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Autore: Nata dalla Tempesta    05/07/2012    4 recensioni
-Se non sbaglio...- la voce di Desari interruppe il corso dei miei pensieri -...noi due non avevamo ancora finito.-
Sorrise maliziosa, ed io capii al volo dove voleva arrivare. Mi tolse gli occhiali e mi baciò, affondando le dita nei miei capelli.
Subito dopo eravamo di nuovo insieme, di nuovo uniti in quell'estasi di anima e corpo così meravigliosa, così perfetta da rimanere senza fiato.
"Desari, non so ancora se ti amo. Ma se questo non è amore, di sicuro è la strada per arrivarci."
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ishida Uryuu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero stanco.
Stanco di essere un Quincy.
Stanco di mio padre.
Stanco dei miei problemi.
Semplicemente stanco.
Fu così che decisi, di punto in bianco, di lasciare il Giappone quando terminai gli studi universitari. Mi laureai in medicina in breve tempo con il massimo dei voti, e l'anno successivo ero già un medico specializzato. Dopotutto, non mi aspettavo niente di meno. Lasciai Tokyo, lasciai gli amici di sempre, lasciai la mia casa per andare lontano, all'inizio nemmeno io sapevo dove. Decisi quando arrivai in aeroporto. Presi scrupolosamente nota di tutte le destinazioni che il tabellone proponeva, vagliando ogni possibilità. Poi vidi quel nome. Mi sembrò un ottimo posto dove ricominciare, quindi feci il biglietto e pochi minuti dopo ero già sull'aereo diretto a Bucarest. La Romania era abbastanza lontana da tutto quello che volevo lasciarmi alle spalle. Speravo che, in un modo o nell'altro, sarei riuscito a rifarmi una vita lontano dall'Ishida che ero prima. Seduto sullo scomodo sedile di tessuto, ripensai al giorno in cui avevo detto a Ichigo che sarei partito.
-Ichigo, io me ne vado.- gli dissi mentre lui si stava rilassando sul divano di casa mia.
-Cosa? Che vuol dire che te ne vai?- mi chiese mettendosi di colpo a sedere.
-Solo quello che ho detto.-
-E dove vuoi andartene, me lo spieghi?-
-Non lo so ancora. So solo che sarà un posto molto lontano da qui.-
-Quando hai intenzione di partire?-
-Domani mattina.-
-Così presto...ma perchè?-
Sospirai, mi sistemai gli occhiali e mi passai una mano tra i capelli.
-Ho bisogno di ricominciare, Ichigo. Tutto qui.-
-Capisco. Beh, ti auguro di trovare quello che cerchi dovunque andrai.-
Che cosa cerco? Me lo chiesi mentre regolavo l'inclinazione del sedile. Cercavo una nuova vita, un nuovo Ishida.
-Prende qualcosa?-
La voce di un'hostess dai tratti delicati mi distolse dai miei pensieri. Le feci cenno di no con il capo e lei passò oltre. Chiusi gli occhi e lasciai che l'aereo procedesse placido, mentre io scivolavo nella buia pace del sonno.
-Signore. Signore! Siamo arrivati!-
Misi pian piano a fuoco l'ambiente intorno a me, e mi ritrovai a fissare il viso dell'hostess di prima. Mi sistemai gli occhiali, cercando di ricompormi. Avevo davvero dormito per tutta la durata del viaggio?
-Signore, i passeggeri sono scesi quasi tutti.-
La ringraziai con un mezzo sorriso e sbadigliai quando lei si allontanò. Presi la giacca, la borsa ed uscii dal velivolo. Era pieno inverno in Romania, e tirava un vento a dir poco gelido che in Giappone non avevo mai sperimentato. Infilai il cappotto e mi diressi in fretta al chiuso. Attesi un'ora prima di poter ritirare i miei bagagli.
Solo allora mi resi conto che non sapevo dove andare. Comprai un libro sulla Romania nell'edicola dell'aeroporto e cercai un hotel o un residence dove alloggiare finchè non avessi preso una dimora fissa. Il denaro non era un problema. Mio padre si era finalmente deciso a passarmi un pò di soldi e grazie ai miei lavoretti part-time avevo messo da parte una cospicua somma di denaro che, appena possibile, avrei cambiato con la moneta locale, il Leu rumeno, e che mi avrebbe permesso fare ciò che volevo.
La mia attenzione fu attratta da una scritta al centro della pagina 53 che diceva "Cherryblossom Residence". Lessi attentamente, e scoprii che si trattava di un residence in un paesino tra i Carpazi non lontano da Bucarest. Bene, avrei cominciato da li. Composi il numero segnato in grassetto in fondo alla pagina. Mi rispose la voce di un uomo.
-Cherryblossom Residence, buongiorno.-
-Buongiorno, vorrei prendere un appartamento in affitto.-
-Un appartamento? Attenda in linea, per favore.-
Udii il ticchettio delle dita dell'uomo sulla tastiera di un computer.
-Bene, al momento ci sono due appartamenti disponibili. Uno si affaccia sul cortile interno del residence, l'altro sulla catena montuosa. Quale preferisce?-
-L'appartamento sui monti andrà benissimo.-
Altro ticchettio.
-Vuole fornirmi i suoi dati, per favore?-
-Certamente.-
-Nome?-
-Uryu Ishida.-
-Data di nascita?-
-6 Novembre...-
Continuammo finchè non ebbe scritto tutto ciò che c'era da sapere per il contratto.
-Quando pensa di arrivare, signor Ishida?-
-Quanto tempo mi ci vorrà per arrivare da Bucarest?-
-Mmm...sono due ore di macchina.-
-Allora sarò li tra due ore.-
-Perfetto. La aspettiamo, signor Ishida.-
Chiusi la comunicazione con il sorriso sulle labbra. Adesso si che avevo un posto dove andare. Presi i bagagli e mi misi alla ricerca dell'ufficio del cambiavalute. Lo trovai presto e cambiai i miei Yen in Lei rumeni. Poi, infilato bene il cappotto, affrontai il freddo dell'inverno rumeno. Fuori dall'aeroporto c'erano parecchi taxi, così ne scelsi uno. L'uomo alla guida mi aiutò a caricare le valigie nel portabagagli e quando ci fummo riparati all'interno dell'abitacolo mi chiese: -Dove la porto?-
-Al "Cherryblossom Residence".-
L'uomo digitò la destinazione sul suo GPS e qualche secondo dopo eravamo già in marcia. Dopo quarantacinque minuti di assoluto silenzio, l'uomo mi rivolse di nuovo la parola. -Da dove viene?- mi chiese.
-Giappone.-
-E cosa la porta qui, se posso chiedere?-
-Sono un medico.-
-Abbiamo bisogno di medici in questa zona. Lei è il benvenuto, signore!-
Gli rivolsi il sorriso più amichevole di cui ero capace e poi iniziai a guardare il paesaggio attraverso il finestrino. La neve iniziò a cadere poco dopo in piccoli fiocchi che, poco a poco, ricoprirono tutto.
Il resto del viaggio fu tanto silenzioso quanto monotono, ma alla fine arrivammo a destinazione. Pagai la corsa e scaricai i bagagli. Guardai l'entrata del residence. Una scritta dorata e molto elegante troneggiava su un magnifico portone ligneo finemente decorato. Una piccola scritta accanto ai battenti diceva "Cherryblossom Residence - Suonare". Obbedii e subito una voce maschile gracchiò fuori dal citofono.
-Cherryblossom Residence.-
-Sono il signor Ishida.-
Il portone fu aperto immediatamente. Fui accolto dal confortante calore dei termosifoni accesi, e dal magnifico profumo dei fiori di ciliegio. Era impossibile che ce ne fossero all'interno, e con quel clima difficilmente sarebbero potuti sopravvivere, per cui pensai subito ad un deodorante per ambienti. Mi recai alla reception, dove un uomo che indossava un'elegante divisa blu era intento a scrivere su un registro. Quando mi vide ripose la penna che stava usando e mi sorrise.
-Lei deve essere il signor...-
-Ishida, Uryu Ishida. Ci siamo parlati un paio d'ore fa.-
-Certo, certo! Prego, firmi qui...-
Mi porse il registro e mi indicò dove mettere la firma.
-Benissimo. Attenda un momento, per favore.-
Frugò per un attimo sotto il bancone e, poco dopo, uscì un mazzo di chiavi dal quale ne estrasse due che mise in un portachiavi a parte.
-Ecco le sue chiavi, signor Ishida. Quella rotonda è la chiave del suo appartamento, quella quadrata è la chiave del portone. Serve aiuto per portare i bagagli?-
-No, la ringrazio, faccio da solo.-
-Il suo appartamento è il 206, all'ultimo piano.-
Lo ringraziai con un cenno del capo e presi l'ascensore. Pigiai il pulsante che indicava il quinto ed ultimo piano del residence e attesi. Quando le porte dell'abitacolo si riaprirono presi la mia roba e cercai con lo sguardo il numero del mio appartamento. Evidentemente mi ero distratto parecchio, perchè non feci caso alla persona che stava correndo nel senso opposto al mio. Quando me ne accorsi ero già steso per terra e una massa di folti capelli neri mi occupava la visuale.
-Scusami, non ti ho proprio visto! Sono proprio sbadata certe volte.-
Alzai lo sguardo per replicare e mi trovai davanti un paio di bellissimi occhi grigi, che sembravano quasi due pozze argentate, incorniciati da folte ciglia scure. Mi sistemai gli occhiali per avere una visuale più completa. La persona che mi era venuta addosso era una ragazza dai lunghi capelli neri e dagli occhi bellissimi. Le sue labbra erano a forma di cuore, ed erano rosa come delicati petali di ciliegio. La aiutai a rimettersi in piedi. Indossava un cappotto bianco lungo fino alle ginocchia, jeans scuri, stivaletti chiari scamosciati, una sciarpa blu e in testa un basco dello stesso colore.
-Sei nuovo?- mi chiese sfoderando un magnifico sorriso.
-Si, sono arrivato oggi.-
-Ti piacerà stare qui, sul serio!-
Rimasi affascinato dai suoi occhi, che erano come potenti calamite per il mio sguardo.
-Che maleducata, non mi sono presentata nemmeno! Piacere, mi chiamo Desari Savage.-
Mi tese la mano, piccola e delicata. Gliela strinsi facendo attenzione a non farle male.
-Uryu Ishida, piacere di conoscerti.-
-Hai gli occhi azzurri! Ma gli occhi degli orientali non sono scuri?-
-Si, di solito si.-
Mentre lei osservava la mia "anomalia" genetica, sentii un poco familiare calore che saliva dallo stomaco per poi irradiarsi in tutto il corpo. Sentii quello strano calore anche sul viso. Di colpo non c'era altri che lei in quel corridoio, in quel residence, in tutta la Romania.
-Scusami Ishida, ma adesso devo proprio andare. Ci vediamo in giro!-
La sua voce mi riportò alla realtà, ed ebbi appena il tempo di sentire la scia del suo profumo prima di vederla sparire dentro l'ascensore. Sbigottito, raccolsi le mie valigie da terra e continuai a cercare il mio appartamento che trovai situato alla fine del corridoio. Infilai la chiave nella serratura ed aprii la porta. Fui subito investito dal profumo dei pavimenti appena lavati e delle lenzuola pulite. Mi chiusi la porta alle spalle e mi guardai intorno. Il soggiorno era arredato con mobili minimal. Al centro troneggiava un divano con penisola bianco, probabilmente in eco pelle. Proprio di fronte, un televisore al plasma, sempre bianco, era situato sopra un mobiletto nero sormontato da una libreria dello stesso colore. A destra un elegante camino era stato acceso e la legna scoppiettava allegramente creando ombre che danzavano sul fondo bianco leggermente annerito del focolare. Controllai la cucina, arredata nello stesso modo essenziale. Il bagno era decorato con piastrelle bianche e blu.
-Ottimo accostamento cromatico.- commentai.
Subito mi venne in mente la mia divisa da Quincy, bianca e blu. Scossi la testa per cacciare via quel pensiero. Tornai ad esaminare il bagno. C'erano una grande vasca da bagno bianca, un lavandino, un armadietto bianco, e uno specchio. Passai alla camera da letto. Una parete era interamente occupata da un armadio color panna. Completavano l'arredamento un letto matrimoniale, due comodini dello stesso colore dell'armadio e un lampadario a forma di fiori di ciliegio.
Beh, l'appartamento era sicuramente più grande di quello a cui ero abituato in Giappone. Mi ci sarei abituato. Disfeci lentamente le valigie, mettendo magliette, camicie, calze ed intimo nei cassetti, i pantaloni, le giacche e le cravatte appesi dentro l'armadio. Le scarpe, ovviamente, in basso. Posizionai il computer sul tavolo di legno chiaro della cucina e, senza perdere tempo, scrissi una mail ad Ichigo.
"Kurosaki,
sono appena arrivato nel mio nuovo appartamento. Fa un freddo terribile! Ho fatto male i miei calcoli, e sono capitato nel bel mezzo dell'inverno rumeno. Comunque, sto bene. "
Ero indeciso se raccontargli l'incontro con la ragazza. Alla fine, decisi di non dirgli niente.
"Tu come stai? Fammi sapere presto.
Ishida."
Rilessi la mail, poi premetti "invia". Collegai il computer all'alimentatore e lo lasciai acceso. Controllai l'ora. Accidenti, era davvero tardi! Secondo i miei standard l'ora di cena era passata da un pò! Controllai negli armadietti della cucina ma, come previsto, erano vuoti. Così presi il portafoglio e lo infilai nella tasca posteriore dei jeans, indossai il cappotto e chiusi la porta a chiave. Rifeci la strada a ritroso e, quando misi piede nell'atrio, sentii che l'uomo aveva una brutta tosse. Tossì parecchie volte prima di riprendere fiato.
-Oh, signor Ishida! Mi perdoni, non l'avevo sentita arrivare.- mi disse appena mi vide.
-Non si preoccupi. Piuttosto, lei sta bene? L'ho sentita tossire...-
-Era solo un pò di tosse, non si preoccupi.-
-Sono un medico, potrei visitarla se vuole. In cambio non le chiedo assolutamente niente.-
-Beh, in questo caso...- mi rivolse un mezzo sorriso.
Pochi minuti dopo eravamo nella camera da letto del suo piccolo appartamento al piano terra.
-E' soltanto una bronchite. Ma può peggiorare, se non va curata.- gli dissi dopo averlo visitato.
Gli prescrissi uno sciroppo e firmai la ricetta.
-La ringrazio, signor Ishida.- rispose sorridente.
-Nel frattempo, stia ben coperto ed eviti gli sbalzi di temperatura. Starà bene nel giro di qualche giorno.-
Riposi i miei strumenti nella valigetta blu e feci per uscire dall'appartamento quando mi ricordai che non avevo ancora cenato. Così feci un passo indietro e mi voltai verso l'uomo.
-Mi scusi, sa dirmi se posso trovare un supermercato aperto a quest'ora?-
-Si, ce n'è uno proprio qui, dietro l'angolo. E comunque il mio nome è Igor Dubrinsky.-
-Ma certo. Allora la ringrazio, signor Dubrinsky. E si copra bene!-
Uscii dalla porta silenziosamente e mi diressi verso l'uscita. Non posai nemmeno la valigetta nel mio appartamento. La neve aveva coperto tutto, alberi, case, strade ed automobili. Senza dubbio era uno spettacolo magnifico. Seguii le indicazioni del signor Dubrinsky e trovai il supermercato senza difficoltà. Comprai quello che, secondo i miei calcoli, mi sarebbe abbondantemente bastato per una settimana. Pagai il ragazzo che stava alla cassa ed uscii. La notte era illuminata soltanto dai lampioni ai lati delle strade, ma il cielo era limpido, le nuvole che minacciavano altra neve erano sparite, così ne approfittai per una passeggiata. Camminavo lentamente per le vie di quel pittoresco paese, quando all'improvviso udii delle voci maschili che sembravano abbastanza concitate e, a mio avviso, aggressive che cercavano di sovrastare una sottile voce femminile. Seguii le voci che mi portarono fino ad un vicolo cieco, dove un gruppetto di cinque ragazzi accerchiava una ragazza con il cappotto bianco. Sgranai gli occhi quando riuscii a scorgere il viso di lei e mi accorsi che si trattava di Desari!
-Per favore, lasciatemi andare!- li supplicava mentre cercava un varco per scappare.
-Su, non fare storie e vieni con noi!- diceva uno di loro.
-Si, ci divertiremo tanto insieme.- un altro rincarò la dose.
Non avevo mai sopportato i maltrattamenti, soprattutto sulle donne. Così lasciai le buste della spesa e la mia borsa vicino ad un lampione ed entrai anch'io nel vicolo.
-Avanti, muoviti!- disse un terzo mentre afferrava violentemente il braccio della ragazza.
Gli misi una mano sulla spalla e lo spinsi di lato.
-Non hai sentito la signorina? Andatevene e lasciatela in pace.-
I cinque si misero a ridere sguaiatamente.
-E tu chi sei, la fata madrina?- mi schernì uno di loro.
Sentii uno scatto metallico alle mie spalle e vidi i due ragazzi che mi erano sfuggiti che avevano immobilizzato Desari e le tenevano un coltellino puntato al collo. A quel punto la situazione era diventata insostenibile. Con uno scatto fulmineo colpii il ragazzo che teneva il coltello con un pugno sotto il mento e con un calcio feci cadere l'altro a terra, boccheggiante. Gli altri tre mi corsero incontro con i pugni alzati. Erano semplicemente ridicoli, non avevano mai affrontato un vero combattimento. Li stesi velocemente, lasciandoli accasciati nella neve con le labbra e il naso sanguinanti. Mi sistemai nuovamente gli occhiali che, nel frattempo, mi erano scivolati sul naso e mi volsi verso Desari che si era rifugiata in un angolo. Mi avvicinai lentamente a lei per non impaurirla ancora.
-Va tutto bene?- le chiesi.
Lei mi fece cenno di si con la testa. Aveva le lacrime agli occhi e tremava come un pulcino bagnato. Le tesi una mano e lei, dopo qualche istante di esitazione, la prese e uscì dall'ombra.
-Ti hanno fatto del male?-
-No, per fortuna sei arrivato tu.-
-Bene. Vieni, ti accompagno a casa.-
Istintivamente le cinsi le spalle con un braccio e lei si strinse a me. Recuperai le mie cose e tornammo al Cherryblossom. Quando entrammo insieme, il signor Dubrinsky non fece domande ma giurerei di averlo visto sorridere.
-A che piano stai?- le domandai.
-All'ultimo, stanza 205.-
-Siamo dirimpettai allora.- le sorrisi nel modo più convincente che potei.
Entrammo nell'ascensore che, all'improvviso, sembrava troppo piccolo e troppo caldo. La salita fino al quinto piano mi sembrò infinita eppure, quando le porte si riaprirono, mi sembrò che fosse durato troppo poco. Quando arrivammo di fronte ai nostri appartamenti, Desari ebbe un attimo di esitazione prima di aprire la porta.
-Ishida, ti va di prendere un tè?-
La sua proposta mi lasciò spiazzato, e lei se ne accorse perchè abbassò lo sguardo, mortificata. Ichigo aveva ragione, con le donne non ci sapevo proprio fare!
-Certo, è un'ottima idea.- risposi.
I suoi occhi si illuminarono e armeggiò qualche istante con la serratura prima di riuscire ad aprirla. Mi invitò ad entrate ed accese le luci del salotto. Si tolse il cappello, la sciarpa e il cappotto e mi invitò a fare lo stesso. Ripiegai con cura i miei indumenti e li poggiai in un angolo del divano color caffè che lei mi aveva indicato.
-Il tè verde va bene?- mi domandò dalla cucina.
-Si, va benissimo.-
Mi accomodai sul divano per qualche secondo, poi pensai che era scortese lasciare che lei, ancora visibilmente provata per il recente scontro, mi servisse. Per cui andai in cucina.
-Posso darti una mano?-
Evidentemente ero stato troppo silenzioso perchè lei sobbalzò.
-No, ho quasi finito. Perchè non torni di la?-
-Solitamente il tè lo prendo in cucina. Sempre se non ti dispiace.-
Desari mi sorrise.
-Anche io lo prendo sempre in cucina.-
Versò il liquido trasparente in due tazze color avorio e ci sedemmo l'uno di fronte all'altra.
-Vuoi lo zucchero?-
-No, grazie. Lo bevo così.-
Soffiai un paio di volte sulla bevanda calda e ne bevvi un sorso. Il tè mi riscaldò all'istante, e pensai che l'ultima volta che ne avevo bevuto uno così buono era stato qualche giorno prima che mio nonno...
-Ishida, va tutto bene?- mi sorprese con quella domanda.
Alzai lo sguardo dalla tazza e lo posai su di lei.
-Si, stavo solo pensando.-
Lei annuì.
-Da quanto tempo abiti qui?- le chiesi.
-Da circa tre mesi.- bevve un lungo sorso dalla sua tazza.
-E cosa fai nella vita?-
-Sono una studentessa di psicologia. Tu?-
-Io sono un medico.-
-Ma sei giovanissimo! Quanti anni hai?-
-Ventitrè. Ti farei la stessa domanda, ma il galateo impone di non chiedere l'età di una donna.-
Desari si sciolse in una risata che mi provocò un brivido lungo la schiena.
-Nessun problema! Io ho diciannove anni.-
Sentii a malapena la sua risposta, avevo ancora nelle orecchie l'esco bellissimo della sua risata. Non ero solito badare alle ragazze, ero sempre stato impegnato con lo studio e con il lavoro. Ma lei...lei aveva qualcosa di diverso che aveva catturato la mia attenzione. Non sapevo cosa fosse, sapevo solo che c'era e che ogni volta che l'avrei guardata quel qualcosa avrebbe provocato in me strane sensazioni. Strane, tuttavia piacevoli.
Ci trasferimmo sul divano del soggiorno e chiacchierammo tutta la notte fino ad addormentarci, sfiniti.
Sognai fiori di ciliegio e la sua risata.
   
 
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