Fanfic su artisti musicali > Muse
Segui la storia  |       
Autore: GiulyMUSE    21/06/2012    0 recensioni
Trailer della FF -----> http://www.youtube.com/watch?v=6-14TnafDY4
‘Nessun caffé amaro puó distarmi da quel giorno, da quell‘amore che non é stato vissuto, assaporato.. Matt ho bisogno di te‘
Una vecchia cotta, o meglio il primo amore di Bellamy dopo parecchi anni ritorna improvvisamente nella vita di costui. Un amore scoppiato alle superiori é ancora capace di far svolazzare le farfalle nello stomaco della Rock Star?
‘Poi si erano lasciati ma in quel modo che non é un lasciarsi veramente: Lei troppo bella, lui..lui troppo matto ma si volevano da morire. Non potevano stare insieme, non potevano stare lontani‘
A. Baricco
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tadaaaan! Ecco la solita cosa:
I personaggi purtroppo non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.
Chiedo scusa per eventuali errori di battitura o peggio, di grammatica!
Buona fortuna ehm... lettura. Spero che questa FF possa piacervi e per concludere... W I MUSE <3

Life will flash before my eyes.

 

Unintended.


Teignmouth, contea del Devon, distante circa quattro interminabili ore dalla capitale, Londra. 15 novembre 1994, un piccolo ma significante raggio di Sole si faceva attendere… ma più i minuti scorrevano più la speranza si allontanava.
Erano le undici e mezzo di mattina; 
In quell’ora ero seduta nella fila centrale, al penultimo banco, nell'aula del corso di matematica. Frequentavo il terzo anno della “prestigiosa” scuola Teignmouth Community School.
Persa tra i complicati termini specifici che usava Miss Smith, con il gomito sul banchetto e il viso poggiato sulla mano, aprendo e chiudendo gli occhi ripetutamente per la stanchezza, attendevo che quell’odiata campanella suonasse per l’intervallo, così da liberarmi finalmente dello sguardo del ragazzo che stava dietro di me. Fissava i miei capelli e qualche volta con la matita giocherellava con un mio ricciolo. 
Si chiamava Matthew, Matthew Bellamy. 
Un ragazzo anonimo fino a poco tempo fa, quando a Febbraio vinse quella stupida competizione tra band scolastiche nel Teignmouth Broadmeadow Sports Centre. La band aveva un nome talmente banale da far scoppiare una gran risata, "Rocket Baby Dolls". Di certo l'aggettivo "banale" è impossibile da associare alla loro musica e alla sua voce. 
La canzone che mi colpì di più, se non erro, si chiamava Small Minded. Mi disse che fu ispirato da una ragazza e la suonò per lei, ma non era sicuro che questa l’avrebbe gradita.
Voleva, anzi, desiderava che lo aiutassi nel realizzare una coreografia. Dovevo soltanto truccarli, insieme ad altre ragazze, e irrompere nel palco mascherata come loro. 
Io, ovviamente, rifiutai. 
Se quel comportamento non fosse stato gradito, la mia alta media scolastica sarebbe crollata in un attimo come una torre di carte da gioco dopo un leggero vento, e inoltre, perché aiutare quel ragazzo di cui non mi fidavo e che trovavo alquanto strano, ma contemporaneamente affascinante. M’incuriosiva. 
Portava dei lunghi capelli neri che coprivano due meravigliosi occhi blu che illuminavano le interminabili giornate del Devon. Era magro e si nascondeva nella spenta divisa scolastica nera,bianca e grigia fortunatamente sulla camicia c'erano diverse scritte, tra queste anche una mia diceva "You need a haircut". Possedeva, però una forza strabiliante, ed era per questo che spesso si ritrovava dopo l’ultima campanella a riordinare classi intere, non che la cosa potesse poi tanto dispiacergli. 
Odiava il suo ambiente familiare e oltre a provare e provare con i suoi “amichetti” della band, che gli stavano sempre alle costole, non aveva altro da fare. E poi, quella solitudine, l'ambiente scolastico e quello familiare, passeggiare tra i banchi e la mensa che poco tempo prima brulicava di ragazzi di tutti i tipi, lo ispirava per nuove canzoni.
I suoi amici si chiamavano Domic Howard e Christopher Wolstenholme. Il primo, biondo, snello, il più grande fra i tre, era un dio con bacchette, piatti e tamburi. Christopher invece, che io scherzosamente chiamavo "Afro" per la sua folta chioma riccioluta, suonava in un'altra band, ma successivamente fu convinto dal chitarrista Matthew a lasciare la vecchia band e la batteria per unirsi a loro, suonando il basso. Erano, al contrario di Bellamy, dei ragazzi apparentemente normali e simpatici. Camminavano per i lunghi corridoi con dei bei sorrisi a trentadue denti stampati in volto, ed erano inoltre disponibili ad aiutare tutti.
Finalmente quella maledetta campanella suonò, ed io potei scappare dalle lunghe dita di Matthew, che prontamente si alzò di scatto raccogliendo i libri e camminandomi dietro come un cagnolino.
-Senti No-no, ehm, Nolen…- tentava di ricordarsi il mio semplice e breve cognome.
-NOLAN, N-O-L-A-N, quante volte dovrò ripetertelo prima che l'anno sia concluso?- risposi fredda, senza voltarmi. 

Subito lui mi raggiunse e si accostò al mio fianco, parlandomi con il viso rivolto al mio, dritto e fermo in avanti.

-Sì, sì certo, Nolan! Come si può dimenticare il cognome di una bella ragazza come te!– cercava di adularmi con questi banali complimenti, che mi portavano solo a innervosirmi di più. Alzai gli occhi verso l’alto e sbuffai.
-Matthew, finiamola con queste smancerie. Dimmi cosa vuoi, preferibilmente prima che finisca tutto il cibo in mensa!- arrivai di fronte al mio armadietto e girai la rotellina.
 Il caso ha voluto che anche il suo armadietto fosse vicino al mio, chissà, forse era già scritto da qualche parte che eravamo nati per stare sempre in compagnia l'uno con l'altro.

Fece lo stesso e accompagnato dal rumore che si stava pacando in corridoio, disse: -Non voglio avere un dibattito sulla tua rara bellezza…- stavo aprendo bocca per rispondergli con un tono arrogante, ma lui mi puntò l’indice verso la bocca sfiorandomi le labbra.
-Shh, volevo sapere se questo pomeriggio sarai finalmente libera e potrai venire con me e Chris a casa di Howard per provare una nuova canzone... se faremo troppo tardi potrò acc…- non riuscì a terminare che lo interruppi.
-Sai Matt che non posso, mi dispiace dirti sempre di no, inoltre oggi non sono proprio in vena di scherzare!- ero stufa di dargli sempre la solita risposta.
-Sei in quei cinque giorni… giusto?- chiese imbarazzato.
-M-m-ma che domande fai! Comunque sì, è così evidente?- ero una iena quel giorno e Matt fu la ciliegina sulla torta.
-Sì, diciamo anche troppo- mi sbeffeggiò.
 Un velo di rossore si pose sulle mie gote. Controllavo se in quell’armadietto avevo dimenticato di prendere qualcosa, ma semplicemente perdevo tempo solo per stare altri svelti minuti con lui.
-Ho un’ottima idea!- gli s’illuminarono gli occhi adesso scoperti dal lungo ciuffo corvino.
-Ho paura di quello che ti frulla per la testa…-
-Tu hai un garage?- chiese, tenendomi per le spalle.
-Ehm sì, ma adesso che c’entra il garage?- ero confusa, cercare di capire le intenzioni di quel ragazzo era davvero un duro lavoro.
-C’entra! Poiché non stai molto bene ed io desidero star con te, ma non posso rimandare per l’ennesima volta le prove con i ragazzi… che ne dici se questo pomeriggio tardi andremo a suonare nel tuo garage? E' un disturbo?- mi chiese con occhi dolci.
-E la cioccolata?-
-La cioccolata?! Okay, anche la cioccolata!- era emozionato... ma questa felicità durò poco.
-No Matt, sto scherzando. Puoi portarmi tutta la cioccolata che vuoi, ma sai che mio padre odia la musica rock e soprattutto vedermi con voi… non posso dargli questa delusione. Finalmente dopo tantissimi anni d’inferno sto riuscendo ad avere la sua fiducia. Lui non vi conosce e non sa che siete dei ragazzi fantastici e poi, non voglio perdere te… il mio migliore amico.- cavolo, l’ho confessato! Ho confessato di essermi affezionata a lui!
-Ah allora… io sono il tuo migliore amico e… niente più? Dai su! Sotto quel “migliore amico” c’è qualcos’altro no?!- era soddisfatto e lo vidi sorridere maliziosamente.

In quel momento volevo solo andare in mensa, quindi mi voltai, ma lo stupido mi aveva intrappolato tra le sue braccia e l’armadietto. Si avvicinò, troppo vicino, socchiuse gli occhi e poi... e poi riuscii a scappare da quelle sottili labbra, gli passai sotto il braccio, lui aprì gli occhi, e ci rimase male, ovviamente.
Ero distante pochi metri, mi voltai facendo svolazzare i miei lunghi ricci biondi e con un sorriso di vittoria lo salutai abbassando in ordine le mie sottili e lunghe dita curate.
Si sentì sconfitto, così si abbandono con le spalle contro l’armadietto azzurro e si lasciò scivolare fino al lucido pavimento; mi fissava e poi abbassava lo sguardo, mentre si girava i pollici delle mani tra le gambe.
 
Vivevo in una piccola e comoda casetta vicino la riva del mare, avevo un cane, Lupin, come il famoso personaggio di un anime Giapponese, per molto tempo fu il mio unico amico.
All’apparenza posso sembrare una ragazza che ama stare al centro dell’attenzione, una ragazza che si diverte nel distruggere i cuori di molti ragazzi, una ragazza facile, ricca ...un'oca. Non è affatto così, diciamo che in parte sono felice di non essere come pensa o vuole la gente, dall’altra parte infelice di non essere un animale da festa, questo perché mio padre sin dai miei primi passi era troppo apprensivo e geloso della sua bambina. Allontanava tutti da me, nessuno poteva avvicinarsi, invitarmi ad un appuntamento e non era concesso uscire il sabato sera con gli amici. In una tipica piovosa notte inglese, stanca della morbosa ossessione di mio padre, scappai, fuggii dalle sue grinfie. Camminavo a vuoto e scoprivo lati della cittadina che non conoscevo, perché sempre privata da Jeremy, papà. Il mio scarso orientamento in quella cittadina sconosciuta, cupa e umida, mi portò però ad imbattermi in un gruppo di uomini poco raccomandabili. Avevo solo quattordici anni, ma ne dimostravo molti di più; mi toccavano i capelli fradici e mi sfioravano la pelle. Non si riusciva a vedere nulla, cercai di liberarmi dai “mostri”, sputavo, davo calci a vuoto, tentavo di urlare ma le parole sembravano bloccate, intrappolate in gola tra le corde vocali. Si aprì un varco e scappai da quelle mani/ventose, scivolai nell’asfalto bagnato e riuscii finalmente a urlare per il dolore al ginocchio sbucciato, il labbro spaccato e il panico, la paura e il rimorso che prendevano via via il sopravento. I cittadini che abitavano nei piani alti dei palazzi di quello stretto vicolo, sentirono le voci e chiamarono la polizia, che era già stata avvisata dalla mia famiglia prima di arrivare tra le grinfie di quei vermi.
Fortunatamente arrivò puntuale, i drogati furono portati in questura ed io fui riscaldata da una coperta di lana. I miei genitori erano terrorizzati, ma passato questo momento fui punita severamente. Quell’orribile ricordo dopo quasi tre anni riaffiora perfettamente nei miei pensieri, ma i brevi discorsi che c’erano tra me e papà sono svaniti del tutto. Non si fidava più della sua Crystal, si sentì tradito, credeva che crescendomi segregata in casa sarei diventata una brava ragazza e nessun pericolo poteva portarmi per sempre via da lui, ma noi sappiamo benissimo che non fu così.

 
Corsi verso la mensa, sperando di trovare almeno qualcosa di decente da consumare, quando a un tratto si avvicinarono Chris e Dominic.
-Ehi Crystal hai già mangiato ?- chiese Dominic, facendomi accorgere della loro presenza. Sobbalzai in aria, aveva una voce così stridula che ti si conficcava nei timpani.
-Purtroppo NO, il vostro “caro amico” mi ha trattenuto più delle altre volte- dissi piena di sarcasmo.
-Bene, l’avevamo capito. Non vogliamo che tra un paio di mesi, a causa di quel coglione, ti evolva in uno scheletrino, questa dovrebbe essere la 5a volta che non riesci a trovare nulla in mensa, giusto?- finalmente Christopher mi andava incontro.
Annuii dispiaciuta, la fame si faceva sempre più forte.
-Eeeeecco qua!- Dominic mi porse due piatti coperti dai rigidi tovaglioli della bianca mensa.
-Che teneri, grazie ragazzi - diedi loro un bacino sulla guancia. Dominic  finse di  svenire, che sciocco!
Mi avevano messo da parte un po’ di dolce e un panino condito da loro, di certo un po’ pesante, almeno per me: carciofi, tonno, pomodoro e qualcosa di irriconoscibile, ma ero felicissima! Potevo finalmente consumare un decente spuntino. Nemmeno il tempo di finire quel quadratino di torta al cioccolato che quella dannata campanella suonò.
Perché quando si riesce a trovare alcuni minuti per rilassarsi e godersi un ottimo spuntino, il tempo deve correre così velocemente?!
I corridoi cominciarono a svuotarsi, alcuni invece forzati da qualche bullo rimasero lì in quel solitario corridoio chilometrico.
Mentre mi dirigevo all’aula di Storia dell’Arte, avevo contato quattro gocce di sangue colato dal naso di un “novellino “ che aveva sprecato tempo nel fissare uno dei ragazzi che si credevano emancipati usando la violenza.

Ecco Miss Loren che sfoglia le pagine di qualche libro di Arte, orgogliosa dei capolavori di Mirone o di chissà quale altro scultore bronzista greco. Le ragazze si riuniscono attorno ad un banco e chiacchierano, chiacchierano a più non possono. I pochi ragazzi del corso invece, discutono della partita di ieri. Io indifferentemente poggio i libri al penultimo banco, e come sempre gli ultimi posti delle tre file erano occupati dai membri dei "Rocket Baby Dolls" . 
Notai Matt. Se ne stava chiuso in silenzio a guardarsi quelle piccole mani callose a causa dei lunghi anni di esercitazione con la chitarra. Ero confusa, non capivo quello che diceva la professoressa, pensavo soltanto a cosa stesse succedendo nella testa del chitarrista, forse si sarà offeso per l’ennesimo due di picche? No, non credo, Matthew è un tipo cocciuto e coerente nelle sue decisioni, non avrebbe mai smesso di “darmi la caccia”, se il suo pensiero fisso era corteggiarmi e desiderare che diventassi la sua ragazza.

 Miss Loren si accorse che l’aula era piena, si sistemò gli occhiali e schiarì la voce.

-Silenzio! SILENZIO RAGAZZI! Ho una comunicazione da darvi, fate TUTTI attenzione-

 Continuavo a pensare, e nel frattempo Miss Loren parlava e pian piano attirava l’attenzione dei miei compagni di corso, fino a far tornare il sorriso perso durante la mattinata e un grande urlo di gioia mi RIPORTO' NEL PIANETA.

-Cosa ne pensa signorina Nolan?- si accorse che ero rimasta l’unica a non esultare.

Non sapevo cosa dire ero in preda dal panico, avevo gli occhi di tutti puntati su di me.

-Che sia una bella idea – me ne uscii con questa risposta poco soddisfacente.
-Bene ! quindi posso annunciare le coppie - ci fu un gran chiasso e poi calò un lungo silenzio.
“Quali coppie, no signorina Loren, si fermi e rispieghi“, pensavo disperata. Una lunga lista di coppie di ragazzi e ragazze, ma anche di sole ragazze, poiché eravamo in maggioranza rispetto agli “uomini”.
- Carol con Dean, Brown con Hall…- tra un nome e l'altro c’erano dei sottili no e delle risatine. 
- ...Cally con McKinon, Wolstenholme con Howard, Bellamy con Nolan..-
Bellamy con Nolan, okay. 
COSA?! Io e… Matthew. Non può essere, perché il destino mi voleva così male! Gli occhi dei tre erano puntati nuovamente su di me, Chris e Dominic si diedero delle occhiate maliziose, mi girai shockata verso Bellamy, che tentava di nascondere un sorriso di soddisfazione, vittoria e non so quali altre emozioni.
-Chi ha qualcosa da dire riguardo i gruppi?- interruppe quel fastidioso vociare la professoressa “sadica”.
Prontamente alzai la mano più alta che potevo.
-Sì, io Miss Loren!- finalmente il silenzio ritornò in quell’aula, Matthew mi dava calci sotto la sedia e Dom non  riusciva a trattenere una risata.
-Non importa! Era solo curiosità! – se ne uscii con la sua solita risata sarcastica. 

Stronza. Finì di ridere, schiarì la voce e passò la mano sulla sua gonna a quadri per riordinare le pieghe.
Suonò la campanella.
Sbuffai e battei la testa contro il banchetto. Non poteva succedere a me, con diciassette ragazze proprio a me doveva toccare di sopportare quel ragazzo che mi stava con il fiato sul collo? 
Si avvicino Matt, sfiorò i miei capelli e li scostò dal mio orecchio, avvicinandosi a esso maliziosamente.
-Non ci sei riuscita cara Nilen, lavorerai e DORMIRAI con me- disse con bassa voce.
-Nolan, cazzo NOLAN! Momento. Cos’hai detto? DORMIRE?!-
-A domani dolcezza!–  si allontanò da me e appoggiandosi allo stipite della porta mi mandò un bacio, allontanandosi poi sorridendo soddisfatto.


Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto.
Devo dire la verità questo capitolo non mi soddisfa al 100%,lo trovo banale ma non pensiate che tutta la storia sia così!
Ve lo prometto.
Fatemi sapere anche con un messaggio cosa ne pensate.
Vi aspetto con i prossimi capitoli.

Hasta Luego da una
 R
ompiBalls <3

(Questo è il video della canzone che da il titolo al capitolo) http://www.youtube.com/watch?v=i9LOFXwPwC4
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: GiulyMUSE