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Autore: evenstar    07/01/2007    12 recensioni
Rieccoci qui. Visto che non era la fine? Oggi ho disfatto albero e presepe, una cosa altamente "depressogena" e quindi, ovviamente non poteva mancare "Ninfadora Tonks era depressa". Anche la rampante Auror deve togliere albero e addobbi vari e non ne ha proprio voglia. Al contrario di Lupin, che non ne vede l'ora. Allora, secondo voi, quando la perfetta perfezione di Remus si scontra con la perfetta imperfezione di Tonks, cosa ne salta fuori?
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Tonks'
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Allora, calma e sangue freddo.

Iniziamo:

a) come già detto sul blog, non volevo sconvolgervi con quel "fine", l'intento era del tutto innocente: avendo finito la one shot ho messo "fine". Ci tengo che consideriate queste come storie separate e non come capitoli, cerco sempre di fare in modo che si capiscano bene anche senza aver letto i precedenti, anche se ovviamente un minimo di connessione c'è. Comunque mi dispiace di avervi fatto preoccupare, tranquilli non ho nessuna intenzione di finire la serie, almeno finchè avrò idee, mi diverto troppo.

b) per farmi perdonare mi sono messa a cercare un'idea per un episodio nuovo, caso ha voluto che mi sia venuta in mente una storia che ben si adatta alla Befana, e quindi ve la posto adesso. Mi dispiace un pò che siano così ravvicinate nel tempo con la precedente,  ma mi sembrava più sensato metterla adesso. Spero che vi piaccia.

c) Vi avevo già detto che i titoli sono tutti presi da film (tranne il terzo desiderio che è da un episodio di x-files). Le trame dei suddetti film non c'entrano nulla con i titoli, l'avrete già capito. Così capita anche per questa volta, il film non l'ho visto e quindi non ho idea della trama però, come vedrete, qui si parla di perfezione...

d) La mia vita è (Remus a parte) fonte di ispirazione per queste storie, anche la mia sfiga però ha un limite, tale limite limita la mia fantasia in fatto di trame, se per caso vi dovesse capitare qualcosa di estremamente imbarazzante e potenzialmente letale, fatemelo sapere che magari ci viene fuori una storia. Ovviamente verrete citati come fonte di ispirazione (ma verrete esposti al pubblico ludibrio in tal caso, pensateci).

e) GRAZIE per i commenti alle altre storie di Tonks. Il fatto che queste storie abbiano molti commenti mi fa doppiamente piacere, da un lato per la mia soddisfazione personale (me molto, molto, molto contenta) e dall'altro perchè in genere il pairing è ancora poco noto, commentato, amato, letto... non so fatto sta che scrivere sul magic trio è molto più facile.

f) ho finito! (senza aver finito le lettere dell'alfabeto, sono quasi commossa)

 

BUONA LETTURA!!

 

 

 

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Ninfadora Tonks era depressa.

Molto depressa.

Davvero depressa.

Davvero molto depressa.

Ad un livello di depressione che non aveva mai raggiunto, in tutta la sua lunga e triste storia di depressione.

Era successo quello che non avrebbe mai ritenuto possibile in 25 anni di vita, quello che non avrebbe voluto accadesse mai, quello che, accadendo, l’aveva spinta in un baratro di depressione tale che, per riuscire a tirarsene fuori, le sarebbe servito un incantesimo formato famiglia.

Prima di rendervi partecipi di questa catastrofe, successa del tutto inaspettatamente alla giovane e brillante Auror, facciamo un passo indietro e ricapitoliamo chi è realmente Tonks.

Ninfadora Tonks è una strega imperfetta, totalmente, irreparabilmente, magnificamente imperfetta. Mai, nemmeno una volta nella sua (per fortuna ancora corta) vita aveva fatto qualcosa di perfetto, fino a qualche mese prima. Questo almeno secondo il suo modesto, e alquanto soggettivo, punto di vista almeno: era stata assegnata dal cappello parlante a Corvonero, ma non perché fosse particolarmente intelligente o brillante, semplicemente perché questo non aveva saputo dove altro metterla; la sua carriera scolastica era stata buona, ma di sicuro non perfetta; la sua ammissione al corso di Auror era stata notevole, ma non aveva preso il massimo dei punti, essendo stata quasi bocciata in un paio di corsi.

Quindi, l’assegnazione della casa, la scuola, il lavoro, tutto per Ninfadora, era imperfetto.

Tutto tranne una cosa, o meglio, qualcuno.

Sì perché il SUO Remus, lui sì che era perfetto. E il fatto di averlo scelto lei, di essere riuscita ad avere un rapporto quasi normale con lui, insomma a non farlo scappare dopo due giorni, la rendeva orgogliosa della sua, personalissima ma perfetta, missione.

Finchè era durata.

Ma a questo arriviamo in un secondo momento.

Quello che Tonks non sapeva era che nella sua vita, a parte il suo lupacchiotto, c’era un’altra cosa in cui era perfetta: la sua imperfezione; e fu proprio questa sua unica e laconica perfezione che creò il problema. Se la ragazza fosse stata imperfetta anche nella sua imperfezione avrebbe avuto un quadro totale e perfetto con cui contrapporsi a Remus, perfettamente perfetto: i due si sarebbero compensati in un mirabolante effetto pirotecnico di imperfetta perfezione, o anche di perfetta imperfezione, come preferite vederla.

Ma questo non avvenne perché, appunto, Tonks era una perfetta imperfetta. Tutto quello che faceva era imperfetto, anche la sua storia con Remus era imperfetta, sebbene lei fosse fermamente convinta del contrario.

Si trovarono quindi a coesistere un perfettamente perfetto Remus con una perfettamente imperfetta Tonks e quello che ne venne fuori fu… esplosivo, ma non nel senso migliore del termine. Perché, se è vero che nella perfezione c’è posto per qualche imperfezione, tanto non vale per la perfetta perfezione di Remus; così come nella vita di una persona imperfettamente imperfetta c’è posto per una casuale perfezione, cosa che assolutamente non può accadere nella vita di una persona perfettamente imperfetta, essendo appunto tale imperfezione assolutamente perfetta.

Passiamo ora alla causa della depressione cosmica di Tonks.

Ninfadora era seduta, o sarebbe meglio dire che era spianata, sul suo divano imperfettamente bianco (imperfettamente dal giorno che vi aveva fatto colare sopra una cioccolata, facendoci una perfetta macchia sopra), fissando con sguardo apatico il suo spoglio appartamento. Solo fino a due giorni prima questo era stato un tripudio di colori, luci, fate, palle di Natale, festoni, insomma di tutte quelle classiche decorazioni che tutti mettono in casa nel periodo di Natale, per poi riporre in cantina per un intero anno il giorno dell’Epifania che, come tutti sanno, “tutte le feste porta via”.

Tonks non aveva mai amato questo particolare detto, anzi lo odiava proprio fin da quando era piccola e il padre, il giorno della Befana, si aggirava per la casa felice e contento togliendo e impacchettando gli addobbi di Natale che lei con tanta fatica aveva sistemato. Fosse stato per la giovane quegli stessi addobbi sarebbero rimasti in giro almeno fino a Pasqua, e poi chissà, in fondo lasciarli fino al Natale successivo sarebbe anche stato comodo.

Invece no, Ted Tonks versione Grinch toglieva tutto, non lasciando in giro neanche una misera pallina colorata.

Da quando si era trovata una casetta da sola, però, Ninfadora aveva lasciato le decorazioni allegramente appese per la casa almeno fino alla fine di gennaio, cercando di convincersi che il Natale non era finito e che prima o poi sarebbe tornato. Solo dopo molti sospiri e ripensamenti giungeva, alla fine, alla conclusione che non poteva più lasciarle su, a meno che non volesse che qualcuno la facesse ricoverare al San Mungo, e quindi si decideva, con tutta calma, a toglierle.

Ma non quell’anno.

Quell’anno aveva scoperto una cosa che l’aveva profondamente sconvolta, ossia il lato Grinchoso del suo perfettamente perfetto Remus John Lupin.

Così si svolsero i fatti: proprio il giorno dell’Epifania Tonks era indaffarata a cercare di riaggiustare una palla dell’albero di Natale che si era sfracellata al suolo (dopo che lei aveva urtato l’esile ramo su cui era appesa), quando il campanello della porta aveva trillato allegramente distogliendo la sua attenzione sull’incantesimo che stava facendo, con il patetico risultato di incollare le due metà della sfera alla sua mano sinistra, piuttosto che tra di loro.

Ninfadora aveva bofonchiato qualcosa e si era trascinata alla porta: si era trovata davanti un sorridente Remus che le tendeva un pacchettino colorato.

- Ciao, Ninfadora, - aveva esordito il mago, entrando nell’appartamento e chiudendosi la porta alle spalle.

- Perché non riesci proprio a chiamarmi Tonks, Remus? – aveva mormorato lei in risposta, ormai assolutamente rassegnata al fatto che non l’avrebbe mai chiamata volontariamente per cognome.

- Perché non mi piace, tu non mi chiami Lupin, non chiami Lupin neanche il portachiavi e il pesciolino rosso…

Tonks lo guardò tristemente e afferrò, con la mano destra, il pacchetto che lui le tendeva, mentre con la mano sinistra reggeva ancora la palla, o meglio era la palla che si reggeva alla sua mano sinistra..

- Che cos’hai nella mano? – chiese innocentemente Lupin.

- Mi ci sono incollata una palla di Natale, - rispose semplicemente lei, cominciando a spacchettare il regalo senza più considerare la palla, come se incollarsi addobbi di Natale addosso fosse una pratica comune tra la popolazione magica inglese.

- Oh, certo. Come ho fatto a non capirlo subito, - sorrise lui, avvezzo alle stranezze delle giovane, che tra l’altro non lo avevano mai sconvolto più che tanto.

- Grazie! – disse la giovane Auror alla vista della confezione di dolci di Mielandia che lui le aveva regalato per l’Epifania. – Io… - e dicendo quello i suoi capelli virarono ad un rosso fuoco. – Non ti ho preso nulla… mi dispiace, Rem.

- Non ti preoccupare, vuol dire che mangerò in po’ dei tuoi zuccotti di zucca, - le rispose il mago, sempre sorridendole gentilmente e afferrando uno zuccotto dal sacchetto. – Allora, ti stavi preparando a togliere le decorazioni di Natale? – le chiese poi innocentemente, ignaro di quello che quella semplice domanda avrebbe scatenato nelle loro vite.

Ninfadora lo guardò e il suo neurone si mise a vorticare furiosamente nella sua mente: si trovava infatti di fronte a un dilemma enorme. Dire a Remus che lei non aveva nessuna intenzione di togliere le decorazioni e mostrare quindi, una  volta di più, al suo adorato lupacchiotto il suo carattere “alternativo”, con il rischio che questa fosse la classica goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso facendolo scappare urlando. Certo, avendo ormai una certa conoscenza della rampante Auror era improbabile che il mago si facesse sconvolgere da quella dichiarazione ma, con tutta la fatica che Tonks aveva fatto per riuscire a conquistarlo, beh, non si sentiva particolarmente portata a provare.

L’alternativa era ricacciare la sua parte natalizia in fondo alla mente e mandarla in letargo, come fanno tutti, fino all’anno successivo quando si sarebbe risvegliata di nuovo pimpante e desiderosa di addobbi cercando, per una volta, di comportarsi come un persona normale.

Guardò la palla che aveva attaccata alla mano, il suo perfettamente imperfetto (pendeva pericolosamente a sinistra) albero, le sue fatine danzanti e i globi di luce che aveva posizionato strategicamente in giro per la stanza e fece un sospiro incerto.

Lupin, forse interpretando male cotanto sospirare le prese la mano (sempre quella con la palla incollata) tra le sue; i capelli della ragazza, momentaneamente ritornati ad un  normale rosa acceso, fecero una brusca virata sul giallo limone, poi sull’arancione, per finire in un rosso fuoco mentre sentiva la stretta calda e rassicurante in cui il mago la stava stringendo. Qualche istante dopo, Tonks non seppe mai quanto realmente, Lupin tirò fuori la sua bacchetta e, con una naturalezza che la giovane non avrebbe mai raggiunto, neanche mettendoci tutto l’impegno e la sua buona volontà, liberò la palla dalla sua mano.

- Ecco fatto, questa è risolta. Senti Ninfadora…

- Non mi chiamare così, - disse lei ancora parzialmente in stato di trance.

- D’accordo, - rispose condiscendente, sapendo che tanto avrebbe continuato a chiamarla così, volente o nolente. – Se vuoi…

In quel preciso momento Tonks ebbe la certezza di quello che aveva sempre sospettato, il suo Remus era perfetto: aveva capito al volo, solo dalla sua reazione, che non aveva nessuna voglia di togliere gli addobbi e adesso le stava per dire che la capiva e che anche lui passava settimane a rimandare quella spiacevole incombenza.

- … Ti aiuto io così facciamo prima, - concluse il mago.

Il precario equilibrio che si era formato nella mente di Ninfadora crollò qualche attimo dopo aver sentito quelle parole, giusto il tempo necessario per assimilarle. Con quella frase non solo veniva meno una delle sicurezze della sua vita, ossia quella che Remus fosse perfettamente perfetto e quindi in grado di capire quello che lei provava solo osservandola, ma svelava anche un lato del carattere del mago che non aveva mai sospettato… il suo lato Grinchoso, appunto.

Inaudito.

Inconcepibile.

Doloroso.

Imperfetto.

Allora Remus John Lupin non era perfettamente perfetto ma imperfettamente perfetto.

Il mondo di Tonks crollò all’istante.

Certo, se la ragazza avesse avuto il sangue freddo di ponderare la questione razionalmente, sebbene il momento fosse altamente drammatico per lei, si sarebbe resa conto di una verità fondamentale che avrebbe fatto la differenza, se non nella sua vita, quanto meno nelle successive 24 ore.

In una persona perfettamente perfetta, come credeva fosse Remus, non ci sarebbe stato alcun posto per la sua imperfezione e quindi la loro breve e appassionante storia si sarebbe conclusa tetramente e bruscamente con pianti, grida e disperazione. Quando meno da parte della giovane. Ma Ninfadora non lo capì e quindi fissò i suoi occhi, in quel momento di un tragico blu scuro, in quelli ambrati di Remus, che la stava ancora guardando gentilmente.

Prese un sospiro, sapendo che stava decidendo tra essere sé stessa fino in fondo e essere quello che il mago della sua vita si aspettava che fosse, e decise. – Grazie, sei gentile ad aiutarmi, in effetti stavo giusto cercando di smontare l’albero quando la palla è caduta, - rispose in un sussurrò, facendo un sorriso forzato.

- D’accordo allora, tu smonta l’albero, io penso al resto, - si offrì l’ignaro lupacchiotto, chinandosi a darle un bacio prima di alzarsi dal divano.

Forse il fatto che i capelli di Tonks non avessero fatto il consueto salto di colori avrebbe dovuto far capire al perfetto Remus che qualcosa torturava la sua ragazza ma, dato che perfetto non era come aveva da poco capito la giovane e depressa Tonks, così non accadde e il mago si mise a radunare, con eleganti colpi di bacchetta, gli addobbi sparsi per la casa. Nello stesso momento anche Tonks si alzò dal divano diretta all’albero con l’intenzione di smontarlo ma, essendo distratta da altri funerei pensieri, non si rese conto della piega del tappeto e vi inciampò sopra, cadendo rovinosamente addosso all’albero, che a sua volta cadde per terra con un rumore assordante di palline rotte, luci distrutte e le grida delle miriade di fatine che si trovarono schiacciate sotto i rami. Remus si girò per vedere quello che era successo, senza dare segno di essere particolarmente colpito da tutto quel fracasso.

- Fatta male? – chiese gentilmente, tendendole la mano perché si rialzasse.

- No, non credo, dovrei essere tutta intera, al contrario dell’albero, - rispose Tonks, alzandosi afferrandosi alla mano tesa ma non osando guardare negli occhi Lupin.

- Quello si ripara in fretta, - disse il mago puntando la bacchetta contro l’albero che, in pochi istanti, fu di nuovo in piedi, completamente aggiustato e disadorno.

Tonks lo fissò tristemente, poi disse mormorando. – Sarai stufo di riparare i danni che combino.

Lupin la osservò attentamente, imbarazzato da quella affermazione. – No, non mi dispiace farlo, - rispose allontanandosi da lei e riprendendo a mettere in ordine.

Il resto dei lavori si svolse in una quiete del tutto inappropriata all’appartamento e alle caratteristiche di Tonks: la ragazza cercò di non fare danni e di comportarsi ordinatamente, comportamento che, apparentemente, non venne notato dal suo lupetto, impegnato nei lavori.

– Devo andare adesso, ho un impegno tra meno di un’ora. Ci vediamo domani? – le disse quando ebbe finito.

- Sì, certo, vai, sei stato gentile ad aiutarmi, oggi, - rispose Tonks facendosi cadere sul divano.

- Sei sicura di stare bene, non è che ti stai ammalando di nuovo? – le chiese Remus avvicinandosi a lei e appoggiandole le labbra sulla fronte. Quel contatto ebbe su Tonks un effetto di una scossa elettrica: i suoi capelli tornarono a virare di colore, il suo cuore a fare i balzi nel petto e i polmoni a smettere di respirare.

Lupin rise. – Adesso sì che ti riconosco! Anche se…

- Cosa? – chiese Tonks speranzosa.

- No, niente. Vuoi che resti con te?

Tenero il suo lupetto.

Tonks dovette impegnarsi molto per riuscire a convincere le sue labbra a pronunciare la frase seguente. – No, stai tranquillo, vai pure. Ciao.

- Ciao, amore, - salutò lui sparendo in un pop.

Ninfadora rimase quindi da sola, nella sua casa resa improvvisamente vuota e molto, troppo ordinata, dopo il passaggio di Remus.

 

Il giorno dopo Tonks stava girellando come un’anima in pena per il suo appartamento, cercando di risollevarsi dal baratro oscuro di depressione nel quale era scivolata dal giorno prima, convincendo sé stessa che Remus aveva avuto ragione e che era effettivamente ora che si decidesse a mettere un po’ in ordine nella sua casa e nella sua vita.

Stava quindi cercando, sebbene dato il grande squilibrio che questo fatto aveva causato in lei non se ne stesse rendendo affatto conto, di essere perfetta in qualcosa. Stava cercando di mitigare il suo modo di essere, provando, per una singola volta nella sua incasinata esistenza, di fare le cose in maniera ordinata e precisa. Questo non perché sentisse il bisogno di essere ordinata, lei non avrebbe mai sentito tale bisogno, come non lo avrebbe mai sentito nessuna persona disordinata, ma perché Remus, evidentemente, sentiva il bisogno che almeno una volta lei fosse ordinata. Lo stava facendo per lui, cosa che rendeva il tutto perfetto, senza che Tonks, nella sua imperfezione, se ne rendesse minimamente conto.

Mentre era persa in tutte queste considerazioni sentì bussare leggermente alla porta e poi la vide aprirsi piano, mentre un Remus decisamente trasandato faceva capolino all’interno. Indossava un mantello logoro e aveva il volto tirato e più pallido del solito mentre i capelli, troppo lunghi, gli ricadevano scompostamente sul volto. A quella vista tutti i dubbi di Tonks vennero meno, la mente le si svuotò del tutto e, come era ormai una tradizione ben nota, la sua chioma virò da un blu scuro ad un brillante giallo, per poi fissarsi inconsciamente su un rosa acceso, colore da lui preferito.

- Ciao, Remus. Vieni entra, - gli disse anche se il mago non aveva aspettato il suo invito, ma era già entrato nella stanza, chiudendosi dietro la porta.

- Ciao, - mormorò lui imbarazzato, chinando lo sguardo senza osare guardarla negli occhi.

- Che cosa ti succede, stai bene? – gli chiese vedendo quello strano comportamento. In genere quella che si comportava come una pazza era lei, non lui.

- Sono stato un idiota, - esalò lui, facendosi crollare sul divano.

La giovane rimase momentaneamente spiazzata da quell’affermazione: certo, solo qualche ora prima era stata lei stessa, tra sé ovviamente, a definirlo tale, ma comunque non avrebbe mai permesso a nessuno di chiamare il SUO lupacchiotto idiota, tantomeno al SUO lupacchiotto stesso. - Eh? – fu quindi l’unica cosa che riuscì a dire, un tantino barcollante come tentativo di consolazione, ma Remus parve apprezzare lo sforzo lo stesso.

- Non avevo capito ieri, Merlino Tonks, sono stato tutta la notte sveglio a pensarci.

- Ehm, posso sapere di che cosa stai parlando? – chiese lei sedendosi di fianco a lui e cominciando seriamente a preoccuparsi della sua sanità mentale, sentendosi in colpa perché era certa di essere la causa della pazzia improvvisa del suo fidanzato.

- Ti sono capitato qui tra capo e collo, ti ho fatto smontare mezza casa… ho messo in ordine tutto, - cominciò ad elencare lui contando sulle dita mentre Tonks impallidiva, sospettando stesse per arrivare una sfuriata sul fatto che a) lei non avesse fatto tutte quelle cose da sola, ma ci fosse stato bisogno del suo intervento per farle; b) la casa, dopo appena dodici ore, fosse di nuovo un caos totale; c) Lupin si fosse reso infine conto che erano davvero incompatibili la perfezione e l’imperfezione e che stesse per piantarla.

I capelli di Ninfadora esternarono le sue angosce per lei, tornando ad un blu scuro, tendente al nero annunciatore di tempeste, mentre lei apriva la bocca per rispondere.

Cosa non ne aveva idea, ma qualunque cosa sarebbe andata bene in quel momento.

- Insomma guardati, sei ancora arrabbiata con me e io non me ne sono neanche reso conto, tutto preso com’ero nelle pulizie, - concluse Remus fissandola negli occhi e indicandola con la mano tesa, leggermente tremante.

Tonks rimase a bocca aperta cercando qualcosa che la discolpasse, poi la chiuse perplessa, la riaprì e la richiuse quando si rese conto che Lupin si stava scusando.

Lui si stava scusando.

Per cosa poi, doveva ancora capirlo.

- Eh? – ripetè rendendosi davvero conto che la conversazione così non poteva andare lontano, ma non trovando altre parole da dire.

- Non ti ho neanche chiesto se volevi togliere tutto. Ero così impegnato a credere di poterlo fare che non ho pensato se lo potevo fare. Tu, - e di nuovo la indicò. - Non sei la MIA Ninfadora: è da ieri che sei taciturna, a parte l’albero non hai rotto nulla, i capelli non variano più come prima, o se variano diventano scuri, e la casa…- Remus passò ad indicare l’appartamento stranamente ordinato. – Non mi ci ritrovò più neanche io. Rivoglio la ragazza di cui mi sono innamorato, pacchetto completo con tanto di casino, decorazioni di Natale anche a Pasqua, capelli multicolore e tutto il resto.

Tonks rimase qualche momento in assoluto silenzio, senza muovere un solo muscolo, tutta intenta a cercare di capire il significato profondo di quelle poche e sconnesse parole. Infatti, sebbene ancora frastornata, si era resa conto che quelle frasi nascondevano più di quanto non sembrasse. All’improvviso anche la giovane e brillante Auror si rese conto che, se nella perfetta perfezione che credeva tipica di Remus, non c’era assolutamente spazio alcuno per l’imperfezione, nella sua imperfetta perfezione si ricavava uno spazietto anche per lei. Così come il fatto di aver voluto cercare di cambiare, sebbene poi fortunatamente questo non fosse stato necessario, aveva trasformato la sua imperfezione assolutamente perfetta in qualcosa di imperfetto, perché solo chi ha in sé un minimo di perfezione si rende conto dei propri limiti e cerca di superarli.

E così, sebbene la giornata fosse iniziata sotto i più funesti auspici, nella depressione più nera, in un baratro in cui nessuna luce poteva penetrare, finì decisamente bene, con una sfavillante Auror che si godeva l’abbraccio di un tenebroso lupacchiotto, bofonchiando con il volto sprofondato nel suo maglione di non chiamarla ninfadora!

 

Fine...

 

.... ehehe scherzavo.

Evenstar

  
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