Serie TV > The Mentalist
Segui la storia  |       
Autore: FabyWinchester94    27/06/2012    4 recensioni
Si posizionarono davanti a loro e con aria soddisfatta e un leggero sorriso sul volto, Lisbon, presentò la rossa ai suoi colleghi, «Buongiorno ragazzi, vi presento il nuovo agente del CBI, Hope Baker. E' laureata in psicologia criminale ed esperta in ingegneria sociale e programmazione neuro linguistica.» Fece una pausa e si guardò in giro, poi posò gli occhi su Cho, «Dov'è Jane?» Chiese imbarazzata. Cho non ebbe neanche il tempo di rispondere perchè fu interrotto da una voce alle spalle di Lisbon. «Salve! Sono qui dietro.» Teresa e Hope si girarono e si trovarono davanti Jane, che sorrideva sornione. «Eri tanto concentrata nelle presentazioni che non ho voluto disturbare...» Jane squadrò la donna affianco al suo superiore e allungò la mano destra. «Piacere, Patrick Jane!» La ragazza sorrise e intimidita rispose alla sua presentazione. «Piacere mio Patrick.» [...]
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Something in common.-




Era il 2 gennaio, e tornare a lavoro, non era mai stato così difficile. Patrick e Hope avevano passato la maggior parte del tempo insieme, a casa di lei a parlare. Hope le aveva raccontato l'intera storia del suo sequestro, descritto ogni particolare, e Patrick l'aveva consolata. Finalmente, dopo 10 anni, Hope era riuscita a buttar fuori tutto ciò che la turbava, che le dannava l'anima.

Quella mattina si erano svegliati nel letto di Hope, le vacanze erano terminate, e quel giorno la sveglia suonò presto. Faith era già andata a lavoro da un'oretta, la rossa diede un bacio sulla guancia al suo compagno, e si diresse verso il bagno per lavarsi. Patrick si rigirò nel letto, per poi alzarsi 5 minuti dopo. Andò in cucina a preparare il tè e il caffè per iniziare la giornata. Mentre il tè era sul fuoco, si andò a vestire. Hope, nel frattempo si era spostata in camera,

«Ehi, ripassiamo il piano?!?»

«Piano? Abbiamo un piano?»

«Patrick!!!!» Esclamò la rossa affacciandosi sulla porta del bagno, dove il mentalista era intento a lavarsi.

Lo sorprese mentre cercava di trattenersi dal ridere, «Stavo scherzando!» Si spiegò avanzando verso la ragazza. Avvicinò la sua mano destra al viso della giovane e le fece una leggera carezza, poi, di scatto, tolse la mano e si rigirò verso lo specchio.

«Noi, siamo semplici colleghi...» Sussurrò, mentre un rivolse un leggero sorriso verso lo specchio.

Hope a sua volta sorrise, Patrick riusciva sempre a sorprenderla. In meno di mezzora, i due furono pronti. Scesero, e si fermarono davanti al portone.

«Ognuno con la propria auto, giusto?» Chiese Patrick già sicuro della risposta.

Hope si limitò ad annuire, avvicinandosi al mentalista e posando le labbra carnose sulle sue. Patrick la strinse a sé, tenendo le labbra premute su quelle di Hope.

«Ehi, ehi... Dobbiamo andare... Faremo tardi...» Sussurrò la ragazza, cercando di liberarsi dalla dolce morsa. Jane le diede un ultimo bacio sulla fronte, e le fece segno di allontanarsi.

Salirono ognuno nella propria auto, e partirono. Dopo 15 minuti, Hope arrivò al CBI, scese dall'auto, prese la sua borsa ed entrò nell'edificio. In pochi minuti raggiunse il suo piano, uscì dall'ascensore e si diresse verso l'ufficio del suo capo. Bussò e poi lentamente aprì la porta. Lisbon era intenta nel compilare scartoffie, appena alzò gli occhi e si accorse di non essere sola nella stanza, fece una smorfia che era una via di mezzo tra un volto sorridente ed un volto sorpreso.

«Disturbo?» Chiese Hope ancora davanti alla porta.

«Oh no no!! Stavo solo finendo di compilare queste cartacce!» Esclamò Teresa facendole segno di sedersi e chiudendo il fascicolo davanti a se.

«Sono passata per farti gli auguri per il nuovo anno, e per assicurarmi che tu abbia passato un buon natale... Sai, nel caso contrario non vorrei che tu sfogassi la tua rabbia su di noi...» Sussurrò quest'ultima frase con un pizzico di sarcasmo e sorrise.

«Eheh... Solo per quello, allora... Comunque, per vostra fortuna ho passato delle buone vacanze, sono andata a trovare i miei fratelli!!» Si spiegò avvicinando la schiena allo schienale, per poi continuare,

«E tu? Cos'hai fatto di bello?»

Hope si bloccò, fissò per qualche secondo un punto non definito alle spalle del capo – tanto che Teresa si girò a controllare cosa stesse guardando, per poi tornare con gli occhi sulla rossa – ripensò ai giorni passati con Patrick, e a tutta la felicità che ora, le scorreva nelle vene.

«Io? Nulla di speciale... Ho passato il natale con mia sorella...» Sussurrò con gli occhi colmi di felicità. Poi, prima che il capo intuisse qualcosa, si alzò dalla sedia e continuò.

«Vuoi un caffè?»

«L'ho già bevuto poco fa, ma grazie lo stesso, agente Baker!»

«Va bene, io ne ho proprio bisogno, o rischio di addormentarmi sulla scrivania!» Esclamò avviandosi verso la porta, l'aprì, si girò e con un cenno di mano salutò Teresa ed uscì chiudendola alle spalle. Si avviò verso la cucina e preparò una tazza di caffè. Quando fu pronto, prese la tazza e si appoggiò al muretto, fissando le scrivanie; Erano ancora tutte vuote, poi posò lo sguardo sul divano di Patrick e notò che neanche lui era ancora arrivato, nonostante fossero partiti da casa nello stesso momento. Appena ebbe finito di sorseggiare il suo caffè, si avviò verso la sua scrivania, dove aveva appoggiato la sua borsa, frugò al suo interno e prese il cellulare. Non erano arrivati né messaggi, né chiamate, compose il numero del mentalista e proprio mentre stava per premere il pulsante di chiamata, sentì un rumore alle sue spalle.

Si girò, e si trovò davanti l'altra rossa del CBI, Grace Van Pelt.

«Eccoti qua!! Si può sapere dov'eri finita in questi giorni?» Chiese Grace posandosi le mani sui fianchi.

«Sono stata impegnata, e non ho usato molto il cellulare... E tu piuttosto? Tutto bene?» Ribatté Hope sedendosi alla scrivania.

«Tutto molto bene grazie!! Hai risolto con Faith?»

Hope alzò gli occhi verso la compagna ed annuì, mostrando un leggero sorriso. Poi, entrambe si girarono,

«Buongiorno ragazze!» Esclamò Rigsby posizionandosi alla sua scrivania. Era seguito da Cho, che salutò le due e si sedette anche lui.

Hope si guardò in giro, ancora nessuna traccia di Jane, prese il cellulare e si avviò verso l'ascensore, appena fu arrivata davanti ad esso, si aprì e ne uscì il mentalista.

Le sorrise e la invitò ad entrare nell'ascensore. Quando le porte si chiusero, Patrick posò per terra una busta, e accerchiò con le braccia la vita della rossa. Lei sorrise e non riuscì a trattenere il rossore che le si espandeva sulle guance. In seguito Jane avvicinò le labbra a quelle di Hope e la baciò.

«Ehi... Non possiamo...» Sussurrò la rossa cercando si staccarsi dal mentalista.

«Si... Possiamo...» Ribatté Patrick accarezzandole lo zigomo destro con l'indice.

Si baciarono per qualche secondo, ma vennero interrotti dal suono dell'ascensore che avvisava l'arrivo al piano desiderato. In fretta si staccarono dall'abbraccio, e si girarono verso le porte, che si aprirono. Patrick prese la busta, ed uscirono. Hope si diresse verso Grace, mentre il consulente posò la busta sulla scrivania,

«Buongiorno! Vi ho portato dei croissant...» Disse indicando la busta sulla scrivania.

Il primo ad alzarsi fu Rigsby, che si piombò prendendo per primo una delle delizie contenute dalla busta.

«Chiamo il capo? Non vorrei che Wayne li finisse tutti!» Scherzò Grace.

«Oh si, si... Chiama la brontolona, o mi licenzia!» Rispose Jane.

Dopo qualche minuto Grace tornò con Lisbon.

«Volevate festeggiare senza me?» Chiese il capo fingendo un broncio.

«A proposito, cosa si festeggia?»

«Oh Grace, non c'è nulla da festeggiare, è solo il mio modo per farvi capire che mi siete mancati!» Esclamò ammiccando.

«Certo, non hai dormito sul tuo divano per un bel po' di giorni! Hope, non mangi?» Chiese Lisbon.

«Oh no no, ho già fatto colazione...»

«Ma no, non puoi rifiutare un mio regalo!» Disse sorridendo Jane.

«Va bene, mi sacrificherò!» Tirò una leggera gomitata sul braccio del mentalista.

«Bene ragazzi, io torno nel mio ufficio!» Esclamò il capo prima di avviarsi all'ufficio.

«Giornata tranquilla oggi?» Chiese Hope guardando Grace.

«Per adesso!»

«Bene, penso farò un riposino...»Sussurrò Patrick dirigendosi verso il divano di pelle marrone.

Mentre Hope si sedette alla scrivania ed iniziò a compilare dei verbali, il telefono del CBI squillò. Lisbon uscì dall'ufficio e si diresse verso Jane, disgustata.

«Jane...» Sussurrò tirando una ginocchiata al divano, e appena il mentalista aprì gli occhi, continuò porgendogli il telefono, «E' per te...».

«Per me?!» Chiese sorpreso.

Lisbon annuì.

«Pronto?» Disse mettendosi seduto. «Oh... Erica...» Continuò alzandosi e dirigendosi verso la cucina.

«Erica...» Sussurrò Rigsby guardando Cho, che a sua volta scuoteva la testa.

«Erica...?» Ripeté Hope, barcollando sulla sedia per cercare di intravedere Patrick.

«Erica Flynn… La vedova sociopatica che ha ucciso il marito e che Jane ha aiutato a scappare» Disse tutto d’un fiato fissando Hope.

«E perché vuole parlare con lui?» Chiese la rossa cercando di non sembrare troppo interessata.

«Tra i due c’è attrazione… E’ una donna molto affascinante…» Sussurrò Rigsby.

«Wayne!!!» Esclamò Grace.

«Oh beh… Finalmente ha trovato qualcuno simile a lui… Tra sociopatici, ci s’intende…» Disse Hope facendo spallucce, e tornando a fissare i fascicoli.

Era riuscita ad ingannare i suoi colleghi, ma dentro, la gelosia si era impossessata di ogni suo neurone, tutto ciò a cui riusciva a pensare, era il suo Patrick con “una donna molto affascinante”, così l’aveva definita Rigsby.

Jane tornò dalla cucina, posò il telefono sulla scrivania di Cho,

«Grazie… Io devo andare… Non starò via molto…» Spiegò prendendo la giacca e dirigendosi verso l’ascensore. Hope era infastidita, neanche un saluto? Okay, avevano deciso di comportarsi come semplici colleghi, ma non degnarla nemmeno di uno sguardo, prima di andare a trovare una sociopatica affascinante… Questo era troppo!

«Patrick!!» Esclamò Lisbon seguendolo.

Tutti e 4 gli agenti, fingevano di svolgere il loro lavoro, mentre con le orecchie seguivano attentamente le parole del capo.

«Lisbon, vado di fretta!»

«Di fretta? Jane! Erica è una ricercata!! Non vorrai aiutarla di nuovo a scappare!!»

«So cosa faccio, tranquilla, se tutto va bene, riuscirò a riportarla qui in meno di 3 ore!!» Si girò verso l’ascensore e premette il pulsante.

«Ma… Ma non sarebbe più facile se venisse con te uno di noi?»

«Credi davvero che lei sia così ingenua?»

«No… Ma…»

«Tranquilla, sarò qui in tempo per aiutarvi a risolvere il prossimo caso!» Esclamò entrando nell’ascensore.

«Caso? Non abbiamo ancora nessun caso!!» Disse Lisbon incrociando le braccia.

«Il telefono Teresa, sta squillando!» Ammiccò indicando l’ufficio del capo.

Lisbon non fece in tempo a dire qualcosa, che le porte dell’ascensore si attivarono, nascondendo il furbo sorriso del mentalista.

Teresa andò a rispondere al telefono e poi tornò nella sala comune a comunicare la notizia al suo team.

«Ragazzi, nuovo caso… Un uomo trovato morto in un vicolo, sembrerebbe morto per asfissia, ma ancora nulla di certo… Cho, Baker, venite con me, Rigsby, Van Pelt, rimanete qui fino a nuovi ordini…»

«Okay…» Sussurrò la rossa, mentre Hope e Cho prendevano rispettivamente la borsa e la giacca per poi seguire il loro superiore.

Scesero e salirono nel SUV nero, Lisbon si mise alla guida e in 20 minuti furono arrivati sul luogo del delitto. Andarono spediti verso il corpo, ch’era coperto da un telo bianco. Lisbon si avvicinò al medico legale, mentre Hope scoprì la vittima, s’inginocchiò ed iniziò ad osservarla.

«Uomo sui 30-35 anni, messicano… Dalle borse sotto gli occhi si deduce che stava lottando con la depressione… Mani rovinate e consumate, probabilmente era un carpentiere… Dato la quantità eccessiva di polvere sui vestiti… Osservando le contusioni, e il ventre teso, è morto sicuramente per qualche emorragia interna, il corpo è qui da… Direi più o meno 8 ore… Ma non credo sia morto qui…» Spiegò alzandosi.

Lisbon si avvicinò ai due agenti,

«Si chiamava Carlos Garcia, 34 anni, lavorava con una ditta di muratori… Il medico legale ha analizzato il corpo, sembrerebbe che sia morto da dieci ore… Emorragia interna…»

«Secondo Hope l’uomo non è stato ucciso qui…» Sussurrò Cho.

«Dici? Da cosa l’hai dedotto?»

«Guarda il corpo… E’ steso con gambe perfettamente parallele, braccia leggermente allargate… Io direi ch’è stato trascinato qui, e scommetto che sulle scarpe ci sono delle impronte!»

«Mmm… Cho metti le scarpe in un sacchetto, le faremo analizzare.» Ordinò Lisbon prima di estrarre il cellulare,

«Van Pelt, Carlos Garcia, cerca se aveva moglie e figli… Fra pochi minuti saremo lì!»

«Torniamo in centrale, capo?» Chiese Kimball.

«Sì, voglio che Hope, Grace e Wayne, vadano ad interrogare i familiari, mentre tu e io, andremo dal datore di lavoro.»

«E’ stato torturato…» La interruppe la rossa.

«Torturato?»

«Si… Sui polsi e sulle caviglie… Ci sono dei lividi, sicuramente dovuti a qualche corda, è stato legato… Mani e piedi… E poi, i segni di bruciature da sigaretta…»

«Si, hai ragione… Riferisco al medico legale e andiamo in centrale!» Disse allontanandosi Lisbon.

«Tutto bene?» Chiese con un pizzico di preoccupazione Cho.

Hope annuì abbozzando un sorriso.

Il capo tornò e tutti e tre avanzarono verso il SUV. In auto, Hope prese il cellulare, ma non trovò nessuna chiamata.

«Cavolo, spero che Jane non abbia combinato una delle sue stupidate…» Sussurrò Teresa sbattendo le braccia sul volante. Hope cercò di non guardare il suo superiore e rivolse il suo sguardo fuori dal vetro del finestrino e così rimase fino all’arrivo al CBI.

Una volta saliti sino al loro piano, Lisbon andrò direttamente da Grace,

«Trovato qualcosa?»

«Si, Carlos Garcia ha una moglie e 3 figli…» Disse abbassando gli occhi sulle mani.

«Ah… Bene, cambio di programma, Rigsby viene con me e Cho… Andrete solo tu e Hope dalla moglie… Ci vediamo più tardi allora! Se avete notizie da Jane, non esitate ad avvisarmi!!»

«Sì Signora!» Esclamò Grace avvicinando la mano alla fronte.

Lisbon si bloccò davanti alla rossa e la squadrò, poi si rivolse ad Hope, «Baker, tieni d’occhio Van Pelt, credo non stia molto bene!»

«Certo!» Esclamò trattenendosi dal ridere.

«Bene, vado! A più tardi…»

Le due la videro allontanarsi e poi entrare nell’ascensore.

«Tu non me la conti giusta!» Ammiccò Hope guardando Grace.

«Io? A me sembra che tu non stia bene, non io!! » Si difese Van Pelt.

«Io sto bene…» Sussurrò andando verso la scrivania per prendere una penna.

«Na, non credo, sei più taciturna del solito!»

«Grace!! Mi sto innervosendo… Copia l’indirizzo su questo foglio, e andiamo dalla vedova…»

«Oh va bene, va bene! Non arrabbiarti!» Agitò le mani in segno di resa e si avvicinò al computer per copiare l’indirizzo della vedova.

«Fatto?» Chiese Hope avvicinandosi.

Grace annuì e Hope continuò, «Ti va di guidare?»

«Certo…»

Baker s’infilò la giacca e scesero nel parcheggio sottostante al CBI. Entrarono in auto, e Van Pelt mise in moto l’auto. Dopo cinque minuti interruppe il silenzio,

«Hope, non voglio essere assillante, ma se hai bisogno, lo sai, io ci sono, non esitare a chiedere aiuto!»

«Grace, io prima d’entrare al CBI, non avevo amiche, non ho mai avuto molte amicizie… Tu sei la mi prima vera amica, se avessi davvero bisogno, saresti la prima a saperlo, tranquilla… E grazie mille!» Sorrise teneramente e appoggiò la mano sulla spalla dell’amica.

Grace ricambiò sorridendo, con lo sguardo sempre rivolto sulla strada.

«Bene, siamo arrivati! La casa è quella bianca con il recinto azzurro…»

Hope aprì la portella ed uscì, aspettò Van Pelt, e poi si avviarono verso il vialetto di pietra, quando furono davanti alla porta, bussarono, e dopo qualche minuto la porta si aprì, le due rosse abbassarono lo sguardo su un bimbo alto poco più di un metro, con occhi e capelli neri come la pece, qualche riccio gli cadeva sulla fronte, carnagione olivastra.

«Chi siete?» Chiese il piccolo inclinando la testa.

«C’è la mamma, piccolo? Siamo del CBI, avremmo bisogno di parlare con lei…» Spiegò Grace.

Il bambino senza dire nulla, si girò ed entrò in una stanza,

«Mamma mamma! Ci sono due signore alla porta!»

In pochi secondi la vedova raggiunse le due ragazze alla porta. Era una donna sui 30 anni, lunghi capelli neri, occhi verdi, alta poco meno di Hope.

«Salve, Signora Garcia?»

«Si… Voi chi siete?»

«Siamo agenti del CBI, vorremmo farle qualche domanda…» Spiegò Hope mostrando il distintivo.

«Oh certo… Entrate…»

Guidò i due agenti nel salone, «Accomodatevi…»

«Potrei dare un’occhiata in giro?»

«Si si… La nostra camera… E’ lungo il corridoio… » Disse allungando il braccio verso una porta alla sua sinistra.

«Grazie…» Hope si avviò verso il corridoio.

Dopo mezzora Baker tornò nel salone, dove Grace stava ringraziando la vedova, per poi salutarla ed uscire.

«Scoperto qualcosa?» Chiese Van Pelt.

«Un nome, e delle ricevute di versamenti… Tu?»

«Da due mesi il marito era rimasto senza lavoro e faceva qualche lavoretto con quella ditta… Nulla di interessante…»

«Torniamo in centrale…»

Dopo un paio di chilometri le due rosse tornarono in centrale, dove ad aspettarla c’era Lisbon,

«Allora, come aveva Hope, sulle scarpe c’erano delle impronte, le abbiamo fatte analizzare, e… Abbiamo un nome!»

«Benjamin Bradford…» Sussurrò Hope.

«Ehm… Sì… E tu come fai a saperlo?»

«La vittima aveva appuntato questo nome su di un foglio… Ed ho trovato anche delle ricevute di versamenti…» Disse estraendo dalla tasca il foglietto e le ricevute.

«Bene, Grace, controlla il destinatario dei versamenti, e trovami un indirizzo dove trovare il sospettato...»

«Certo capo!» Esclamò Van Pelt.

Hope si sedette alla scrivania ed appoggiò la testa allo schienale.

«Ecco l’indirizzo Lisbon!» Disse Grace porgendo il foglietto.

«Mando Cho e Rigsby…» Sussurrò prendendo il cellulare e allontanandosi.

«Sembra che abbiamo risolto un altro caso!»

«Grace, non cantar vittoria!!» Ammiccò Hope prima di alzarsi, e continuò, «Tè?»

«Caffè grazie, tu tè?» Chiese corrucciando le sopracciglia.

«Si, ho bisogno di tè…»

 

Passarono due ore, e finalmente Cho e Rigsby tornarono col sospettato in manette. Grace si avvicinò a Wayne, «Cosa ti è successo?!»

«Tu che dici?» Chiese scontroso asciugandosi una goccia di sangue che gli cadeva dal labbro.

«Ti ha… Tirato un pugno?»

Wayne si limitò ad allargare le braccia dirigendosi verso il bagno.

«Baker, vuoi interrogarlo tu?» Chiese Lisbon.

«Io? Certo!»

«Bene, è tutto tuo! E’ nella prima stanza!» Sorrise.

Hope si diresse verso la stanza dove c’era il sospettato ed entrò.

«Wow! In questa centrale siete tutte da portare a letto!» Esclamò l’uomo seduto dietro al tavolo, un uomo sui 40 anni, capelli rasati, con braccia ricoperte da tatuaggi, con indosso una t-shirt nera e Jeans.

«Oh si, tutte “noi” verremmo a letto con un assassino... » Sussurrò ironica la rossa tenendo gli occhi fissi sul uomo, poi continuò, «Comunque, sarò breve e diretta, ha ucciso lei Carlos Garcia?»

«Come si chiama? L'ho già vista da qualche parte...» Disse l'uomo posando le braccia sul tavolo e osservando Hope.

«Sono l'agente Baker... E qui sono io quella che fa le domande, la pregherei di rispondere senza tergiversare!»

«Mi piacciono le donne che comandano!» Ammiccò.

«E a me non piacciono gli uomini come lei... Adesso che forse ha capito che con me non ha speranze... Ha ucciso lei Garcia? Abbiamo trovato le sue impronte sulle scarpe di Carlos.»

«Si, l'ho ucciso io.»

«Tutto qui? In così poco tempo?»

«Ho confessato, posso andare?»

«No, perchè so che non è stato lei ad uccidere quell'uomo... E se ne potrà andare soltanto quando mi dirà chi è stato.» Spiegò Hope incrociando le braccia.

«L'ho ucciso io, come ha detto lei le mie impronte sono sulle scarpe... E' ovvio che sia stato io...»

«Crede davvero che io sia così stupida? Un uomo colpevole, non ammetterebbe mai la propria colpa così, in pochi secondi... Come l'ha ucciso? E soprattutto perchè?»

«Non ricordo, avevo bevuto...»

«Non ricorda? O cerca di nascondere qualcuno?» Chiese Hope accavallando le gambe.

«Sono colpevole puttana! Esclamò alzandosi e avvicinandosi alla ragazza. Cho entrò e lo bloccò.

«Certo, questo lo vedremo, si ricordi che la sua pena potrebbe essere la morte! Comunque, lei è in arresto per aggressione a pubblico ufficiale!» Disse chiudendo il block notes e alzandosi per uscire.

Quando fu davanti alla porta, l'uomo sussurrò, «Era meglio se ti chiudevo la bocca 10 anni fa...»

Hope si girò, lo vide sorridere, mentre Cho gli metteva le manette, poi uscì dalla stanza chiudendosi la porta con le persianette alle spalle. Quel sorriso, gli trasmetteva angoscia, non riusciva a capire cosa quell'uomo volesse dire. Andò verso la sua scrivania, e posò il block notes, si sentiva la schiena a pezzi, e la testa pesante, così si andò a sedere sul divano di Patrick. Era possibile che quell'uomo sapesse chi realmente era? Lei stessa cancellò l'ipotesi, in quanto, secondo lei, fosse impossibile, dato che a parte la sorella, nessuno sapesse la sua vera identità. Chiuse gli occhi e si massaggiò la fronte. Dopo qualche minuto, vide con gli occhi chiusi un'ombra davanti a se, li aprì e fu sorpresa nel vede Jane.

«Oh, chi si rivede...» Sussurrò sarcastica.

«Ti sono mancato?»

«No.»

«Tutto bene?»

«Si.»

«Ho appena portato qui Erica... Finalmente la potranno riportare in carcere...» Si spiegò indicando la donna che veniva accompagnata da un'agente.

«E' davvero affascinante la sociopatica...»

«Cosa?» Chiese stranito Jane.

«Niente.»

«Niente? Ho capito, sei gelosa!!» Esclamò sorridendo.

Hope guardò in giro per assicurarsi che nessuno avesse sentito.

«Patrick, non è il momento.»

«Non credevo fossi così g...»

Fu interrotto dal cellulare della rossa.

«Pronto?»

«Hope sono Lisbon, sono in obitorio... Devi... Assolutamente venire qui...» La voce di Lisbon era preoccupata, strana...

Hope deglutì, e sentì il sangue congelarsi. Cosa c'era di così importante da pretendere tanta immediatezza? La rossa s'impallidì e si alzò dal divano sotto gli occhi preoccupati di Patrick.

«Chi era? Cos'è successo?»

Hope non rispose neanche. Andrò dritta verso l'ascensore, Jane la seguì.

Scesero fino all'obitorio e ed aprirono la porta. Appena Teresa li vide, chiese al medico di lasciarli da soli. Lisbon era posizionata davanti ad un tavolo per le autopsie, su cui c'era il corpo di Carlos Garcia. Hope avanzò ed osservò il corpo.

«Lisbon, che succede?» Chiese preoccupato Jane.

«Niente, è meglio che tu salga, dobbiamo parlare di cose private...»

«Sa tutto...» Sussurrò Hope guardando il capo, poi tornò con lo sguardo sul corpo.

Fu allora che lo vide...

















Bene, finalmente sono tornata con il sesto capitolo... Inanzitutto, volevo scusarmi per la lunga pausa, ma ho dovuto studiare molto per non essere bocciata, e non avevo tempo per scrivere, poi, dopo che è finita la scuola, non riuscivo più a scrivere, blocco dello "scrittore" (?)... E volevo scusarmi anche per la mediocrità del capitolo, ma è stato difficile scrivere dopo 2 mesi di riposo... Questo è un capitolo di "passaggio" nel senso che non tratta nulla in particolare, nel capitolo successivo se ne vedranno delle belle! ;)
Grazie per le recensioni, siete meravigliosi!! E ringrazio anche tutti i lettori che si limitano a leggere! Gradirei molto se anche voi lasciaste una recensione, piccola, negativa, non fa nulla! Ma mi piacerebbe leggere i vostri pareri!!
Spero di riuscire a scrivere presto il prossimo capitolo!
Bacioni,
-Lux.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Mentalist / Vai alla pagina dell'autore: FabyWinchester94