Film > Un mostro a Parigi
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Autore: Claudia Ponto    26/06/2012    2 recensioni
Lucille è una cantante scontrosa e vanitosa.
Si sente migliore di tutti e questo causa a lei un isolamento dalle altre persone. Canta di gioia, ma nel suo cuore non vi è nulla di questo sentimento. Ma forse una sera, in compagnia del suo "peggior nemico" Raoul, un incontro mostruoso potrebbe aiutarla ad intraprendere un cammino per la ricercà della felicità
AVVISO: ho deciso di riscrivere completamente dall'inizio la Fiction Monster Heart: a causa di mancanza di ispirazione che mi impedisce di proseguirla come vorrei, ho deciso di cambiarla drasticamente. modificherò tutto: dalla trama in generale al genere di storia, il rating (se necessario) e il ruolo dei personaggi.
chiedo scusa ai lettori che hanno commentato fino adesso, ma sto soffrendo nel non riuscire a continuare questa fiction su un film che adoro sul serio
Genere: Fluff, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Francœur, Lucille, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Capitolo 3: Caccia aperta.
 
La figura enorme e deforme balzò su Lucille come un lampo.
Era alta, il giaccone nero strappato e sporco non era abbastanza largo per nascondere le quattro sottili braccia scheletriche, il corpo bluastro con acuminate punte sul dorso e le zampe animalesche, era tutto in bella mostra, solo il suo volto era nascosto, coperto da un cappello a larghe tese e una sciarpa rosso sangue.
Quasi la gente non si rese conto di cosa aveva di fronte, solo il panico, ironicamente, riuscì a far aprire loro gli occhi.
 
Avvenne una confusione indescrivibile, urla e spintoni erano i gesti ripetuti tra gli invitanti che cercarono di allontanarsi da quella “cosa”, solo Lucille non potè mettersi al sicuro, imprigionata tra le sue braccia. Venne sollevata di peso con estrema facilità, sebbene colpì con schiaffi e pugni quell’ospite indesiderato non fu in grado di far lui del male e finì solo per essere portata via, davanti gli occhi angosciati della Zia Carlotta che svenne per shock.
Raoul non rimase a guardare.
Si fece largo dalla folla e uscì dal locale, saltò in macchina e inseguì il mostro, Emile era con lui, stordito dal rapido avvenimento.
<< Cosa diavolo era?! >> urlò il proiezionista.
<< Lo scopriremo dopo che lo ammazzeranno! >> disse l’altro.
L’inventore, con il naso all’insù, inseguì la bestia e la sua preda per tutta Parigi, era pericoloso tra l’altro perché doveva tenere d’occhio anche la strada donde evitare di investire macchine, pedoni o animali. Le gomme stridevano sull’asfalto, il furgone nello svoltare nelle vie finiva spesso in bilico su due sole vuote rischiando di cappottare, Emile si tenne più stretto che poteva al sedile per non cadere fuori, urlando a Raoul di rallentare.
La richiesta venne presto esaudita, ma solo perché avevano imboccato un vicolo cieco.
La frenata risuonò talmente acuta che i timpani quasi si spaccavano, il mezzo si fermò, appena in tempo, a pochi centimetri dal muro, toccandolo con il paraurti frontale, i due uomini erano in procinto di beccarsi un infarto, pallidi come lenzuoli. Alcuni piccioni si appollaiarono sopra, Raoul cercò di scacciarli via con il clacson, allergico al loro piumaggio, ma la grossa piuma bianca che dondolò a terra non apparteneva a nessuno di quegli uccelli.
<< è una piuma del costume di Lucille…. >>
Nel vicolo c’era una scala, rapido l’uomo la salì per raggiungere il tetto e curiosarci sopra, trovando una scia di altre finte piume.
<< Raoul! Hai trovato qualcosa?! >> gli urlò Emile.
<< Il costume di Lucille perde pezzi! Forse abbiamo ancora una speranza per trovarla! >> gli rispose.
<< Dobbiamo chiamare la polizia! >>
<< Non c’è tempo! Quel mostro potrebbe farla a pezzi! Dobbiamo trovarla ora! Sali in macchina! >>
 
                                                                                  ****
Lucille era ancora intera.
E viva soprattutto.
Aveva urlato per tutto il tempo, cercando di liberarsi dal suo rapitore.
La stringeva talmente forte al suo petto che non poteva nemmeno girarsi per vedere dove stessero andando, sentiva solo che saltava in un modo che le stringeva lo stomaco, scendendo ad una velocità che dava l’impressione che precipitassero.
Non aveva ancora messo a fuoco il fatto che era un mostro chi l’aveva portata via con la forza dal suo regno, solo all’arrivo nel suo nascondiglio, un parco vicino a Place de la Bastille, luogo in cui un tempo si ergeva la Bastiglia, che celava nel suo fitto fogliame un apparente cumulo di rocce che servivano a mimetizzare una solida porta di legno, potè vedere il suo volto: entrato nell’ambiente segreto e richiuso l’unico ingresso, l’ombra.. o il mostro… lasciò andare la ragazza che si allontanò sconcertata da quella figura umanoide deforme.
Da sotto il cappello riuscì a intravedere un paio di occhi luminosi di un innaturale arancio-rosso, si strinse la sciarpa al viso affinchè non scivolasse via, accendendo le candele disseminate nella prigione segreta.
<< Tu…! Lasciami subito andare! Te lo ordino! >> disse Lucille, cercando di mostrarsi coraggiosa.
<< Se sono i soldi che cerchi, da me non avrai nulla! I pezzenti come te otterranno solo la prigione! Hai capito?! >>
Nonostante le parole forti, il rapitore non parve colpito.
Rimase silente… e anche tranquillo, continuando ad accendere più cera possibile.
Finito di far luce si avviò all’interno di una delle celle muovendo degli oggetti posti all’interno, facendo poco dopo segno alla cantante di entrarci dentro.
Non era cambiato nulla, aveva solo spostato le cose per nascondere le tracce di prigionia di quella testimonianza della prigione più terribile della Francia.
<< Non entrerò mai in questa lurida stanza! >> disse Lucille disgustata.
L’individuo continuò a tacere, si allontanò e si sedette sulle scale, cominciando a giocare con un puzzle.
 
                                                                                  ****

All’Oiseau Rare polizia e giornalisti avevano fatto in fretta a precipitarsi sul luogo del “delitto”.
Non c’era più voglia di festeggiare, tanto meno per la padrone che se ne stava in un angolo a piangere disperata, accudita da vecchi amici e dallo staff che cercavano in qualche modo di calmarla e di darle speranza di riabbracciare la nipote.
Maynott le si avvicinò in quel momento dopo aver risposto alle innumerevoli domande dei giornalisti, promettendo alla donna che avrebbe fatto qualsiasi cosa per ritrovare sana e salva la ragazza, parole di conforto che leggermente riuscirono a calmare il tormento della povera donna. Il politico uscì dal locale, dando precisi ordini ai poliziotti rivelando così la sua passata esperienza nel campo poliziesco, lui decise di seguire da solo l’indagine… per motivi suoi.
 
Si allontanò a piedi dalla zona incriminata, il caos proveniente dalla gente al locale scemava a mano a mano che si allontanava, fino a quando il silenzio della notte non fu totale. Non c’era nessuno per strada a parte i vagabondi, l’ora delle passeggiate notturne era passata da un pezzo e adesso la gente era in casa a dormire.
Ad un certo punto una automobile nera si fermò accanto a lui, il finestrino del passeggero si abbassò di poco, mostrando solo di poco il viso di chi stava a bordo.
<< Potresti fare l’attore. >> disse lo sconosciuto.
Maynott ridacchiò, sistemandosi  i capelli all’indietro.
<< Non è così difficile ingannare qualcuno. >> gli rispose con un beffardo sorriso.
<< Pensi che andrà tutto come hai promesso? >>
<< Assolutamente. D’altronde, si è tradito da solo il nostro vecchio amico. >>
<< Lo spero per te. Anche perché non ti darò una mano. >>
<< Cosa? Ma avevi detto che… >>
<< Lo so cosa ho detto, ma ho degli affari di cui occuparmi. >>
Calò il silenzio, quella frase fece rabbrividire l’uomo perché ben conscio del significato che ci stava dietro.
<< Posso aiutarti in qualche modo? >> chiese esitante.
<< Oh no, non preoccuparti, è un lavoretto facile. Tu pensa solo a far fuori quel fastidioso insetto. >>
 
                                                                                  ****
 
Lucille era stufa, non ne poteva più di stare chiusa dentro quel lugubre luogo asfissiante, voleva uscire e tornare a casa sua.
Non smise di protestare sulla sua condizione, ripentendo al carceriere quanto nei guai fosse, dicendogli che sarebbe stata più che felice di vederlo in prigione, si massaggiò la testa delicatamente per il mal di testa che lei stessa si era causata.
E ancora lui continuava ad ignorarla tranquillamente.
Si era preparato con un fornello a spirito assai vecchio del tè,  annusando gli effluvi della bevanda e bevendola poco alla volta sollevando leggermente la sciarpa, assaporandone il particolare retrogusto dolciastro. Aveva offerto una tazza alla ragazza, ma lei sdegnata aveva rifiutato, disgustata persino dalla tazzina rotta che non era abbastanza “elegante”.
Si guardò intorno per trovare un modo di trascorrere il tempo, annoiata da quello stato forzato, senza nemmeno curarsi dei particolari dettagli della “camera” del mostro, adornata con oggetti che, nella loro varietà, avevano un ordine preciso, vedendo solo lo sporco che li ricopriva e che poteva rovinare il suo bel vestito e il suo aspetto tanto truccato.
 
Stava  ricominciare a lamentarsi quando sentì bussare alla porta.
 
Sia lei che il mostro rimasero perplessi da quel suono inaspettato, costringendo quest’ultimo ad alzarsi per andare a controllare chi avesse scoperto il suo nascondiglio.
Sparì sulla cima delle scale, si udì il cigolare dei cardini e poi all’improvviso un botto sordo.
Il mostro rotolò giù dalla rampa, Raoul apparve poco dopo brandendo un martello da cui spuntava una molla munita di guantone da boxe, voltandosi in direzione della cantante:
<< Posso esserle d’aiuto madame? >>
<< Raoul! Va tutto bene?! >>
Emile comparve subito dopo, la macchina fotografica in mano insieme alle piume usate come traccia.
<< Tu qui? >> disse scioccata la ragazza.
<< Fortuna che il tuo bel costumino perdeva le penne, altrimenti non avremmo potuto salvarti. >> disse fiero di sé l’inventore.
<< Tu salvare…. Io non voglio essere salvata da voi! Chi vi ha detto di venire?! >>
<< Eh? Cosa? No scusa… sei seria?! >>
<< Sei il solito ficcanaso buono a nulla! Ci pensi cosa dirà la stampa adesso?! Che sono stata aiutata da un patetico idiota senza fisso lavoro! Sarò mortificata a vita da questo! >>
<< Mi prendi in giro?! Pensi alla pubblicità in un momento come questo?! Tu sei pazza! Pazza ed egoista! Io e il mio amico ci siamo fatti in quattro per trovarti e salvare le tue chiappe canterine! >>
<< Come osi parlarmi in questo modo?! Sei licenziato! >>
<< Bene! Meglio essere senza lavoro che rischiare la pelle per una persona senza cuore come te! >>
La discussione non poteva che iniziare in un momento peggiore.
Emile tentò inutilmente di fare da paciere, nella confusione il mostro riprese conoscenza e si avvicinò al duo, fissando confuso quell’atteggiamento: il giornalista fu l’unico a rendersene conto, avrebbe voluto urlare ma gli rimase tutto bloccato in gola, soprattutto alla vista del volto dell’essere, rimasto scoperto per la mancanza della sciarpa. Il suo era un volto semplice in tutta sincerità, niente zanne appuntite o strane protuberanze, era liscio, privo di naso, di un blu più chiaro come sulla pancia e gli occhi che, a quel punto, erano vispi e molto innocenti.
Nel panico lasciò cadere il suo strumento, la creatura lo fissò per qualche secondo e poi lo prese, lo pulì con il suo giaccone e lo porse all’ometto con un sorriso.
<< Grazie…? >>
Le favole avevano insegnato che i mostri non avevano un cuore, eppure quel gesto… fu capace di manifestare un sentimento di gentilezza sincero che solo una persona un vero cuore come quello di un essere umano poteva trasmettere. Emile si sentiva male e sarebbero potuto crollare da un momento all’altro, eppure non potè fare a meno di avere la voglia di sapere qualcosa di più su quel misterioso personaggio. Notò la prigione sua tana, rendendosi conto del legame che li univa: strumenti musicali, cartoline illustrate che rappresentavano persone felici su sfondi di luoghi famosi, giocattoli e oggetti dalla foggia non parigina, diverse ma al contempo somiglianti, probabilmente perché provenivano dallo stesso paese.
 
Improvvisamente uno sparo rimbombò.
Il mostro saltò all’interno del suo nascondiglio “gridando”, un verso che ricordava il frinire degli insetti nelle calde giornate estive ma alterato da una nota che pareva lo stridere delle ruote di un treno sulle rotaie.
Maynott scese in fretta le scale, la pistola in mano dalla cui canna fuoriusciva fumo di polvere da sparo puntata nel punto in cui la creatura si era nascosta.
<< State bene? Siete feriti? >> chiese preoccupato.
Lucille gli si gettò letteralmente tra le sue braccia implorandolo di portarla via da lì, narrando quel tempo di prigionia arricchendolo di dettagli esagerati e di come Raoul avesse messo a “repentaglio” la sua vita con una azione di sconsiderata stoltezza, parole contestate dall’accusato incredulo a quel racconto senza capo né collo.
<< Calmate i vostri animi signori, questo non è il luogo e il tempo per discutere, siamo ancora in pericolo. >>
Dalla cella il mostro stava tentando di fuggire scavando nella solida parete, le mattonelle di roccia erano state rimosse e quelle in alto ancora attaccate gli crollavano addosso spaccandosi sulla sua dura corazza, la terra che smuoveva via rapida grazie a quelle quattro braccia di cui era dotato. Due colpi di pistola interruppero l’operato, i proiettili rimbalzarono sul suo corpo senza trapassarlo, facendolo rannicchiare a terra tremante, i suoi occhi ora erano solo arancioni, le pupille ridotte a puntini neri.
<< Questa bestia è pericolosa, è un miracolo che siate vivi, soprattutto lei madame. Uscite da qui prima che tenti di aggredirvi di nuovo. >>
I tre uscirono in fretta dal sottosuolo, Emile però fu l’unico a guardarsi indietro cercando di vedere un ultima volta quel mostro… se davvero lo era.
Non si sentiva bene con sé stesso con quell’atto, era come se stesse abbandonando qualcuno che aveva bisogno di aiuto, l’impressione provata su di lui non era svanita, non era stato solo un pensiero avuto per un attimo, continuava a ronzare nella sua mente e nella sua coscienza. Si fermò non appena varcata la soglia dell’uscita, Raoul gli diceva di muoversi ma lui non c’è la faceva ad andar via, per questo fece dietro-front e tornò giù, ignorando l’amico che lo inseguì.
Riuscì ad acchiapparlo a metà scalinata, confuso sul suo atteggiamento, stava per chiedergli una spiegazione quando la voce di Maynott riecheggiò poco dopo, costringendo i due uomini ad ascoltare… poiché il discorso che stava facendo era strano.
<< Te l’ho detto che non sei abbastanza furbo. Potevi restare nascosto e invece hai voluto fare l’eroe. Meglio per me comunque, finalmente sei uscito fuori dal tuo buco e adesso, da bravi galantuomini, mettiamo fine alla tua stupida fuga. >>
Si sentì il verso del mostro, acuto a tal punto che le orecchie fecero male, il tono sembrava arrabbiato e Maynott, dal canto suo, ridacchiò solamente. Si affacciarono per poter spiare la scena, l’uomo era di spalle e in mano teneva ancora la pistola, davanti a lui l’essere che muoveva la bocca in modo assai strano, come se tentasse di parlare.
<< Avanti, sei ancora arrabbiato con noi? Abbiamo solo cercato di farti capire che la tua vita era inutile, ti abbiamo fatto un favore togliendoti la tua ragione per esistere. >>
Raoul ed Emile si guardarono confusi da quel discorso per loro senza senso, eppure era chiaro che il Prefetto conosceva la creatura… rivolgendosi a lui come ad una persona normale.
<< Immagino che tu sia stanco di condurre questa esistenza nascosta, quindi rilassati che finisce tutto adesso. >>
<< Aspetti! >>
Emile uscì dallo scoperto fermando l’uomo prima che agisse, vedendolo arrivare ci accigliò, puntandogli contro l’arma.
<< Che diavolo ci fate qui?! Vi avevo detto di levarvi dai piedi! >> disse con voce furiosa, l’atteggiamento completamente differente da quello con cui si era presentato.
<< Io credo… credo che lei stai commettendo un errore! Questa creatura non è… pericolosa come sembra… >> disse tentennante il giornalista, esponendo la sua teoria. Raoul cercò di zittirlo ma lui non voleva smettere di parlare, voleva dire cosa ne pensava e sperare che fosse un’azione giusta. Non parve sorpreso Maynott, sbuffò semplicemente e poi sparò un colpo, Emile cadde a all’indietro a terra con la spalla che zampillava sangue.
<< Ma è impazzito?! >> gridò Raoul.
<< Solo previdente. >> si limitò a dire Maynott.
Raoul si vide la canna dell’arma proprio davanti alla faccia, quel millesimo di secondo in cui si rese conto che stava per essere freddato riuscì a spostarsi in tempo, il proiettile sfiorò il lato destro della testa di strisciò ma il dolore fu comunque tremendo, il calore del metallo misto a polvere da sparo formava un connubio ardente.
<< Sarà una storia coraggiosa quella che farò ricordare per voi: ero in difficoltà e siete tornati indietro per aiutarmi, sfortunatamente il mostro era troppo forte e non siete sopravvissuti. L’incendio scatenato da una perdita di gas nasconderà le prove del vostro ficcanasare. >>
La testa dell’inventore pulsava, avrebbe voluto averla completamente funzionante pur di capire il perché di quel gesto insano con annessa una storia falsa solo perché Emile aveva esposto una teoria che ora non pareva più tanto ridicola. Stava per sparare di nuovo l’uomo, ma distratto da quel compito non si accorse che la creatura si era ripresa e di soppiatto si era avvicinata alle sue spalle, il balzo fu rapido e il peso del corpo schiacciò a terra il Prefetto che perse l’arma. Fu in quella occasione che Raoul prese Emile, caricandolo sulla propria schiena e scappò, uscendo andò incontro a Lucille che trascinò via per un braccio, non rispondendo ad alcuna delle sue innumerevoli domande.
 
Voleva solo fuggire.
Correre da qualsiasi parte ci fosse un posto sicuro.
 
Quando le gambe cedettero per la stanchezza erano da qualche parte nella periferia di Parigi, una di quelle zone dove non c’era lo stesso splendore del centro ma solo case popolari, gente povera e loschi affari nei vicoli ciechi.
Cercava di pensare, il battito del cuore accelerato quasi lo soffocava, il sangue dell’amico gli imbrattava i vestiti e Lucille isterica non aiutava a calmarlo.
Gli sarebbe bastato un minuto, un solo dannatissimo minuto di tranquillità per poter escogitare qualcosa, se solo non fosse stato così dannatamente spaventato e incasinato!
 
Un rumore sopra di lui lo fece sussultare, gli occhi del mostro lo fissavano quasi socchiusi.
 
                                                                                  ****
Era davvero furioso Maynott.
Non riusciva a credere che aveva fallito il suo piano per colpa “sua”!
Come aveva osato?!
Nessuno poteva metterlo in ridicolo in quel modo!
E quei due idioti amici della cantante avevano pure provato ad intromettersi!
Il graffio profondo che “lui” gli aveva dato in faccia bruciava quanto l’umiliazione, nemmeno scolarsi un’intera bottiglia di vino italiano lo avrebbe calmato.
 
Lo sconosciuto ridacchiò divertito.
Il suo collega non aveva ottenuto niente di tutto ciò che desiderava, è questo suo inutile lavoro era divertente da guardare.
<< Sto cominciando a pensare che ti stai rammollendo. Ti ho viziato fin troppo. >> gli disse.
<< Taci. Non sono in vena di ascoltare il tuo stupido sarcasmo. >> replicò Maynott.
<< E sei caduto così in basso solo perché non riesci a soddisfare un ridicolo desiderio sessuale. >> gli disse l’altro maliziosamente.
L’uomo si allontanò dal suo “amico”, sedendosi sui sedili posteriori dell’auto con cui lo sconosciuto era venuto.
Da lontano vide la Torre Eiffel, stupenda per chi giungesse lì per la prima volta, ma tale bellezza non poteva essere paragonabile, a parer suo, con quella della cantante francese: il Prefetto ne era rimasto davvero colpito… in ogni senso… non riusciva a non smettere di pensare a lei.
Per questo aveva accettato quel particolare patto.
<< Ma non cadrà mai nelle tue braccia se continui a comportarti da idiota. >>
<< Se non fossero venuti quelle due mezze tacche ora sarebbe mia. >>
<< Non preoccuparti per questo, la tua bella ha notato che ci tieni a lei, ben presto sarà lei a venire a te… e ovviamente la nostra vecchia conoscenza non esiterà a fermarla pur di salvarla da me. >>
<< Non le farai del male, ricordalo. Lei non è nei nostri accordi. >>
<< Ho promesso e manterrò la parola, non temere. Mi interessa solo il caro fuggitivo. >>
  
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