Parte terza
Corro
velocemente, la milza duole orribilmente. Mi arpiono al corrimano in pietra
delle scale che portano ai piani inferiori, sarà l’ultima volta che le scendo queste scale. Caccio lontano le lacrime, la nostalgia, la
paura, il rimorso e la stanchezza. Non ci riesco, ma non importa. Non sono mai
voluto diventare un superuomo. E’ decisamente molto quello che sto
facendo.
Le cucine.
Odore di stantio
e di cibi, corpi di elfi domestici per terra. Blaise si è aperto un varco,
uccidendoli senza troppi pensieri. Anche quando uccide non ha pensieri, come
diamine fa? Godo nell’essere io il saccente della situazione, almeno stavolta.
Avrà invocato lo
statuto del C.R.. E.P.A., dopo che ha assistito a questa scena.
I fumi dei cibi
che sobbollono ancora nelle pentole toccano i miei vestiti, dandomi ancora una
sensazione di nausea, che, se possibile, si intensifica quando vedo finalmente
la porta dell’uscita, dopo i lunghissimi tavoli di legno, usati per poggiare le
pietanze. Ancora, sto per fermarmi, ma non lo faccio. Vorrei, con tutte le mie
forze fermarmi, l’istinto di sopravvivenza continua a gemere nelle pareti della
mia stanza. Lei, come sirena crudele, però è infinitamente più potente, sembra
richiamarmi alla fine dei miei giorni. Sembra dirmi che ormai la mia vita è
finita e che dovrei saperlo anch’io; perfida, mi mostra gli abissi
dell’inferno, non la vetta del Paradiso.
Apro la porta di
scatto, il respiro che si condensa in vapore. L’aria è fredda, ghiacciata,
carica di brina e nevischio. Rabbrividisco, stringendo gli occhi per scorgerli,
ma non riesco a vederli. Sono le dieci del mattino ed è tutto così
maledettamente grigio… Voldemort, dannato… quando sento anche le ciglia
ghiacciarsi e le mani iniziare a spaccarsi, intravedo finalmente il guizzare di
una veste rossa. Pansy. Sento di non avere più fiato, ma corro in
quella direzione. Sono pochi passi, solo pochi passi e niente più, ma sembrano
lunghissimi. La mia vita intera sembra srotolarsi nell’intervallo di essi.
Finalmente i miei
piedi ghiacciati raggiungono il loro obiettivo, mi fermo, l’acqua che si
congela su di me.
Curioso… il
destino, la vita, o, non lo so, Dio magari, se esiste… comunque, tutte queste
cose assieme hanno un senso dell’umorismo sfrenato. L’ironia del destino… sono
tutti e quattro fermi vicino al castagno spoglio che mia madre piantò nel
giorno della mia nascita. Ha trentacinque anni quest’albero, ha trentacinque
anelli nella sua corteccia… se non è destino questo, che debba morire proprio
qui, che altro potrebbe esserlo, non lo so…
Eccole lì, le
quattro persone che ho amato di più in tutta la mia vita… Blaise, l’amico
silenzioso ed insopportabile, quello che anche adesso mi guarda con espressione
rassegnata. Rassegnazione dell’impossibilità che io cambi, che lui cambi in qualche
modo, saremo sempre quello che siamo. Pansy, la moglie silenziosa e complice,
quella che anche adesso mi guarda con espressione rassegnata. Rassegnazione
dell’impossibilità che io resti come sono, che così io mi salvi nell’unica
maniera che pensa mi sia concessa, rimanendo cioè qui con Voldemort, mentre lei
invece cerca la salvezza altrove.
E poi loro due…
l’amore nascosto ed urlato di questi anni. Ma che dico? di tutta la vita.
Hermione è in
piedi accanto all’albero, si regge al suo tronco, come se ne volesse avere
forza. Ha il viso bianco e gli occhi spalancati, i capelli neri svolazzano
nell’aria. I suoi occhi cioccolato sono sempre gli stessi, sono sempre ospiti
del sole scomparso, sono sempre così pulsanti e vivi da lasciare frastornati,
muti ed immobili al suolo alla ricerca della motivazione di tutto il mondo. E
come io non me ne fossi accorto prima, è un autentico mistero. Naike mi guarda
senza curiosità alcuna, stretta alla madre, rabbrividisce nel mantello di
Blaise con gli alamari d’argento.
Hermione mormora
qualche parola all’indirizzo di Pansy, staccandosi dall’albero e facendo segno
a Naike di lasciarla. La bimba obbedisce e mi guarda ancora senza capire. Mi fa
male mia figlia, la sua ovvia indifferenza, vedere i miei stessi occhi grigi privi
di sentimenti. Vorrei urlarle chi sono, ma non lo faccio. Non ne ho il
coraggio. A volte è meglio l’indifferenza, che l’odio, checché ne dicano tutti
il contrario. E lei, Naike, mia figlia, non so che cosa sentirebbe sapendo chi
sono. Mi odieresti, Naike?
Vedo ancora
Hermione dire qualche parola a Blaise che annuisce a sua volta, ma non riesco a
capirle, il vento soffia forte nelle mie orecchie.
Lei muove qualche
passo nella neve fresca, venendo verso di me. Sembra muoversi piano, vorrei che
lei fosse già qui ed invece c’è ancora un altro passo, un altro ancora e poi di
nuovo un altro.
Finalmente arriva
ad un passo da me.
Non me la
ricordavo così piccola, così minuta, così esile. Le sue spalle potrei
afferrarle entrambe con una mano sola, potrei spezzarla anche solo guardandola.
E forse la sto già spezzando, perché non riesco a smettere di guardarla e lei
chiude gli occhi piano con espressione sofferente.
Non smettere di
guardarmi, per favore… li ho cercati tanto i tuoi occhi nelle notti d’estate,
in quelle d’inverno, in ogni singola dannata notte in cui non capivo nemmeno se
era estate o inverno, perché il mio corpo voleva solo te, ghiaccio bollente.
Forse mi ascolta,
chi lo sa, perché finalmente solleva il viso. Gli occhi sono asciutti, non
vuole piangere… ovvio…
Dice solamente,
le labbra screpolate che si aprono di un centimetro: “Non credevo che ci fossi
tu dietro a questa fuga… dopo tutti questi anni…”.
We’ll both forget the breeze
Most of the time
Questi anni… hai ragione. Che per me siano passati
tutti adesso, non vieta che per te siano stati più lunghi, della consistenza di
veri anni, non di secondi come è stato per me. Ne sento il peso, la nettezza
chiara e distinta sulle spalle, ma per il resto non esistono. Però vedere i
tuoi capelli adesso neri, i tuoi occhi adesso più smorzati nella loro luce, e
soprattutto vedere nostra figlia, significa che inevitabilmente, volente o
nolente, quegli anni davvero sono passati.
Non ti dico
questo, non credo che sia necessario.
I tuoi occhi
ancora si volgono lontani, riempiendosi delle folate di vento e neve che ci
circondano. Guardi altrove, mentre mi chiedi sottovoce, come se lo stessi
chiedendo solo a te stessa: “Perché, allora?”. Per un solo secondo, davvero non
ti ho sentito; davvero la tua voce è stata così lieve da perdersi nel vento. Ma
poi la tua domanda risuona nel mio cervello come una campana. C’è la risposta,
ovvio che c’è, ed è enorme, luminosa, bellissima. Ma non esce dalle mie labbra.
Sembra che mi sia dimenticato come si faccia a parlare. Dubitavo del mio
coraggio di arrivare fino a qui, e ne avevo motivo. Il coraggio non fa parte
del mio DNA, è evaporato nello stesso istante in cui l’ho saputa più o meno al
sicuro. La necessità è la più potente molla d’azione dell’agire umano. Nel mio
caso, ho sempre agito per la mia mera ed esclusiva sopravvivenza, ora le cose
sono leggermente mutate, ma la sostanza non cambia. In fondo, lei è viva, Naike
è viva, non c’è niente di più importante… quindi… sono perfettamente sicuro che
non dirò null’altro. Nulla di diverso. Gli addii sono scene alla Blaise Zabini,
non alla Draco Malfoy. E lei lo dovrebbe sapere più di chiunque altro al mondo.
Mi sento quasi offeso dal suo pretendere una risposta, quando sa benissimo che
non l’avrà mai.
Improvvisamente i
suoi occhi si fanno liquidi, violenti ed intensi, come non sono mai stati. Li
temo quasi mentre si incollano ai miei.
Sorride, un
sorriso triste e tirato, infinitamente malinconico, come l’eco del mare in una
conchiglia.
“Sei cambiato,
Draco… tanto…” dice soltanto.
Sbatto le
palpebre un paio di volte, forse non ho sentito bene.
“Che hai detto?”
le chiedo stupidamente. Dopo anni, apro la bocca davanti a lei e, la prima cosa
che le dico, è immensamente stupida.
Lei ripete la sua
frase con dolcezza, e ora ne colgo ogni remota ombra nascosta, fremente dietro
le parole innocenti.
Rido a me stesso,
non a lei, e rispondo tagliente, un tutt’uno con il vento che sta rendendo il
mio viso rosso: “Curioso che tu lo dica… considerando che tra me e te è finita
perché dicevi che non sarei mai cambiato… come vedi, hai preso un bel abbaglio…
allora commetti degli errori anche tu… buono a sapersi…”.
Lei sorride
ancora, mentre dice delicata: “Hai perfettamente ragione, ma almeno in
questo non cambierai mai… sarai sempre il solito arrogante e presuntuoso di
sempre…”, incrocia le braccia al petto e per un attimo sembra tornata quella di
tanti anni fa “E sai qual è il paradosso? Che ne sono persino contenta!”.
“In effetti, è
paradossale…” concedo e lei annuisce di nuovo.
Come prima, le
parole si bloccano nell’aria attorno a noi. Sembrano così tante, eppure
svolazzano attorno a noi nell’aria gelida, beffarde nella loro inconsistenza e
nella nostra incapacità di afferrarle. Torna il silenzio, sembra una pelle
liscia sui nostri respiri. Non è un silenzio imbarazzato, è un silenzio… teso. Tante volte siamo rimasti in silenzio, quindi non ne abbiamo paura;
ma l’urgenza di dirci qualcosa prima
che… è palpabile. Ci alita sul
collo il silenzio, come un animale affamato, e più lo fa, più noi ce ne stiamo
fermi e zitti. Paradosso è certamente la parola giusta per descrivere la
situazione, e me e lei. Come sempre.
Almeno qualcosa
non cambia mai.
Non è importante,
ma lo sembra, mentre penso a cosa chiederle. È la prima ed unica cosa che mi è
venuta in mente. Mi sento un adolescente al primo appuntamento, e non c’è
niente di più diverso in questo momento. Nonostante le mani sudaticce e il
cuore in gola.
Trovo solo la
voce per dire: “Come mai hai i capelli neri?”.
Lei aggrotta le
sopracciglia, mentre torna a guardarmi, sembra volermi dire che sono veramente
cretino a farle una domanda del genere. L’espressione del suo viso non mi è
ovviamente nuova, me la riservava sempre da Hogwarts in poi quindi ci sono
abbondantemente abituato.
“Mi sembra ovvio,
Malfoy…” risponde brusca lei, incrociando di nuovo le braccia e guardandomi con
espressione insofferente “Era per non farmi riconoscere… che facevo, me ne
andavo in giro con un cartellino con su scritto – Hermione Jane Granger, Auror,
ex di Draco Lucius Malfoy, per favore CATTURATEMI!- ?!!”.
Improvvisamente
so perché il mio inconscio mi ha suggerito di chiederle dei capelli. In fondo,
mi fido sempre del mio inconscio, del mio istinto, del mio sangue, anche se non
scorre esattamente in direzione del cervello.
“Devo dedurre che
anche per Naike sia lo stesso, no? Non ha nemmeno lei i capelli neri?” la mia
voce è un debole pigolio, ma cerco di non farla tremare.
Lei sussulta
impercettibilmente e le sue braccia scivolano sui suoi fianchi, mentre i suoi
occhi cadono altrove. Guizzano veloci, lontani dal mio viso e dai miei occhi. Ti ricordo Naike, eh Hermione? Credevi che
non me ne accorgessi… andiamo, abbiamo gli stessi occhi…
La sento
sospirare, per poi rispondere: “Certo che no… è bionda… è una tua copia in miniatura…”.
“Non l’avrei mai
saputo, vero?” chiedo con rabbia. La rabbia… dolcissimo schermo di anime
inquiete.
“No…” risponde
sinceramente, tornando a guardarmi. Scorre di nuovo l’antica elettricità degli
scontri verbali tra me e lei. E ne sono oltremodo felice. Sembrava che avessimo
smarrito anche noi stessi, oltre a tutto il resto.
“Lo sapevi il
giorno che ci siamo lasciati?” chiedo ancora, il livore nelle mie parole è
un’onda lunga che travolge entrambi nel suo corso.
“Avevo dei
sospetti, ma no… non lo sapevo con certezza…”.
“Avresti dovuto
dirmelo… ma no, tu pensavi che dovevi lasciarmi, non c’era bisogno di un motivo
per tenerti legata a me, no?!!”. Stavolta lo urlo con tutta la forza che mi è
rimasta in corpo, lei assurda imputata di un processo per la colpa di avermi
reso infelice in questi dieci anni.
Ma lei sa sempre
come spiazzarmi: “E’esattamente come dici… non avevo bisogno di un altro motivo per non riuscire ad allontanarti da me… se tu avessi saputo di
Naike… bè, può darsi che sarebbe finita nella stessa maniera. Ma io forse non
sarei riuscita a privare, oltre che me stessa, anche mia figlia di te, di suo
padre…”.
Le sue parole
crepitano incandescenti nella mia mente, soprattutto l’altro motivo. Mi ci aggrappo con tutte le forze, l’unico superstite del tempo
trascorso è quel motivo remoto.
“Qual’era l’altro
motivo?” chiedo scioccamente, e la mia voce mi ricorda la sua, quando poco
prima mi ha chiesto perché avessi deciso di salvarla. Spero che anche la
risposta sia lo stessa…
Lei incrocia
ancora le braccia sulla veste consunta, sospirando con l’aria di pensare che
sono davvero stupido.
“Mi sembra ovvio
quale fosse l’altro motivo… non te lo devo stare certo a dire…”.
Mi ritrovo ad
atteggiare la mia voce come una preghiera, davvero lei è una dea pagana crudele
che vuole negarmi questa piccola ed insignificante risposta, inutile perché
velata del passato, eppure così importante che ne dipende tutto quel poco che
resta. Agli umani, non è concesso di amare le dee, e allora? Lasciateci nella
nostra illusione, non abbiamo chiesto a nessuno di essere svegliati.
“Dimmelo lo
stesso… credo di essermelo dimenticato… gli anni passano…”.
Hermione sospira
e guarda il cielo gonfio di nuvole, per un po’ ha smesso di nevicare. I suoi
capelli sono bagnati e le si sono attaccati in lunghe onde sul collo bianco e
rosso.
“Farebbe male… a
tutti e due…” bisbiglia piano, senza guardarmi “Non abbiamo bisogno di altra
sofferenza, non credi? E poi che importa? Quel tempo non esiste più… sono
passati dieci anni…”.
La interrompo,
recuperando assurdo coraggio dalle profondità di me.
“Il tuo altro motivo di allora è lo stesso mio motivo… solo che per me come era di allora,
lo è anche di adesso… lo è sempre stato e credo che non smetterà mai di
esserlo… il motivo per cui sono qui e il tuo perché al mio averti salvata di
poco fa… è sempre dannatamente lo stesso… e sta tranquilla, il male che mi ha
fatto in questi anni non potrebbe farlo di più adesso, nemmeno volendo…”.
And so it is
The colder water
Lei si stringe
nelle spalle, so che le mie parole non se le aspettava perché non me le
aspettavo nemmeno io da me stesso. Tenere a freno i sentimenti, imbavagliarli,
legarli per impedirli di fare male, è una cosa che non ha logica. È come voler
legare l’aria o l’acqua, costringerla in forme che altrimenti non prenderebbe
mai. È fare qualcosa di frustrante ed illogico. Adoperandomi nel portare avanti
questo gioco, ho reso i miei sentimenti acqua gelida. Effettivamente li ho
fermati, ma solo perché si sono ghiacciati su loro stessi. Ora riscoprirli così
forti, impetuosi e caldi soprattutto… non ci sono abituato. Non c’è
niente che lei non riuscirebbe a farmi fare.
Solleva gli occhi
miele verso il tetto della mia casa, puntandolo sui gargoyles di pietra delle
balaustre. Ne sembra rapita, sembra essersi dimenticata di me, eppure me ne
sono perfettamente accorto che ha fatto un passo indietro. Si è allontanata da
me.
“Sono passati
dieci anni, Draco… ormai non ha più importanza…” ripete, sembra che per lei il
ritornello degli anni passati sia un mantra. Se lo ripete in continuazione per
inculcarselo nel cervello. Non ci crede nemmeno lei.
Annullo la
distanza tra me e lei con una sola falcata, approfittando del fatto che il suo
sguardo sia apparentemente perso altrove. So ancora che, invece, se ne è
accorta benissimo; le sue spalle tremano e si stringono in un attimo.
“Guardami…” le
ordino con voce autoritaria. Sono sempre un Mangiamorte in fondo.
“No…” risponde
secca e dura. È sempre Hermione Granger in fondo.
“Perché?” le
chiedo, la voce più bassa e più tagliente “Hai paura?”.
Lei ride, una
risata bassa e gutturale… forzata… prima di dire: “E di che cosa dovrei aver
paura, scusa?! Di te?! Figuriamoci… non ho avuto paura di Voldemort, vedi
quanta paura posso avere di te…”.
Intanto guarda
sempre altrove.
“E allora fallo…”
la esorto, stringendola violentemente per le spalle. La sento sussultare,
mentre le urlo contro: “Fallo, dannazione! Guardami, Granger!”.
Sento dalla sua
gola arrivarmi un suono soffocato, prima che lei si volti finalmente a guardarmi
in faccia, le mani artigliate sulle mie braccia nel tentativo di allontanarmi
da lei. I suoi occhi sono nitidi e puliti, come sempre. Sembra tranquilla,
ostenta serenità, ma le sue labbra tremano. Potrebbe essere il freddo, no?
Questo penso…
Continuo a
pensarlo, mentre regge fiera il mio sguardo.
Lo penso ancora,
mentre quello sguardo d’agata regge granitico, mentre io sto decisamente per
crollare.
“Non avrei mai
dovuto lasciarti… sarei dovuta rimanere con te ogni secondo della mia vita…”.
Un colpo netto, una stilettata precisa. Maledetta Mezzosangue, vuole farmi morire…
Lo ha sciolto lei
l’ultimo segreto. L’ha fatto cadere lei l’ultimo vessillo, si è arresa pur di
non concedermi di entrare nella sua roccaforte senza un suo specifico invito.
Sento sorridere la mia stessa anima. E per la prima volta in vita mia,
ringrazio Dio per qualcosa…
La tiro
bruscamente a me, non ce la faccio più. È così piccola, così leggera… la bacio
ferocemente, mangiandole le labbra a sangue e a fuoco. Il bisogno primordiale, conosciuto
dall’inizio della storia. Le sue labbra sono screpolate, non sono piacevoli,
sento il sapore ferrigno del sangue in bocca, ma solo sentire le sue mani
cedere dalla presa ferrea sulle mie braccia, vale tutto questo bacio che sa
solo di bisogno.
Avevo bisogno di
baciarla, da anni. Finisce il bisogno, arriva il piacere.
Mi ritrovo a
scivolare le mie braccia lungo la sua vita, il mio corpo e il suo che si
incastrano perfettamente tra loro come un tempo. Le sue dita fredde le sento
sulla mia nuca, intrecciarsi con i miei capelli bagnati e giocherellare
spensierate. Fiore di bucaneve nell’inverno freddo, le sue labbra si aprono,
accogliendo le mie, sento il suo sapore, prigioniero dei ricordi, ora vivido
come il vento che mi sferza la faccia, come l’acqua che gela nelle scarpe, come
il mantello che fustiga la mia schiena. Sarà anche dolore, dolore anche lei,
come tutto il resto. Ma è vera. Quello che sembrava sbiadito e spento, una
brutta copia della vita vera, muore nelle mie labbra e nelle sue, unite assieme
per l’ultima volta.
Geli l’inferno,
bruci il paradiso, se solo questo attimo non sia la cosa più bella che ci sia
al mondo.
Le nostre labbra
si accarezzano dolcemente, sfregando le une sulle altre, lasciando uno spazio
insufficiente a dividerci. Ogni volta che la sto per lasciare, mi punge dentro
la voglia e mi riaccosto a lei. Cosciente che sta per finire, ne rifiuto la
realtà immodificabile, continuando in quest’atto contemporaneamente eterno ed
ancestrale.
Mi stacco
controvoglia dalle sue labbra, non da lei. E chi la lascia più adesso… la
stringo a me, appoggiando la guancia sulla sua testa. Il suo viso rimane
soffocato sul mio petto, ma non credo che le dia fastidio.
Certo, sento le
sue lacrime bagnare la stoffa della mia tunica, ma la sento anche mormorare
soffusa il mio nome.
Mi dà i brividi
come dice il nome “Draco”... la piccola inflessione tenue e decisa sulla erre…
Dio, non credo che nessuno lo dica tanto bene…
Si irrigidisce
appena, mentre mormora: “Accidenti, mi sono dimenticata di Naike! Ci sta
guardando, vero?”.
Annuisco, poi le
chiedo contrariato: “Perché di che ti preoccupi? Non è mia figlia, no?”.
Lei si stacca da
me bruscamente, e chiede atona: “E di chi dovrebbe essere figlia, scusa?!”.
The blower’s
daughter
Fingo
un’espressione meditabonda, portandomi un dito sulle labbra; inutilmente devo
aggiungere, perché tutti i probabili padri di Naike, a parte me, cominciando da
Potter e passando per Weasley, Thomas, Finnegan e persino Paciock, sono tutti
all’altro mondo. È la prima volta che mi rendo conto che ne sono morti così
tanti. Non trovando alcun nome, alzo le spalle e rispondo: “Non lo so… dimmelo
tu… di che altro potrebbe essere figlia Naike?”.
Lei risponde
presuntuosa: “Se era un modo contorto per chiedermi se sono stata con qualcun
altro, la risposta è no… e vale anche e soprattutto per questi
dieci anni… può essere solamente tua figlia… e quando la conoscerai non ne
avrai nemmeno il minimo dubbio. È identica a te… a volte mi veniva voglia di
picchiarla, esattamente come facevo con te…”.
Interrompo le sue
parole, l’equivoco di fondo nelle nostre parole mi ha riportato alla dolorosa
realtà concreta.
“Hermione…” la
mia voce è più seria e grave del solito, e lei ovviamente se ne accorge. Si
stacca da me, guardandomi in volto; passa sotto le sue palpebre un fulmine
azzurro. Perché mi dovevo innamorare proprio della più intelligente della
scuola? Mi fossi preso Lavanda Brown, e quella non c’avrebbe capito niente…
“Non ci pensare
neanche…” sibila come un serpente, staccandosi da me e guardandomi quasi con
odio.
Lo sapevo, come
sempre Blaise non c’è mai quando ho bisogno davvero di lui. La Granger
può diventare più pericolosa di Voldemort, quando ci si mette, e lui se ne sta
lì tranquillo a fumarsi la sua sigaretta con Pansy, chiacchierando amabilmente
con mia figlia. Sembra che siamo ad un allegro picnic, credo di essermi persino
scordato che tra poco il piccolo sole di Blaise perderà i suoi effetti.
“Ascoltami
Granger…” inizio, tentando di essere convincente, ma lei ovviamente vanifica i miei sforzi, rovesciandomi addosso il suo consueto fiume di
parole. Urla, senza timore che qualcuno la senta, nemmeno che la senta nostra
figlia, e prima si faceva tanti problemi… ma quant’è strana… stringe i pugni furiosa, il viso rosso e
livido e i capelli arruffati nel vento ghiacciato, zuppi di nevischio.
“Non se ne parla
proprio! Nella tua insensata idea, io e Naike dovevamo essere complici del tuo
suicidio?! Ce ne dovremmo andare, sapendo che tu invece rimani qui a farti
ammazzare?! E io che cosa le dovrei dire, un giorno, quando mi chiederà di suo
padre? Che è morto davanti ai miei occhi, perché ero troppo codarda per morire
assieme a lui?! Tu scapperai assieme a noi, e non mi importa se ci prenderanno
e se ci uccideranno tutti e tre assieme… mi hai capito?!!”, la sua voce si
spezza e i pugni ricadono molli lungo le sue braccia, mentre continua: “… se
anche ci uccideranno… per la prima volta, noi tre… finalmente staremo tutti
assieme… l’ho fatto una volta questo errore, non lo farò di nuovo… dovevo morire
con Harry e Ron e non l’ho fatto, dovevo vivere accanto a te e non l’ho fatto…
non puoi togliermi anche questo…”.
Cadono alla fine
le lacrime dai suoi occhi, volge il viso dall’altra parte, nascondendole
timidamente.
Faccio un passo
verso di lei, cerco di volgerle il viso verso di me, prendendola per il mento,
ma lei si ritrae bruscamente. Scoppia in singhiozzi, urlandomi di non toccarla.
Le sue lacrime silenziose restano chiuse nelle mani che porta al viso.
“Non avrai pace,
se resterai con me…” mormoro, aggrappandomi con tutte le mie forze alla mia
decisione. Guardo il Malfoy Manor, non lei, e da esso ne traggo il nefasto
coraggio. Da lei, potrei ricavarne solo voglia di vivere, la morte è invece
ospite privilegiata del mio castello.
Solleva irata lo
sguardo, mettendosi una mano nei capelli neri, agitandone una ciocca davanti ai
miei occhi: “La vedi questa?! È la prova concreta che non sono mai stata in pace! Con te o senza di te, non sono mai stata al sicuro! Mi
sono spostata di luogo in luogo, costringendo anche nostra figlia a fare lo
stesso! Per stare al sicuro, ho sacrificato tutto quello che c’era di bello
nella mia vita! Ora sono stanca, non sono più disposta a farlo! Se anche
dovessi vivere, che senso poi avrebbe vivere così?!”, la sua voce aumenta di
tono: “Perché ogni maledetta volta non provi a pensare a me, prima che a te
stesso?!!”.
“E’ per te che lo
faccio, stupida!” urlo a mia volta, annullando di nuovo la distanza tra me e
lei.
“Non hai nessun
diritto di decidere per me, mi hai capito, Malfoy?!!” mi guarda sfrontatamente
dal basso verso l’alto. E solo perché è più bassa di me, altrimenti mi
guarderebbe da una vetta di novemila metri di altitudine.
“Tu farai quello
che ti dico io, hai capito?! Te ne andrai da questo maledetto posto, ti farai
una bella vita, ti sposerai, darai dei fratellini a Naike e ti dimenticherai di
me… non intendo discutere su questo…”.
“No, non lo farò
mai!”.
“Ed invece sì che
lo farai!”.
“Dovrai lanciarmi
un Imperius per farmi andare via di qui…”.
“Non credere che
non ne potrei essere capace…” la minaccio ed estraggo dal mio mantello la
bacchetta.
Gliela punto
contro, sperando di spaventarla. Ha ragione ovviamente. Non ha avuto
paura di Voldemort, figuriamoci quanta potrebbe averne di me. Solleva il mento
orgogliosa, sfidandomi con lo sguardo e con la voce: “Avanti, fallo… muoviti…”.
Ora la riconosco
la madonna che mi ero configurato poco prima. Le mancano solo i suoi veri
capelli.
Rimango con la
bacchetta sguainata, puntata contro di lei, e continuiamo a guardarci, l’odio
che abbiamo sempre conosciuto fa crepitare l’aria gelida attorno a noi. Siamo
capaci di odiarci, con la stessa forza e la stessa intensità di come ci amiamo.
Sembriamo di nuovo i ragazzini di Hogwarts che si sfidavano apertamente nei
corridoi, mancano solo Potty e Lenticchia che le danno manforte. Mi sembra
quasi di sentirli accanto a me e a lei… manchiamo anche noi, in fondo, a ben
vedere. Un tempo, la mia bacchetta non avrebbe tremato di fronte ad una
Mezzosangue; un tempo, i suoi occhi non sarebbero stati pieni di lacrime
davanti a me. Lacrime di rabbia, ma di una rabbia assordante che solo l’amore
frustrato e calpestato può dare.
Premo la
bacchetta contro la sua fronte, mentre i suoi occhi mi sfidano ancora.
“Revelo naturam!” urlo e il suo viso non cambia espressione. Le lacrime splendono un po’
di più, diamanti color dell’oro, mentre il vento libera nell’aria una cascata
di bronzo alle sue spalle.
Sorrido, mentre i
suoi riccioli castani le cadono di nuovo a ghirlanda attorno al suo viso.
Ora sei veramente
tu… volevo vederti così prima di andarmene…
The pupil in denial
I can’t take my eyes off of you…
“Incantesimo
banale… Malfoy…” dice sprezzante e sembra davvero il castorino di tanti anni
fa, la cocca di tutti i professori. Me ne illudo ed invece, nonostante i
capelli di nuovo chiari e nonostante la voce presuntuosa, so benissimo che non
è più lei, la Mezzosangue zannuta. La mia piccola e dolcissima Mezzosangue
Zannuta…
Scendono a
precipizio le lacrime sul suo viso, mentre mormora: “Banale, esattamente come
questo… Reseco!”.
Estrae anche lei
la bacchetta dal mantello, puntandomela contro. Un lampo di luce violetto mi
colpisce.
“Banalissimo in
effetti, Granger… mi aspettavo di meglio…” tento di tenere ferma la mia voce.
Non è onorevole per un Malfoy piangere, nemmeno quando sta per morire.
Intravedo i fili
dorati dei miei capelli fluttuare lontani nel vento, sfioro quelli che sono
rimasti e li trovo corti sulla nuca.
Anche tu l’hai
pensato, allora… volevi che per l’ultima volta fossimo come tanti anni fa… che
fossimo di nuovo noi stessi…
Non riesco a
smettere di guardarla, lei che è di nuovo castana. È lo specchio di me stesso,
di quello che sarei voluto essere per tutta la vita, l’uomo di cui ora sono una
pallida immagine. I capelli corti alla Draco Malfoy, e non più alla Lucius, ne
sono il segnale più forte.
Non c’è il tempo
materiale per cambiare anche tutto il resto, ma grazie lo stesso per i capelli.
Mi piacciono, corti… me ne ero scordato…
Riesci sempre a
farmi il regalo più bello, la sorpresa più gradita, il dono più inaspettato.
Did I say that I loathe you?
Did I say that I want to leave it all behind?
Ho detto di odiarti?
Ho detto che avrei lasciato tutto questo alle mie spalle? Erano bugie, Granger.
Bugie colossali, grandi come case, enormi come il mio castello. La cosa
bellissima e meravigliosa è che anche tu sei una bugiarda. E da me che sono e
sempre sarò un Serpeverde, è normale aspettarselo, ma da te, dalla Regina dei
Grifoni… come tu hai cambiato me, evidentemente devo aver fatto lo stesso per
te… non ti voglio lasciare. Me lo
potrei permettere, dopo tutto quello che la vita mi ha tolto. La vita mi ha
tolto i miei genitori, e poi te e Naike. Potrei riprendermi tutto in una volta
sola, e sarebbe giusto. In apparenza. Giusto vuol dire equo, e io non sono
stato mai equo. Quanto ho tolto io agli altri? Tanto, troppo. L’iniquità rende
tutto lontano dalla giustizia. Lo fa diventare vendetta, patetica, stupida ed
insana vendetta. Verso, chi, poi? Quando tutte queste cose le ho fatte solo e solamente
io? Con chi me la dovrei prendere? Il destino, la vita, Voldemort, Dio? Con te?
Ancora bugie.
Il tuo innato senso
della giustizia un giorno lo capirà, ora no e mi fa piacere, anche se mi sta
rendendo le cose più difficili. Non riesci a capirlo perché ci tieni a me. In
caso contrario, lo avresti capito subito, come sempre…
Grazie, Granger…
Grazie, Hermione…
Siamo rimasti
così, quanto, due secondi, due minuti, due ore o due vite intere?
Non lo so adesso,
riesco solo a guardarla e basta. E lei fa lo stesso, non abbiamo nemmeno
bisogno di toccarci, i nostri sguardi due ponti d’oro e d’argento che uniscono
le nostre anime.
La mia mano rompe
l’incanto, la sollevo per accarezzare la sua guancia. Lei chiude gli occhi
repentinamente, le ciglia nere brillano della luce delle lacrime che non vuole
piangere. Con gli occhi chiusi, solleva le braccia come una bambina che chiede
di essere presa in braccio. Debolmente, le porta sul mio petto, intreccia le
sue dita dietro la mia nuca. Rimane così immobile, gli occhi chiusi, le lacrime
serrate. Sembra quasi che stiamo ballando e, con lacerante angoscia, mi rendo
conto che con lei non ho mai ballato. E, dolore impossibile, non ballerò mai.
Stringe le
braccia attorno al mio collo ed appoggia la fronte sulla mia spalla. I suoi
occhi restano sigillati.
“Hermione…” la
richiamo “Adesso vattene… prendi Naike e scappa… Blaise e Pansy ti
proteggeranno…”.
Lei non si muove,
anzi mi stringe più forte. Sussurra solamente: “Saluta Naike, prima… voglio che
abbia almeno un piccolo ricordo di te…”.
Annuisco con il
capo, e lei si stacca malvolentieri da me. Volge gli occhi indietro, dove ci
sono Pansy, Blaise e Naike.
Chiama sottovoce
la bambina, che ci stava guardando con gli occhi sbarrati. Chissà che cosa deve
aver pensato tutto questo tempo vedendomi con sua madre. Mentre Naike piano si
avvicina, Blaise mi fa segno di stringere con il tempo. Sollevo preoccupato il
capo, il riflesso del sole nelle finestre del salotto si sta affievolendo.
Annuisco,
rivolgendomi a lui, poi mi rivolgo ad Hermione: “Che cosa le devo dire?”.
“Quello che vuoi…
è tua figlia, Draco… dille quello che vorresti sentirti dire tu e ci prenderai…
te l’ho detto, no? E’ identica a te in tutto e per tutto…”.
Naike finalmente
arriva davanti a noi, si stringe imbarazzata nelle spalle e mi guarda con
sospetto.
Poi si rivolge ad
Hermione e chiede: “Che c’è, mamma? Non ce ne andiamo?”.
“Tra un momento,
tesoro…” risponde lei, mettendosi in ginocchio per arrivare alla sua altezza
“Hai conosciuto Pansy e Blaise? Ti stanno simpatici?”.
“Sì, mamma…”
sorride lei, ancora titubante, poi torna sospettosa a guardarmi.
“Ti stai
chiedendo chi è questa persona, Naike?” le chiede dolcemente Hermione.
“No, mamma…”
risponde la bambina, poi, arrossendo, riprende: “Credo di aver capito chi è…”.
Mi stringo nelle
spalle a disagio, parlano di me come se non ci fossi.
“E secondo te,
chi è?” le chiede ancora pazientemente Hermione.
Lei scruta i miei
capelli, i miei occhi, il mio viso e la mia totale figura, poi abbassa gli
occhi e chiede incerta: “E’ il mio papà?”.
Hermione sorride
ed annuisce, accarezzandole una guancia, non prima però di aver asciugato
velocemente una lacrima solitaria che le solcava il viso. Mi sento spezzare
qualcosa dentro, ci spero ogni secondo che termini l’agonia di vederle per
l’ultima volta, eppure pagherei per restare sempre sospeso in questo istante.
“Papà…” mi canzona Hermione, dandomi una gomitata nel fianco dopo essersi
alzata da terra. Emetto un lamento soffocato, è sempre così maledettamente
violenta…
Aggrotta le
sopracciglia e mi fa: “Papà, lo sai che Naike è una veggente? Lei
si è sempre chiesta da dove venisse il suo potere, considerando che io sono
babbana di origine… tu lo sai, papà?”.
Ho recepito il messaggio, vuole che la smetta di stare in silenzio.
Ci rifletto su e poi rispondo sicuro, guardando mia figlia: “Certamente… la tua bisnonna, Leonor Malfoy… la madre di mio padre. Era cugina di Cassandra Cooman, una grandissima veggente… aspettavamo da anni di vedere chi ne avrebbe ereditato il potere…devi aver preso da lei…”.
Naike spalanca gli occhi, quanto sono chiari… vorrei solamente scappare, adesso… mi costringo a tenere i piedi incollati al suolo ed è una violenza inimmaginabile. Non sono decisamente fatto per fare l’eroe.
“Era bionda come te, la bisnonna?” mi chiede, gli occhi luminosi. È bellissimo, sono grigi come i miei, ma lucenti come quelli di Hermione. Non so com’è stato possibile, ma è la cosa più bella che abbia visto.
“Come me, certo…” il groppo in gola sta diventando terribilmente pesante. Non riesco a respirare.
“Anche io sono bionda…” cinguetta lei vanitosa, poi agita i suoi capelli neri con fastidio: “Questi non sono miei… la mamma diceva che così non mi avrebbero riconosciuta…”.
“Stai bene anche così…” sussurro, spero che mi abbia sentito perché davvero non riesco a parlare più forte di così.
Quando Blaise mi parlava del dolore di non poter avere un figlio da Pansy, non lo capivo. Gli rispondevo sprezzante che doveva ringraziare Dio di potersi portare a letto una donna sterile così non c’era alcun rischio di gravidanza indesiderata; e poi, se anche Pansy fosse rimasta incinta, il bambino non sarebbe sempre passato per mio? Che soddisfazione ne avrebbe avuto? Lui diceva, sibillino come sempre, che non potevo capire.
Ora ho capito.
Pensare di amare qualcuno come amo Hermione, per me, era un miracolo.
Pensare poi di amare Hermione, alias la Mezzosangue Zannuta… bè, è intuibile che cosa sarebbe successo se me l’avessero detto vent’anni fa.
Ma poi pensare di amare qualcuno tanto quanto Hermione, nemmeno conoscendolo bene quel qualcuno, era decisamente impossibile.
Invece la prova vivente è questa bambina altezzosa come sua madre, che sorride rossa in viso perché le ho detto di stare bene con i capelli neri.
Tiro su con il naso, cercando di calmarmi. Avrei fatto decisamente meglio a non seguirle, accidenti a Blaise e a tutte le sue idee balorde.
Il tipo in questione si avvicina cautamente a noi e dice velocemente: “Hermione, adesso dobbiamo veramente andare…”. Pansy, alle sue spalle, annuisce gravemente, le sorrido e lei mi risponde con uno sbuffo sarcastico.
Non cambieremo mai, Serpeverde fino alla fine del mondo.
Guardando Pansy, mi ricordo di una cosa.
Mi frugo ossessivamente nelle tasche, fino a trovare quello che cerco.
L’anello che mi ha restituito Pansy, brilla scintillante nella mia mano, come un cristallo di ghiaccio.
“Mi dispiace per te, ma la tua occasione di avere un anello mio l’hai gettata al vento dieci anni fa…” sorrido, rivolgendomi ad Hermione “Hai perso il treno e adesso lo do ad un’altra…”.
Hermione sorride a sua volta, gli occhi lucidi, non riesce a parlare nemmeno lei.
Mi inginocchio all’altezza di Naike e cerco di ricordarmi
quello che mi ha detto Hermione. Le parole che volevo sentirmi dire da mio
padre…
“Naike…” inizio e già la mia voce trema. Respiro a fondo e, sotto i suoi occhi indagatori, riprendo: “Questo era di tua nonna, e prima ancora della mia, la veggente di cui ti ho parlato…”, le porgo l’anello che lei stringe con un sorriso tra le sue mani paffute. Le poggio una mano sulla spalla, sospirando ancora, e continuo: “Un giorno, quando diventerai una grande veggente, stringerai questo anello e vedrai la storia di tutta la tua famiglia. Purtroppo io non posso raccontartela, ma tu la vedrai anche meglio di come avrei potuto dirtela io. Seguila bene, tutta fino alla fine, e capirai quello che oggi non posso dirti ancora… sono sicuro che ce la potrai fare, che vedrai tutto, forse anche cose che io non so, e per il resto ti aiuterà tua madre. Non è questa la vera sfida, Naike. Per questo, sono ampiamente convinto che ce la farai… un giorno lontano, vedrai anche questo giorno, mi vedrai di nuovo dirti queste cose e forse vedrai anche quello che succederà tra poco. Quello vorrei evitartelo, ma se accadrà… stringi i denti e fatti forza. La vera sfida è che tu capisca perché l’ho fatto. Ora non potresti capire… ma, se sei anche solo la metà di come era tua madre, capirai…”, la mia voce si abbassa di un tono, mentre aggiungo: “… e quel giorno, Naike, perdonami, se puoi… e ricorda che l’ho fatto solo per te e la mamma… me lo prometti?”.
Lei annuisce grave e sussurra: “Te lo prometto, papà…”.
Dannazione, fa un male cane quella piccola parola… ho
sempre notato che le parole più piccole servono sempre per delineare cose
enormi, di cui l’uomo ha paura. Terra. Mare. Cielo. Vento. E poi…
mamma… ed alla fine… papà…
Le sorrido, non voglio che ricordi un uomo codardo come padre.
Sebbene io sia proprio così, sebbene quando vedrà tra anni questo giorno, Naike vedrà esattamente questo.
Il tremore nella voce che ora riesce ad ignorare, il luccichio negli occhi che ora non può vedere, il livore nelle labbra che ora non distingue… allora tutto sarà chiaro. Ma per allora… Dio solo sa dove sarò io… in qualsiasi inferno dove finirò, me ne importerà ben poco… sarò troppo occupato a bestemmiare Dio per avermi allontanato da loro due, per curarmene…
Hermione finalmente parla di nuovo e dice a Naike di andare da Blaise e Pansy.
La bambina annuisce, stringendo forte l’anello, si volta e fa qualche passo.
Poi si blocca, torna indietro, si ferma incerta davanti a me, torturando le sue dita.
Poi mi getta le braccia al collo, stringendomi forte con i piccoli arti infreddoliti.
Non riesco a fare nulla, resto immobile. Mi chiedo come
Hermione abbia mai potuto pensare che mi somigli in qualcosa… mi vuole far
morire esattamente come lei, come la Mezzosangue… e in fondo è una Mezzosangue
anche lei… ironia della sorte, l’ultima dei Malfoy e dei Black è una
Mezzosangue… mio padre mi avrebbe semplicemente ucciso, se lo avesse saputo…
“Ti voglio bene papà…” dice convinta, la piccola voce ferma e seria “La mamma parla sempre tanto di te… e io ti ho sempre voluto bene… ciao papà”. Forse mi sbagliavo, probabilmente se le avessi detto tutto, avrebbe davvero capito.
È esattamente come sua madre.
Sua madre…Naike non mi odia, per merito suo… per
che cosa non devo ringraziarla questa dannata Mezzosangue?
Naike raggiunge Blaise e Pansy, Blaise la prende in braccio e lei si accuccia contro di lei, come un piccolo cagnolino.
Poi Blaise estrae la bacchetta, mormora qualche parola e fa apparire uno squarcio luminoso nell’aria di colore verde smeraldo.
Il passaggio che li permetterà di andarsene di qui…
Annuisco, rivolto a lui … e Blaise annuisce a sua volta…
Non serve altro. È il mio migliore amico, se ha avuto la pazienza di arrivare fino a qui con me, sa benissimo che, oltre a questo cenno del capo, non avrà nient’altro.
“A parte sentirmi chiamare migliore amico per la prima volta…” la sua voce risuona nella mia mente… stringo i pugni, il maledetto è rimasto in contatto telepatico con la mia mente per tutto questo tempo.
“Bè, allora hai avuto fin troppo… te ne vuoi andare adesso?!” urlo nel mio cervello.
Lui mi guarda e lo sento dire: “Pensa in positivo… se va male, ci vediamo tra poco…”.
“Blaise…”.
“Lo so, lo so…” la sua voce è saccente ed annoiata “Le proteggerò a costo della mia vita,
renderò felice tua moglie… e tu mi hai sempre voluto bene… gli addii me li devo
anche fare da solo… guarda che roba…”.
Sorrido verso di
lui, mentre sparisce nel gorgo.
Pansy indugia
sulla soglia, poi mi urla dietro, le lacrime che scorrono sul viso sottile,
atteggiato in una smorfia impertinente: “Sei stato il marito peggiore del
mondo…!!”.
“E tu la moglie
migliore del mondo…” le rispondo a mia volta “Perché non c’eri mai e mi tradivi
con il mio migliore amico!”.
Pansy sorride a
sua volta, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano, poi solleva una
mano in segno di saluto e sparisce anche lei.
Resto un po’ a
guardare la luce smeraldo. Siamo lì di nuovo io e lei, da soli per l’ultima
volta, gli occhi fissi sul gorgo che ci separerà.
Stavolta, non
riusciamo a smettere di non guardarci.
Qualsiasi cosa
dirà o io dirò, sarà un addio. E non ne ho la forza.
“Ti amo Draco…”
sussurra, lo sguardo ancora fisso nella luce verde che le rende i capelli
invitanti di sfumature sconosciute.
Deglutisco e non
la guardo ancora.
“Anch’io…”
bisbiglio.
I miei sensi si
riacutizzano nel sentire un tramestio di passi alle mie spalle. L’incantesimo
di Blaise è finito. Stanno arrivando.
Lei si volta,
senza una parola, piccola come non è mai stata.
Si getta su di me
e mi abbraccia forte.
La stringo
saldamente a me per la vita … dammi
la tua forza, amore mio… non lo
dico, ovvio… lo penso solamente, la imploro e una piccola lacrima cade dalla
mia guancia sui suoi capelli, sparendo subito.
L’ultimo regalo per
te… l’ultima lacrima… forse la prima, non lo ricordo più…
“Fammi restare…
posso aiutarti, davvero…” implora per l’ultima volta, ma sa già che non
l’ascolterò.
Non le rispondo,
continuo ad abbracciarla, l’eco delle grida alle nostre spalle sempre più forte
come il richiamo di un Caronte che vuole immediatamente la sua anima designata.
“Vieni con me,
allora…” pigola, i singhiozzi che non rendono distinguibili le sue parole.
“Hermione, va
via…” la mia voce non trema più. Mi mordo le labbra per renderla ferma.
Solleva il viso,
baciandomi con forza, aggrappandosi a me come se stesse affogando. Se non avessi la certezza matematica che se
mi trovassero in questo istante, ammazzerebbero anche lei… li chiederei…
uccidetemi adesso, per favore…
Rispondo al suo
bacio con passione, infantilmente pensando che stiamo diventando una cosa sola
e che così nessuno la separerà più da me.
Ma poi con la
stessa forza la stacco da me e le do le spalle, lasciando me stesso e lei al
freddo.
Ci dobbiamo abituare
a questo, Hermione… per anni, non ci abbiamo fatto i conti con lo stare
separati, ma ora…
“Va adesso…”
mormoro, lo sguardo fisso sulla porta delle cucine, i passi sono sempre più
vicini.
“Non ti dimenticherò
mai…” bisbiglia ancora lei.
“Nemmeno io… va
ora…” sento la mia voce dire. Inutilmente
perché il mio“mai” sarà di qualche minuto… da morti, si ricorda qualcosa?
Il suo ultimo “ti
amo” si perde nel vento con altre parole che lei ha detto, ma che non ho udito.
Mi arrivano invece i suoi passi sulla neve che l’allontanano da me, e il gorgo
che crepita.
Mi volto,
osservandolo da sopra la mia spalla destra.
È sparito. C’è
solo l’albero di mia madre adesso.
Sospiro, sono
salvi. Tutti e quattro.
I passi diventano
molesti schiaffi nelle mie orecchie. Fanno esplodere la porta con un violento Bombarda!, urlato da una decina di voci. La fanno staccare dai cardini. Subito
dopo, un’enorme ondata monocrome si
abbatte nel giardino.
Rimango fermo, lo
sguardo gelato, la bacchetta che scivola dalle mie dita sudate e ghiacciate.
La punto
stupidamente contro le milioni di asticelle di legno che vi vengono frapposte.
Voldemort avanza
silenziosamente come un serpente e batte le mani ironicamente. Idiota…
“Lo sapevo,
Draco…” dice irato, avanzando verso di me con la bacchetta sguainata “Lo sapevo
che avresti cercato di liberare la sporca Granger… meno chiaro era che ti
avrebbero aiutato anche la Parkinson e Zabini…”.
Sorrido
ironicamente, sto tremando e so che non è per il freddo. Una parte del mio
cervello mi urla di implorare pietà, ma il resto… no… devo rendere
fiera di me Naike, quando guarderà questa scena un giorno. Ed anche Hermione…
Voldemort mi
punta contro la bacchetta e ride ancora, gli occhi fiammeggiano.
“Mi ci voleva
solo l’occasione giusta, sai Draco?” ride tra sé e sé.
Spalanco gli
occhi, voleva farmi fuori da tanto tempo … il perché lo sa solo lui. Forse è lo
stesso che ha portato alla morte dei miei.
“In effetti, eri
diventato una spina nel fianco…” continua lui, incrociando le braccia e
studiandomi “Ma eri pur sempre il migliore… quindi ero un po’ riluttante a
toglierti di mezzo, ma adesso come puoi immaginare… non passerò sopra questa
cosa…”.
“Era
chiarissimo…” gli faccio eco, sollevando il mento. La Granger mi ha contagiato. Buona cosa, almeno sono sicuro di non
scappare come un coniglio come sarebbe caratteristico da parte mia…
“Facciamo una
cosa veloce, vuoi? Te lo devo dopo questi anni di duro servizio…” ride lui,
puntandomi la bacchetta alla tempia “A proposito, nel caso me lo sia lasciato
sfuggire, la prenderemo… la Mezzosangue sarà la prima a
morire dopo di te… assieme a quegli altri due traditori…”, stringo i pugni e
lui, non soddisfatto, prosegue maligno: “Anzi no… prima ci divertiremo un po’
con lei… è davvero una bella streghetta… e la figlia quando crescerà, sarà un
belvedere anche lei… ti ha messo le corna, eh, Draco? La Mezzosangue si è
divertita in tua assenza… e tu l’hai anche liberata… l’ami davvero molto,
eh?!”. La sua voce assume un’aria disgustosamente melensa.
“Bastardo!” urlo
e gli mollo un pugno in faccia, come desideravo fare da un sacco di tempo.
Che
soddisfazione, magra, ma sempre una soddisfazione.
Lui barcolla un
po’, un tempo non sarebbe successo. Ha sconfitto la morte, come nessuno prima
di lui aveva mai fatto. Ha raggiunto l’eternità. Ma il suo corpo è sempre
carne, è sempre soggetto alla vecchiaia ed alla stanchezza. Tra la giovinezza e
la morte, c’è sempre un periodo in cui sei più debole e meno preparato. Ed
anche più solo. Questo vale anche per lui, anche se considerando da che
situazione partisse, è sempre il più grande mago del mondo. Per la terza
condizione, invece…
Lui non è mai
solo.
E questa è la sua
più grande forza.
Simultaneamente
al mio attacco, è uno scoppiare di raggi di luce da tutte le direzioni. Mi
abbasso per scansarne qualcuno, recuperando la mia bacchetta. Non voglio morire
standomene fermo. Le urla coprono gli altri suoni, striscio per terra con
cautela, i Mangiamorte confusi si accalcano per colpirmi, ma non riescono a
farlo tutti assieme, quindi puntano alla cieca, sbagliando mira. La metà di
loro sono dei perfetti imbecilli. Vigile, sento alle mie spalle uno scalpiccio
di passi e un tonfo. Mi volto, pronto, ma poi mi gelo. Voldemort mi punta la
bacchetta alla nuca.
“Bè, questo mi ha
sorpreso, davvero…” ringhia aspramente “Te ne andrai con l’orgoglio di avermi
colpito…”.
Le mie braccia
cadono lungo i fianchi.
La bacchetta
rovina nella neve fresca.
Chiudo gli occhi,
non voglio vedere le facce soddisfatte dei Mangiamorte.
È finita.
“Avada Kedavra!”.
Sospiro. E poi è
l’ultima cosa che sento.
Il vento si fa
meno freddo, l’aria meno pungente, la luce meno intensa.
Nel buio, solo il
baluginare di due occhi color cioccolato e di altri due grigio luna.
Non potete
immaginare di che fatica è stato questo capitolo, dover mantenere uguale
Hermione è stata un’impresa! Devo dire di somigliarle parecchio e solo questo
l’ha reso un pochino più semplice! E poi, sapendo come dovevo concluderlo, mi è
venuta un’angoscia assoluta! LA FIC NON E’ FINITA! Manca ancora un capitolo!
Quindi, abbiate ancora un po’ di pazienza! Cercherò di aggiornare quanto prima!
Come sempre, ringrazio tutti coloro che mi stanno dedicando il loro tempo! Sono
stata molto contenta che, nello scorso capitolo, ci siano state molte più
recensioni! Spero che non mi ammazziate per questo! Un mega bacione, quindi, a
Synnovea, silvia 90, kiki (spero di non averti fatto perdere in questo
capitolo!), Aleptos (i capitoli sono quattro, questo è il penultimo! Grazie del
capolavoro, anche se non penso di meritarmelo!), Merryluna, cocorita (la colpa
del Naike è di una deficiente che ho visto in tv e che aveva il suo nome
scritto così! avendo sgobbato per cinque anni come una pazza sulle versioni di
greco, sapevo che si scriveva NIKE, ma quella maledetta mi ha confuso! Grazie della
recensione bellissima!), Sally 90, Lady Crystal.
Un piccolo
avviso: il prossimo capitolo è un pochino, diciamo, strano. Non so se si
capisce benissimo la situazione. Ma alla fine si capisce tutto, non vi
preoccupate!