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Autore: a k u r o s a    05/07/2012    3 recensioni
Raccolta di momenti dolci e semplici dedicata al rapporto tra Rufy e Zoro. NON è una shonen-ai, né una yaoi. Se esistesse un genere per definirla, direi che nakamaship è il termine più corretto. Potrebbe essere SPOILER per chi non è al passo con il manga in Giappone.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Collocato dopo Thriller Bark, nella notte di festa in cui Rufy invita Brook ad unirsi alla ciurma. Tutti dormono ad eccezione di due persone. (Secondo le note dell’autrice Rufy potrebbe essere un tantino OOC ma un Rufy più maturo rientra meglio in questa situazione).
ATTENZIONE: linguaggio un po’ colorito.
 

6. Observation and Suspicion
   (Constatazione e sospetto)
 
Il mormorio insistente è fastidioso come una zanzara ronzante e Sanji lo considera tale; tira le coperte fino alle orecchie e si nasconde. Sorprendentemente, funziona.
 
Per sessanta secondi.
 
«Maledizione!», Sanji calcia via le coperte e si alza per cercare la fonte di quel fastidio con l’intento di riempirlo di botte ma, sfortunatamente per lui, la fonte è l’unica persona che non gli è permesso ridurre in poltiglia.
 
«Rufy», Sanji si strofina la fronte mentre domanda al suo capitano che è piegato accanto al suo compagno ferito nell’altro lato della stanza.
 
«Che diavolo stai facendo?».
 
«Racconto a Zoro del mio sogno».
 
«Si è svegliato?», Sanji avanza velocemente ma facendo molta cura a calpestare coloro che, lui ne è personalmente sicuro, hanno osato rivolgere lo sguardo a Nami-san e Robin-chan un secondo di troppo. Nonostante il cuoco biondo probabilmente non lo ammetterà mai, è deluso nel trovare lo spadaccino esattamente come Chopper lo ha lasciato, bendato e addormentato. Lo sguardo di Sanji si sposta verso il suo capitano.
 
«Rufy, avrai più spazio se scambi posto con le sue katana», Sanji si acciglia per come il giovane ragazzo è rannicchiato accanto al muro alla sinistra di Zoro. Rufy non osa toccare il suo vice capitano per paura di rovinare il trattamento di Chopper.
 
«Non posso».
 
«…Perché no?».
 
Sanji non è del tutto sorpreso nel vedere questo Rufy così calmo, silenzioso e stranamente vulnerabile. Tuttavia non si sente molto a suo agio nell’avere a che fare con quella situazione, che è sempre stata… beh… una responsabilità di Zoro. 
 
Durante le notti dopo le battaglie e mentre Rufy guariva dalle ferite profonde e dalla febbre alta, il ragazzo dai capelli corvini soffriva a volte di incubi. Si svegliava di soprassalto, cercava furiosamente il nakama che aveva presumibilmente perso in sogno, e non tornava a riposare finché quel compagno non avrebbe risposto alla sua chiamata almeno tre volte. Una volta soddisfatto, si sarebbe voltato verso il suo vice capitano (che sembrava sempre sapere quando tutto ciò accadeva) e con la stessa espressione seria che aveva in quel momento spiegava il suo sogno. Lo spadaccino avrebbe ascoltato con pazienza e poi molto semplicemente avrebbe detto al suo capitano di fare silenzio e tornare a dormire.
 
Rufy al mattino non ricordava mai nulla.
 
«Non posso toccare Kitetsu».
 
Sanji si riprende dai suoi pensieri.
 
«Chi?».
 
«Kitetsu», Rufy indica una delle tre spade che si trovano dall’altro lato di Zoro. È quella che ha un fodero rosso sangue, quella che Zoro tiene spesso in mano durante le battaglie, la katana maledetta. «Non vuole che lo faccia».
 
Nonostante possa sembrare folle, Sanji è decisamente d’accordo con Rufy. Non c’è dubbio che Rufy abbia un istinto migliore, ma anche Sanji può avvertire una strana freddezza emanata dalla spada.
 
È arrabbiata per il prezzo che il suo padrone ha dovuto pagare? Sanji riflette ma non spinge oltre l’argomento.
 
«Un incubo?», domanda invece anche se non è certo di volerlo sapere. Lo mette stranamente a disagio pensare che il capitano sempre così allegro soffra nel sonno. Con sollievo del biondo il capitano scuote il capo.
 
«Non un incubo. Solo un sogno. Mi sentivo come se stessi galleggiando. Era tranquillo».
 
«Ma?».
 
«Ma poi», Rufy tocca la sua testa come ricorda il calore familiare che lo aveva rassicurato che andava tutto bene. Quel momento di sicurezza aveva intorpidito i suoi sensi incoraggiandolo a ricadere nel limbo pacifico e indolore. «Qualcuno ha detto addio».
 
La voce era stata calma e quasi incredibilmente gentile, ma ciò che aveva messo in allarme Rufy era stata una debolissima traccia di dolore, una lievissima richiesta di perdono.
 
Sayonara.
 
Le parole di Rufy centrano Sanji come se fosse stato colpito allo stomaco. È così facile immaginare l’idiota chino sul suo capitano e manifestare il raro affetto che spesso mostra al giovane, che Sanji non dubita per un secondo: il sogno di Rufy è un ricordo. Tuttavia se si tratta di un ricordo… Sanji digrigna i denti non appena capisce il suo errore.
 
Per quanto Sanji avesse cercato di fermare Zoro, una parte di lui aveva fiducia che lo spadaccino avesse un piano. Zoro era Zoro. Per quanto fosse imprudente, non era un idiota e conosceva i suoi limiti. Così Sanji era preoccupato, ma c’era una fede inamovibile, un brandello di speranza che Zoro sapesse cosa stava facendo. Sanji credeva che Zoro aveva affrontato Kuma perché era pronto a fare qualsiasi cosa per salvarli e poi tornare indietro.
 
Ma Zoro aveva detto addio al suo capitano. Zoro stesso, l’uomo più determinato che Sanji conoscesse, non si aspettava di sopravvivere.
 
Li aveva lasciati per morire.
 
Non c’era mai stato un asso nella manica dello spadaccino. Ovvio che non ci fosse, Sanji capì. Quel dannato marimo è troppo eroico, troppo nobile, troppo fottutamente idiota per intendere diversamente da ciò che dice.
 
Ti darò una testa ma sarà la mia.
 
«Fottutissimo stronzo altruista», Sanji sibila piano incapace di ignorare la freddezza ripugnante nel realizzare quanto fossero stati vicini a perdere il loro amico. Quanto maledettamente vicini erano stati a vivere con la consapevolezza che la loro debolezza era costata la vita di un loro nakama. Sanji aspira un soffio e borbotta furiosamente. «Quell’idiota con un ornamento del cazzo al posto della testa».
 
«Sanji?».
 
Il cuoco guarda il suo capitano, incapace di nascondere la rabbia. Non vorrebbe altro che rivelare al ragazzo di gomma cosa era accaduto, come Zoro fosse stato maledettamente spericolato e come meritasse una passata di botte. Tuttavia…
 
«…L’hai detto anche tu, Rufy», Sanji alla fine risponde. Se ne pentirà, ma continua il suo silenzio. Lui capisce cosa Zoro ha fatto, perché lui avrebbe fatto lo stesso. «È solo un sogno».
 
Sarebbe proprio perfetto, Sanji pensa, se fosse davvero così.
 
 
Note:
akurosa riporta due note alla fine di questo capitolo. La prima riguarda la frase “Ti darò una testa ma sarà la mia”. È una citazione dal manga. La seconda riguarda la parola Sayonara. Riporto ciò che lei ha detto in proposito: “'Sayonara' has a finality in it that 'good bye' doesn't have and I wanted to express how Zoro meant goodbye as in goodbye for good. Per questa ragione ho preferito lasciare la parola inalterata anche nella traduzione.  

Un ringraziamento super speciale va ancora a Gold22
   
 
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