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Autore: miseenabime    17/06/2012    1 recensioni
Dal testo:
Cassandra odiava quel posto.
A lei piaceva il mare, il sole, il calore sulla pelle, non la neve. Lì nevicava sempre.
Al terzo anno le avevano proposto di passare direttamente al grado superiore, ciò vale a dire cambiare città, cambiare scuola, ma lei aveva rifiutato perché voleva un’istruzione più completa possibile.
Cassandra ha rifiutato.
Cassandra non avrebbe potuto sapere quanto si sarebbe pentita.

Non sono brava con le presentazioni, ma il primo "capitolo" è un'introduzione, quindi forse dovreste vedere quella.
Buona lettura.
Hyp.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo tre:

Brain.


 

«Cass? Sei presente?» Valerie agita una mano davanti agli occhi dell’amica.

Cassandra si riprende. Sta ancora pensando a quello che ha visto nell’ufficio del preside. C’erano due uomini di guardia? Perché lei non li ha visto, dato che, a seconda di quello che dice Lasdon avrebbero dovuto essere piuttosto grossi? Ma d’altra parte… perché dovrebbe mentirle?

L’altra notte è arrivata ad una conclusione abbastanza ragionevole: lasciar perdere.

Lei non vuole guai come i guai non vogliono lei.

Lascia perdere.

«Certo, Vale»

«Bene, perché mi serve una mano con le frasi di Latino!» Valerie picchietta le dita sul tavolo di legno del bar, dove ci sediamo tutti i giorni per una buona ora, per aspettare il pullman che ci porta al dormitorio.

«Okay, per prima vado a prendere qualcosa ai distributori in atrio. Arrivo subito!» così dicendo, si avvia al distributore di merendine, all’interno della scuola.

Si ferma davanti ad esso per un po’, riflettendo sul numero da prendere per non far bloccare i biscotti al cioccolato, che è solita mangiare.

Decide per il 43, infila la moneta, quando una mano le tocca la spalla. Si gira sobbalzando.

«Di nuovo tu? Dì un po’, cosa vuoi da me!?» sbotta alla vista poco gradita di Lasdon.

«Io voglio scoprire cosa c’è sotto. Parlo di quello che abbiamo visto.» dice serio.

«Bene, buona fortuna.» Cass recupera i biscotti e gli volta le spalle.

«Aspetta, che vuol dire “buona fortuna”?» le domanda inseguendola

«Significa che io in questa faccenda non voglio entrare.»

«Magari non vuoi, ma ci sei già! Dal momento in cui hai spiato con me dietro quel muro!»

«Senti, ma è un tuo hobby metterti nei guai!?» si ferma bruscamente Cass. Il ragazzo si limita a guardarla impassibile. «bhe, sappi che non è il mio! Perciò ho intenzione di andare avanti, come se niente fosse. Non sono faccende che mi riguardano. Né me, né te, Lasdon. »

Sebastiano assottiglia le labbra «Tu non hai idea di… tu non hai un fratello che è stato qui, okay?»

«Perché, tu ce l’hai? Non ti conosco, ma da quello che mi risulta, direi proprio di no!» Il ragazzo, ancora una volta non dice una parola, si limita a guardarla.

«Così ti hanno riferito?»

«Così mi hanno riferito.» risponde la ragazza. Lui fa una risatina amara, si gira e se ne va, lasciando una Cassandra disorientata all’uscita della scuola.

 

 

 

«Vale…»

«Oh, eccoti! Secondo te come si traduce questo verbo? Perché ho un blocco, non riesco a continuare la frase. »

«Hm… credo sia “avrebbe dovuto”»

«Grande! Te l’avranno già detto, ma sei un genio!» Cass sorride.

«Vale, sai se Lasdon ha un fratello?» Valerie alza la testa dal libro, pensierosa.

«No, non mi sembra… è figlio unico, credo. Perché ti interessa?» la bionda alza le spalle. Prima che Valerie possa ribattere, la campanella che annuncia la fine della sesta ora suona. Le ragazze recuperano gli zaini, quando Valerie si accorge di aver lasciato la cartelletta di arte in classe.

«Vado io a prendertela, altrimenti tu perdi il pullman! Intanto tienimi il posto» Cass deposita lo zaino e corre verso la loro classe.

 

 

Arriva ansimando alla porta, scorre con lo sguardo i banchi finché arriva a quello di Valerie. La sacca è proprio sotto il suo banco. Va fiaccamente a recuperarla, pensando che solo una testa Valerie può fare queste cose.

Si sta già dirigendo canticchiando verso l’uscita della scuola, quando nota una porta aperta. Non una qualsiasi. Un ufficio. Del preside. No, Cass. No. Non devi farti condizionare, ora tira diritto ed esci. Eppure la porta è lì, spalancata, che la chiama. Cass non è mai stata una ragazza paziente, perciò all’ennesimo richiamo della porta cede alla tentazione.

L’ufficio è deserto, non c’è nessuno. Sull’armadio in fondo alla parete sinistra ci sono dei trofei, dall’altro lato alcune foto di classe, poi ancora armadietti chiusi a chiave e una scrivania immacolata. Niente per me, pensa Cass. Si avvicina alla scrivania ci sono biro e matite in un contenitore e una cartelletta verde vuota. Bene, niente, ora vado pensa. Ma la curiosità è il suo forte tanto quanto la pazienza non lo è, quindi dà un’occhiata alla porta, quando sa che in corridoio non vi è nessuno passa in rassegna i cassetti della scrivania. Nel primo ci sono fogli bianchi, scotch, timbri, matite, niente di interessante. Il secondo è chiuso a chiave. Il terzo contiene cartellette varie, tutte colorate e chiuse con un elastico; solo, nell’angolo a destra, un pacchetto di fogli pinzati insieme. Niente cartelletta. Cassandra lo prende e inizia a osservarlo.

Sulla copertina c’è questo titolo: “2: BOX (t)”.

Sulla seconda pagina c’è un disegno: un cubo grigio, sembra di plastica, con accanto alcune annotazioni e freccette che rimandano a descrizioni dell’oggetto, tutto scritto con una calligrafia illeggibile. Riesce a distinguere due numeri: 15-18, la scritta “giorni” e quella “opaco”. Gira pagina, c’è un elenco. Anche delle fotografie, alcuna con una X sopra. È sorpresa quando riconosce una ragazza di seconda, si insospettisce quando riconosce un suo amico di terza, inizia a preoccuparsi quando riconosce Valerie, ancora di più quando vede Sebastiano. La paura la assale quando riconosce se stessa. La curiosità di Cass è scomparsa, ora  presa dal panico. Non sa bene perché, potrebbe solo essere un elenco scolastico, ma qualcosa le dice che è meglio andarsene da lì. Chiude il fascicolo velocemente, lo rimette apposto e richiude il cassetto. Mentre esce dall’ufficio ha un solo pensiero.

Corri, esci di qui, dillo a Lasdon.

Mentre attraversa il corridoio il suo pensiero è: Corri, dillo a Lasdon, dillo a Lasdon.

Mentre sta per varcare l’uscita il suo pensiero è: Dillo a Lasdon, dillo a Lasdon!

Mentre viene presa alle spalle, quell’attimo prima che qualcuno le faccia perdere i sensi, il suo pensiero è, volgarmente: cazzo.


  
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