassarsi di un tono, in alcuni momenti addirittura arrochirsi, come se le parole pronunciate emozionassero anche lui e faticasse a proferirle.

Harm continuava a tenerla tra le braccia e restava in silenzio.

Chissà quali pensieri stanno attraversando la sua mente? si domandò Mac. Incapace di resistere alla curiosità di leggere nel suo sguardo, alzò gli occhi verso di lui e vide che la stava osservando; ciò che lesse le impedì di dire qualunque cosa.

Quegli stupendi occhi del colore del cielo in tempesta le stavano comunicando le stesse emozioni che il Conte aveva così ben descritto nel suo diario.

Harm continuò a guardarla sempre in silenzio ma, una volta tanto, lei si accontentò di quello sguardo e di tutte le parole non dette.

 

  
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