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Autore: jiujiu    29/12/2006    2 recensioni
[Dear Frankie]
[Dear Frankie] "..ed io percorrerò la via alta..e tu percorrerai la via bassa...ed io sarò in Scozia prima di te...ma io e il mio amore non ci rivedremo mai più..."
Una fanfiction ispirata ad uno dei film che più ho amato, Dear frankie. E' la prima ff che posto qui e spero che vi piaccia! :)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quanti anni erano passati da quel giorno

 

Quanti anni erano passati da quel giorno?

Dal giorno in cui aveva salutato quelle persone che aveva imparato ad amare in così poco tempo e tanto intensamente?

Tre anni...ormai erano passati tre anni...

Frankie era un ometto ormai...e Lizzie...

Ma non era perduto...

Un giorno sarebbe tornato..

Un giorno li avrebbe incontrati nuovamente....

Un giorno non sarebbe stato più uno sconosciuto per loro...

Dopotutto…siamo tutti uniti.

 

1- Elisabeth Sullivan

 

- Non è giusto!-

- Lizzie! non discutere con me, sai bene che non è prudente che tu esca con questo freddo...non siamo nemmeno certi che arrivi davvero-

La ragazzina corrugò la fronte, mentre l'ennesimo ago invadeva la sua carne, affondando nel braccio.

I prelievi iniziavano a farle più male da un di tempo a questa parte..ma lei aveva sopportato tutto, la promessa della dottoressa l'aveva spronata a resistere..e ora non aveva intenzione di rinunciare alla sua uscita.

- Dottoressa Angela, per favore...mi ha promesso che verrà, questa volta...lo ha promesso!So che verrà...mi lasci andare…ora sto bene-

La dottoressa Watson la squadrò, scuotendo il capo.

La piccola Elisabeth Sullivan era cresciuta rispetto all'anno precedente, quando era stata ricoverata in clinica.

I capelli biondi erano corti, come li aveva sempre preferiti e quegli occhi scuri da cerbiatta la facevano sembrare una bambina ben più giovane dei suoi tredici anni, vuoi per la gracilità del suo fisico, non più abituato allo sport come in passato.

- Andrò io ad accoglierlo al porto, se è necessario..ma non voglio che tu esca-

- La prego...signora Emily, la convinca lei, la prego..- e iniziò a pregare l'anziana infermiera che aveva appena sciolto il laccio emostatico intorno al suo gracile braccio.

Sapeva che sulla signora Emily aveva un particolare ascendente...era riuscita a convincerla più di una volta a perdonarle certe bravate...

Ora era una questione davvero importante.

La donna le lanciò uno sguardo triste e poi cercò il volto della dottoressa, una quarantenne solida ed intransigente.

- Dottoressa Watson...posso accompagnare io Elisabeth al porto, se lo permette…cerchi di capirla...- e lasciò sottintesa la frase, in viso un'espressione quasi cinerea.

Il medico sospirò, chiudendo distrattamente la cartella clinica della piccola paziente.

Esitò qualche istante, analizzando il volto della sua assistita.

Era meno pallida del solito, sembrava stare bene, ma più di una volta le apparenze l'avevano ingannata.

Cosa fare?

E se si fosse sentita male?

Ma se non l'avesse fatta andare... se le avesse rubato quel sorriso che fino al giorno prima le colorava il volto dai lineamenti netti e adorabili...non se lo sarebbe perdonato mai.

- Che si copra bene e non prenda freddo, mi raccomando...e per l'una di pranzo dovete essere entrambe qui, con o senza il signor Sullivan-

Elisabeth annuì, sorridendo raggiante alla signora Emily che le sorrise appena, condiscendente.

Le tamponò la lieve perdita di sangue che fuoriusciva dal braccio e lo medicò con un cerotto, prima che la giovane si tirasse in piedi, avvicinandosi al piccolo armadio metallico alla destra della sua stanza e frugasse tra gli abiti in cerca di qualcosa di decente.

Un bel maglione rosa acceso...una gonna di lana nera e pesante, delle calze imbottite e dei mocassini marroni, dono di sua madre.

Indossò un piccolo berretto scuro e caldo, i guanti e un cappotto due misure più grandi.

Era pronta.

Attese che la signora Parker, la sua infermiera preferita, fosse giunta per accompagnarla infine al suo appuntamento.

Il telefono della sua stanza squillò.

- Pronto?-

e i suoi occhi si illuminarono nel percepire quella voce così lontana parlarle dopo così tanto tempo.

Non lo sentiva da un anno, non lo vedeva da più di sei...

- Sei già arrivato? aspettami che arriv- e si interruppe nel sentirlo scusarsi, nel sentirlo abbandonarla nuovamente, un nuovo impegno, l'ennesimo, a tenerlo lontano da lei...

- Capisco...- e dopo averlo salutato debolmente, riagganciò, sedendosi sul letto.

Lo aveva fatto di nuovo...l'aveva tradita di nuovo...

Eppure aveva promesso.

Si tolse il berretto e lo lanciò ai piedi del letto, le lacrime iniziarono a farsi strada tra le sue ciglia, un dolore nel petto...

Ma li trattenne entrambi.

Anche lei aveva diritto ad essere felice, quel giorno, e lo sarebbe stata, con o senza di lui.

Si asciugò presto gli occhi, in tempo, prima che l'infermiera entrasse con la sua pelliccia indosso.

Aveva un' aria stanca nell'incrociare il suo sguardo, ma le sorrideva.

- Sei pronta, piccola mia?-

la ragazzina annuì rapidamente, si alzò in piedi e le prese la mano.

Almeno sarebbe uscita dalla clinica...fuori avrebbe respirato un po’ di vera aria...e avrebbe ritrovato ancora un po’ di quel vecchio mondo da cui era stata esclusa troppo presto.

 

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