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Autore: Nata dalla Tempesta    05/07/2012    2 recensioni
-Se non sbaglio...- la voce di Desari interruppe il corso dei miei pensieri -...noi due non avevamo ancora finito.-
Sorrise maliziosa, ed io capii al volo dove voleva arrivare. Mi tolse gli occhiali e mi baciò, affondando le dita nei miei capelli.
Subito dopo eravamo di nuovo insieme, di nuovo uniti in quell'estasi di anima e corpo così meravigliosa, così perfetta da rimanere senza fiato.
"Desari, non so ancora se ti amo. Ma se questo non è amore, di sicuro è la strada per arrivarci."
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ishida Uryuu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliali con la testa di Desari poggiata sulla mia spalla sinistra. Indugiai un attimo sul suo profumo che sapeva di fiori, poi la spostai delicatamente in modo da stenderla sul divano. La coprii con il cappotto, nel caso sentisse freddo. Pensai che forse le avrebbe fatto piacere trovare al suo risveglio una tazza di caffè, per cui andai in cucina e rovistai negli armadietti in cerca della caffettiera e, naturalmente della materia prima. Accesi il fornello e attesi. Dopo qualche minuto, il gorgoglio proveniente dalla caffettiera e l'inconfondibile profumo del caffè mi suggerirono che era pronto. Versai il liquido scuro in una tazza arancione, e stavo per prendere lo zucchero quando sentii un rumore leggero di passi dietro di me.
-Hai fatto il caffè?-
Mi voltai. Desari si stava stropicciando gli occhi ancora pieni di sonno, e aveva i capelli scompigliati in un modo buffo e tenero insieme. Era scalza, e il cardigan che indossava era innocentemente sbottonato. Lei se ne accorse perchè, non appena il mio sguardo si posò sul suo indumento, si ricompose subito.
-Si, pensavo che ti avrebbe fatto piacere.-
-Infatti.-
Mi sorrise e si avvicinò per prendere la tazza che le porgevo. Nel farlo, le sua dita sfiorarono le mie, e percepii un altro brivido.
-Zucchero?- chiesi, cercando di non pensare al velluto delle sue mani.
-Un cucchiaino, grazie.-
Le versai la quantità di zucchero che mi aveva chiesto e lasciai che lei mescolasse lentamente. Andò a sedersi sul divano con le gambe raccolte al petto e mi fece cenno di raggiungerla.
-Sei bravo a fare il caffè.- commentò dopo averne sorseggiato un pò.
-Per un pò fare il caffè è stato il mio lavoro, ho imparato così.- dissi scrollando le spalle.
Lei mi sorrise e svuotò la tazza. Su di noi scese un silenzio a dir poco imbarazzante interrotto ad un certo punto dall'altrettanto imbarazzante rumore del mio stomaco che protestava perchè non avevo ancora mangiato dal giorno prima.
-Non vorrei sbagliarmi, ma credo che tu abbia fame.-
-Si, in effetti è così.-
Perchè tutte le mie risposte erano così fredde? Che cosa volevo dimostrare? Mi ricordai di quello che mi disse Inoue quando ancora andavamo alle superiori: "Uryu, se tratti le persone in questo modo non avrai mai una ragazza!". Sospirai, e pensai che probabilmente aveva ragione. Ma cosa potevo farci? Certo, avrei potuto cercare di ammorbidire il mio carattere, ma fino a che punto avrei potuto?
Lei mi guardava dritto negli occhi, e io mi sentii così in imbarazzo! Così presi il coraggio a due mani. Se dovevo levigare la mia personalità, quello era un ottimo punto da cui iniziare.
-Desari, ti va di fare colazione insieme? Cucino io.-
Glielo dissi tutto d'un fiato, come si fa con una confessione che viene fuori dopo tanto tempo.
Vidi i suoi occhi illuminarsi e un sorriso magnifico che si faceva strada sulle sue labbra.
-Sai anche cucinare?-
-Ero presidente di un club di economia domestica.-
-Va bene, accetto l'invito. Vado solo a cambiarmi un attimo.-
La vidi sparire dietro la porta della camera da letto. "Che cosa sto facendo?" mi chiesi poggiando la testa sui cuscini del divano. Mi tolsi gli occhiali e mi massaggiai la fronte. Non era da me invitare le ragazze, non lo avevo mai fatto prima. Forse era l'influenza del territorio rumeno, chi lo sa. Mi ricomposi quando sentii la porta aprirsi.
-Sono pronta! Ah, e ti avverto che ho una fame terribile.-
Si affacciò da dietro le mie spalle, i lunghi capelli come una morbida tenda per separarci da tutto il resto. Mi sistemai gli occhiali nervosamente, e divenni ancora più irrequieto quando vidi il suo sorriso così vicino alla mia faccia.
-Certo, andiamo.-
Mi alzai quasi di scatto e aspettai che lei recuperasse le chiavi dell'appartamento. Presi la mia borsa blu e le buste che erano rimaste all'ingresso e le feci strada nella mia nuova casa.
-Hai scelto tu l'arredamento?- mi chiese quando entrò nel soggiorno.
-No, era già così quando sono arrivato. Ad essere sincero mi piace molto.-
-Vuoi una mano per scaricare la spesa?- domandò indicando le buste.
-Non disturbarti, faccio da solo. Mettiti comoda nel frattempo.-
-Sei sicuro?-
-Si, certo.-
Entrai in cucina e posai tutto il contenuto delle buste. Controllai il computer per vedere se Ichigo avesse risposto alla mia mail.
"Scommetto che te la stai spassando con qualche bella ragazza rumena! Maniaco che non sei altro. Io sto bene, ho trovato un lavoro part-time come cameriere in un ristorante italiano niente male e gli studi procedono tali e quali a prima.
Ah, Orihime mi ha detto di salutarti! Le manchi. Dovresti scrivere una mail anche a lei, giusto per farle sapere che non hai intenzione di abbandonarla. Non hai intenzioni di dimenticarti di noi, vero?
Ti teniamo d'occhio!"
Appena terminai di leggere la mail mi accorsi che stavo sorridendo. Avrei voluto rispondergli subito, ma nel salotto c'era qualcuno che mi stava aspettando e non potevo fare attendere ad oltranza la mia ospite, così rimandai. Presi la padella con il fondo antiaderente che si trovava nel mobile sotto il lavello e feci friggere due uova. Nel frattempo preparai altro caffè, sciacquai due tazze, due piatti e le posate. Quando le uova furono pronte le misi nei piatti, pulii la padella e, dato che il tostapane non c'era, fui costretto ad usarla per preparare qualche fetta di pane tostato. Spostai il computer su una sedia e stesi sul tavolo una tovaglia verde e azzurra che avevo trovato in uno dei cassetti e apparecchiai, cercando di sistemare piatti e posate in modo che sembrassero...carini. Ero così impegnato che mi accorsi della presenza di lei nella stanza solo quando sentii il suo profumo.
-Sapevo che gli orientali fossero perfezionisti, ma non immaginavo fino a questo punto!-
Mi prendeva in giro, e non mi dispiaceva per niente. Le sorrisi di rimando. Desari prese posto di fronte a me, mise un cucchiaino di zucchero nel caffè e iniziò a berlo lentamente. Io feci lo stesso. Mi sentivo strano, ero come ipnotizzato dai suoi occhi argentati, dalla sua pelle candida, dalle sue labbra che sembravano fatte della stessa sostanza delicata dei petali di ciliegio. La osservai mentre mangiava piano quello che avevo preparato.
-Di solito non mangio uova la mattina, ma queste sono proprio buone.-
Mi sorrise, ed io fui orgoglioso di me stesso come non lo ero mai stato prima. Sentivo che qualcosa in me stava cambiando. No, non ero spaventato. O meglio, lo ero solo perchè stava accadendo troppo in fretta. Abbassai gli occhi sul mio piatto e mi accorsi che non avevo toccato cibo. Sentivo caldo, avevo lo stomaco sottosopra, ma mi costrinsi lo stesso a mandare giù qualcosa. In conclusione, bevvi più caffè che altro.
-Dato che sei stato tanto carino con me, lascia che lavi almeno i piatti.-
-Ma no, non ce n'è bisogno.-
-Per favore, è il minimo che possa fare! Insisto.-
Senza lasciarmi neanche il tempo di rispondere, con una velocità impressionante sparecchiò la tavola, adibì una busta a contenitore della spazzatura e vi gettò dentro i resti della colazione. Subito dopo recuperò una spugna e il sapone per i piatti. Sorrisi e mi sedetti ad osservarla. Lei sembrava completamente a suo agio, come se conoscesse me e questo appartamento da sempre. Approfittai di quel momento di silenzio per rispondere alla mail di Kurosaki.
"Ichigo Kurosaki, sei scurrile come sempre! Sai benissimo che non sono venuto qui per le ragazze. Mi mancate anche voi, e sono qui soltanto da un giorno...mi auguro di potervi venire a trovare presto.
Mi fa piacere che tu abbia trovato un buon lavoro, ma stai attento a non trascurare lo studio. Che mi dici di Orihime? Non posso scriverle perchè non ho il suo indirizzo e-mail, ma se tu fossi così gentile da procurarmelo ne sarei lieto.
...d'accordo, sei mio amico e devo dirtelo. Una ragazza ci sarebbe. Si chiama Desari Savage, è una studentessa di psicologia ed abita nell'appartamento di fronte al mio. Sai che non ho molta dimestichezza con le donne, eppure abbiamo passato la notte insieme e adesso lei è nella mia cucina e sta lavando i piatti sporchi della colazione.
Ti ho dato un buon motivo per essere finalmente invidioso di me?
P.S. Quando ho detto che abbiamo passato la notte insieme, non intendevo in "quel" senso. Ci siamo soltanto addormentati insieme. "
Anche se eravamo lontani, il rapporto tra me ed Ichigo restava sempre uguale. Ci punzecchiavamo, ma ci volevano un gran bene. Gli inviai la risposta e raggiunsi Desari che aveva finito di lavare i piatti e li stava asciugando.
-Lascia, hai già fatto abbastanza.- le dissi con un sorriso sfilandole dolcemente dalle mani lo strofinaccio.
Lei prese il mio posto, sentivo il suo sguardo fisso sulla mia schiena mentre asciugavo le stoviglie e le rimettevo al loro posto.
-Allora, Ishida. Perchè sei venuto qui?-
-Per trovare lavoro.-
-Se non ricordo male tu sei laureato in medicina, e sei già un professionista. In Giappone ci sono troppi medici?-
-No, non è per questo. Avevo voglia di girare, di andare da un'altra parte ad esercitare la mia professione.-
-Hai già aperto uno studio medico?-
-No, ma lo farò appena possibile.-
-E non lavori?-
-Nel tempo ho accumulato denaro a sufficienza per poter stare bene finchè non avrò aperto uno studio.-
-Ci sono molti locali sfitti qui in paese, e il medico più vicino sta a Bucarest. Ci farebbe comodo averne uno qui.-
-Me l'hanno già detto.-
-Se vuoi, posso aiutarti a scegliere. Conosco abbastanza bene il posto.-
Mi asciugai le mani e riposi lo strofinaccio, piegandolo accuratamente. Sorrisi come un idiota. Una parte di me voleva rifiutare. Ero partito per tagliare i ponti, e non ero pronto per crearne di nuovi. Ma un'altra parte di me sentiva quasi il bisogno di accettare.
-Allora, che ne dici Ishida?-
La sua voce mi arrivò dritta al cuore. Volevo sentirla ancora, e ancora, e ancora. Finii per accettare l'invito. Ci saremmo visti nel pomeriggio e avremmo fatto una lunga passeggiata per il paese in cerca di un luogo che fosse adatto al mio scopo.
Mi sentii improvvisamente solo quando lei uscì dall'appartamento. Sapevo che l'avrei rivista poco dopo, ma...già mi mancava. Era una sensazione nuova per me che ero convinto che tutti prima o poi mi avrebbero spezzato il cuore, che le cose belle non duravano mai abbastanza da prolungare quei miseri attimi di felicità. Forse era per questo che non avevo mai osato affezionarmi davvero a qualcuno. Poi erano arrivati i miei amici. Dal nostro primo incontro erano passati ormai tanti anni, ma loro erano ancora li. Probabilmente la mia teoria sulle gioie della vita era soltanto un muro che avevo costruito dopo la morte di mio nonno per difendermi. Si, probabilmente le cose stavano così.
Pranzai velocemente e poi decisi che sarebbe stato meglio fare un bagno prima di uscire. Riempii la vasca di acqua bollente e mi immersi con un sospiro. La temperatura era perfetta. Mi immersi totalmente per qualche secondo, poi riemersi e mi sistemai i capelli all'indietro. Chiusi gli occhi e permisi ai miei pensieri di vagare liberamente. Se un attimo prima immaginavo di essere nel cortile della scuola con Ichigo e Inoue, l'attimo dopo questa immagine veniva sostituita dal sorriso e dalla risata di Desari. Allora immaginai come sarebbe stato rimanere tutta la notte sveglio mentre lei dormiva a passare le dita tra i suoi capelli, immaginai le sue labbra di un rosa inconfondibile sulle mie, le sue braccia intorno al mio collo e le mie mani sui suoi fianchi.
Non appena i miei pensieri si fecero decisamente più spinti mi decisi a riaprire gli occhi. Sciacquai lo shampoo che era rimasto sui capelli e nell'uscire dalla vasca mi accorsi che al mio corpo era successo qualcosa. Mi vergognai molto di quello che era accaduto e mi arrotolai in fretta e furia un asciugamano intorno alla vita. Non potevo presentarmi in quello stato! Desari avrebbe sicuramente pensato che ero un maniaco, un pervertito! Dovevo assolutamente calmarmi, così andai in cucina e bevvi a piccoli sorsi un'intera bottiglia d'acqua da un litro. Ad ogni sorso una di quelle immagini che la mia mente aveva creato sembrava scomparire, e quando finii l'acqua il mio corpo si era calmato. Tornai in camera da letto e, per la prima volta nella mia vita, pensai: "E adesso cosa mi metto?". Non volevo sembrare troppo elegante ma neanche sciatto. Rimasi almeno un quarto d'ora a passare in rassegna tutti i miei abiti, e alla fine scelsi un paio di jeans neri, un maglione beige con il collo alto e un paio di scarpe sportive nere. Indossai il mio fedele cappotto nero, presi le chiavi di casa e quando uscii dalla porta mi accorsi che ero pronto con mezz'ora di anticipo. Non avevo voglia di tornare dentro, per cui decisi di andare a vedere come stava il signor Dubrinsky. Sarei tornato indietro in tempo per l'appuntamento.
Come sempre, il signor Dubrinsky era seduto dietro il bancone della reception con la sua impeccabile divisa blu, intento a sfogliare il suo registro.
-Salve, signor Dubrinsky.- lo salutai non appena varcai la soglia dell'atrio.
-Oh, signor Ishida! Che piacere vederla. Come si trova nel suo appartamento?-
-Molto bene, è perfetto.-
-E...ha conosciuto i suoi vicini?- mi chiese cercando di nascondere un sorriso.
-Per adesso ho avuto modo di fare soltanto la conoscenza della signorina Savage.-
-Eh, si, una brava ragazza. Da quando lei è arrivata qui le cose sono migliorate a vista d'occhio!-
-Posso chiederle il motivo?-
-La signorina Savage appartiene a una delle famiglie più ricche e importanti della Romania. Si è trasferita qui per sfuggire al controllo maniacale della madre. Io l'ho conosciuta, sa? E' una donna affascinante, ma...beh, non vorrei essere suo figlio! Comunque, dicevo....ah, si. Il padre l'ha accontentata comprandole un appartamento qui per permetterle di seguire le lezioni alla facoltà di Psicologia, ed è lui che finanzia gran parte delle spese di questa struttura.-
-Capisco. Invece lei come sta? Ha preso lo sciroppo che le avevo prescritto?-
-Si, l'ho preso, e devo dire che il suo effetto è quasi immediato. Ho tossito pochissimo stamattina.-
-Bene, mi fa piacere. Tra qualche giorno la visiterò di nuovo, così vedremo de lo sciroppo ha risolto il suo problema.-
-La ringrazio di cuore, signor Ishida. E' davvero un uomo gentile.-
Gli rivolsi un sorriso. Quell'uomo mi aveva fatto simpatia dalla prima volta in cui l'avevo visto, e non me la sentivo proprio di chiedergli un pagamento. La sua buona salute e un sorriso mi sarebbero bastati. Controllai l'orologio e vidi che era quasi ora. Salutai il signor Dubrinsky e presi l'ascensore. Contemporaneamente mi prese una fitta allo stomaco che non voleva saperne di allentarsi. Ci pensai su un attimo, e realizzai che con molta probabilità si trattava di ansia. Uscii dall'abitacolo e non appena arrivai di fronte alla porta del mio appartamento sentii scattare la serratura del 205.
-Hei, ciao! Sono in ritardo?-
Desari indossava il cappotto bianco della sera prima, jeans chiari, stivali neri, un paio di guanti azzurri e un cappellino dello stesso colore.
-No, sei in perfetto orario.- mi accorsi di sorridere mentre le rispondevo.
Senza che io potessi prevederlo, lei mi si avvicinò e mi stampò due baci sulle guance. Mi sentii subito avvampare, poi ricordai che gli europei si salutavano in quel modo. Ricambiai, sentendomi davvero impacciato. Scoprii che la sua pelle, a contatto con le mie labbra, era davvero morbida. Dovetti usare tutto l'autocontrollo di cui disponevo per non ricominciare ad immaginare quelle cose di cui mi vergognavo tanto...
-Allora, vogliamo andare?- mi disse, distogliendomi dai miei pensieri.
-Si, andiamo.-
Ci infilammo di nuovo nell'ascensore e quando arrivammo all'ingresso del residence vidi con la coda dell'occhio il signor Dubrinsky che mi lanciava occhiatine piuttosto eloquenti. Rabbrividimmo per il freddo una volta usciti fuori, ma questo si attenuò quando iniziammo a muoverci .
-Parlami del Giappone.- mi disse dopo qualche istante di silenzio.
-Cosa vuoi sapere?-
-Tutto! Mi ha sempre affascinata, e chi meglio di te può parlarmene?-
-Beh...il Giappone è un paese affascinante, direi che è la perfetta unione di tradizione e modernità. Abbiamo molte feste nel corso dell'anno. Personalmente, le due che preferisco sono l' "Hanami" che si tiene durante il periodo della fioritura degli alberi di ciliegio e la cosiddetta "Hinomatsuri".-
-L' "Hanami" lo conosco, ma...l' "Hinomatsuri"?-
-E' una festa che si organizza per le bambine, affinchè crescano bene e siano felici. E' molto particolare, secondo me è una di quelle cose che bisogna vedere per poterle apprezzare fino in fondo. A volte i semplici racconti, per quanto siano accurati e dettagliati, non bastano a descrivere la bellezza di un evento.-
-Quando finirò gli studi andrò in Giappone. Voglio vedere tutto!-
-Se vuoi vedere tutto dovrai rimanerci per un bel pò.-
-Non mi dispiacerà. Ci sono altri giapponesi con gli occhi azzurri come i tuoi?-
-Beh, ci sono quelli che mettono le lenti a contatto colorate. E poi ci sono quelli che si tingono i capelli, che si fanno le lampade, quelli che si fanno le operazioni agli occhi per renderli più "orientali".-
-Il colore dei tuoi occhi è naturale, vero?-
-Assolutamente si.-
Mentre parlavamo notai un cartello con la scritta "VENDESI". Presi nota del numero di telefono indicato e dell'indirizzo e proseguimmo oltre. Durante la nostra passeggiata incontrammo diversi cartelli come quello, e ne memorizzai quattro.
-Mi piacciono tanto gli yukata che indossano le ragazze giapponesi. Sono così belli, tutti colorati! Ho sempre sognato di possederne uno.-
Mentre parlava i suoi occhi si illuminarono e vidi fiorire un bellissimo sorriso sulle sue labbra. Pensai che avrei dato qualsiasi cosa pur di vederla sorridere sempre in quel modo, pur di vedere sempre quella scintilla nei suoi occhi.
-Posso fartene uno io, se vuoi.-
-Sai cucire?- mi guardò con gli occhi sgranati.
-Il cucito e il ricamo sono due delle tre mie grandi passioni.-
-E quale sarebbe la terza?-
Un sorriso amaro si affacciò agli angoli della mia bocca.
-Il tiro con l'arco, ma è da un pò che non lo pratico.-
-Wow! Sei un uomo tuttofare!-
-Diciamo che me la cavo, si.-
Ebbi come l'impressione che mi stessi vantando delle mie capacità con lei.
-A te cosa piace fare?- le chiesi deviando l'attenzione da me a lei.
-Mi piace leggere, suonare il pianoforte e dipingere.-
-Qual'è il tuo compositore preferito?-
-Ludovico Einaudi, un italiano. Scusa, ma ti intendi anche di musica?-
-No, era solo per fare conversazione.- le dissi con un mezzo sorriso.
Per quella battuta mi beccai un pizzicotto nel fianco e una leggera spinta. Dopodiché lei scoppiò a ridere, e la sua risata contagiò anche me. Da quanto tempo non godevo della compagnia di qualcuno in questo modo?
-Si è fatto tardi, credo che sia meglio tornare indietro.- disse lei ad un certo punto guardando l'orologio.
-Ho visto un ristorante italiano vicino al residence. Ti fermi con me?-
Due inviti in un giorno solo. Stavo davvero facendo enormi progressi! Orihime sarebbe stata fiera di me.
-Solo se offri tu.-
-Sarebbe scortese far pagare una donna.-
Desari rise di nuovo e, inaspettatamente, mi prese sottobraccio. Ebbi l'impressione che l'incavo del mio gomito fosse stato creato apposta per combaciare con il suo perchè le nostre braccia si incastrarono perfettamente. Sentivo il suo corpo vicinissimo al mio, i suoi fianchi che ogni tanto sfioravano i miei. Dio, sarei potuto impazzire. Arrivammo al ristorante nel giro di un quarto d'ora. Ci sedemmo l'uno di fronte all'altra e subito dopo una cameriera ci raggiunse.
-Buonasera! Cosa volete ordinare?- ci chiese sorridente.
-Spaghetti al pomodoro.-
Rispondemmo all'unisono, e mi sembrò d'un tratto la cosa più bella del mondo. Desari mi sorrise, era arrossita leggermente, e dal calore che provavo sulle guance mi resi conto di essere arrossito un pò anch'io. Feci finta di tossire per scacciare via l'imbarazzo di quel momento. Mi accorsi che stavo tormentando nervosamente la manica sinistra del mio maglione, e lei si mordeva piano il labbro inferiore.
Quelle labbra, le sue labbra...
   
 
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