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Autore: Val    03/01/2007    2 recensioni
Il vecchio Mago Myrddyn giunge al termine dei suoi giorni. Ha una spada in mano...e un'ombra inizia a parlargli attraverso una fitta cortina di nebbia. Myrddyn altri non è che Mago Merlino. E' ispirato al ciclo arturiano nella sua veste più arcaica, più celtica e più tetra se vogliamo che a me piace un sacco, più di quelle successive. Come sempre leggete se vi va, recensite se vi piace, ancor più se NON vi piace :)
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vecchio, la spada, l'ombra...

è pallosissima probabilmente, non sono proprio bravissima con le parole, ma mi piaceva rivalutare un po' il rapporto tra due mitici zucconi...il primo è già dichiarato, l'altro...suspence ;)





"Strana...questa pace...questo silenzio calato così rapido intorno a me.
Eppure vedevo tutto bruciare...ora solo nebbia e fumo e freddo...forse le fiamme hanno già divorato tutto, forse anche me. Le fiamme della guerra, della furia degli uomini...
E tu, spada, brandita con forza, coraggio e nobiltà e poi con furore, rabbia e disperazione, rimani immutata e immobile nelle mani di quest'uomo ormai vecchio e stanco.
Lucida e perfetta, non una scalfittura sul tuo filo che attende di tornare alle acque da cui emerse un tempo...
Come vorrei poter dare a te e alla tua ammaliante lucentezza la colpa di tutto questo...ma no, non posso...io ho guidato una mano verso la tua elsa e ora non posso che stare qui, in attesa che il mio vecchio corpo ceda liberandomi dal peso del mio fallimento..."

Un soffio parve salire dalla lama lunga e dritta.
Una flebile voce, una tenue vibrazione...un sussurro metallico che sembrava dire:

" Non puoi vecchio, dare a me la colpa...la mia lama è letale, ma innocente...senza la mano di un uomo a dirigere i suoi fendenti"

Era una voce beffarda quella che udiva.
L’arma stessa lo guardava attraverso il suo volto riflesso nella lama, lo derideva quasi mostrandogli quanto vecchio e spento fosse ormai il suo viso.

“Non chiederti quale sarà la mia fine, uomo. Io non soccomberò…” sembrava dire “ ricorda che fui spezzata una volta, eppure sono ancora qui, come lo ero prima, come lo sono sempre stata. Io vivrò che tu mi trattenga nella tua mano o che tu mi getti in un abisso oscuro e freddo, ti sopravviverò…ho tempo e pazienza, dovrò solo attendere di essere ritrovata una volta ancora…e quando accadrà, io sarò forse avvolta dal limo di un lago prosciugato, o forse stretta nella mano di un fragile scheletro sepolto dai mortali e sarà comunque passato poco più di un attimo per me. Io ho tempo…tu non più…”

Era questa la vera magia di quella spada: sembrava avere una coscienza, un Io parlante.
Sembrava riflettere i pensieri di chi la brandiva e dargli risposta, mentre la guardava.
E se le parole che scaturivano da lei erano dure come il metallo di cui era fatta, era difficile vedere in esse cattiveria…la spada era davvero innocente, era un oggetto, non poteva percepire quanto male aveva provocato.

“ E come puoi saperlo…tu non hai cuore, non hai limiti né freni e il tuo filo è letale, non sai far altro che risparmiare o trafiggere chi ti si para di fronte, ubbidendo docilmente a colui che ti impugna…”

Eppure anche lei si era ribellata una volta…anche se maneggiata da un Re giusto, non aveva ucciso un uomo dal cuore puro…aveva preferito infrangersi contro la sua corazza.

“ Guarda cosa hanno causato i grandi guerrieri, pur seguendo nell’immagine di quel Re un’idea di purezza e bontà…”

Nebbia e fumo aleggiavano su una radura un tempo verde d'erba, quel giorno tinta del rosso più intenso, del più autentico sangue di valorosi cavalieri, feroci mercenari, fiere cavalcature, non colorata dall'illusione di un incantesimo.
Su un padre e un figlio trafitti l'uno dall'arma dell'altro.
Un padre nato da un inganno, cresciuto con cuore puro, corrotto per una sola notte; un figlio nato dall'incesto.

" E io sono stato l'artefice di tutto questo...fino alla fine, risollevando te, spada dei grandi sovrani, dalle acque di quel lago..."

Di nuovo un sibilo dalla lama slanciata e rilucente del rosso del sangue che ne imbrattava il filo, illuminata da un pallido sole che si faceva timidamente largo nel fumo.
Il vecchio chinò il capo da una parte.

" Dovrei rivolgere la tua punta verso me stesso..."

Una grande solitudine lo colse e nella sua mente si fece largo un nome che lui però scacciò ancor prima di pensarlo con coscienza.
Sapeva che dalla sua anima si levava un richiamo pieno di rimorso che gridava quel nome, ma no…almeno su quell’uomo non si era sbagliato, ne era sicuro! Eppure lui aveva imprigionato la spada per la prima volta e il suo stesso sangue l‘aveva liberata anni dopo, possibile che la grande fallibilità di costui fosse in realtà il male minore?
Non se lo era mai chiesto, se ne rendeva conto solo in quel momento.
Come poteva essere stato così presuntuoso da giudicare lui per primo, un uomo come perduto? L‘uomo il cui nome aveva balenato per un attimo nei suoi pensieri.
Lo aveva visto attraversare la sua mente nello stesso istante in cui un nuovo bagliore scintillava dalla lama così allettante.
Eppure il pensiero del trafiggersi, per qualche strano motivo gli sembrava assolutamente inutile ormai, come fosse già passato oltre quel momento.
Ma la spada era così perfettamente affilata...forse nemmeno avrebbe sofferto, per questo non lo spaventava il gesto di uccidersi?
...ma cosa c'era dopo per lui?

“ Oblìo e pace“ gli suggerì la lama della spada.

“…o solo solitudine?” si domandò allora lui “ da molti anni il mortale non soffre la solitudine perché il Mago la attutisce…”

Un fremito nell'aria lo riscosse dall'oscuro pensiero che lo ispirava, ma i suoi occhi a fatica abbandonarono la lama.
Poi però udì dei passi, lontani, ma distinti, provenire da un bosco di querce grigie e spoglie, avvolto dalla foschia e l'umidità che si levava da un piccolo ruscello che scorreva al suo interno.

" Vecchio...è un inganno la parola che sembra provenire da quella lama..." disse una voce profonda e surrealmente echeggiante“ sei tu stesso a risponderti…”

Il vecchio sussultò leggermente, poi spinse lo sguardo attraverso la bruma, cercando di scorgere un superstite, qualcuno che si levasse da quel campo di morte.
C'era solo un'ombra ai margini del bosco, un'ombra che si delineava in quell'atmosfera piatta solo grazie ad una diversa intensità di grigio.
Avanzò fino al limitare del banco di nebbia e non oltre, con un rumore metallico e sordo prodotto dalla corazza che indossava.

- Chi...sei?- bisbigliò il vecchio attonito - chi sei tu, ombra che avanzi verso di me?-

Anche la sua voce si diffondeva come l’unico suono nel silenzio.
Maestosa ed enorme, la sagoma rimase muta ed immobile per quello che forse fu un brevissimo istante, ma che parve non finire mai.

" L'ombra di un uomo che un tempo fu Re...e che accorre al tuo richiamo" disse.

Il vecchio chinò il capo stanco e canuto verso la spalla ascoltando sorpreso quell'uomo che sembrava comunicargli pensieri più che parole.

- Quale Re? Di quale tempo? E qual'era il tuo popolo? - domandò scandendo lentamente le domande.

Senza spiegarsi come lo capì, vide il suo interlocutore ghignare amaramente.

" Un tempo lontano quanto la nascita del sovrano che ora giace morto in questa radura, fui Re di spietati, ma grandi guerrieri chiamati Cambriani...il mio nome una volta ti era noto quanto il tuo..." gli disse.

Il vecchio guardò il suo riflesso distorto sul filo lucido dell'arma che stringeva.
Chi era stato quel vegliardo rugoso e stanco?
Era stato un uomo, prima che un potente mago, magnanimo e nobile, lo ricordava bene...ma perché non ritrovava la forza di quell’uomo mentre sedeva in quella piana devastata? Perché udiva solo la voce del mago che lo ingannava ormai?
Perché l'impotenza e peggio l'indolenza si erano impossessate del suo animo coraggioso?
Perché la magia rendeva tutto più facile, più veloce.
E da quanto la magia aveva preso il sopravvento su di lui? In quale momento gli era sfuggita di mano schiacciandolo?
Non sapeva dirlo...

- Una volta stringevo in mano i miei poteri, addomesticando gli spiriti e gli elementi, domandoli perché dessero vita al mio pensiero...ora sono loro a serrarmi in questa morsa spietata di rimorso e di vergogna...-

" Hai il cuore di un uomo, con poteri simili a quelli di un dio..." disse l'ombra.

- Quest’uomo sapeva controllare la magia un tempo - rispose quasi protestando il vecchio.

“ Ma era pur sempre un uomo…è proprio degli uomini, cedere alle loro debolezze. Il potere che tu stringevi in mano, era la tua debolezza…la forza che dava stringere una spada prodigiosa, fu la mia…”

Il vecchio si portò una mano sul viso iniziando ad avere la certezza che ricacciare indietro un pensiero fugace non era bastato a fermare un richiamo.

- E' un'assoluzione che mi sei venuto ad offrire, antico re di Cambria?-

L'ombra si mosse, un tintinnìo metallico venne dal suo fianco.

" Non sono venuto di mia iniziativa, vecchio...sei tu che mi hai chiamato"

- Io?- domandò l‘uomo cercando di fermare i ricordi che ricomponevano rapidi un‘immagine del passato nella sua mente.

" Sì...io ti ho risposto soltanto"

- E cosa può avere da chiedere ad un'ombra di cui ignora l'identità, questo vecchio Mago...-

L'ombra sospirò.
Un sospiro profondo e malinconico.

" Tu sai chi sono, amico mio..." disse " eravamo così legati una volta..."

- Come posso aver dimenticato allora?- domandò il vecchio sentendosi falso e meschino.

" Hai dimenticato te stesso soccombendo alla magia...e con te stesso, hai perso memoria di me. Ma ora no, ora tu ricordi…anche se non vorresti…"

Il vecchio iniziò a sollevare la cortina di oblìo che ottundeva i suoi ricordi reagendo all’inquietudine che lo aveva pervaso e finalmente prese atto di chi fosse quell'ombra.
Gli parve impossibile aver offuscato quell'immagine a tal punto, aver dimenticato tanto di quell'uomo in cui pure aveva creduto ciecamente una volta.
Aveva dimenticato l'aspetto del giovane re che, come lui sotto la magia, aveva ceduto all'impeto del suo cuore, alla debolezza della sua gioventù e del suo corpo.
“ La spada prodigiosa…come brillava nella sua mano il giorno in cui io e la Dama gliene facemmo dono “ ricordò il vecchio.
Lo aveva giudicato con tanta severità, da averlo rimosso dai suoi pensieri perché ricordarlo gli dava troppo dolore, lo riempiva di delusione e rancore, e invece era lui il primo a cui il mago doveva chiedere perdono, era quello che lui sapeva di aver abbandonato alla marea travolgente della sua umanità.
Il suo cuore ebbe un lieve sussulto per un nuovo presentimento e una nuova inquietudine.

- Ma dove siamo?- chiese all'ombra.

"Finalmente inizi a capire..." mormorò quella.

- Cos'è questo posto? Perché è tutto così immobile e freddo? Dov'è il fuoco che bruciava sotto i miei occhi?-

" Qui non c'è fuoco che possa bruciare, né vento che possa diradare queste nebbie. E' un passaggio che dovrai superare, in cui incontrerai ciò che temi di più...siamo all'inizio di una strada che conduce ad uno specchio, uno specchio che aspetta te..." rispose l'ombra.

Il vecchio allora si alzò e mosse qualche passo in avanti, verso di lei, vincendo una grande paura montante nel suo cuore.

- Cosa vedrò nello specchio? Tu lo sai?- chiese avanzando.

Pian piano l'ombra diveniva sempre più familiare ed imponente.

" Vedrai te…il Mago uomo o l'uomo Mago, il mortale o lo spirito ...ciò che sei sovrapposto e ciò che eri, sei stato o avresti potuto essere...ma le immagini che incontrerai, solo tu saprai vederle e comprenderle "

Il vecchio muoveva passi sempre meno incerti verso quella cortina di nebbia e guardava l'uomo con sempre maggiore familiarità.
Sì, le spalle larghe, le gambe lunghe, una figura forte e fiera come solo uno, tra i tanti che lui aveva conosciuto ed i pochi che aveva amato, poteva possedere.
Era “Il Re“, nessuno come quel principe, pure ancora ragazzo, aveva ispirato al giovane mago quel titolo.

" Attraverserai te stesso, Myrddyn, in qualunque cosa vedrai, una volta varcata questa parete di nebbia che ci divide, ci sarà una parte di te, una parte che riconoscerai, temerai, odierai anche…"

L'uomo si spinse avanti ancora di un passo, ma l'ombra non appariva più chiara, neanche ora che erano così vicini.

- Me stesso dici?-

" Sì...solo alla fine di un lungo sentiero troverai lo specchio. Solo dopo aver affrontato quella traversata...la più pericolosa "

- E perché tu sei qui? -

L'ombra mosse un braccio e il vecchio la sentì afferrare la spada dalla sua mano attraverso la nebbia.
Era lei ad essere corporea, o la spada ad essere un tramite?

" Questa spada è ciò che ha legato tutti noi, nella nostra lunga storia..." gli disse l'ombra rispondendo al suo pesiero " dalla a me ora, presto tornerà ad essere celata...rinuncia ad essa, non è più il suo tempo questo...non hai più la forza di dominarla "

Il vecchio lasciò andare l'arma tirata via dalla mano, solo allora ebbe risposta alla precedente domanda.

" Io so cosa sente il tuo cuore. Tu sai che i tuoi occhi mortali non vedranno un nuovo giorno, hai paura del luogo in cui stai per avventurarti...perché non è la stessa ombra in cui io mi inoltrai quando arrivò la mia ora. I mortali seguono percorsi diversi e in solitudine...tu con l’ultimo residuo della tua magia, hai voluto un compagno per scortare il tuo spirito verso lo specchio, ma non conosco il motivo per cui tu, ora che è il tuo momento, hai convocato me"

L'uomo annuì.

- E' vero ho paura...-

" Ora capisci perché sono qui? Puoi dirmelo?"

Il vecchio guardò l'ombra e sorrise stancamente, ma con affetto, dopo tanti anni che non gli capitava.

- Perchè di tutti gli uomini che ho chiamato amici, colui che voglio vicino ora è quello che chiamai Fratello e poi presi ad odiare. L'unico da cui avrei preteso che mi chiedesse perdono se fosse sopravvissuto e di cui forse invece avrei dovuto invocarlo. L'amico che io, con la mia magia, tradii per primo e che mi rispose con un tradimento...l'unico cui avrei ancora tante, troppe cose da dire e a cui affidando la mia anima mi sentirei in pace, ora che sto morendo. Quello cui non diedi più possibilità, che abbandonai a sé stesso strappandogli suo figlio...ma che ora, richiamato senza nemmeno sapere il motivo, è corso da me...ora che ti vedo, so che lui non mi tradì mai veramente -

L'ombra sorrise, il vecchio lo sentì.

" Io mi sono macchiato di molte colpe, anche se non di tutte con la brutalità che tu mi attribuisti. Ma ora vieni, vecchio amico...è ora che iniziamo il tuo viaggio..."

Myrddyn diede un ultimo sguardo alla landa piena di morte, diede un ultimo sguardo al corpo del Re ucciso e di suo figlio, per un istante volle richiamare l’attenzione dell’ombra su di loro, mostrargli l'uomo che lui aveva cresciuto dal neonato che gli aveva portato via e il nipote, chiedergli se lo avrebbe mai perdonato per loro.

- Re di Cambria…- lo chiamò senza trovare il coraggio di pronunciare il suo nome.

L’ombra si fermò dopo un paio di passi.

“ Vecchio Myrddyn, non posso perdonarti ciò che è dipeso dalla volontà degli uomini…io sono qui per te…ora siamo solo noi due”

- E siamo sempre stati solo noi due forse…- rispose il vecchio.

Per la prima volta ammise con sé stesso che molto di ciò che aveva fatto nella sua vita, molto di ciò che aveva insegnato al figlio di quello che ora gli parlava, era dettato dal rimpianto e dal senso di colpa verso di lui.
Quasi tutta la sua esistenza era proseguita ruotando attorno al pensiero dell’amico perduto, anche quando coscientemente credeva di averlo dimenticato sul serio.
Regalò un ultimo sguardo al campo di battaglia, poi con un po' di incertezza mosse il suo primo passo attraverso la cortina di nebbia.
Ad ogni metro che copriva si sentiva sempre più lontano dalla vita che, nel bene o nel male lo rassicurava, perché la sapeva sempre prevedere, sentiva il timore di sé salirgli dentro, ora che sapeva di doversi affrontare per l‘ultima volta...il cuore gli batteva forte nel petto stanco, anche se non era nemmeno più sicuro di avere un corpo.
Eppure, gli bastava cercare con lo sguardo attraverso quella nebbia così fitta per vedere l'ombra seguirlo e questo gli restituiva un po' di tranquillità.
Lui era di nuovo al suo fianco, ora vegliava su di lui stringendo nuovamente nella mano esperta, l'arma che gli era stata destinata un tempo.
Ora lui era il custode, non più il protetto, la guida, non più il discepolo.
Era Uther Pendragon, ad accompagnare Myrddyn verso lo specchio...e lui non aveva più paura.

   
 
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