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Autore: jiujiu    31/12/2006    0 recensioni
[Dear Frankie]
[Dear Frankie] "..ed io percorrerò la via alta..e tu percorrerai la via bassa...ed io sarò in Scozia prima di te...ma io e il mio amore non ci rivedremo mai più..."
Una fanfiction ispirata ad uno dei film che più ho amato, Dear frankie. E' la prima ff che posto qui e spero che vi piaccia! :)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2- lo sconosciuto

2- lo sconosciuto

 

Quella mattina sembrava definitivamente iniziata male.

Faceva freddo, nonostante fossimo già a marzo, e il sole pallido che a tratti faceva una comparsata tra le nuvole uggiose di quella giornata non lo confortavano.

Dentro di sé aveva freddo.

Molto freddo.

Avrebbe voluto telefonare...

Chiedere notizie di loro...

Invece era scomparso per tre anni, cercando risposte per mare, in altri paesi, in altri continenti..in altre persone.

Nulla di fatto.

Lui li amava...aveva lasciato il suo cuore in quella casa, a quelle persone che forse lo avevano pure dimenticato.

Non aveva avuto il coraggio di chiamare Marie, di chiederle cosa fosse cambiato in quegli anni.

Non aveva mai chiamato, scomparendo ancora una volta dalla sua vita, dalla vita dell'unica persona che avrebbe potuto chiamare famiglia dopo la morte dei loro genitori.

Marie era sempre stata più forte di lui, ammise ancora una volta a stesso.

Lei era riuscita a rifarsi una vita dopo la morte di loro madre...dopo che anche Joseph Riggans li aveva abbandonati, seguendo un'altra donna e dando vita ad una nuova famiglia, lontano il pensiero di quei due figli, intrappolati dal loro essere piccoli e soli.

Marie era riuscita a tirarlo su, proteggendolo sempre, nonostante fosse più giovane di solo due anni e molto scapestrato...

Ogni tanto si chiedeva come avesse fatto a sopportarlo per quei cinque lunghi anni in cui avevano vissuto insieme ad Edimburgo, lei appena diciottenne, lui sedicenne, incosciente, giocatore, fumatore...

Tutti i vizi possibili ed immaginabili.

Aveva smesso, una volta imbarcatosi...aveva conosciuto un modo troppo grande per perdersi dietro a stupide compagnie di ubriaconi e scommettitori…anche se ogni tanto ci ricadeva...giusto per ricordare le sue origini...

Dopotutto era uno scozzese.

Ora conosceva il mondo...

Aveva conosciuto persone di tutti i tipi...

Ed era rimasto poco tempo in ogni porto, evitando di ritornarci, se non necessario.

E ora...di nuovo a Glasgow.

Di nuovo nell' unico porto che avrebbe potuto chiamare casa, dove mettere piede sarebbe stato piacevole e terribile allo stesso tempo.

 

Voleva rivederli...

Ma non voleva.

 

In che modo era cambiato quel piccolo mondo in quei tre anni?

Cosa avrebbe dovuto aspettarsi?

Frankie si sarebbe ricordato ancora di lui?

Dopotutto erano stati insieme solo due giorni...

A volte si chiamava stupido, dicendosi che sicuramente lo aveva dimenticato, che ormai era solo un'ombra in quel passato che aveva cancellato quando il suo vero padre era venuto a mancare.

Probabilmente lo avrebbe odiato per come lo aveva ingannato..

Però ogni tanto provava la voglia di ritrovarlo, di vedere quel sorriso innocente come lui non l'aveva mai avuto, come lo aveva visto sempre sul volto della sorella amata, cresciuta troppo presto e sempre sorridente, capace di godersi quelle piccole gioie della vita che lui si era negato, odiandosi per la propria debolezza...

Quel sorriso, quello sguardo così intelligente che gli faceva dimenticare come quel bambino, ormai grande, vivesse in un mondo silenzioso dove le voci delle persone, il fruscio delle foglie, l'infrangersi delle onde sulla scogliera, il fischio di una nave giunta in porto...tutto era muto e privo di anima.

Ma erano i suoi occhi scuri quelli che udivano...quelli che sentivano come l'udito non gli avrebbe mai permesso.

Lo aveva conosciuto così e quella sua semplicità...il suo essere fragile e forte allo stesso tempo, lo avevano colpito…spinto a restare...spinto a sorridergli..spinto a volergli bene.

 

E Lizzie...

Cosa provava per lei?

Quella donna così forte che aveva sofferto così tanto...

Ogni tanto il ricordo di quell' unico momento di tenerezza così delicato condiviso insieme lo teneva sveglio ore intere, facendogli rimpiangere l'essere partito...ma sapeva che non avrebbe potuto rimanere.

Non in quel momento.

E altre donne, in altri luoghi, non gli avevano permesso di dimenticarla...

 

Ma cosa voleva da loro?

Poteva semplicemente tornare, come se nulla fosse stato?

Presentarsi alla loro porta e...

E cosa..?

 

Era confuso.

Era confuso quando scese lentamente i gradoni umidi della Queen Mary che lo condussero a terra dopo tre anni di assenza.

Respirò profondamente, dopo aver posato il primo passo su quella massa di cemento che non credeva avrebbe rimpianto tanto durante il suo viaggio.

Si guardò intorno, speranzoso, per poi scuotere il capo e rimproverarsi di quel comportamento infantile.

Cosa credeva?

Che li avrebbe trovati laggiù?

Che magari gli dicessero di averlo aspettato ogni giorno, seduti sulla banchina, per tutto quel tempo?

Non doveva illudersi.

Vide gli altri passeggeri della nave scendere, incontrare i propri cari e rimase a fissarli per attimi interi, sul volto un'espressione priva di emozione.

Ad un tratto gli parve di scorgere uno sguardo famigliare e per poco ebbe un mancamento.

Non poteva essere...quegli occhi...

Lo stavano fissando.

Lo scrutavano.

Ma non era lui.

 

Era una bambina, forse...tutta infagottata in un cappottone di lana pesante con un orribile fantasia impressa e lo fissava.

Ricambiò quello sguardo, enigmatico e triste.

Gli assomigliava molto...ma questa ragazzina aveva dei lineamenti più delicati, nonostante fossero leggermente scavati.

 

E la vide avvicinarsi, quasi correndo nella sua direzione.

Si sentì abbracciato da due braccia sottili e il viso di quell'estranea affondato del busto.

Rimase sbigottito, le braccia larghe sui fianchi.

Era già stato abbracciato in quel modo....

 

- Papà! Sei venuto davvero!- gridò lei, decisa a farsi udire da tutti in quel molo.

Al che l'uomo la fissò sgomento, cercando di allontanarla con delicatezza.

- Ehi, ragazzina! io non sono- disse lui, credendo di essere stato scambiato per qualcun altro.

- Stai al gioco, per favore!- sussurrò lei consapevole, continuando ad abbracciarlo, e lanciandogli uno sguardo supplicante da sotto il berretto caldo che celava i suoi capelli biondi.

Lui rimase silenzioso, stupito, staccandola da .

- Stai scherzando, vero?Io non sono tuo padre-

- Lo so...ma ti prego...ti spiegherò tutto dopo! Ti pago, se necessario! Ti prego!-

Non ebbe il tempo di rispondere a quella richiesta assurda, eppure così vagamente famigliare, che una donna anziana, con indosso una lunga pelliccia e un berretto dello stesso materiale, si era avvicinata con un sorriso placido e mesto allo stesso tempo, su quel volto segnato dalle rughe, gli occhi piccoli e scuri lo analizzavano dalla testa ai piedi.

 

- Signora Parker, eccolo qui! Le presento mio padre!-

 

 

  
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