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Autore: _Nikita_    05/07/2012    0 recensioni
Michela è una ragazza frequentante il liceo linguistico, inutile dire che ama viaggiare. Il suo primo viaggio all'estero senza la famiglia si rivelerà straordinario non solo per il viaggio in sè ma anche per le persone che incontrerà, una in particolare decisa a rubargli il cuore...
"Non ci abbracciamo. Non camminiamo per mano. Non incrociamo i nostri sguardi. Osserviamo ciò che ci sta intorno. Siamo l'ombra l'una dell'altro anche se non camminiamo vicini. La distanza è quella giusta. Sono i nostri corpi a parlare per noi. I fianchi e le spalle condividono l'attrazione che ci unisce, ma le mani tradiscono una certa timidezza. Non sappiamo cosa siamo. Due anime immerse nella luminosità delle loro vite che si sono incontrate, per caso o per destino. Non sanno neanche loro che succederà. Camminano insieme, nè vicine nè lontane. Forse sono una coppia, forse lo saranno, ma ora non importa. Ciò che importa è che ora sono insieme, due anime accecate dalla luce dei loro giorni migliori. Sì, ora l'ho capito: non importa quello che succederà -che sia tra un minuto, domani o tra una vita- la cosa importante è essere insieme, ora."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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 Guardo fuori dalla finestra, il sole sta ancora dormendo. Aspetto l’alba. Oggi vedrò il giorno nascere in Italia e morire in Irlanda.
Mentre mi vesto il primo raggio di sole mi accarezza un piede illuminando lo smalto che brilla e crea giochi di luce sulle tonalità del blu.
Scendo a fare colazione nel bar sotto casa con la mia mamma che mi accompagnerà in piazza del Popolo da dove partirò col pullman per Malpensa, dove ci aspetta l’aereo per Dublino. Sarà una giornata pesante.
 
 

 
“Ciao Michela! Tutto bene?” La prof Venia, l’insegnante di inglese che qualunque studente vorrebbe avere, mi viene incontro sorridente. L’adoro.
“Hai una faccia un po’ sbattuta…! Come mai?non stai bene?”
“Oh, no prof. Non si preoccupi, è solo colpa dell’alzataccia!”
“Tutto nella norma allora!” Poi rivolgendosi a mia madre:”Signora, lei ha una figlia meravigliosa! E’ sempre cosi dolce! Very nice!”.
Vedo arrivare la Vale, la mia compagna di classe, con alle spalle un trolley verde acido più grosso di lei. Le vado incontro ridendo: “Ma Vale, quanto ti fermi? Due o tre mesi?” lei mi fa la linguaccia facendo scintillare il piercing. “Invece di brontolare vieni a darmi una mano a caricarlo! Invidiosa!”.
“Forza ragazzi! Gli ultimi saluti che l’aereo scappa!”
Dopo pochi minuti siamo sul pullman. Fa un certo effetto salutare la gente dall’alto. Mi guardo intorno, ci sono molte facce nuove, sia dentro che fuori dal pullman. Il motore si scalda e pian piano si mette in moto. La mia avventura sta per cominciare.
Sono le 6.30 e sul pullman regna un silenzio quasi irreale. I più tanti dormono, molti ascoltano la musica, ma sono ben pochi coloro che chiacchierano col compagno. Per arrivare a Milano ci vogliono circa tre ore, direi che mi posso permettere un sonnellino.
 
 

 
 
In questi quindici giorni la mia insegnante di riconoscimento è la prof Suga. Non la conosco, speriamo solo che non sia una schizzata.
Il viaggio procede e il pullman comincia ad animarsi.
“Eih, scusa, avete una cinci?” una voce richiama l’attenzione mia e della Vale dai sedili posteriori.
“Sì, aspe che la cerco.” e fu così che la Vale sparì dentro la sua borsa.
“E’ il primo stage all’estero che fate?” domando per rompere il ghiaccio.
“Sì sì. Per Miriam è anche la prima volta che prende l’aereo.” Nel rispondere la ragazza indica l’amica.
“Bèh, sei preoccupata?”
“Un pochino.”
“Ma non devi. A me piace tantissimo!  Figurati che la prima volta che ho preso l’aereo non avevo neanche due anni. Poi se guardi dal finestrino c’è una vista stupenda!”
“E lo credo bene!”
“Com’è che vi chiamate?” la voce della Vale attira la nostra attenzione e lei ne approfitta per offrirci la cinci.
“Io mi chiamo Miriam e lei Giada. Voi?”
“Lei è Michela e io Valentina.”
“Per voi è il primo stage questo?”
“Per me sì, ma la Vale è già stata a Berlino l’anno scorso.”
“Ah sì? E com’è?”
“Magnifica!” quest’unica parola illumina tutto il viso della mia amica e scopre un pochino di quella bellezza che il suo lato più mascolino a volte nasconde.
Le chiacchiere continuano fino all’aeroporto e poi ancora sull’aereo, dove siamo vicine di posto. Il volo dura quasi due ore che passano veloci come la luce. All’una stiamo già salendo sul pullman che ci porterà a Galway, la nostra destinazione definitiva.
Io e la Miri stiamo per sederci vicine quando una vocina al quanto stridula e fastidiosa esclama: “Eh no, lì non vi sedete proprio!”. Dopo un rapido scambio di sguardi la Miri risponde: “Ma chi ti credi di essere? Noi ci sediamo dove ci pare!”. Dettata la sua sentenza si gira e si risiede, ma l’altra ragazza non molla: “Eh no, cara! Tu così non mi rispondi! E adesso alzi il tuo grasso culo e te ne vai dalla mia vista che mi fai venire il volta stomaco!” la guardo con occhi carichi di odio. Detesto le bamboline anoressiche che giudicano le persone in base alla taglia. Ma la Sonia è più veloce della mia lingua: “Ciao Michi! Che ci fai qui? Perché non venite a sedervi con noi?”
“Grazie So, questi sedili iniziavano a starmi un po’ stretti!”.
Giunta in fondo al pullman mi siedo affianco a Sonia che si gira verso di me e dice: “Ti sconsiglio di avvicinarti a quelle due. Specialmente allo scopettino del cesso, conosciuta anche col nome di Francesca. L’altra non fa altro che andare dietro a ruota a quell’arpia che crede amica sua quando in realtà quella stronzetta se ne approfitta e basta.”
“Ah ecco, non l’avevo neanche notata la lecca piedi.”
“Si chiama Erica, ma la chiamano la Gargoile. Ha un viso molto dolce, ma sotto sotto è un demone!” poi riferendosi a Miriam aggiunge: “Comunque tu, tesoro, non te la prendere. Quella al posto del cervello ha solo il cotone che usa per imbottirsi le tette e sta tranquilla amore che i ragazzi per avere quelle accettano ben volentieri anche i cuscinetti al posto di quel mucchietto d’ossa!”
“Ah ah ah! Grazie, ma tanto sono abituata a quelle come lei.”
“Il brutto è proprio quello! Non siamo noi a doverci abituare, ma sono loro che con i loro pensieri molesti dovrebbero sparire! Va beh, ora non pensiamoci più… Com’è che ti chiami chicca? Io sono Sonia.”
“Miriam, piacere.”
“Ma è lei Michi, la tua compagna?”
“No, la Vale è un po’ più avanti.”
“Ciao, c’è posto anche per me?” Nello stesso momento in cui apro gli occhi un’onda di pace mi isola dal mondo. So che dovrei, ma non riesco più a staccare i miei occhi dai suoi. Verdi, profondi, brillanti e magnetici. Sento a stento la voce della Sonia che mi richiama alla realtà per presentarmi questo angelo sbucato dal nulla.
“Lui è Samuele.”
Con questa veloce presentazione che mi riporta coi piedi per terra riesco ad avere uno sguardo d’insieme di Samuele. Che bel nome. Cerco con tutta me stessa di non incrociare più il suo sguardo magnetico e per tenermi occupata osservo anche il suo più piccolo particolare. A partire dai suoi capelli, castano chiaro leggermente ramato, per poi scendere sul piccolo neo color caffè sulla sua guancia destra, quasi identico al mio che, senza accorgermi, sfioro leggermente con le dita. La sua mano strige la mia in segno di saluto e i miei occhi si posano sulla sua pelle abbronzata indugiando un momento su un tatuaggio che sbuca da sotto il polso. La sua voce mi riporta in fretta al presente e mi rendo conto che sono passati pochi decimi di secondo da quando mi sono nuovamente persa dopo le parole di Sonia. Giusto il tempo necessario per darci la mano.
“In che classe andate, ragazze?”
“Io sono nella L, e a settembre inizio la terza.”. Risponde Miriam.
“Ah, sociopsico” commenta lui annuendo. “E tu?”
Mi fissa di nuovo con quei suoi occhi verdi e riesco a fatica a sopprimere un sospiro prima di riprendere fiato e rispondere. “Io devo iniziare la quarta nella D però.”
“Ma dai! Anche io sono nella D! Inizio la quinta.”
“Di un po’, chi hai d’italiano?”
“La Roscia, ovviamente! Tu?”
“Uguale, non la sopporto!”
“Ma neanche io!”
Con Samuele le parole scorrono facilmente. E’ un ragazzo simpatico e io ormai ho perso la testa. Forse è arrivato il momento giusto, il mio momento, quello che ho aspettato da tempo. Non dico di non essere mai stata fidanzata o innamorata, ma dopo l’ultimo stronzo ho ben pensato di prendermi una pausa e a quanto pere Cupido mi ha ascoltata fino ad oggi.
“Eih Michi, ma dov’è che abiti? Perché io ti ho già vista da qualche parte.”
“Alla Rusca, ma può essere che mi hai vista alle Fornaci, al bar di mia mamma”
“Tua mamma ha un bar?”
“Sì, a conduzione famigliare. Rimane sulla spiaggia dello scaletto dei pescatori.”
“Ah, sì ho capito! Fate un buon gelato!”
Mentre parliamo ogni tanto guardo fuori dal finestrino e lo spettacolo è assolutamente magnifico. Lunghissime distese d’erba tra le quali le pecore brucano allegre sotto il sole.
Il pullman s’inoltra in una strada provinciale e lentamente il paesaggio cambia: gli immensi prati verdi lasciano gradualmente spazio a colorate casette a schiera e poi ai palazzi decorati del centro. Siamo arrivati. Ora ci aspetta la presentazione alla famiglie, ad aspettare me e la Vale ci sarà la famiglia Weiner. Sono proprio curiosa di sapere che tipi sono.
 
 

 
La presentazione delle famiglie ospitanti fu molto rapida e quindi io la mia mica ci trovammo velocemente sul suv della famiglia Weiner diretti a casa loro.  Anche la strada percorsa in macchina fu bereve, ma ci diede la possibilità di rompere il ghiaccio. Mr Weiner, un uomo sulla trentina, è molto gentile e ogni volta che ci pone una domanda piega la sua testa pelata prima da un lato e poi dall’altro e ad ogni sorriso i suoi occhi azzurri brillano felici. Non ha molto del classico stereotipo irlandese: è pelato, ha gli occhi azzurri e non è molto alto, ma la sua parlata esprime tutto ciò che di irlandese non è presente nel suo aspetto col classico accento spesso leggermente trasformato dalle origini gaeliche.
La casa si trova in un quartiere stupendo, immerso nel verde e posizionato tra due centri di equitazione. I piccoli cottage sono di vari colori che spaziano dal giallo all’azzurro.
Ad aprirci la porta c’è una ragazza dal viso molto dolce, anche lei sulla trentina. Sembra molto semplice dall’alto del suo metro e ottanta . I suoi occhi risplendono alla luce del sole che tramonta,
catturando sfumature di blu e di viola che illuminano il grigio delle sue iridi.
C’è da dire che Mrs Weiner, al fianco del marito, nasconde completamente la figura di quest’ultimo e non solo in senso figurato. Anche se insieme sono molto buffi si nota lontano un miglio che sono molto innamorati.
  
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