Capitolo XXVII
Marsiglia
Un
mese dopo la loro precipitosa fuga da
Vienna, Lady Sarah e il Conte D’Harmòn giunsero finalmente a Marsiglia.
Avevano
dovuto affrontare un lungo viaggio, a volte anche pericoloso, con gli
sgherri
di Von Webb sempre alle calcagna.
Ora,
nel porto francese, speravano di trovare
un imbarco che li conducesse sani e salvi in Inghilterra dalla quale,
attraversando la Manica, sarebbero al fine arrivati in Francia e di lì
a Cluny.
Arrivarono
a Marsiglia una fredda mattina di
fine gennaio 1857. Era l’alba e la carrozza, noleggiata a Tolone,
correva sulla
strada principale. Di lì a poco avrebbero visto i primi docks del porto.
Al
momento sembrava che i fedelissimi del Conte
bavarese avessero desistito dai loro propositi, ma D’Harmòn non era
tranquillo,
non lo sarebbe stato fintantoché non avessero trovato un passaggio per
il Regno
Unito, mettendo così quanta più distanza possibile fra loro e Von Webb.
La
carrozza prese una buca e sussultò
violentemente facendo svegliare Lady Sarah che si era momentaneamente
assopita,
stanca per il viaggio.
Aprì
gli occhi e guardò Andrè.
“Mia
cara siamo quasi arrivati” le disse
dolcemente.
“Non
ci saranno molte navi alla fonda” osservò
lei. “In questo periodo dell’anno i traffici commerciali marittimi sono
praticamente
fermi per via dell’inverno e Marsiglia è...”
Lui
la tacitò con un bacio: “Dubiti sempre
della nostra buona stella?”
Milady
sorrise amorevole: “No, non ne dubito.”
“Allora
sii fiduciosa, amor mio, troveremo
senz’altro un passaggio che ci conduca oltre Manica” rispose
abbracciandola.
Lei
si accoccolò nell’incavo del suo abbraccio
e rimasero così fino a quando la carrozza, con uno stridio di ruote e
zoccoli
sul selciato umido e scivoloso, si fermò.
Lady
Sarah e Andrè furono quasi sbalzati in
avanti a causa della brusca frenata. Udirono il cocchiere cercare di
calmare i
cavalli innervositisi, ma subito dopo la voce dell’uomo venne tacitata
bruscamente da un’altra persona, che parlava con un marcato accento
tedesco.
Andrè
fece per aprire lo sportello della
vettura, ma Lady Sarah lo fermò: “Aspetta, potrebbero essere gli uomini
di Von
Webb.”
“Prima
o poi dovremo affrontarli e…” D’Harmòn
non terminò la frase che la portiera della carrozza venne spalancata
con
violenza, quasi svellendosi dal cardine che la incernierava al veicolo.
“Sapevo
che sareste arrivati qui a Marsiglia.
Siete così prevedibili. Era l’unica strada praticabile dopo che vi ho
sbarrato
tutte le altre vie” rise beffardo Von Webb.
“Voi!”
sibilò Lady Sarah con gli occhi
fiammeggianti d’ira.
“Milady”
le sorrise laido l’uomo, “lieto di
rivedere il vostro delizioso volto.”
Rivolse
poi la sua attenzione a D’Harmòn:
“Abbiamo un qualcosa in sospeso, voi ed io” lo provocò.
Il
francese annuì serio e determinato mentre la
mano correva immediatamente al calcio della pistola.
“Andrè…”
mormorò lei.
Lui
non si voltò, ma scese dalla carrozza.
Von
Webb si sporse nell’abitacolo: “Quando avrò
terminato con il vostro spasimante da quattro soldi, concluderò anche
con voi
Madame” e richiuse lo sportello abbaiando un ordine in tedesco a due
dei suoi
scagnozzi che prontamente si misero di piantone davanti alle uscite
della
vettura per impedire alla donna rinchiusa qualunque via di fuga.
I
due rivali si avviarono lungo la banchina
semideserta.
Il
pallido sole invernale cominciava appena a
rischiarare il nero del cielo notturno e la superficie tranquilla del
mare era
leggermente increspata.
Salvo
qualche marinaio ubriaco che usciva da
una delle bettole aperte lungo il dock
e due prostitute che rientravano dalla
nottata, in giro non c’era nessuno. Sarebbero dovute trascorrere alcune
ore
prima che gli empori aprissero e le contrattazioni cominciassero.
Von
Webb e D’Harmòn si fronteggiarono,
scambiandosi occhiate di fuoco.
“Ho
sempre pensato che foste un damerino da
strapazzo, voi francesi siete solo dei debosciati” rise ironico il
bavarese.
“E
io vi ho sempre ritenuto un traditore”
replicò caustico Andrè.
“Voi
non sapete nulla di me.”
“So
quanto basta. Avete attentato alla vita
dell’Imperatrice per motivi gretti e futili. Non meritate di…” la frase
del
Conte D’Harmòn si perse nell’eco di uno sparo che rimbombò a lungo
nelle
stradette deserte del porto. Il francese si accasciò a terra tenendosi
il
braccio con il quale impugnava la pistola che cadde al suolo con un
tonfo sordo.
“Chiacchiere,
voi francesi non sapete altro che
far chiacchiere inutili” lo sbeffeggiò Von Webb. “Vi manca lo spirito
pragmatico di noi tedeschi. Se foste stati come noi a quest’ora sul
trono di
Francia non siederebbe il nipote di un ufficiale corso di umili
origini.”
Si
avvicinò ad Andrè con la pistola in mano,
tenendolo sotto tiro.
L’altro
nel frattempo si era rialzato, ma non
poteva impugnare la propria arma a causa del braccio lievemente ferito.
Con un
calcio il bavarese buttò il revolver del suo antagonista in mare.
Ora
Andrè era in balia del suo nemico.
“Godrò
nell’uccidervi come un cane e godrò
ancor di più quando condurrò con me Milady per trattarla come una dama
suo pari
merita…” un’espressione viscida e lussuriosa compariva sul volto del
bavarese.
Il
Conte D’Harmòn non ci vide più dalla rabbia
e si scagliò sul nemico con tutta la forza che aveva in corpo.
Il
Conte bavarese perse l’equilibrio e la
pistola gli scivolò dalla mano e cadde sul selciato.
Lottarono
aggrappati l’uno all’altro, ciascuno
dei due con l’intenzione di togliere la vita al proprio rivale, sotto
lo
sguardo indifferente dei rarissimi passanti che li scambiavano per due
elegantoni ubriachi che litigavano per una questione di soldi.
Chiusa
nella carrozza Lady Sarah aveva udito lo
sparo e per un attimo il suo cuore aveva cessato di battere, ma poi
aveva
sentito la voce di Andrè e i battiti erano ripresi.
Doveva
uscire da lì al più presto, non
sopportava di starsene con le mani in mano. Guardò fuori dai finestrini
e vide
che i due scagnozzi di Von Webb erano ancora lì. Notò però che la
carrozza si
era fermata molto vicino, dal lato sinistro, ad un capannone sorretto
da
pesanti strutture in ferro, con un colpo ben assestato lo sportello si
sarebbe
spalancato colpendo una delle due guardie alle spalle. Il contraccolpo
l’avrebbe spedito dritto contro uno dei piloni in ferro, facendogli
perdere
conoscenza quel tanto che bastava per consentirle di occuparsi del suo
compare.
Si
sedette dal lato opposto della vettura con
la schiena ben puntata contro la parete destra dell’abitacolo e
raccolse le
gambe avvicinandole quanto più possibile al petto. Fece scattare gli
arti
inferiori come una molla usando la parte dove era appoggiata come un
puntello e
le mani come sostegni del peso del suo corpo.
Il
calcio così assestato spalancò lo sportello
che colpì in pieno la schiena dell’uomo, facendolo andare a sbattere
contro il
pilone poco distante, esattamente come aveva calcolato lei.
Il
tizio prese una brutta botta e cascò a terra
privo di sensi.
Il
compare, dall’altro lato della carrozza, udì
dei rumori e abbandonata la propria postazione, andò a vedere che
accadeva.
Non
appena fu a tiro venne raggiunto da un
sasso, scagliato da Lady Sarah, che lo ferì alla tempia facendolo
crollare a
terra svenuto anch’egli.
Così
liberatasi dalle guardie, Lady Sarah poté
raggiungere il luogo dove Von Webb e D’Harmòn si stavano affrontando.
Si
accorse subito che qualcosa non andava per
il verso giusto: D’Harmòn era in piedi, ma alle sue spalle stava il
bavarese
con un coltello puntato alla sua gola. La pistola del Conte giaceva a
pochi
passi da lei. Si chinò e la raccolse, ma il suo gesto non passò
inosservato.
“Ferma
lì, mia bella inglesina. Se tenete alla
vita di quest’uomo non fate un passo in più e posate a terra il mio
revolver”
l’intimò. E a riprova della serietà delle sue parole affondò la lama
del
pugnale nel collo di Andrè finchè una rossa goccia di sangue non
comparve.
“Corri
Sarah! Scappa!”
Milady
scosse la testa: “No” rispose risoluta
alzando l’arma e puntandola alla testa di Von Webb.
“Dovete
morire” ringhiò.
“Sbagliate
Madame, lui dovrà morire” rispose
ghignando il Conte affondando la lama.
In
quel mentre sbucò dal fondo della strada un
uomo che correva come se avesse il diavolo in persona alle calcagna.
Dietro di
lui due poliziotti lo inseguivano gridandogli di fermarsi ed arrendersi.
Von
Webb si distrasse e questo fu un errore
grave.
Approfittando
della distrazione del suo nemico,
Andrè con uno strattone si liberò dal braccio del bavarese che gli
stringeva la
spalla sinistra e gli afferrò il dietro della giacca costringendolo ad
una
specie di piroetta. Stringendo i denti per il dolore al braccio ferito
gli
bloccò il polso che stringeva il coltello e glielo torse.
Ma
Von Webb era un osso duro e non cedette,
piuttosto con la mano libera afferrò l’arto colpito del suo rivale e
fece
pressione sulla ferita che cominciò a sanguinare, obbligando D’Harmòn a
mollare
la presa.
Andrè
vide che Lady Sarah teneva sotto tiro il
Conte, ma che non sparava perché nella linea di fuoco c’era anche lui.
Sgambettò
l’avversario che perse l’equilibrio e
gridò: “ORA!”
Milady
colse l’attimo e fece fuoco.
Una
macchia rossa che assomigliava ad un fiore
scarlatto, si allargò sul petto dell’immacolata camicia di Von Webb che
abbassò
gli occhi su di essa e poi li rialzò con espressone incredula su
D’Harmòn.
Non
disse una parola, ma cadde pesantemente a
terra privo di vita.
Subito
Andrè si precipitò da Lady Sarah,
l’afferrò per la mano e corsero a perdifiato verso la carrozza.
Vi
montarono a precipizio mentre D’Harmòn
urlava al terrorizzato cocchiere di allontanarsi di corsa.
Lo
sportello della vettura non si era ancora
chiuso che l’uomo frustò i cavalli i quali, con un balzo, galopparono
via verso
il molo poco distante, mentre le urla di una donna, attirata fuori da
un locale
dallo sparo, si spargevano nell’aria limpida del primo mattino e
qualcuno già
gridava che un uomo era stato assassinato.