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Autore: Emily Alexandre    23/06/2012    5 recensioni
"Era un giugno particolarmente caldo, quello, persino nell’uggiosa Londra; la casa dei Palmerston era situata poco lontano da Hyde Park, in una via signorile ed elegante i cui lati erano un susseguirsi di ville tutte uguali, dai muri bianchi e dai giardini perfettamente curati.
Era una mattina come tante, con sir Palmerston che sorseggiava il tè leggendo le ultime notizie sul Times e sua moglie che dava disposizioni per il pranzo. Quando Emma fece il suo ingresso, spumeggiante come era solita essere persino di prima mattina, i suoi genitori stavano discutendo sulla necessità di iniziare ad inviare alcuni pacchi a Maidenhead.
-La Stagione si concluderà in tre settimane, mia cara, dovremo iniziare a riportare quello di cui non abbiamo bisogno a casa."

Londra, 1814. La Stagione mondana si sta concludendo, ma per i Palmerston e gli Astor tutto ancora deve essere deciso. Chi sposerà alla fine il conte di Cecil? Miss Claire Palmerston o Miss Annabeth Astor? E chi è l'amore segreto di Eve Palmesrton? Cosa nasconde Mr Astor? Intanto, per la felicità della cugina Emma, Arthur Browning,nipote di Sir Palmerston, sta tornando a casa, ma porta con sé una sorpresa.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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“È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere alla ricerca di una moglie.” [Orgoglio e Pregiudizio]

Colonna sonora del capitolo


 

Mr. Arthur Browning era pervaso da una sensazione di entusiasmo difficile da contenere mentre passeggiava per le strade di Londra. Non aveva programmato quella gita, avendo deciso di occupare la giornata sistemando la villa che aveva affittato in attesa di trovare un’abitazione congeniale da poter acquistare; il richiamo dell’aria aperta, tuttavia, era diventato così forte che egli si era fatto irrequieto a tal punto da essere mandato fuori di casa senza troppe cerimonie.  E così si era ritrovato a passeggiare in direzione di un club esclusivo per soli uomini in cui, a meno che le abitudini non fossero radicalmente mutate nel corso degli anni, avrebbe trovato suo zio.
Il Boodle's, noto club fondato nel 1763 da Lord Shelburne, si trovava a St. James Street ed era solitamente pieno a qualsiasi ora.
Nonostante mancasse da anni, il suo nome risultava ancora nel registro dei frequentatori del locale, così nel giro di pochi minuti, fu fatto accomodare all’interno della lussuosa struttura: non era cambiata poi molto nel tempo, né apparentemente erano cambiati gli uomini che l’affollavano, nobili o politici che discutevano compitamente tra le sue stanze. L’argomento più discusso era, come sempre, Napoleone Bonaparte che anche dal suo esilio all’Elba, riusciva a impensierire l’Europa.
Browning respirò a pieni polmoni l’acre odore del fumo e quello più dolciastro dei liquori, combinazione che forse non era molto piacevole ma che portava con sé, inevitabilmente, la sensazione di ritrovarsi a casa.
Fu costretto dapprima a fermarsi per salutare antichi conoscenti, ma quando finalmente raggiunse la Coffee Room, la sala principale del club, individuò subito suo zio e gli si avvicinò senza indugi. Non era atteso, aveva programmato di incontrare i suoi parenti quella sera a teatro per assistere dal palco dei Palmerston alla prima rappresentazione del Tancredi di Rossini, che l’anno precedente aveva avuto un clamoroso successo in Italia, ma non aveva potuto attendere così a lungo. Sin da quando aveva memoria Sir Palmerston si era mostrato affettuoso nei suoi confronti e quell’atteggiamento non era cambiato neppure quando fu chiaro che sua zia non avrebbe più potuto mettere al mondo un maschio che ereditasse cognome e patrimonio, rendendo così Arthur il successore, ruolo che forse,  in un’altra famiglia, l’avrebbe privato dell’affetto familiare. Suo zio, però, non aveva smesso di trattarlo con tutti i riguardi, né l’avevano fatto le sue cugine: Claire era rimasta la donna con la puzza sotto al naso e un gran cuore nascosto sotto strati di superficialità, Eve era sempre la mediatrice del gruppo, dall’animo gentile, ed infine c’era Emma, che lo considerava, sin dalla più tenera infanzia, il suo eroe.
Browning sorrise tra sé a quel ricordo e fu con quell’espressione che lo colse Sir Palmerston, voltandosi verso di lui.
-Arthur!
-Signore.
Il baronetto si alzò in piedi e abbracciò il nipote, poi lo invitò a spostarsi in un angolo più appartato della sala, in cui avrebbero potuto parlare liberamente senza essere continuamente interrotti.
-Allora, come avete trovato Londra?
-La solita, cara, vecchia Londra. Come state zio? Lady Palmerston?
-Stiamo tutti bene, anche le ragazze. Piuttosto, ditemi di voi: come sono trascorsi questi cinque anni a New York? È bella come si racconta?
-È bella, sì, ma la Madrepatria lo è molto di più. Sono andati bene, ad ogni modo, ma era giunto il momento di tornare.
Il baronetto annuì, osservando il nipote: era un uomo fatto, ormai, con lineamenti maturi ma armonici, gli occhi sempre dello stesso lucente blu e i capelli biondi leggermente più scuri di come li ricordasse.
-Nella lettera avete accennato ad una novità, spero sia positiva.
Gli occhi di Browning si illuminarono –Oh, sì, lo è. Sono venuto qui oggi proprio per questo, per comunicarla a voi prima che ad altri. Mi sono fidanzato, signore, e spero di avere la vostra benedizione.
Tra tutte le ipotesi che Sir Palmerston aveva fatto, un possibile matrimonio del nipote non era contemplato e in quel momento si chiese perché mai: Arthur era giovane, bello, con una laurea in legge conseguita con il massimo dei voti e possedeva una discreta rendita a cui si sarebbe aggiunto anche il suo patrimonio. Un ottimo partito, che anni prima in Inghilterra aveva suscitato sospiri entusiastici da parte di molte fanciulle, la cui schiera, evidentemente, con il passare del tempo avevano finito per aumentare. In cuor suo il baronetto aveva sempre sperato di vederlo maritato con una delle sue figlie, ma se così non doveva essere sperava comunque fosse felice.
-Questa è una splendida notizia. E chi è la fortunata? È qui con voi?
-Sì, è qui con me, volevo presentarvela stasera. Si chiama Julie Trevelyan, è americana, ci siamo conosciuti lo scorso anno e, dopo mesi di corteggiamento, ha acconsentito a sposarmi e trasferirsi con me a Londra. È alloggiata a casa dei Thompson insieme alla sua chaperone, mentre io ho preso una camera in affitto al Grand Hotel in attesa delle nozze.
-Una scelta assennata, Arthur.- commentò suo zio sapendo quanto fosse poco conveniente per una coppia non sposata abitare sotto lo stesso tetto, -Non posso accettare però l’idea che voi stiate in un hotel. Verrete a stare da noi finché non condurrete all’altare la vostra Julie. Quando contavate di sposarvi?
-Fra tre settimane, poco prima che termini la Stagione, ma zio, non dovete disturbarvi.
-Alcun disturbo! Noi lasceremo Londra al termine della Stagione, come sempre, ma per quel tempo voi sarete sposato e potrete vivere con la futura Mrs. Browning. Non accetto discussioni.
-Allora mille grazie, signore, accetto volentieri e non vedo l’ora di farvi conoscere Julie.
-Attendo con ansia questa sera.
Nonostante l’amarezza il baronetto era sincero: la ragazza sarebbe entrata a far parte della famiglia, dopotutto. Alla resa dei conti era un bene che nessuna delle sue figlie avesse avuto mire sul cugino.
 
Il cuore di Browning era leggero quando lasciò suo zio. Aveva temuto che la notizia potesse suscitare malcontenti e questo aveva reso la gioia per il fidanzamento meno completa di quanto sarebbe potuta essere: Julie era pur sempre una straniera e, benché non ne avesse mai fatto parola, sapeva che Sir Palmerston avrebbe voluto vederlo sposato con una delle figlie in modo da preservare quanto possibile l’eredità. Tutti quei ragionamenti l’avevano torturato a lungo, ma la chiacchierata di quella mattina lo rendeva fiducioso e felice; non vedeva l’ora di far conoscere a Julie le sue cugine: avrebbe adorato Emma ed Eve, ne era sicuro. Quanto a Claire, era difficile entrare nelle sue grazie e forse ancor di più farsi conquistare dalla sua personalità, ma sperava che con il tempo si sarebbero piaciute.
Era così immerso nei propri pensieri da accorgersi a stento di una voce femminile che chiamava il suo nome dall’altro lato della strada: quando si voltò impiegò solo pochi istanti per riconoscere il volto che gli sorrideva davanti alla vetrina di una pasticceria.
-Eve, che bello vedervi.
Si inchinò come l’etichetta imponeva, sorridendole apertamente.
-Arthur, non vi aspettavo prima di questa sera. Vi trovo splendidamente, l’America vi ha giovato.
-E voi siete sempre più bella. Ho appena lasciato vostro padre al club, mi ha proposto di trasferirmi da voi, spero non sia un problema.
La fanciulla scosse il capo –Assolutamente no, anzi, sarà un piacere e papà non può che essere felice di avere un altro uomo a casa.
Scoppiarono a ridere entrambi, ritrovando quella familiarità che non avevano mai perso: erano due adulti, certo, ma l’affetto non era mutato con il trascorrere del tempo.
-Vorrei avere più tempo, ma devo proprio lasciarvi.
-Oh, sì, certo, ma aspettate, non sono sola e se qualcuno non dovesse vedervi, non me lo perdonerà mai. Emma, mia cara.
Eve si voltò verso una ragazza intenta ad osservare i dolci e il cuore di Browning si fermò appena. L’aveva notata non appena aveva raggiunto sua cugina, perché c’era qualcosa in quel capelli che riflettevano la luce solare e nella figura filiforme che l’avevano attratto inspiegabilmente: solo quando sua sorella la chiamò e lei si voltò verso di loro, la riconobbe.
-Arthur!
La vide arrivare da loro quasi slanciandosi, per poi fermarsi all’improvviso ricordando le buone maniere: aveva lasciato una splendida bambina che adorava con tutto se stesso e ritrovava una donna. Si era chiesto spesso quanto il tempo l’avesse mutata, ma mai avrebbe pensato... Si inchinò in ritardo, focalizzato com’era a imparare nuovamente a memoria quei lineamenti.
-Emma, mio Dio. Non vi avrei mai riconosciuta, siete bellissima.
Sua cugina arrossì deliziosamente, imprevedibilmente a corto di parole, proprio lei che era famosa per la sua parlantina. Fu Eve a dissipare l’evidente imbarazzo, ricordando a ognuno i rispettivi impegni.
Le due sorelle si avviarono lungo la strada, ma Browning attese immobile che sparissero alla vista, incapace di distogliere prima lo sguardo.
 
-Inizio ad essere stanca di questa mussola bianca.
Lady Palmerston sospirò, osservando la figlia gettare a terra l’ennesimo abito, conscia di come non fosse la stoffa o il taglio il problema, ma quel biancore ritenuto l’unico colore adatto alle Miss, che la etichettava come una giovane nubile. Claire era stanca di quel suo status e, a ventidue anni, ne aveva in effetti ragione; lei stessa si era sposata a diciassette e all’età di sua figlia era già divenuta madre due volte.
-Mia cara, quell’abito con i ricami azzurri ti sta divinamente, è così in armonia con i tuoi occhi.
-Madre, per favore.- Claire guardò sprezzante il capo incriminato –Può andar bene a Emma, con quel taglio fanciullesco, ma certo non a me. Questo, al massimo, potrebbe essere adatto.
Prese dalla montagna di abiti un elegante vestito bianco a pois dorati, decorato verso la fine con ricami di filo dello stesso colore. Era consono ad una fanciulla non sposata, ma denotava anche una certa maturità.
-Devo fidanzarmi, madre. Non posso sopportare un’altra Stagione da nubile.
Avrebbe avuto ventitre anni l’inverno seguente, l’età in cui qualsiasi fanciulla da nubile diveniva zitella: Claire sapeva che la bellezza non le sarebbe appartenuta in eterno e non aveva alcun desiderio di accontentarsi, scegliendo un partito al di sotto delle sue possibilità solo per potersi maritare. Prima che la madre potesse risponderle, però, udirono un concitato chiacchierio al piano inferiore e scesero a controllare cosa stesse succedendo.
-Ah, mie care!- esclamò Sir Palmerston osservandole dall’ingresso.
-Che succede, padre?
-Stamane Arthur è venuto a trovarmi e, a quanto pare, sulla via del ritorno ha incontrato le tue sorelle.
-Dovevi vederlo, Claire, un uomo fatto. E che bell’uomo!- esclamò Eve cercando lo sguardo di Emma per una conferma, ma lo trovò perso ad osservare l’esterno attraverso una vetrata.
-Davvero?- chiese curiosa Lady Palmerston.
-Sì. Avresti dovuto prenderlo in considerazione per i tuoi piani matrimoniali, mamma.- le rispose scherzosamente.
-Temo sia troppo tardi.- alle parole del baronetto tutte e quattro le donne si voltarono verso di lui, tacendo improvvisamente, -Pare che in America abbia incontrato una fanciulla e abbia deciso di sposarla.
-Un’americana?
-Sì, mia cara, un’americana, ma non essere troppo severa: Arthur è un uomo giudizioso e sono sicuro che sarà una fanciulla di ottima famiglia. Ad ogni modo, questa sera la conosceremo: alloggia dai Thompson fino a che non troveranno una casa adatta da comprare, ma ho invitato Arthur a stare con noi anziché in hotel.
-Se non altro conosce le consuetudini inglesi.- commentò Lady Palmerston, riferendosi alla decisione di vivere separati.
-È americana, non barbara. A proposito, come mai la casa dei Thompson è in affitto?
-Sembra che Mr. Thompson abbia sperperato tutto il patrimonio; si è trasferito in una casetta a Bath, mentre la figlia minore è andata a vivere con la sorella.
-È una fortuna che Anne si sia sposata, o Mr. Thompson avrebbe avuto due figlie nubili a cui badare e difficilmente sarebbe riuscito a farle maritare.
-Ho sempre pensato che giocasse troppo.- commentò il baronetto sovrappensiero. –Ad ogni modo, voglio che siate carine con la fidanzata di Arthur, va bene? Lady Palmerston, farete preparare la camera degli ospiti?
-Certamente. Emma tesoro,- aggiunse la donna rivolta alla figlia minore –Sei pallida, sicura di star bene?
La ragazza si riscosse sentendosi interpellare e sorrise appena –Mi sento un po’ debole, sarà un colpo di sole. Vado a stendermi.
 
Lord Matthew Gordon sapeva che avrebbe dovuto prendere una decisione, alla fine. La vita da scapolo gli si confaceva, ma a ventotto anni era arrivato il momento di porre fine a quell’esistenza priva di radici per tornare a Lilies Manor, possibilmente con una moglie al suo fianco. Nel corso degli anni, viaggio dopo viaggio, erano state numerose le famiglie che avevano provato a farlo capitolare con una loro figlia e anni prima un duca romano vi era quasi riuscito. Quasi. Ma non era quello il momento. Al contrario, nel corso di quella Stagione il conte si era finalmente deciso a condurre con sé una nuova signora dei gigli, l’inverno seguente, e doveva solo decidere se sarebbe stata Miss Astor o Miss Palmerston.Affascinanti entrambe e di ottima famiglia, sarebbero state una scelta assennata che avrebbe reso felice la sua povera madre, che fino all’ultimo dei suoi giorni l’aveva implorato di prender moglie; le due fanciulle erano, in realtà, molto più simili tra loro di quanto avrebbero desiderato, forse non fisicamente, ma senza dubbio caratterialmente. Ciò che l’attirava di loro era l’assoluta mancanza di affezione: lui non cercava l’amore, ma una moglie dall’impeccabile reputazione che fosse adatta a ricoprire il ruolo di contessa di Cecil. Allo stesso modo, né Claire né Annabeth si aspettavano che lui le amasse, ma puntavano ad elevarsi socialmente senza alcuna complicazione sentimentale.
-Cosa ne dici, Ted?- chiese al valletto mentre gli sistemava il cravattino, -Miss Palmerston o Miss Astor?
Il giovane sorrise, udendo quella domanda per la centesima volta da quando la Stagione era iniziata; conosceva il conte da sempre, essendo figlio del valletto personale del defunto conte di Cecil, ed era stato messo al servizio del neonato erede quando non aveva che quattro anni. A trentadue, Ted continuava ad essere soddisfatto della sua posizione.
-Sono entrambe molto gradevoli, mio signore, e sono sicuro sarebbero delle ottime padrone di casa per Lilies Manor.
-Miss Astor ha una cameriera personale molto carina.- aggiunse con un cameratismo che esternamente nessuno avrebbe sospettato.
-Desiderate infliggermi lo stesso castigo che tocca a voi, signore?- gli chiese divertito Ted, facendogli indossare la giacca.
-Forse. Mi preoccupa un po’ Mr. Astor, se devo essere onesto, la sua reputazione è discutibile, ma d’altra parte Miss Palmerston ha due sorelle minori che malauguratamente potrebbero legarsi a partiti non adatti a imparentarsi con me. È tutto così complicato, magari tornerò da Madama Margherita.
-Si è sposata, ricordate?
Il conte liquidò la cosa con un gesto della mano: non sarebbe davvero tornato da Margherita, dopotutto, neppure se fosse stata libera. La buona società londinese attendeva una sua decisione e la scelta comprendeva solo due nomi.
-Mi rimangono tre settimane, vediamo se Rossini riuscirà ad ispirarmi qualche cosa stasera.
 
Tutto era pronto per quella prima dello spettacolo e i corridoi del teatro erano saturi di un vociare costante che sembrava aumentare man mano che ci si avvicinava al momento di prendere posto. Gli spettacoli teatrali, dopotutto, erano anche un momento di ritrovo in cui i signori ne approfittavano per parlare di politica e le signore per portare avanti l’attività che preferivano in assoluto: l’arte del pettegolezzo.
-Chi sono quelle ragazze?
Rimasta sola con le sorelle, Emma attirò la loro attenzione indicando due signorine che sedevano in disparte, ignorate da tutti; Eve e Claire si voltarono verso di lei liete di sentire nuovamente la sua voce, considerando il mutismo che l’aveva accompagnata sin dal ritorno dalla passeggiata.
-Le Norrys. Loro sorella è scappata con un ufficiale, rovinando l'intera famiglia. Non parlare con loro.
-Ma è ingiusto!
-Ingiusto o meno, mia cara,- commentò Claire,- è così che va il mondo. Oh, guardate la novella Lady Carlisle. Guardate come fa di tutto per metterlo in mostra.
-Claire, lo faresti anche tu al suo posto.- commentò Eve.
-Mostrare a tutte le nubili in circolazioni il mio anello nuziale, dopo essere diventata contessa? Certo che lo farei.- Claire si guardò un istante attorno, poi sorrise. -A tal proposito, ho un certo conte da sottrarre alle grinfie di Annabeth. Perché non la porti a passeggiare?-
Eve scosse la testa -Oh, no. Sai che in questo gioco io non voglio entrare.
Il capo della sorella maggiore si mosse spazientito, facendo vibrare le piume dorate -Mia cara, il gioco della seduzione è tutto e, se non ti sbrighi, finirai col rimanere zitella. Con permesso.
Eve osservò la sorella allontanarsi, poi si voltò verso Emma con un sorriso stampato sul volto, che però morì subito –Tesoro, stai bene?
-Sì, io... Guarda, il colonnello Lennox.
Bastò quella parola perché Eve dimenticasse il pallore della sorella: l’uomo stava avanzando verso di loro e la fanciulla sentì il cuore sciogliersi nel petto. Il colonnello era un uomo di trentaquattro anni dal carattere posato, amante della letteratura e della vita di campagna, in cui possedeva una tenuta che gli fruttava quattromila sterline l’anno. Era ritenuto da molti un ottimo partito, ma non aveva mai fatto mostra di voler prendere moglie. Aveva conosciuto i Palmerston cinque anni prima, quando sua sorella aveva sposato il nipote di Lady Palmerston, ed era uno dei pochi non titolati che il baronetto accettava con piacere in casa sua.
-Miss Eve, Miss Emma, immaginavo di trovarvi qui. Non vorrei sbagliare, ma credo di aver udito qualcuno pronunciare il nome di Mr. Browning. Vostro cugino è tornato?
-Sì, in effetti sì, è arrivato a Londra questa mattina insieme alla fidanzata. Voi non l’avete mai incontrato, vero colonnello?
-No, ho avuto il piacere di fare la vostra conoscenza poco dopo la partenza di Mr. Browning per New York.
Il diretto interessato varcò in quel momento la soglia della sala al braccio di una deliziosa fanciulla, vestita all’ultima moda, con il volto leggermente allungato, ma piacevole, due luminosi occhi blu e i capelli castani intrecciati elegantemente.
Non appena individuò il terzetto, Browning si avvicinò loro. –Mia cara Julie, permettimi di presentarti le mie cugine Miss Eve e Miss Emma. Cugine, vi presento la mia fidanzata, Miss Julie Trevelyan. E questa,- aggiunse indicando l’anziana chaperone che li seguiva a distanza di pochi passi, -è Miss Anne Bolton.
Le donne si inchinarono, Eve e Julie sorridendo apertamente. Nessuno parve accorgersi del disagio di Emma.
-Mia cara, è un piacere conoscervi.- esclamò cordialmente Eve, -Lasciate che vi presenti il colonnello Lennox, un amico di famiglia.
-Bentornato in patria Mr. Browning. Miss Trevelyan, spero che l’Inghilterra vi aggradi.
La fanciulla sorrise -Molto, colonnello. Ho sempre desiderato visitarla, i miei nonni paterni sono nati qui. Grazie a Mr. Browning potrò persino viverci e ne sono entusiasta.
-Il mio signor zio è qui?
Eve annuì, cercando il padre con lo sguardo ed individuandolo poco lontano insieme a sua moglie e agli Astor. Si mossero in quella direzione, ma nonostante la sua fidanzata commentasse estasiata l’ambiente richiamando la sua attenzione, Browning non poté fare a meno di notare il silenzio di Emma, così poco da lei, né il suo pallore. Non ebbe tempo di domandare alcunché, però, perché altre presentazioni dovettero essere fatte. Quando il gong suonò per invitare il pubblico a prendere posto, Arthur e le due donne che conduceva con sé, il colonnello e persino il conte di Cecil al braccio di Claire furono ospiti dei Palmerston: il palco era al massimo della capienza, ma nessuno ne fu disturbato.
-Vi piace l’opera, Lord Gordon?
Il conte si chinò verso la fanciulla, sussurrando come aveva fatto lei –Molto, in effetti. Lilies Manor ha un teatro al suo interno, ma purtroppo è in disuso da anni.
Claire sorrise all’uomo, ammirandone i bei lineamenti e gli occhi chiari: era affascinante, più che bello, possedeva un’aria misteriosa e vissuta, e una voce incredibilmente seducente.
-Una donna a capo della vostra dimora potrebbe riportarla in vita.- gli rispose con il cuore che batteva furioso nel petto.
Gordon annuì.
Dalla parte opposta del palco, Eve e il colonnello Lennox erano impegnati a distrarsi reciprocamente dalla visione dell’opera, scambiandosi occhiate fuggenti che li facevano sorridere nel buio.
-Com’è stato il vostro rientro a Hazel House?
-Riposante, come sempre.
-E Mrs. Lennox sta bene?
L’uomo annuì –Lei dice di essere invecchiata, ma per quanto mi riguarda è più giovane e attiva ora di quando aveva trent’anni. Vi manda i suoi saluti, vi ricorda con molto affetto.
Il colonnello non poté vederlo, ma Eve arrossì a quella rivelazione –Anche io, signore. Salutatela da parte mia quando le scriverete.
-Si augurava di potervi rivedere presto, magari proprio ad Hazel House.
Lo scroscio degli applausi interruppe la conversazione, lasciando quella frase e il significato che si celava dietro di essa, ad aleggiare tra i due.
 
Lo spettacolo lasciò tutti soddisfatti e fu il principale argomento di conversazione mentre gli spettatori abbandonavano i palchi e la platea diretti alle carrozze. L’umore di Claire mutò drasticamente quando il conte si accomiatò per dirigersi dagli Astor, senza contare che aveva visto di sfuggita Mr. Astor in compagnia di Mrs. Lieven, cosa che la infastidiva ancor di più dell’incostante atteggiamento di Cecil. Avrebbe sposato volentieri il futuro Sir Astor, ma non sopportava assolutamente l’idea che lui potesse avere per amante quella cortigiana. Né nessun’altra donna, a dire il vero. Stizzita, trascinò Eve verso la carrozza, ignorando il fatto che stesse discorrendo con il colonnello, lieta che anche Emma li seguisse poco dopo: voleva lasciare il teatro, dimenticando l’ultima parte di una serata altrimenti perfetta. Sir e Lady Palmerston accompagnarono Browning e la fidanzata fino alla casa dei Thompson, dove lasciarono Miss Trevelyan prima di fare ritorno nella loro villa insieme al nipote: nonostante le remore esistenti a causa della nazionalità della signorina, la futura Mrs. Browning li aveva conquistati entrambi.
 

Caro diario, ho sempre pensato che diciassette anni fossero l’età perfetta per debuttare in società, riempire il carnet di ballo fino a svenire dal troppodanzare, farsi corteggiare scherzosamente dai giovani come me, ancora troppo lontani dall’idea del matrimonio per avere intenzioni serie. Quello che volevo per questa mia prima Stagione era il divertimento e l’ho avuto. Sono stati mesi meravigliosi, non avrei potuto chiedere di meglio; persino assistere alle crisi di Claire, perennemente in bilico tra Cecil e Astor è stato bello, tanto era nuovo per me. Quest’oggi però mi sento molto più vecchia dei miei diciassette anni, il mio povero cuore è passato dal palpitare velocemente allo spezzarsi nel giro di così poco che…

 
La penna scivolò sulla pagina lasciando una macchia d’inchiostro sul diario. Qualcuno aveva bussato alla porta facendola sobbalzare ed Emma si posò uno scialle sulla camicia da notte prima di andare ad aprire. Sarebbe impossibile descrivere i pensieri che le attraversarono la mente quando si ritrovò davanti il volto di Arthur, quasi più perplesso del suo. Con quanto ardore il suo cuore le batté nel petto, oltremodo felice di quell’inaspettato incontro.
-Arthur…
La voce le uscì debole, un bisbiglio incredulo.
-Emma, io… Ero sceso per… Ho visto il riverbero della candela accesa…
Frasi sconnesse, spezzate; non aveva idea del perché fosse lì, aveva seguito un folle istinto che l’aveva spinto a ritrovarsi in una situazione sconveniente. Emma non era più una bambina e la sua bellezza, nella penombra, sembrava ancor più accentuata.
-Io… Stavo scrivendo il diario.
Arrossì, sentendosi improvvisamente infantile.
-Il diario, sì, certo. Eri pallida questa sera, stai bene? Hai bisogno di qualcosa?
Il passaggio al tono confidenziale le riportò alla mente memorie lontane e fu come se il cuore le si sciogliesse ne petto. –Solo una lieve stanchezza. Non mi serve nulla.- continuò accennando al bicchiere colmo di vino caldo e acqua che le sue sorelle usavano bene prima di addormentarsi, abitudine che quell’anno aveva assunto anche lei.
-Bene,- Arthur tentennò alcuni istanti, guardandosi alle spalle. –Allora buona notte.
-Buona notte.
Emma chiuse la porta mentre il cugino saliva le scale, voltandosi indietro quasi ogni passo finché non fu più fuori vista. Un sorriso nacque spontaneo sulle labbra, splendente come il sole di mezzogiorno, ma il gelo la invase quando ricordò che Arthur non era tornato da New York da solo e che in tre settimane sarebbe convolato a nozze.

 
  
Video trailer 1 / Video trailer 2

 


Note: ed eccomi di nuovo qui con il secondo capitolo! Si iniziano ad intravedere le dinamiche future, si chiariscono i ruoli dei personaggi, o almeno di qualcuno! Ci tengo solo a fare qualche precisazione storica, ma sarò brevissima, lo giuro! Ho usato per tutti il voi, perché non esista in realtà in inglese la differenza che noi abbiamo, ma l'ho ritenuto più adatto, salvo che si tratti di rapporti stretti come tra sorelle e fratelli. Per quanto riguarda l'uso dei nomi e dei titoli, sono andata a vedere sui libri di Jane Austen se le mie reminescenze fossero giuste e mi sono applaudita da sola ;)
Diciamo che l'uso del nome di battesimo era raro, veniva usato più che altro per i figli e le figlie minori: mi spiego, Claire è Miss Palmerston, perché è la maggiore, ma le sorelle sono Miss Eve Palmerston e Miss Emma Palmerston (o al massimo Miss Eve e miss Emma se vi è più familiarità, come usa il colonnello. Con Arthur, con cui c'è un rapporto praticamente fraterno, usano i nomi di battesimo, come fanno Fanny ed Edmund della Austen, ad esempio.). Per quanto riguarda gli uomini, vale lo stesso discorso: Mr.
Astor, se avesse un fratello maggiore, diventerebbe Mr. Trevon Astor. Mi raccomando non confondete Mr.Astor con Sir Astor, suo padre.
Per quanto riguarda il Sir e Lord, per chiarezza cito wikipedia: I baronetti, titolo ereditario estraneo ad un qualsiasi ordine, hanno diritto al prefisso Sir. Le consorti dei baronetti sono Lady.  I
 Lord sono i titolati, come Lord Gordon, conte di Cecil. Per quanto riguarda le mogli, tenete presente che le mogli di figli minori assumo anche il nome del marito: in "Emma", ad esempio, Isabella è Mrs. John Knightley, mentre Emma è Mrs. Knightley.
Per ora credo sia tutto.
E nulla, non mi resta che ringraziarvi enormemente per l'accoglienza che avete dato a questa storia e spero di continuare a sapere cosa ne pensate. 
E grazie a Milla, per il betaggio e il bistrattamento dei puntini...................................

Mi trovate
-Blog (per spoiler, missing moments e pensieri vari)
-Gruppo facebook (spoiler, chiacchierate, video, contest e chi più ne ha più ne metta)
-Pagina facebook (per le citazioni dalle storie e spoiler vari)
-Contatto facebook (sarò lieta di aggiungervi, ma per problemi personali non accetto più nessuno che non mi scriva almeno due parole per dirmi chi sia)



Un abbraccio,
Emily

 

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