Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Buck    17/06/2012    0 recensioni
La guerra è finita, il Bambino Sopravvissuto ha vinto. Il passato non si può, e non si deve, cancellare, ma si va avanti. Albus Silente, dice Harry, non era libero. Era lacerato da un dubbio rimasto irrisolto. E con quel dubbio è morto. Ora tocca al fratello, dopo molti anni, riportare a galla la verità, perchè solo così potrà trovare la pace, e ricominciare a vivere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La guerra è finita, il Bambino Sopravvissuto ha vinto, il Bene ha trionfato. Gli strascichi della guerra tarderanno a scomparire forse, ma c’è speranza. Non si può cancellare tutto da un giorno con l’altro, lavare via la paura, il terrore, la prigionia, i morti. Non si può e basta. Il ricordo è troppo vivido, troppo vicino. Però si può andare avanti, un passo alla volta, scalare la montagna fino ad arrivare in cima.

Io aspetto: lo conosco, so che verrà. Mi deve chiedere qualcosa, dopo tanti anni. Tra poco sarà qui, ne sono certa.

Passano i minuti, le ore. È sempre stato presente, puntuale, eppure, a pensarci bene, dopo la morte di Voldemort non l’ho più visto. È come se mi stesse evitando. Perché allora sono così sicura che si presenterà da me prima del tramonto? Ad ogni modo non ho fretta, anche volendo non potrei scappare da nessuna parte.

In un certo senso lo capisco: so perché ritarda, so che si sta preparando a una risposta che teme, che sta raccogliendo il coraggio per porgermi una domanda che lo tormenta da molti anni, troppi.

La porta si socchiude, una luce viene accesa. Sorrido brevemente. Lui non mi saluta, non dice nulla. Tace e basta. Poi prende una sedia e la sistema davanti a me, tormentandosi le mani, il volto basso.

“Ciao” mi saluta dopo un po’, spezzando il silenzio.

“Sapevo che saresti venuto” gli dico, beandomi della sua immagine. Almeno lui, è vivo. Vorrei poterlo abbracciare, dirgli che è tutto a posto, che gli voglio bene, ma non mi è permesso. Le sbarre della prigione sono troppo strette.

Lui inarca un sopracciglio, lo sguardo burbero: “Davvero?”

“Tu arrivi sempre” rispondo con dolcezza, consapevole di stare dicendo la verità. Era lui che mi faceva giocare quando ero piccola, lui che mi ha tenuto compagnia quando non sono più potuta uscire di casa, lui che ha sempre avuto fiducia in me.

“Devo chiederti una cosa” comincia allora, sussurrando, guardandomi con timore e insieme supplica. Ha gli stessi identici occhi di Albus, e non se ne accorge. Si assomigliano più di quanto si siano mai resi conto. Se solo non si fossero soffermati a vedere quanto erano diversi… Annuisco, lasciando che sia lui a condurre il gioco.

“So che sai che cosa ti voglio chiedere, sorellina. Mi dispiace di farlo solo ora ma… devo saperlo. Ho fuggito questa risposta per troppi anni. Io e Albus ci siamo rifiutati di scoprire la verità. Abbiamo preferito fare finta di non sapere, perché era più facile. Nessuno di noi due poteva sopportare la consapevolezza di avere scagliato quell’incantesimo. Adesso però devo sapere, altrimenti la guerra per me non avrà mai fine”.

Ecco, alla fine me lo ha chiesto. Sono passati così tanti anni da quel giorno, il giorno della mia morte. Potrei dirgli che non lo so, che non posso saperlo. Bugie. Io lo so chi ha scagliato quell’incantesimo, me ne sono resa conto, pur nella mia pazzia e nella confusione del momento. Nella mia testa mille luci colorate volano ovunque, vivide e quasi tangibili, mischiandosi alle urla di tre ragazzi che non ragionano più.

“Albus diceva di non rivangare il passato, ma di concentrarsi sul presente per costruire il futuro” gli ricordo.

Mio fratello scuote la testa. Per un attimo mi sembra così vecchio.

“Lo pensava davvero, ma il motivo per cui non ha voluto scoprirlo, anche se avrebbe potuto, è che aveva paura”. Si pulisce gli occhiali con la manica della veste, prendendo tempo. “E’ questa l’unica cosa che il grande Albus Silente abbia mai temuto: il pensiero di avere ucciso la sua sorellina appena quattordicenne. Me lo ha fatto capire Harry: mi ha spiegato che non è mai stato libero, che il veleno che ha bevuto prima di morire lo ha fatto vaneggiare e che vaneggiando chiamava noi, Ariana”.

Il suo sguardo è confuso, preoccupato. Gli dirò quello che vuole sapere, ma prima deve fare chiarezza in sé stesso.

“E tu non riesci a perdonarlo comunque. Anche se sai quanto ha sofferto, quanto, a suo modo, tenesse a noi. Non riesci a vedere i sacrifici che ha fatto. È morto, e una parte di te ancora lo odia”. Scandisco queste parole lentamente, mostrandogli la verità che lui ancora non osa ammettere.

Adesso Aberfort mi guarda con rabbia, frustrazione: “E’ colpa sua. Sua e di Grindelwald. Se mi avesse ascoltato tu ora saresti qui” grida, stravolto.

“No, Ab, ed è questo il punto. Tu e Albus avete litigato per questo per anni, e io stupidamente vi ho lasciato fare. Voi non avete nessuna colpa, avete fatto quello che avete potuto. Mi avete amata, a modo vostro. Anche Albus” inizio, portandomi sul bordo della cornice che mi ospita, guardandolo dritto negli occhi.

“Lui era un gradino sopra di noi, per lui esistevano solo i suoi libri, i premi, i riconoscimenti”

“E per te esistevano solo le tue capre” gli faccio notare. Come hanno potuto essere così ottusi? “Avevate interessi diversi, e allora? Tu mi sei sempre stato vicino, mi capivi, mi calmavi quando la magia si rigirava dentro di me. E Albus… Albus era Albus. Ha saputo tenere insieme la nostra famiglia dopo che papà è stato rinchiuso ad Azkaban e mamma se ne è andata. Non puoi rimproverargli nulla”.

“Si invece, lui…”

Non lo lascio più parlare, non voglio che vada avanti. “No, Ab. Il mio corpo è morto in quell’occasione, ma la mia anima si è spezzata molto tempo prima. Forse non quando quei ragazzi mi hanno terrorizzata a morte, ma sicuramente quando la mia stessa magia mi ha portato ad uccidere mamma”.

“Non è stata colpa tua. Tu non potevi farci niente”. La sua replica è immediata e accorata come sempre, ma non sono io quella che ha bisogno di essere consolata quest’oggi. “Ciò non toglie che l’abbia uccisa io. Io non potevo più vivere, Ab, e sono certa che anche Albus lo sapesse. Forse il destino ha voluto così. Nessuna colpa, nessun colpevole”.

Aberfort non sembra convinto ma qualcosa finalmente si placa dentro di lui, a poco a poco. Avremmo dovuto fare questo discorso molto tempo fa, ma ho voluto aspettare che fosse lui ad affrontarlo. Che fosse pronto.

“Dimmi chi è stato Ariana” mi ordina.

Lo osservo trattenere il fiato e gli sorrido, rassicurandolo: “E’ stato Grindelwald, ma anche se foste stati voi non sarebbe cambiato nulla tra di noi. La mia morte è stata la mia liberazione, e anche la vostra. Si può dire che Gellert almeno una cosa giusta nella sua vita l’abbia fatta, dopotutto”.

Mio fratello si passa una mano tra i capelli e una lacrima solitaria scende a rigargli il volto. Sfiora il mio quadro con la mano e, dopo tanto tempo, finalmente, odo la sua risata.

Rido con lui. Sono serena, voglio che lo sappia. Non ero forte come i miei fratelli. Non sarei mai sopravvissuta nel loro mondo, ma va bene così. “Sono stata felice, Ab. Non porto rancore” gli dico, e non sto mentendo. Poi mi allontano nel mio dipinto, lasciandolo solo.

Forse il puzzle è andato a posto, dopotutto, forse da oggi Ab ritornerà a vivere. Una speranza, un desiderio, una labile certezza. Il passato è chiuso per sempre.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Buck