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Autore: Oplomacus    02/07/2012    3 recensioni
Ciao a tutti, sono un giovane appassionato di The Elder Scrolls e, soprattutto, di letteratura. Ho sempre amato scrivere e, pertanto, ho deciso di cimentare le mie maldestre abilità in una fanfiction su Skyrim, uno dei miei videogiochi preferiti. Spero che venga fuori qualcosa di leggibile nel primo capitolo, nel caso riteniate che non sia di vostro gradimento eviterò di pubblicare un seguito, ma spero vi piaccia. La storia è ambientata nei giorni in cui si svolgono le vicende di Skyrim e il protagonista è, ovviamente, il nostro amato Dovahkiin. Tuttavia, ho deciso di scrivere per lui una storia diversa da quella che conosciamo tutti, più "umana".
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Legato Rikke osservò l'ambiente circostante. Un'aspra, fredda brughiera popolata soltanto da conigli, volpi e da qualche lupo solitario in cerca di prede. In pochi avevano il coraggio di percorrere quelle terre da soli e, in ogni caso, preferivano farlo bene armati. Sorrise. Amava quel genere di posto. Era nata in una famiglia di pescatori di Dawnstar, dove era stata educata fin da bambina con i principi fondamentali che, da secoli, mantenevano in piedi la società. Innanzitutto, adorare gli dei, i Nove Divini, con particolare attenzione a Talos, l'eroe Nord eletto a divinità. Poi, in seconda battuta, rispettare sempre il prossimo, che fosse cittadino o forestiero, Nord o Argoniano, senza fare alcuna distinzione tra razze ed etnie. Terzo, ma non meno importante, prestare devozione all'Impero, la suprema potenza politica che era stata capace di unificare Tamriel sotto un'unica bandiera, amalgamando le sue molteplici etnie in un'unica e grande civiltà. Rikke era cresciuta sana e forte e, quando era stato il momento, aveva deciso di arruolarsi nella Legione Imperiale. La sua educazione era stata tanto ferrea che non aveva avuto alcun problema a sopravvivere al tremendo addestramento che veniva imposto agli aspiranti legionari, svolto tra le dune di Elsweyr e le paludi sotto Leyawiin. Molti uomini non ce l'avevano fatta, molti erano tornati a casa, ma non lei. Rikke era una vera Nord e avrebbe servito l'Impero ovunque l'avesse mandata. Nei primi tempi, tutto sembrava andare a gonfie vele, tanto che ottenne la promozione a Tribuno sul campo, combattendo contro un battaglione di Argoniani che aveva sconfinato da Black Marsh. I problemi veri erano arrivati dopo, quando gli Aldmeri avevano deciso di dichiarare guerra all'Impero. Rikke non si era data per vinta ed aveva combattuto con onore spezzando schiene, schiantando scudi ed aprendo armature, guadagnandosi un encomio dall'Imperatore Titus Mede II in persona. La guerra, purtroppo, non aveva avuto l'esito sperato. Nonostante l'apparente equilibrio, l'Impero era uscito molto indebolito dal conflitto, sia in politica estera che interna. Gli Aldmeri, infatti, avevano deciso di imporre un trattato vergognoso, denominato "Concordato Oro Bianco", che proibiva, tra le altre cose, il culto di Talos. Rikke, tuttavia, non si era unita allo sdegno dei suoi compatrioti Nord, sconvolti dall'abolizione del loro culto prediletto. Anche lei aveva venerato con convinzione Talos, era innegabile, ma si rendeva anche conto che non sarebbe stata possibile un'altra soluzione. Era meglio continuare a combattere fino alla completa distruzione dell'Impero? L'Imperatore aveva sempre deciso per il meglio fin dai tempi dei Septim, dunque non era certo lei la più indicata per contestare il suo operato. Molti Nord la pensavano come lei, ma la maggior parte degli abitanti di Skyrim aveva deciso di ribellarsi all'Autorità costituita, formando un moto rivoluzionario chiamato "Manto della Tempesta", dal nome del suo capo, Ulfric, lo jarl di Windhelm, come se non fosse possibile continuare a venerare Talos nella propria intimità come faceva lei. A tal pensiero, Rikke si rabbuiò. Era stata tante volte a Windhelm, l'antica capitale di Skyrim, e ne era sempre rimasta impressionata, soprattutto dalla bellezza dei suoi portici e dal fitto, ma delicato, reticolo dei suoi vicoli. Ora, invece, il gioiello di Skyrim si trovava nelle mani di una banda di facinorosi assetati di potere. Non poteva, ma purtroppo doveva, pensarci. Dopo la Grande Guerra era stata promossa a Legato e trasferita, su sua stessa richiesta, alla Legione di stanza a Skyrim, col preciso intento di sedare la rivolta dei Manto della Tempesta una volta per tutte. La situazione era in stallo da mesi. L'Impero aveva in pugno le città principali di Skyrim, ma i Manto possedevano ancora svariati forti situati in punti nevralgici della regione, per non parlare dell'inespugnabile Windhelm, di Winterhold, di Falkreath e della natia Dawnstar . Solo di recente Whiterun si era schierata con l'Imperatore, mentre l'ultima conquista del Generale Tullius era stata Riften, due settimane prima. Rikke abbassò lo sguardo e contemplò la spianata sotto la collina che aveva designato come proprio punto d'osservazione. Ulfric l'aveva pensata bene, stavolta. Mentre un ampio distaccamento della Legione era ancora impegnato a restrellare il feudo di Whiterun, aveva raccolto un forte contingente di guerrieri, probabilmente quattromila a giudicare dalla sua estensione sul pianoro sottostante, e lo aveva inviato ad ovest, nei dintorni di Falkreath, per poi ordinare che avanzasse verso nord, in direzione di Markarth, addentrandosi così nel Reach. Ulfric intendeva così dividere le forze imperiali, espugnare Markarth e puntare direttamente su Solitude, in contemporanea con un attacco  delle truppe di stanza a Winterhold, dove avrebbe affrontato Tullius nella resa dei conti. Alla guida del corpo di spedizione, lo jarl ribelle aveva posto uno dei suoi fedelissimi, un Nord alto più di due metri e pesante almeno un quintale di nome Skolar, conosciuto in tutta Tamriel per la sua ferocia inaudita. Informato dagli esploratori dei movimenti del nemico, il Generale aveva subito inviato nel Reach Rikke con tutti gli uomini disponibili nella regione, promettendole rinforzi dall'Haafingar una volta "stabilizzata la situazione". Per farla breve, il Legato poteva contare solo sulle sue forze, ovvero su circa duemilacinquecento legionari, veterani di molte battaglie, che adesso osservavano con apprensione Skolar mentre incitava i suoi uomini con urla belluine. "Legato?" chiese una voce. Rikke si voltò ed identificò l'esploratore, irrigidito sull'attenti. "Riposo, soldato. Dimmi tutto" "I Manto della Tempesta si preparano ad attaccare, signore. I Tribuni attendono ordini. Inoltre, ho un messaggio dal Tribuno Karaldin". Rikke non riuscì a nascondere un sorriso, ma recuperò subito il suo abituale tono di voce: "Ovvero?". "Il Tribuno manda a dirvi che non vede l'ora di scendere in campo e che vi porterà la testa di Skolar come trofeo. Riferisce, inoltre, che la sua coorte è la più impaziente della Legione. Un tale misto di arroganza..." "Soldato!" lo interruppe Rikke "Lascia stabilire a me cosa sia arrogante e cosa non lo sia. Dì al Tribuno Karaldin che sarà accontentato e che mi basta che respinga questi barbari invasori dal Reach. Per il resto, comunica ai Tribuni di mantenere la linea e di appoggiarsi al torrente sul fianco sinistro. Muoversi!". Karaldin. Quel nome, per Rikke, voleva dire molto. Ammirazione, stima e, perchè no?, simpatia. Era un Imperiale alto, muscoloso, dai lineamenti eleganti, incorniciati da una folta chioma di capelli neri e dalla voce autorevole ma pacata, che si era presentato a Solitude in un giorno di pioggia. Nessuno sapeva da dove provenisse nè quale fosse il suo cognome, l'unica cosa chiara era la razza e l'abilità in combattimento. Era stato lui, dopo poche scaramucce ed azioni dimostrative, a guidare le truppe della Legione alla conquista del Rift. Non aveva voluto premi nè riconoscimenti, si era limitato a riconsegnare la regione al Generale Tullius "In nome dell'Impero", così aveva detto. Era di gran lunga il guerriero più forte che avesse mai visto, eppure ne aveva incontrati di tipi del genere, sia in battaglia che nelle locande di Tamriel, pronti ad offrire i loro servigi al miglior offerente. Vestiva un'armatura d'ebano sempre brillante nella sua oscurità e brandiva una katana dall'antica foggia Akaviri, come quelle utilizzate dalle antiche Blades, che, al contatto con il nemico, sprigionava un'intensa fiammata. Nessuno era mai stato in grado di sconfiggerlo e questo era, almeno per Rikke, una garanzia per affidargli incarichi importanti. Ora lo osservava mentre era intento ad arringare i suoi uomini, spronandoli con quella voce calda e seducente... Basta, questi pensieri non le si addicevano. Bisognava passare all'azione, altro che pensieri in libertà. Si rivolse al trombettiere che stazionava  alle sue spalle insieme alle sue guardie personali: "Dai il segnale d'attacco, passo di carica e formazione serrata. Siamo inferiori di numero, dobbiamo sfruttare il nostro impeto!". "Signorsì" rispose il trombettiere, per poi suonare gli ordini impartitigli dal Legato. Come un sol uomo, la massa di soldati imperiali si scagliò sul nemico e, percorsi i cento metri scarsi che la separava da quest'ultimo, cozzò con un boato assordante con la formazione dei Manto della Tempesta. La mischia si accese furibonda, mentre il fracasso e le urla tipiche delle battaglie inondavano l'aria. "Povera mia terra" disse Rikke a mezza bocca, continuando a contemplare la scena. Fin dai primi istanti, tuttavia, le sorti della battaglia volsero a favore della Legione. Nel settore sinistro dello schieramento nemico, dunque in quello destro di quello imperiale, infatti, si era creato un grande scompiglio, dovuto probabilmente al fatto che un soldato della Legione era apparentemente imbattibile. Karaldin, ovviamente. I ribelli lo assalivano anche in tre alla volta, ma il misterioso paladino li abbatteva tutti, uno dietro l'altro, sventrandoli con mosse ai limiti dell'acrobazia. I suoi soldati, galvanizzati, combattevano con maggiore tenacia e mietevano un grande numero di vittime. In breve tempo, la coorte di Karaldin sfondò e mise in fuga i suoi diretti avversari, apprestandosi a colpire da tergo il resto della formazione nemica. "Vittoria" pensò Rikke, ma l'acuto suono di un corno la fece impallidire. Dalle alture alla sua destra, a qualche centinaia di metri dalla battaglia, stava scendendo una nuova formazione di guerrieri. Non erano Manto della Tempesta, a giudicare dalle vesti, bensì Rinnegati, i nativi del Reach votati all'indipendenza del loro territorio e alla cacciata dei Nord da Markarth. Quasi a confermare i timori nella testa di Rikke, uno dei tanti uomini con un copricapo a forma di testa di cervo si erse in tutta la sua statura su una collina soprastante e gridò: "Prima il Reach, poi tutta Skyrim! Yaaaah!". La fiumana di Rinnegati piombò sul campo di battaglia come una folgore ed aggredì il nemico senza fare alcuna distinzione di colori, insegne ed ideologie. La battaglia, a quel punto, divenne impossibile da osservare. Si trattava ormai, infatti, di un confuso groviglio di corpi che lottava per la propria sopravvivenza. Era il momento di agire. “Guardie, con me!” tuonò Rikkè, brandendo la mazza ferrata e lanciandosi in una corsa disperata giù dal pendio. La situazione appariva tragica, ma i soldati erano sempre galvanizzati dalla presenza del Legato. Il piccolo drappello di Rikke si tuffò nella battaglia e, malgrado la donna ululasse ai soldati di restare uniti e compatti, si disperse rapidamente nella mischia. Pertanto, il Legato decise di fare la cosa che sapeva fare meglio: uccidere i nemici. Squassò subito il cranio di un Manto della Tempesta che aveva avuto l’ardire di sfidarla, quindi roteò la mazza abbattendo due rinnegati che l’avevano circondata gridando frasi oscene e facendo gesti di scherno. Vide uno dei suoi uomini cadere, poi un altro e un altro ancora, finchè non gli si parò davanti un rinnegato armato di due asce. Era veloce, potenzialmente letale, ma tutt’altro che imbattibile. “Vieni qui, donna, che ti faccio il servizio!” provocò il guerriero, per poi immergersi nuovamente nel suo delirio bellico. Rikke schivò il primo fendente e parò il secondo con lo scudo, quindi colpì l’avversario con quest’ultimo, spaccandogli il naso. L’uomo tornò alla carica come impazzito e il Legato era pronto alla lotta, ma non ci fu bisogno di controbattere in alcun modo. La lama di una spada, infatti, era appena fuoriuscita dall’addome del rinnegato, lambita da una vampa di fuoco. Karaldin, perché ovviamente si trattava di lui, si liberò agevolmente del cadavere del nemico e tagliò un braccio ad un Manto della Tempesta quasi danzando, quindi si inchinò a Rikke senza smettere di combattere. “Salute a te, Legato! La situazione si è un po’ complicata, ma credo che riuscirò a risolverla quanto prima. Tu, intanto, cerca di non farti male, intesi?”. Detto questo, il guerriero si voltò ed affrontò altri due avversari. Rikke, nel frattempo, era vistosamente avvampata. Detestava ammetterlo, ma quel tipo arrogante le piaceva e, per questo, evitava accuratamente di rimproverarlo perché le dava del tu senza alcun ritegno. “Non so se farlo frustare o invitarlo nella mia tenda…” pensò Rikke, ma il grido di un commilitone la destò dai suoi pensieri e le permise di parare un affondo e di uccidere il rinnegato che stava per infilzarla. Il Legato tentò di riprendere in mano il controllo della situazione ed osservò attentamente ciò che la circondava. Karaldin, alla guida della sua coorte, stava ricacciando i Rinnegati verso le colline da cui erano venuti, amputando braccia e staccando teste con la solerzia con cui un macellaio affetta la carne. Di tanto in tanto, ne sparava all’indietro una mezza dozzina gridando qualcosa in una lingua astrusa e sconosciuta che le leggende popolari Nord definivano “Voce”. Già, perché oltre ad essere uno spadaccino infallibile, il misterioso imperiale era dotato anche di quell’assurdo potere, nonostante sostenesse con i commilitoni di non sapere neppure cosa fosse la magia. Rikke decise di occuparsi dei Manto della Tempesta e ne abbattè subito due, quindi corse in aiuto di una squadra di legionari che stava soccombendo sotto i colpi nemici. D’un tratto, si voltò verso la sua sinistra. Skolar, il comandante dei ribelli, aveva appena spezzato la schiena di un legionario con il suo tremendo martello da guerra, grondante sangue come un porco scannato. Alzò l’arma, gridò: “Per Skyrim!” e, roteando il martello, uccise un numero incomprensibile di legionari e di rinnegati. Incurante del pericolo, Rikke gridò: “Skolar! Battiti con me, se hai il coraggio! O hai paura di una donna?”. Skolar replicò con un unico, immenso grido e si lanciò sul Legato. Il primo colpo di martello si infranse sullo scudo di Rikke, mandandola al tappedo, ma la donna fu abile ad evitare i successivi colpi del nemico, quindi colpì Skolar al petto con la mazza. Il guerrierò arretrò, sorrise e si scagliò nuovamente sul Legato. Il duello continuò senza esclusione di colpi fino a quando Rikke non centrò in piena testa il ribelle con un colpo formidabile. Skolar si accasciò al suolo, inerte, ma il Legato sapeva di non potersi permettere di abbassare la guardia. Cominciava ad avvertire una certa stanchezza, quel barbaro era veramente un osso duro ed era troppo alto e troppo pesante. Una manciata di secondi dopo, il tempo di riprendere fiato, Skolar si rialzò e si avventò su Rikke. La donna alzò lo scudo, pronta a difendersi, ma qualcun altro si era messo in mezzo. “Karaldin!” gridò Rikke, dimenticando ogni formalismo, ma il Tribuno non la stava a sentire. “Togliti dai piedi, cane imperiale!” sbraitò Skolar, menando un colpo terribile col martello. Karaldin parò con lo scudo, non nascondendo una certa fatica, quindi si esibì con due movimenti rapidissimi. Disarmò il nemico toccandogli il martello con lo scudo, dopodichè piroettò su sé stesso e lo decapitò con un solo colpo. Tra i soldati imperiali si levò un boato, mentre i rimanenti Manto della Tempesta si davano alla fuga attraverso la brughiera, tallonati dagli arcieri imperiali. “Attenti ai giganti!” farfugliò Rikke, incredula per ciò che aveva appena visto. Karaldin si chinò a terra, raccolse la testa di Skolar stringendola per i capelli e la consegnò alla donna Nord, quindi si tolse l’elmo, si inchinò e disse: “Ecco il tuo premio, Legato. Te lo avevo promesso, no?” per poi voltarsi e venire letteralmente assalito dai suoi compagni, euforici ai limiti della follia. La battaglia era vinta, la guerra ancora no, ma quella sera ci sarebbero stati grandi festeggiamenti al campo imperiale…
  
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