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Autore: sean    13/01/2007    0 recensioni
Tratto da una storia vera.
Ascolti consigliati: New Born dei Muse
English Summer Rain dei Placebo
When Everything Collapse dei Waist of Noise
My Plug In Baby dei Muse
Bathory Aria dei Cradle of Filth
Surfacing & Wait and Bleed degli dei Slipknot
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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September 2002

Primi mesi di liceo, lo conobbe, erano forse in classe insieme, partirono tutti e due col metal e il mondo credette che essendo due strafighi girassero in coppia per fare meglio i puttanieri che loro volevano. Passavano insieme in pubblico ore per suonare, ore ad ascoltare musica, ore a provarci con tutte quelle che gli passavano di fianco, ore a fare i cretini, e uno dei due era dolce come il miele ma sveglio come Dio, e l'altro aveva gli occhi neri ed era bastardo come un verme e cretino come solo dio ne trova. Quello più dolce aveva i capelli castani e bellissimi occhi marroni, grandi, ondulati, come quelli di una donna, con le ciglia lunghe, e una bocca rossa disegnata, carnosa, un bambino di quelli migliori, insomma, tanto più candido e femminile quanto bestiale, ma con stile, era quell'altro. Erano innamorati. L'uno dell'altro, ovviamente. Quello castano era così dolce che avrebbe sciolto i cuori di pietra, come l'arpa fatta dalle costole di una sorella buttata in mare per il suo vero amore, e le cui corde ne erano i capelli. Ma il nero, era troppo stupido e troppo italiano per fare una cosa intelligente, come scegliere lui. Non c'era più posto in capo all'anno dopo per il suo amico nella sua vita, sostituito da una ragazza uguale a lui, anzi più brutta, e da una malforme band, da una joint culture a metà fra il grunge più schifoso e la violenza più fascistoide possibile per un preteso anarchico. Il piccolo, non si voleva arrendere al fatto di averlo perso, e continuava a cercarlo e a essere il più presente possibile nelle sue vagabondate per il circondario delle loro due compagnie. Il ragazzino accettava sempre meno il fatto di avere un corpo che al suo migliore amico, il suo migliore amico, quel ragazzo bellissimo cogli occhi neri e i capelli neri che sembrava un guerriero celtico scozzese uscito dalle più belle mitiche leggende, quello strafigo con la voce di un trentenne e a dir la verità un cervello uguale, quel miracolo respirante che l'accompagnava in giro in mezzo alla gente, che aveva scelto lui, lui, fra tutti gli altri, di proteggere lui, di seguire lui, potesse non piacere. Capitava che l'abbandonasse per andare a trovare qualche ragazza. E il bambino castano cominciò ad andare in bagno e a colorare di rosso la porcellana delle turche, e quando non c'era nessuno, forse, del lavandino. Forse usava i taglierini che c'erano in modellato per filare la carta, i coltellini per modellare il legno, e la creta, o le spatole affilate per il gesso o i pennini o i punteruoli per la stampa a incisione. O le chiavi, o le forbici, o dopo un po' gli aghi delle siringhe, che tagliano meglio. Pretestuosamente quell'altra parlava dei rispettivi amici, glielo lasciava in mano, e il bambino, più lui si allontanava, più sentiva il dolore crescere e più lo buttava fuori. Le sere che si ritrovavano tutti in compagnia lui non stava più col bambino, preferiva le ragazze peggiori a un'ora con lui, le passava in qualche camera da letto a scopare gente che non avrebbe mai più visto in vita sua. E il bambino peggiorava. Cominciò a fare le stesse cose dell'altro, nello stesso modo, stronzo, violento, sporco.
Com'è ovvio, per lui non funzionava uguale. Restava sempre e comunque pulito, qualunque cosa facesse, dal minacciare qualcuno di morte al violentare qualcun altro. Ma peggiorava. Non passarono l'anno. Il suo migliore amico ormai accettava a malapena di vederselo in classe. Non andavano più alle stesse feste, tantomeno insieme da qualche parte. La gita del suo secondo anno eran due giorni in Nord Italia, e l'unica notte fra quei due giorni, il suo amico la passò mezza con una che neanche si fece. E lui? Lui con qualcun'altra. Per fortuna. Ma niente toglie che nella doccia, intanto che il suo amico tornava si sia dissanguato accovacciato sulle piastrelle o nella vasca da bagno, distrutto, contro il muro, aspettando il bussare o il chiudersi forse silenzioso della porta per nascondere. Il flusso rosso che scorreva nello scarico insieme all'acqua che ne lavava il peccato appena commesso. E di peggio in peggio. Si spense. Forse ci aveva definitivamente provato quella sera lì, e il suo amico gli aveva proprio riso in faccia. E peggio, sempre peggio. L'estate, senza neanche vedersi senza scuse particolari. Per fortuna c'era una ragazzina che se la passava peggio di lui. E gli veniva dietro, come per dire. A sua detta, era narcisista. Infatti erano due gocce d'acqua, lui e lei. Fu l'anestetizzante per dimenticarselo. Fu la favola per farlo passare. Anni di dolore fuggivano terrorizzati in quel cuscino di petali di rosa che lei gli andava preparando, in silenzio, senza un parola, senza mai sfiorarsi, evitandosi agli occhi di tutti. Ma lui, lui, lui!! Quegli occhi neri, scuri, profondi, crudeli, lo facevano piangere dentro e più larghi erano i tagli e più scorreva il suo sangue, perché il suo amore, il suo amore, il suo ragazzo, il suo uomo, lo stava lasciando per sempre, e non sarebbe mai tornato indietro e anni e anni senza di lui a pregare solo dio di poter incontrare i suoi occhi ancora una volta. Impossibile.

Invece si accorse che colui che dava amore e senso a questa storia era lui, solo lui, e che quella sanguisuga appiccicata che non si voleva staccare era proprio il suo adorato amico, che a furia di fare lo stronzo si era dimenticato di quanto davvero lo amava.

  
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