Trentasei
Riuscì a sistemarsi in tempo, sulla sedia vicina
al letto di Rangiku, dove si era appisolato, prima che Tsuki aprisse
l’uscio.
« Posso entrare? » chiese la ragazza, facendo
capolino con la testa da dietro la porta.
« Certo » disse, facendo per alzarsi dalla sedia
« Come stai? »
« Sta pure seduto. Comunque meglio » ripose
semplicemente lei « Ci sono novità? »
« No, ma adesso fisicamente mi hanno detto che
sta bene. Bisogna solo aspettare »
Tsuki prese l’altra sedia nella stanza e la mise
vicino al letto dalla sponda opposta. Guardando Rangiku sembrava che
lei stesse
solo dormendo. Aveva alcune fasciature ma per il resto sembrava stesse
bene.
« Shuhei » lo chiamò « Posso
restare da sola con
lei dieci minuti? »
« Tutto il tempo che vuoi! » le rispose alzandosi
e dirigendosi alla porta « Magari ascoltando una voce
diversa, ascoltando la
tua, si sveglierà! »
« Rangiku? » chiese titubante « Vedo che
stai
bene! »
Ma nessuna risposta arrivò alle orecchie di
Tsuki. Nessun movimento dava l’idea che l’amica
fosse davvero lì ad ascoltarla.
Ma Tsuki non perse la speranza.
« Sono molto orgogliosa di te, sai? Sei stata
un’ottima Tenente. Vorrei diventare come te un giorno. Te lo
dico sempre, no? E
poi ti pensi che lo possa diventare su serio… »
Iniziò a parlare, senza più fermarsi.
« Ma poi sono orgogliosa di te per altro. Hai
parlato a Shuhei dei tuoi sentimenti e per di più poi hai
anche seguito i tuoi
stessi consigli. E ora? Vuoi lasciare tutto così? Non vuoi
svegliarti e goderti
tutto quello che hai? Lui è qui! E’ qui che ti
aspetta, attende solo di poterti
dire un’altra volta quanto ti ama! » disse
cominciando a piangere « Ti prego
Rangiku, non stare ferma così »
Le lacrime cadevano sempre più copiose dalle
guance di Tsuki, sulle mani delle ragazze.
« Rangiku svegliati. Fallo per te. Fallo per
Shuhei. Fallo per il Capitano Hitsugaya. Fallo per me. Sai, non ho
sprecato la
mia occasione come temevi. Sono stata brava mentre tu non
c’eri! Renji mi ha
detto che mi ama. L’ha detto a me. Ti prego » le
disse, portando le mani alla
bocca « Ti prego svegliati e dimmi che sei felice per me
»
Non parlò più, ma stesse ancora parecchi minuti
immobile nella stessa posizione. Seduta, con le mani strette attorno
alle mani
di Rangiku e con gli occhi pieni di lacrime, chiusi per evitare che
queste
scendessero senza fermarsi.
Però l’amica non si muoveva, non si svegliava e
niente sembrava stesse per accadere. Tsuki, dopo essersi ripresa,
allora decise
di andare. Baciò sulla fronte l’amica e
uscì dalla stanza.
La scrivania vecchia e logora, la sedia messa
addirittura peggio e poi le era mancata la sensazione del calore del
sole, che
penetrava dalla finestra che dava sul giardino. Adesso che era primo
pomeriggio
il sole, o meglio la sua luce, illuminava soltanto metà
della stanza, inondando
di luce la scrivania e Tsuki.
Era il primo giorno di rientro dopo la malattia.
Aveva già ritardato di un paio d’ore il rientro,
ma nessuno aveva fatto
domande.
Pur essendo stata a casa pochi giorni, il suo
lavoro si era accumulato ed aveva una quantità enorme di
scartoffie da firmare,
e naturalmente oltre le sue aveva anche quelle dei soliti due.
A quanto pare il suo Capitano era tornato lo
stesso giorno in cui era sparito e così i due sfaticati si
erano occupati di
lui, senza neppure considerare l’assenza di Tsuki.
Così si era rimboccata le maniche e aveva
iniziato a leggere e firmare documenti.
Era immersa nel suo lavoro fino alle orecchie
quando una farfalla demoniaca non le apparve davanti agli occhi.
Portava un
messaggio urgente da parte di Isane.
Grazie, Isane
Il pomeriggio passò tranquillo e senza altre
interruzioni.
Verso le cinque e mezza Tsuki aveva già finito
tutto il suo lavoro arretrato. C’era sempre la sua vocina
all’interno della
testa che le continuava a urlare di non
stare così calma perché Rangiku, nonostante
tutto, non si era ancora svegliata.
Eppure era riuscita a distrarsi con il lavoro e con il via
vai di Shinigami
che chiedevano istruzioni, direttive o consegnavano altre maledette
scartoffie
da altre Brigate.
Tuttavia guardando l’orario Tsuki decise di
incamminarsi verso la Brigata di Rangiku e prendersela comodo,
passeggiando in
giro per il Seireitei.
Quando arrivò si accorse che l’atmosfera che si
respirava nella Brigata era molto diversa da quella che si aspettava.
Non era
per niente triste o preoccupata, anzi era rasserenante.
Seguì la strada, oramai conosciuta, verso
l’ufficio del Capitano e arrivata davanti alla porta
bussò senza ottenere
risposta.
Allora bussò una seconda volta, un po’
più forte.
Tsuki fece per aprire bocca e chiedere chi fosse
quella persona, quando questa accese finalmente le luci della stanza.
Tsuki rimase a bocca aperta e con le braccia a penzoloni.
Di fronte a lei, la figura sconosciuta sorrideva sorniona e gongolava
dalla
felicità per via di quella reazione così tanto
desiderata.
« E allora? Neanche mi saluti? » disse quella
voce troppo familiare.
« Rangiku? » esclamò Tsuki, saltando
addosso alla
ragazza e stritolandola con un abbraccio che avrebbe potuto soffocare
chiunque.
L’amica ripose con la stessa intensità e
invitò l’amica ad entrare e chiuse la
porta.
« Stai bene? Quando ti sei svegliata? Perché non
mi hai avvisata? O non lo hai detto a nessuno di farlo? Ma cos ti
è succe… »
« Tsuki se continui a parlare non riuscirò mai a
dirti tutto » sorrise Rangiku.
« Hai ragione, scusa » ammise imbarazzata
l’altra, sedendosi sul divano che l’amica usava
molto spesso come letto.
« Allora per aggiornarti: sto meglio e mi sono
svegliata più o meno tre ore fa. E non ti ho avvisata solo
perché volevo farti
una sorpresa. Prima infatti sono andata da Shuhei e poi sono tornata
dal
Capitano che per farmi un piccolo regalo, mi ha permesso di farti
venire qui »
si fermò per riprendere fiato e sposarsi i capelli dalla
faccia. « Se poi ti
interessa sapere che cosa mi è successo, è molto
semplice. Allora in poche
parole il Capitano Unohana mi ha spiegato che era probabilmente una
tecnica
particolare della Zanpakuto dello Shinigami con cui ho combattuto. Mi
ha
spiegato che era come se il mio cervello, pur rimanendo sveglio, non
fosse
collegato al mio corpo che quindi non reagiva. Infatti sentivo e
percepivo
tutto nella stanza » disse ammiccando « E quindi ho
sentito tutto, ma proprio
tutto quello che mi hai detto. Quindi ora spiega! »