Film > Un mostro a Parigi
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Autore: Claudia Ponto    08/07/2012    2 recensioni
Lucille è una cantante scontrosa e vanitosa.
Si sente migliore di tutti e questo causa a lei un isolamento dalle altre persone. Canta di gioia, ma nel suo cuore non vi è nulla di questo sentimento. Ma forse una sera, in compagnia del suo "peggior nemico" Raoul, un incontro mostruoso potrebbe aiutarla ad intraprendere un cammino per la ricercà della felicità
AVVISO: ho deciso di riscrivere completamente dall'inizio la Fiction Monster Heart: a causa di mancanza di ispirazione che mi impedisce di proseguirla come vorrei, ho deciso di cambiarla drasticamente. modificherò tutto: dalla trama in generale al genere di storia, il rating (se necessario) e il ruolo dei personaggi.
chiedo scusa ai lettori che hanno commentato fino adesso, ma sto soffrendo nel non riuscire a continuare questa fiction su un film che adoro sul serio
Genere: Fluff, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Francœur, Lucille, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 4: Nascosti
 
Una settimana dopo.
Dalla festa al L’Oiseau Rare nessuno si era più esibito.
La padrona, Carlotta, era a pezzi: il rapimento della nipote non aveva avuto effetti positivi sulla sua salute che l’aveva costretta a rimanere a letto per riprendere le forze.
Pareva invecchiata di colpo, tutto quel fascino particolare con cui si presentava sempre alla clientela era stato sostituito da una massa di capelli disordinati, rughe e occhiaie profonde, uno stato d’animo costantemente triste.
Ad occuparsi di lei, improvvisandosi infermieri, c’erano degli amici di vecchia data, ma nonostante la buona volontà, non c’era modo di poter migliorare la sua salute… così come per il suo cuore in frantumi. Accanto al letto si era messa tutte le foto di Lucille, le fissava costantemente anche mentre mangiava, sperando che si animassero come per magia per dirle che stava bene e che sarebbe tornata presto da lei.
Una delle poche cose che l’aiutava ad andare avanti erano le lettere che Maynott le inviava: aveva promesso il Prefetto che ogni passo avanti sull’indagine di trovare la cantante scomparsa sarebbe passato anche a lei, in modo tale che potesse sapere quali sforzi stava compiendo la polizia nella caccia al mostro, aggiungendo mielosi auguri di guarigione. Carlotta si accasciò sul letto sorseggiando del tè caldo, il crocifisso appeso lì vicino le ricordò la giornaliera preghiera: per ben 7 giorni aveva pregato il Signore di proteggere Lucille, ovunque ella fosse, e le anime del povero Raoul e del suo amico giornalista rimasti vittima della crudeltà del mostro.
Pregava perché ci fosse giustizia.
 
                                                                                  ****
<< Ehi amico, te la senti di camminare? >>
<< Sono stanco di stare sdraiato… >>
<< Ok, ma non azzardarti a svenire. >>
In città la confusione dilagava da ogni parte, solo nella dimenticata Parigi sotterranea, una zona situata niente meno che proprio sotto l’odierna metropoli divisa dal cemento e gallerie sotterranee formatesi durante la rivoluzione industriale del paese, regnava la tranquillità.
In una delle poche case rimaste in piedi, in modo da poterle sfruttare come solide fondamenta, Emile finalmente si rimetteva in piedi dopo la lunga convalescenza: solo per miracolo non era morto dissanguato, il mostro si era rivelato un ottimo medico ed erano bastate poche cose per salvare la vita al giornalista, tutto sotto lo sguardo incredulo di Raoul e Lucille.
Quando era comparso quel bestione, tutti avevano pensato di essere spacciati, invece… aveva dimostrato un’umanità che nell’essere umano non si era mai vista prima.
Chiamarlo mostro ora suonava come un brutto insulto: lui era intelligente, aveva un cuore per provare emozioni e sentimenti, era gentile e aveva rischiato la propria vita per aiutarli; se fosse davvero una bestia feroce tutto ciò non l’avrebbe mai dimostrato o fatto.
 
Lucille, nonostante tutto ciò, era l’unica a lamentarsi.
Il suo comportamento da mocciosa viziata mise a dura prova i nervi di Raoul che non concepiva la sua “cecità” sulle buone azioni della creatura: lo trattava male, lo insultava, quando aveva bisogno di qualcosa lo sfruttava come un cameriere senza nemmeno chiedergli grazie. Lui sarebbe già esploso di rabbia davanti a tanta sgarbataggine, il loro nuovo amico invece mostrò una calma e una compostezza a dir poco straordinaria, sorridendo addirittura, Raoul si sentì in colpa pensando che non capiva la situazione della piccola strega.
I due litigarono per l’ennesima volta, Lucille nel bel mezzo della discussione se ne andò per non dover ascoltare i giusti rimproveri del rimprovero, prendendo una delle qualsiasi strade abbandonate per poter restare da sola e non ascoltare quelle cose che riteneva sciocchezze. Lei era convinta che tutte quelle storie le facevano solo perché credevano che lei fosse stupida, una montatura per rovinarle la vita; potevano dirle tutto ciò che volevano, lei non avrebbe mai cambiato idea.
Il vestito si impigliò facendola così cadere, ringhiò come un gatto, seccata di vedere il suo bell’aspetto rovinato dalla sporcizia, si sentiva una barbona e l’idea la umiliava, avrebbe dato qualsiasi cosa per un bagno caldo e un set completo di trucchi.
Un mazzo di fiori quasi appassiti le sfiorò il viso, il mostro glieli stava porgendo sorridendo come al solito, il gentil pensiero però venne ricambiato con uno schiaffo.
<< Smettila di apparire all’improvviso brutta bestiaccia! >> urlò lei.
Lucille non riusciva proprio a vedere le sue preziose virtù, più gli stava lontano e meglio era per lei.
Tornò da Raoul ed Emile borbottando, esponendo il suo disappunto di quella sua situazione.
<< Spero che vi siate resi conto che è il momento di tornare alla civiltà. >>
<< Con quel pazzoide in giro ci rendiamo solo conto che possiamo morire. >>
<< Ancora con questa storia? La vostra folle idea che l’onorevole Prefetto sia un assassino non mi convince affatto, non insistete più con questa sciocchezza. >>
<< Dici così solo perché non c’eri. >>
<< E tu dici così solo perché sei geloso della sua fama. >>
Raoul si trattenne, non aveva voglia di litigare, era Emile la sua sola priorità al momento.
<< Però in parte ha ragione: i nostri cari saranno in pensiero per noi. Nasconderci per sempre non è un’idea assai geniali. >>
<< Lo so. Ma ho paura che quel Maynott possa combinare qualcosa di tremendo. >>
Raoul era sempre stato un gran testardo.
Quando si metteva in testa una cosa la doveva portare a termine a tutti i costi.
Emile ci era abituato oramai, soprattutto alle conseguenze che le sue azioni portavano; ma quella volta aveva ben ragione di perseguire il suo pensiero.
Non volevano pensare all’eventualità che potessero sparargli di nuovo.
Intuendo il problema delle persone, l’enorme insetto si avvicinò con un pezzo di carbone in mano e tracciò dei disegni per terra, immagini che rappresentavano montagne, castelli e angeli circondati da onde; ci provava a parlare ma uscivano solo versi dalla sua bocca, scrivere parole era un tentativo enorme che gli faceva male alle zampe.
<< Credo che stia provando a dirci qualcosa. >>
<< A me sembravano solo scarabocchi. >>
<< Zitti, io sono bravo con gli indovinelli. Vediamo… una montagna, dell’acqua… un angelo… Ehi! Credo che si stia riferendo a Mont San Michel! >>
Il Mont Saint-Michel è un isolotto situato presso la costa settentrionale della Francia, dove sfocia il fiume Couesnon: sull'isolotto venne costruito un santuario in onore di San Michele Arcangelo, circondato da una cittadella abbandonata, si trovava al di fuori di una baia, collegata da una sottile striscia di terra che le maree in alcuni periodi dell’anno spariva sott’acqua e da invisibili sabbie mobili descritte come una tremenda trappola mortale da chi ne era scampato.
<< Cosa c’entra quel posto con noi? >>
Disegnò ancora il mostro, rappresentando un abbozzo di Maynott e di un serpente, li cerchiò e poi li tagliò con una grande X.
<< Cerchi di dirci che in questo posto il pallone gonfiato non ci troverà? >>
Scosse la testa, non era quello il significato inteso.
Rifece gli stessi disegni, aggiungendo stavolta un suo autoritratto e delle catene che lo univano al serpente, poi tante persone che altri serpenti stavano mangiando, poi una croce che cancellava la scena raccapricciante.
Il senso che immaginarono era spaventoso, se era una soluzione che voleva dare non era molto rassicurante, ma dal modo in cui aveva disegnato tutto ciò sembrava a quel punto davvero importante.
<< C’è un monastero lì, non penso che ci sia nulla di male andarci. >>
<< Io non ho intenzione di andare da nessuna parte! Fate buon viaggio signori, io me ne torno a casa. >>
Le quattro braccia della creatura costrinsero la cantante a tornare indietro, scuotendo la testa per dirle di no.
<< Sono d’accordo con il nostro nuovo amico: esci da qui e quello pseudo-poliziotto ti concerà per le feste. >>
<< Non vorrete davvero fare questa sciocchezza di seguire l’idea di uno scherzo della natura. >>
<< Sarà anche diverso, ma con quello che è successo preferisco restare dalla sua parte. >>
<< Non avete prove che Maynott sia pazzo. >>
 
L’improvvisa caduta di schegge di legno mise in allarme tutti quanti, il frastuono dell’esplosione non avrebbe potuto far altro.
Mancò poco che una trave del soffitto li schiacciasse quando precipitò d’improvviso, urla di uomini sovrastarono il silenzio, i loro passi frettolosi che calpestavano i detriti e le pozze d’acqua sul pavimento.
Si nascosero mentre luci di torce illuminavano l’oscurità, dei poliziotti si avvicinarono con le pistole puntate in avanti, le mantelle sporche di fango e i movimenti lenti che allertavano i topi nascosti. Lucille voleva andare incontro a loro, Raoul le tappò la bocca a forza per non farle commettere impudenti sciocchezze, incrociando le dita perché non venissero scoperti.
<< Alcuni barboni schifosi hanno detto che hanno visto qualcuno che si era nascosto in questo buco. >>
<< Sarebbe la prima volta che quegli ubriaconi dicono qualcosa di sensato. >>
Non erano poliziotti, il loro modo di parlare e l’atteggiamento non era quello di una persona addestrata seriamente.
<< Spiegami perché stiamo perdendo tempo in questo buco. >>
<< Quel pezzo grosso di Maynott ci paga una fortuna se gli togliamo di mezzo due tizi e gli portiamo una pupa a cui è interessato. >>
Il panico fu generale, in fretta e furia il gruppo cercò di abbandonare quel luogo.
Per fortuna era buio e i posti in cui nascondersi tanti, dovettero muoversi rapidamente per passare inosservati nell’intricato labirinto che pullulava di falsi poliziotti anche nelle zone più disagiate, l’uscita lontana illuminata solo da qualche lampada, segno che erano entrati da lì.
Era quasi in salvo quando l’improvvisa apparizione di un grosso omaccione tra le macerie non li costrinse a fermarsi: rispetto agli altri era più muscoloso, alto e visibilmente più aggressivo, se ne stava lì a guardia del posto fissando con un ghigno seccato, stringendo in mano la pistola.
Non disse nulla, non fece nulla, lasciò il grosso del lavoro agli altri.
<< Ehi, dove sta andando? >>
Il mostro stava scivolando di soppiatto nell’ombra, con il suo corpo scuro gli fu facile non farsi notare dal bestione, riuscendo ad avvicinarsi quanto bastava per averlo come facile bersaglio: fece un debole rumore, quel tanto che bastò per incuriosire l’uomo e farlo avvicinare alla fonte del rumore.
In un attimo la creatura lo mise KO con una legnata, liberando la strada.
La libertà parve assicurata, ma il canto della vittoria fu fin troppo affrettato: la distrazione costò quasi cara quando gli spari rimbombarono addosso a lui, una trave lo sfiorò bruscamente nella caduta, ferendolo al volto.
<< Il mostro! Il mostro! >> urlò qualcuno degli uomini indicandolo, attirando con le sue urla il resto della banda. I falsi poliziotti accorsero insieme, il gruppo non potè far altro che correre prima che accadesse il peggio.
Una volta all’esterno non poterono godere con calma della freschezza dell’aria pura e dello spazio aperto, si lanciarono su uno dei furgoni dei tizi e vi saltarono a bordo, sfrecciando sulla strada a tutto gas, destinazione Mont Saint Michel.
<< Ora sei convinta che il Prefetto è pazzo? >>
Il vetro dei finestrini esplosero, lo sgommare delle ruote gli fece accorgere che erano inseguiti.
Erano stati veloci a salire in auto, alcuni si sporgevano pericolosamente dalle portiere per poter avere la visuale libera e sparare con i fucili.
A bordo del loro mezzo invece avevano solo una minuscola pistola, qualche corda e…. candelotti di dinamite legati insieme.
A Raoul venne un’idea assurda: si fece avvicinare da uno degli inseguitori, prima che potessero sparare mostrò loro i tubi rossi con un ghigno divertito, sbiancando gli uomini armati che urlarono a tutti gli altri di non fare cavolate, avvertimento che non si fermò di certo in quel modo… accese la miccia che scoppiettò animatamente, fece uscire il braccio dal finestrino e lo lanciò all’indietro, ridendo divertito alle frenate disperate per evitare l’esplosione.
 
                                                                                  ****
 
Maynott non aveva povuto partecipare al blitz a causa di certi affari da concludere per conto del suo collega in affari.
Aveva sperato di poter trovare ai suoi piedi i cadaveri di chi gli interessava, altrimenti avrebbe dovuto continuare a pregar Dio affinchè il socio non si vendicasse.
Si era dimostrato troppo sicuro di sé e ne stava pagando le conseguenze, eppure continuava ad aspettarsi un finale positivo, la riuscita della sua follia.
<< Che cosa è successo?! >> chiese agli uomini assoldati.
<< Ci sono sfuggiti… >> rispose uno di loro.
Era furibondo il Prefetto, incavolato per aver perso tempo e denaro con loro, la mano tentatrice vicina alla pistola per usarla nel peggior modo possibile.
Cercò di riflettere con freddezza, di capire quali intenzioni avesse quella dannata bestiaccia, cominciando a pensare che non era solo una questione di bontà per salvare quei due rompiscatole ma ben altro che forse, e sperava solo forse, avrebbe potuto mettere in pericolo il lavoro di una vita intera.
<< Credo di sapere dove stanno andando. >> disse a sé stesso.
                                                                                  ****
 
Guidarono senza sosta fino ai confini della città.
La vastità della campagna francese pareva un mondo alieno in confronto all’urbanizzato agglomerato cittadino raccolto in un unico grande spazio, nient’altro che natura incontaminata e nulla più. Faceva freddo, non c’era alcuna fonte di calore a riscaldarli, il vuoto faceva da padrone in quella zona disabitata dove la natura non era ancora stata toccata da mano umana.
Stare così lontani dalla civiltà faceva paura.
Si fermarono solo quando si sentirono al sicuro.
Erano sfiniti, come se avessero corso a perdifiato, ansimavano pesantemente tentando invano di calmarsi, le gambe che gli tremavano ad ogni minimo movimento, il cuore sembrava sul punto di esplodere per quanto batteva forte.
<< State tutti bene? >> chiese Raoul, massaggiandosi la schiena.
Lucille era seria, Emile abbozzò un sorriso, il mostro si sfiorava appena un taglio provocato dal passaggio di un proiettile.
<< Amico,  tu però sei a pezzi. >> gli disse il giornalista.
<< Ma no. Sto una meraviglia. Dovrei fare tutti i giorni una bella fuga in macchina. >>
<< E ora? Sei ancora convinto di voler andare su quel monte? >>
<< Certamente madame, ma prima sarebbe una buona idea poter “ricivilizzare”. Non mi piace la sensazione molliccia che mi danno i miei vestiti. >>
<< Una volta tanto dici una cosa sensata. Ma qui intorno ci sono solo sterpaglie. >>
<< Se sua maestà ha ancora un poco di pazienza, la porterò in un posto con sterpaglie e un bagno. >>
 
Il furgoncino impiegò un bel po’ con la strada male asfaltata, ma alla fine la destinazione viene raggiunta: una splendida e grande serra si ergeva nel mezzo della campagna, una cupola sferica affiancata ad una casa attraverso cui si vedevano le forme verdi delle piante dall’interno brillava di una luce azzurrina, alcuni piccioni volavano nei dintorni pigramente, attratti dalle sementi sparse a terra, lasciate cadere forse da qualche carico speciale.
<< Speriamo che il professore sia in casa e che possa darci una risposta. >>
Raoul, per diventare l’inventore che aveva sempre sognato di essere, seguiva delle lezioni con un famoso scienziato – botanico assai famoso a Parigi, un certo Professor Amber, i cui studi erano spesso incentrati sulle piante e le loro proprietà speciali, idee che avevano riscosso successo. Spalancò l’ingresso della serra ed entrò dentro, chiamandolo a gran voce, ben sicuro di trovarlo al lavoro.
<< Sembra che ci sia qualcosa di anomalo qui dentro… >> disse Emile, soffermandosi ad esaminare l’interno che gli appariva quasi magico.
<< Anche a me pareva strano la prima volta che ci sono venuto, ma ti assicuro che è meraviglioso. >> rispose Raoul senza farci caso.
Il silenzio che vi albergava metteva davvero i brividi, nessuno avrebbe osato rubare qualcosa là dentro senza finire terrorizzato dall’aria spettrale che vi regnava. Un improvviso rumore di rami spezzati li costrinse a fermarsi.
Tra le piante qualcosa si mosse, avanzando verso di lui, uscendo poco dopo allo scoperto.
<< Charles? >>
Una scimmia dal pelo bianco, con gilet rosso e berretto verde si avvicinò incuriosita agli ospiti, salutando con una zampa: tirò fuori un biglietto con scritto “Salve” e gli fece segno di seguirlo, portandoli verso un piccolo laboratorio dove  il Professor Amber stava svolgendo i suoi esperimenti, rimasero in disparte fino a quando non concluse ciò che stava facendo.
Quando si rese conto di avere compagnia si voltò e ricambiò lo sguardo sorpreso.
 
                                                                                  ****
 
Qualche ora dopo Lucille potè crogiolarsi nell’acqua calda del bagno.
Finalmente poteva ripulire la sua bellezza, indossare abiti puliti (seppur non vistosi) e stare lontana da quella creatura bestiale. Gli altri si stavano prendendo cura di quella bestiaccia che aveva riportato solo una minuscola ferita, trovava inconcepibile che gli dessero aiuto, non lo meritava di certo, così come non voleva che lo “accompagnassero” in quello stupido posto.
Lei non ci voleva andare, se doveva partire lo voleva fare per tornare a casa.
Doveva farsi trovare, da sola, le doleva ammetterlo, non sarebbe stata capace di farcela.
Doveva aiutare i valorosi agenti a riportarla nel posto in cui era destinata a stare: sul palco, nell’olimpo delle stelle.
  
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