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Autore: Strega_Mogana    11/01/2007    12 recensioni
Cinque ragazze, cinque ragazzi, cinque amori.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inner Senshi, Sorpresa
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Guerra…. Amore e…. Pallavolo (prima parte)



- Mia! – Yumi fa qualche passo indietro, alza le mani e fa un palleggio passando la palla a Naru: l’alzatrice.
- Minako tua!
Osservo bene la palla che si alza, calcolo i tempi velocemente. Destra... sinistra.. destra... mi do un piccolo slancio, salto e alzo il braccio destro pronto a colpire. Istantaneamente trovo il punto più debole della difesa avversaria. La palla si avvicina e con tutte le mie forze tiro proprio in quel punto, la palla sfreccia veloce e potente, supera il loro debole muro e cade sul linoleum grigio topo che ricopre il pavimento della palestra, cado a terra molleggiandomi sulle gambe per attutire il debole colpo, mi volto e faccio il segno della vittoria alle mie compagne.
Abbiamo vinto.
Purtroppo é solo una normalissima partita di allenamento. Se fossimo nel campionato potevamo arrivare anche prime ma, disgraziatamente, le ragazze veramente brave sono poche e non raggiungevamo il numero minino per inscriverci. Le altre ragazze della squadra abbassano il capo demoralizzate, sono nuove ed inesperte, ci vorrà del tempo.
- Non prendetevela, - cerco di rassicurarle con un sorriso d’incoraggiamento – siete state brave, questa volta avete quasi vinto un set.
- Grazie capitano.
Sbuffo scostando la mia lunga frangia bionda dagli occhi.
- Quante volte devo dirti Hitomi che non devi chiamarmi capitano. Basta Minako.
- Come vuoi tu capi… Minako!
Sospiro nascondendo un sorriso, in realtà mi piace esser chiamata capitano, il mio ego si gonfia come un palloncino ogni volta che impartisco un comando o richiamo qualcuno.
Sono vanitosa non c’è che dire, non molto ma quanto basta per sentirmi euforica ogni volta che finisco un allenamento.
Le mie compagne vanno ai bordi del campo dove hanno le bottigliette d’acqua o gli integratori, io resto qui con in mano questa sfera bianca che mi ha stregato fin dalla prima volta che la vidi. Avevo sei anni, ancora me lo ricordo, ero nel cortine della scuola elementare, dove andavo io c’erano le scuole medie unite a quelle dei più piccini, un pomeriggio, durante l’intervallo, avevo visto delle ragazze giocare a pallavolo. Io ero troppo piccola per giocare con loro ma quello che stavano facendo era bellissimo, all’inizio l’avevo scambiata per una danza con un pallone poi capii che era sport. Lo sport più bello ed appagante del mondo. Corro in fondo al campo e faccio rimbalzare la palla un paio di volte.
- Attenzione! – urlo prendendo bene le misure.
Lancio il pallone in alto, inizio a correre e salto per battere, il mio colpo è deciso e ben mirato, la vedo sfrecciare verso il bersaglio, una scia bianca in mezzo al campo, quando la porta della palestra si apre, entra una figura e ferma la mia poderosa battuta.
Non c’è neppure bisogno di chiedersi chi sia… so benissimo che l’unico che può fermare le mie battute è:
- Sai devi migliorare la forza poppante. – fa l’Odioso guardandomi con aria di sfida dal suo metro e ottanta d’altezza. Se non fosse arrogante, presuntuoso, meschino e sfacciato sarebbe un bellissimo ragazzo con quei lunghi capelli argentati, gli occhi grigi e i lineamenti perfetti.
- Ehi vecchio!- urlo pestando un piede a terra – Ti ho già detto che devi cambiare palestra per allenare la tua squadra di schiappe.
- Prima di tutto. – fa lui facendo rimbalzare la palla a terra – Ho solo due anni in più di te, perciò non sono vecchio e in secondo luogo, bambina, ti ho già spiegato che questa palestra è la più vicina alla maggior parte di noi.
- Ridammi la palla orco! – grido fuori di me – Non sono ancora le cinque!
- Te la sei cercata. – fa lui con un ghigno beffardo.
Intuisco al volo quello che vuole fare e corro in mezzo al campo, ginocchia piegate e mani pronte a ricevere. Lui lancia la palla in alto, vicino alla rete, vuole schiacciare… lo vedo saltare e io faccio qualche passo indietro, quando arriva in prossimità della palla, il bastardo, la tocca leggermente facendola arrivare nell’altra metà del campo filo alla rete.
Una finta bastardo!
Mi slancio in avanti col pugno teso cercando di prenderla, ma mi sono mossa troppo in ritardo, manco la palla e mi sbuccio un ginocchio grazie alla ginocchiera che si è spostata durante la scivolata.
Fantastico… bella figuraccia!
Mi rialzo facendo finta di niente, lui ridacchia compiaciuto, odioso uomo!
- Il tuo avversario bara sempre Minako… ricordalo.
- Grazie per l’ennesima perla di saggezza non richiesta Kunzite! – sbotto frustata prendendo l’asciugamano di spugna bianca e mettendolo sul ginocchio.
- Andiamo é solo un graffietto.
- Sei anche infermiere ora?- gli chiedo sarcastica alzandomi - Sei fastidioso come una mosca!
- Beh nemmeno tu mi sei molto simpatica.
Gli faccio la linguaccia prima di andarmene verso lo spogliatoio, la porta chiusa attutisce i suoni ma sento le palle che rimbalzano, i salti e i fischi che la gomma delle scarpe da ginnastica fanno contro il linoleum della palestra.
Entro nello spogliatoio, le mie compagne si sono già spogliate e sono sotto la doccia, il vapore caldo esce dalla porta semiaperta, mi spoglio velocemente, afferro il telo giallo e me lo lego attorno ai seni entrando nei bagni.
- Kunzite é veramente un ottimo giocatore. - fa Yumi mentre si massaggia i lunghi capelli mori con il balsamo alle erbe.
- Io lo trovo così sexy.
Le altre escono ridacchiando mentre ripensano ai pantaloncini attillati di Kunzite che gli mettevano in evidenza il suo sedere.
Io resto perplessa sotto la doccia. Faccio molta fatica a trovare Kunzite vagamente interessante come ragazzo, é arrogante e molto pieno di se, caratteristiche che rendono insignificanti anche l'uomo più bello del mondo. Il che é strano detto da una che trova attraenti anche i sassi.
Esco dalla doccia e mi riavvolgo nel morbido panno di spugna, le altre sono del tutto pronte, mi salutano con un caloroso sorriso ed escono.
In fin dei conti non sono vere e proprie amiche, sono solo compagne di gioco, ragazze con passo due ore del pomeriggio il Martedì e il Giovedì. Le mie vere amiche sono altre e mi bastano. Anzi Usagi, a volte, fa per tre.
Mi metto la borsa viola che uso per pallavolo in spalla e mi dirigo all'uscita, salgo gli scalini che portano alle gradinate degli spettatori e all'ingresso, lancio velocemente un'occhiata ai ragazzi che si stanno allenando. Sono quindici in totale, uno più bravo dell'altro, tutti universitari e la maggior parte compagni di corso di Kunzite alla facoltà di Lettere e Filosofia Straniere. Incredibile come un ragazzo antipatico come lui possa trovare interessante la letteratura e la poesia. Stanno facendo una partita amichevole, vedere una squadra maschile di pallavolo é decisamente diverso che vederne una femminile, sono tutti molto concentrati sulla partita, quando segnano non esultano come noi ma si danno solo una pacca sulla spalla.
Roba da maschi...
Kunzite sta per effettuare il servizio, effettivamente non é un brutto ragazzo.
Minako? Ma cosa vai a pensare? Tu hai già un ragazzo!
E' vero, anzi a dire il vero non é proprio il mio ragazzo ma spero che presto lo diventi.
- Ehi mocciosa!- urla Kunzite dal campo - Hai deciso di vedere come si gioca veramente a pallavolo?
Mi desto dal mi sogno rosa e zuccheroso e mi volto verso di lui, mi sta fissando da bordo campo, ansima appena con il viso rosso e sudato.
- Allora?- mi incita vedendo che non dico nulla.
- No, - rispondo a tono - speravo che ti facessi male.
Detto questo esco dalla palestra con un sorrisino vittorioso.

***


Il Sabato é arrivato veloce questa settimana, presto vedrò Alan, il ragazzo con cui esco da quasi un mese. Mi piace molto, é sveglio, molto dolce, forse troppo serio per una ragazza come me ma é appunto la sua maturità e la sua compostezza che mi hanno attratto la prima volta. Senza contare che ha un fisico niente male.
Mi guardo allo specchio quella ventina di volte che mi servono per decidere cosa indossare, mi trucco appena per non sembrare una di quelle ragazze che non esce di casa se non ha un dito di fondo tinta in faccia e mi reco al parco dove Alan mi aspetta sotto il gazebo delle rose. E’ il posto dove ci siamo scambiati il primo romanticissimo bacio, sono certa che vorrà chiedermi di esser la sua ragazza.
Esco, come al solito, in ritardo da casa e mi metto a correre, svolto l'angolo e per poco non vado a sbattere contro Makoto.
- Ehi che fretta!- ridacchia lei.
- Tu che ci fai qui?- le domando curiosa come al solito. A volte dovrei mordermi la lingua – Casa tua é dall’altra parte della città!
Diventa rossa e inizia a guardarsi attorno.
- Beh ecco... io...
Sorrido sorniona, ora noto anche un piccolo segno azzurro sul lobo del suo orecchio.
- Ah! - rido pulendo via la vernice fresca - Sei stata da Nephrite... effettivamente abita qui vicino.
- Stava dipingendo quando sono arrivata...- afferma diventando rossa come un peperone - non si stacca da quella tela da due giorni... e ha il frigo vuoto. Sto andando a fare un po' di spesa.
- Che brava mogliettina che sei. – la prendo in giro scompigliandole i capelli castani.
- Smettila...- sorride imbarazzata - tu invece? Pomeriggio romantico?
- Oooh lo spero proprio! - guardo l'orologio e strabuzzo gli occhi - Sono in ritardo.
- Salutami Alan!- mi urla alle spalle.
- Senz'altro! - le rispondo correndo un poco all'indietro.
Makoto é fortunata, a dire il vero tutte le mie amiche sono fortunate, solo Usagi é rimasta senza fidanzato ma sembra che la cosa non le interessi. Tutte abbiamo trovato un bravo ragazzo che ci ama e che farebbe tutto per noi.
Non vedo l'ora di vedere Alan.
Arrivo trafelata ed ansimante al gazebo, Alan é elegantemente appoggiato alla colonna bianca che mette ancora più in risalto i suoi capelli pel di carota, sul viso da bambino innocente ha qualche lentiggine, due occhi verdi che attirano subito l’attenzione in contrasto con i capelli rosso fuoco.
E’ splendido ... ed é tutto mio.
- Scusa... per... il... ritardo... - ansimo avvicinandomi a lui per dargli un lieve bacio a fior di labbra.
Sposta il viso di lato così il mio bacio arriva sulla sua guancia.
Non é un bel segno.
Un sopracciglio si alza mentre lui si allontana un passo.
- Alan. – dico calma, molto più calma di quello che sono in realtà – Cosa c’é?
- Dobbiamo parlare. – dice serio, troppo serio per i miei gusti.
- Ti ascolto. – gli dico appoggiandomi alla ringhiera di legno bianco.
- Ho riflettuto a lungo in questa settimana Minako... credo che noi non dobbiamo più uscire assieme.
Sgrano gli occhi un attimo parando il colpo appena subito, dovevo immaginarlo, dovevo prevederlo, invece ero così presa che avevo già fantasticato su una possibile cena con le mie amiche e i loro fidanzati.
Ora so fin troppo bene quello che mi dirà, conosco la procedura.
Per prima cosa dirà che non siamo fatti l’uno per l’altra.
- Non siamo fatti l’uno per l’altra Minako.
Poi che io sono troppo esuberante e che lui mi tapperebbe solo le ali.
- Sei una creatura libera, con me soffocheresti e basta.
Dirà che non mi merita.
- Io non merito un angelo come te.
Che ha bisogno di stare solo per riflettere.
- Ho bisogno di tempo per capire me stesso.
E concluderà con la frase che più odio al mondo.
- Possiamo restare amici.
Vorrei gridare, vorrei piangere, vorrei solo tornare indietro nel tempo e far in modo che questo non accada. Il mio cuore piange, si è appena rotto in mille pezzi, grida vendetta, grida di prenderlo a calci e frantumargli uno stinco.
Invece sorrido, faccio finta di nulla come sempre, tutto va alla grande, anche se la mia vita va a rotoli.
- Ti capisco Alan.
Invece no, non lo capisco affatto.
- Forse hai ragione. Non siamo fatti per stare assieme.
Invece siamo perfetti.
- Tu sei calmo e pacato e io sono impulsiva ed esuberante.
Ci completiamo idiota... perché non te ne accorgi?
- Forse é meglio se restiamo solo amici.
Non voglio vederti neppure in fotografia.
Lo sento sospirare rilassato, io, invece, sono tesa come la corda di un violino.
- Credevo che non avresti capito. – mi dice con un sorriso fiducioso.
Sorrido anch’io, bugiarda perfino con me stessa.
- Ora devo andare Minako... scusami...- si volta e corre via lasciandomi sola in questo posto che ha visto l’inizio e la fine di questa breve storia.
Forse è meglio così... allora perché mi sento tanto male?
Sono stata scaricata di nuovo, é il terzo che scappa in due mesi. Cos’ho di tanto strano? Perché faccio così paura? Forse mi ritengono stupida, superficiale, troppo impulsiva. Non lo so... so solo che scappano tutti dopo qualche settimana. Mi siedo su un’altalena e mi dondolo un poco pensando a quando sono stata stupida, credevo sul serio di aver trovato la persona giusta, un ragazzo d’amare. In fondo cerco solo un po’ d’amore, un po’ attenzioni: é chiedere troppo?
Non lo so, so solo che non posso esser come le altre.
Chiudo gli occhi impedendo alle lacrime di scendere, ho ancora una dignità, un mio orgoglio e non permetterò ad un cretino dai capelli rossi di pestare la mia dignità solo perché non gli ho permesso di mettermi le mani addosso. Un sospiro mi scappa dalle labbra, ora dovrò recitare la parte della ragazza che sa vivere anche senza un ragazzo, la ragazza allegra che non soffre se viene lasciata senza una valida scusa. Dovrò esser allegra, vitale e quando mi chiederanno se sto bene, dovrò rispondere con un sorriso e una battuta di spirito.
Non so se questa volta se la posso fare.
Ma non sono brava a parlare dei miei problemi amorosi, do buoni consigli ma non riesco mai a metterli in pratica come dovrei.
Per questo spesso risulto superficiale.
Ma non lo sono, in realtà soffro dentro, per conto mio, il mio dolore é solo mio... mio e di nessun altro.
Mi alzo dall’altalena e mi avvio verso casa, voglio buttarmi sul letto e piangere sola, nella mia stanza, dove il mio dolore non é esposto ad occhi indiscreti.
Entro nella mia stanza e sospiro poggiando la schiena alla porta bianca.
Sono così depressa...
Artemis mi si avvicina miagolando, vede che ho l’aria di una che é stata appena mollata e si struscia sulle mie caviglie, un tenero tentativo di consolarmi.
- Quanto vorrei che tu sapessi parlare Artemis. – sospiro prendendolo in braccio.
Miagola facendo delle forti fusa, già mi sento un po’ meglio.
- Grazie. – mormoro baciandolo sulla testolina bianca – Va un po’ meglio. Alan é un’idiota.
Miagola di nuovo come se volesse darmi ragione, lo riposo a terra e prendo la mia borsa viola.
- C’é solo un posto che può tirarmi su di morale.

***

Arrivo alla palestra quasi di corsa, ho voglia di sfogarmi e sono una buona dose di schiacciate al muro può aiutarmi a dimenticare e smaltire la rabbia che ho in corpo.
Purtroppo per me qualcuno ha avuto la mia stessa idea, la palestra é aperta il sabato pomeriggio ma non ci viene mai nessuno, questa volta le luci sono accese e si sente chiaramente qualcuno che sta usando un pallone. Entro quasi timidamente, non voglio disturbare durante un allenamento ma, dal rumore che sento, c’é solo una persona in palestra.
Probabilmente qualcuno come me.
Mi avvicino e spalanco la bocca sorpresa.
E’ Kunzite.
Si sta allenando da solo, fa una serie di schiacciate alla rete, dietro di lui il cesto con tutti i palloni é quasi vuoto, mentre gli altri sono nell’altra metà del campo. Da quanto é sudato deduco che sia qui da almeno due ore.
La porta sbatte alle mie spalle, lui si ferma e alza lo sguardo.
- Ehi poppante,- la sua voce echeggia in tutta la palestra – che ci fai qui?
- Potrei chiederti la stessa cosa vecchio. – rispondo a tono stringendo le mani a pugno. Non ho voglia di litigare anche con lui oggi.
- Vieni giù! – mi invita con un ampio gesto della mano.
Riluttante ma agguerrita scendo, lui si avvicina con una palla sotto braccio.
- Come mai qui a quest’ora? – domanda di nuovo con un lieve sorriso che non riesco a capire se é denigratorio o sincero – Solitamente il Sabato non lo dedichi al ragazzo?
- Non sono affari tuoi!- ribatto infastidita, lui non ha nessun diritto di investigare sugli affari miei.
- Sei più acida del solito,- dice mettendo il pallone nel cesto ed andando a raccattare gli altri – deve esser stato un pomeriggio d’inferno.
- Tu che ci fai qui?- gli chiedo sorvolando sull’ultima frecciatina.
- Ho avuto una settimana piena di esami, avevo della tensione da scaricare.
- Da quanto sei qui?
- Che ore sono?
- Le cinque.
- Due ore più o meno.
- Wow...- mormoro visibilmente colpita – la tua vita sociale deve proprio fare schifo se passi il Sabato pomeriggio qui dentro a fare schiacciate a rete.
Strabuzza gli occhi un attimo di fronte all’ennesima battuta acida, credeva sul serio che fossi impressionata dal suo patetico allenamento?
- Vatti a cambiare. – mi ordina in malo modo.
- Come scusa?
- Se sei qui per allenarti vatti a cambiare. Ti alzo qualche palla così mi alleno con i palleggi.
- Ma tu...
- Ti ho detto che sono qui da due ore, non che il mio allenamento é finito. Ti vai a cambiare o no?
Obbedisco ma non capisco se il suo tono era scocciato, arrabbiato o solo stanco. Mi cambio e torno in palestra, Kunzite sta seduto su una panchina di legno a bordo campo, beve dalla bottiglia d’acqua mentre legge un libricino nero.
- Non avevi detto di aver finito gli esami?
- So che può risultarti strano – sbuffa chiudendo il libro di scatto – ma a certa gente piace leggere qualcosa di diverso dai manga.
Arrossisco appena, il suo sguardo é così penetrante che mi sento quasi nuda davanti a lui. Devo fare uno sforzo immenso per non cercare di coprirmi.
- Pronta?
Mi sistemo i capelli legandoli con il nastro rosso che ho sempre in borsa.
- Pronta.
Iniziamo con una serie di passaggi, devo dire che mi sento meglio, ogni volta che colpisco forte la palla é come se stessi dando un pugno sulla faccia di Alan. La mia rabbia sta diminuendo, l’unica cosa sarà il mio orgoglio che ci metterà un po’ a guarire del tutto.
Passiamo alle schiacciate a rete, Kunzite fa l’alzatore e io l’attaccante. Dopo un paio di passaggi veloci si ferma.
- Devi farle più tese, la traiettoria é troppo prevedibile, i difensori te le pareranno tutte.
- Quando vorrò un tuo parere Kunzite te lo chiederò. Ora limitati ad alzare.
- Volevo solo darti una mano.
- Guarda che sono molto più brava di te!
Alza un sopracciglio scettico e ghigna.
- Tu credi?
Mi sto mettendo nei guai... mi sto mettendo nei guai... mi sto mettendo nei guai...
- Scommettiamo?
Ecco... mi sono appena messa nei guai.
- Va bene,- fa lui con un sorriso sornione – una partita. La tua squadra contro la mia. Se tu vinci ti prometto che cercherò una palestra altrove dove fare gli allenamenti.
- E se vinci tu? – gli chiedo diffidente.
- Se vinco io, tu dovrai venire a tutte le nostre partite fino alla fine del campionato, dovrai fare il tifo per noi vestita da ragazza pon-pon.
Spalanco al bocca sorpresa... questo é meschino! Per un attimo mi vedo in minigonna bianca, top verde e pon-pon alla mano mentre sillabo il nome di Kunzite. Rabbrividisco solo al pensiero. Ma, dall’altra parte, la possibilità di non vederlo più mi alletta troppo.
- Accetto! – dico di slancio allungando la mano per suggellare il patto.
- Bene. – ridacchia stringendomi la mano – Facciamo il primo Sabato di Dicembre?
- Perfetto.
- Ora devo andare. – fa mentre prende le sue cose da bordo campo – Non vedo l’ora di vederti agitare i pon-pon.
- Non canterei vittoria così in fretta Kunzite!- gli urlo dietro le spalle – Ride bene chi ride primo!
La porta si chiude dietro di lui ma sento chiaramente che ride più forte.
Forse ho sbagliato proverbio...
   
 
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