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Autore: rolly too    08/07/2012    6 recensioni
Kidd ha tirato troppo la corda, e il suo migliore amico si è trasformato nel nemico più pericoloso con cui abbia mai avuto a che fare. Perché Killer è forte, determinato, e soprattutto è stanco di lui e del suo comportamento. Davanti a una minaccia tanto grande e tanto dolorosa, nemmeno il Capitano Kidd sa più che cosa fare, e forse nemmeno il suo storico nemico e amante può aiutarlo, e anzi, potrebbe anche essere in pericolo.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Killer | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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L'aria nella stanza era fredda, o forse era solo una sua impressione.
Kidd si avvicinò cautamente al letto su cui avevano adagiato Wire, e cercò di non guardare la pelle bruciata, cercò di non sentire il puzzo di morte che riempiva la stanza.
Sapeva che Heat non aveva fatto altro che riempire l'amico di antidolorifici, ma si chiese ugualmente se stesse soffrendo. Si chiese anche se sarebbe stato in grado di farla pagare a Killer per ciò che aveva fatto, o se, piuttosto, fosse impossibile trovare una punizione adeguata.
«Sei in gran forma.» disse a Wire quando gli si avvicinò, facendo di tutto per mantenere un tono gioviale. Tanto, non sarebbe servito a nulla. Ma non voleva che Wire morisse vedendolo disperato. Lui era il capitano, e il suo compito era proteggere i suoi uomini. Dal momento che non ci era riuscito, doveva almeno incoraggiarli, anche se in cuor suo avrebbe preferito abbracciare l'amico e piangere, perché quello che stava accadendo non era giusto.
«Visto, capitano?» replicò quello con voce flebile. «Sono bello come un fiore.»
«Già.» Aveva un nodo in gola che faceva dannatamente fatica a mandare giù, e la voce gli uscì strozzata, molto più di quanto avrebbe voluto. Peak e Heat lo guardarono straniti, ma non fecero commenti.
«Vuol dire che sarò bello anche al mio funerale.»
«Non dire cazzate. Non si muore per così poco.» tentò di prenderlo in giro.
Non voleva che Wire morisse con quell'espressione triste sul volto. Se quella era la fine, non doveva essere così brutta.
«Penso di sì, invece.»
«Lo dici solo perché ti piace stare qui a poltrire, ecco la verità.»
Wire fece una piccola smorfia simile a un sorriso e Kidd capì che ormai era davvero inutile. Non c'erano più parole.
«La pagherà per questo, Wire.» si limitò a dire, con la voce che tremava e gli occhi che, lo sentiva, diventavano lucidi. Ma non gli importava, in quel momento. Non gli importava proprio per nulla.
«Non essere cattivo con lui.» mormorò a sorpresa Wire. Kidd lo guardò, stupefatto.
Non essere cattivo? Dopo quello che aveva fatto! Dopo che l'aveva ucciso! E Wire, nonostante tutto, aveva ancora il coraggio di difendere Killer, e di non odiarlo?
«È solo un ragazzo, e ha sofferto tanto.» proseguì l'uomo, con voce flebile. «Quello che ha fatto... è perché soffriva, e noi non abbiamo capito. Non sarebbe mai riuscito a dircelo... Noi dovevamo capire. Lui ha lanciato molti messaggi, non li abbiamo colti. Sono sicuro che non voleva questo, né voleva uccidere te, o la ciurma di Law. Ha solo bisogno di essere ascoltato. Non fargli male, capitano.»
«La pagherà.» ripeté Kidd, incapace di formulare un pensiero diverso dai propositi di vendetta. Quello che Wire gli chiedeva era troppo. Killer meritava di morire, e allora perché risparmiarlo? Tutti soffrivano, tutti avevano avuto i loro problemi. Il fatto che la sua vita fosse stata peggiore di quella degli altri non lo autorizzava a comportarsi così. E se aveva bisogno di aiuto, avrebbe dovuto chiederlo. Sapeva che Kidd non era bravo a cogliere i messaggi nascosti.
«No, capitano, per favore.» si agitò Wire. «Non fargli male...»
«Wire...»
«Ti ricordi quando l'hai trovato?»
Sì, certo che lo ricordava. E nonostante tutto quello che era successo, non se la sentiva di pentirsi per averlo portato via dall'inferno in cui aveva vissuto fino ad allora. Aveva accolto Killer nella sua nave senza nemmeno averlo visto combattere, senza sapere nulla di lui, solo perché aveva resistito a tutte quelle percosse nonostante le condizioni in cui versava.
«Era ridotto a uno scheletro, capitano... Solo un ragazzo...» Wire tentò di parlare ancora, ma gli mancò il fiato e non riuscì più a dire nulla. «Non fargli male...»

Kidd pensava che fosse incredibile quanto potesse essere silenziosa la morte di una persona.
Lui era abituato ai decessi durante le battaglie. Allora, con ferite profonde e sanguinanti, c'erano grida, convulsioni e a volte pianti. C'era la sofferenza visibile di chi se ne andava.
Con Wire invece non c'era stato nulla di tutto ciò.
Era morto, e basta. Forse non se n'era nemmeno accorto, anzi, era probabile che fosse così, perché dopo quelle preghiere di risparmiare Killer aveva perso i sensi.
Kidd guardò il corpo del suo amico in silenzio.
Pensava che sarebbe stato distrutto, invece non era così. La verità era che non sentiva nulla. Le lacrime silenziose della ciurma non gli interessavano, né gli importava che avrebbe dovuto decidere che cosa farne di quel corpo che andava raffreddandosi. Gli venne in mente che Law avrebbe potuto farci degli esperimenti, con quel cadavere, ma quel pensiero gli attraversò la mente e se ne andò senza dargli emozioni. Era solo una sequenza di immagini che gli passava davanti agli occhi, e nulla di più.
Uscì dall'infermeria, perché tanto lì non c'era più nulla da fare.
Si diresse sul ponte della nave, ma anche lì non c'era nulla da fare. La verità era che l'unica cosa da fare era andare a prendere Killer e ucciderlo. In tutta onestà, però, non gli importava nemmeno di quello.
Guardò il mare e si disse che forse non sarebbe stato così male buttarsi in acqua e lasciare che lo trascinasse sul fondo, e restare lì. La sua ciurma non si sarebbe accorta di nulla, erano tutti a guardare il corpo di Wire, come se questo avesse potuto aiutarli a riportarlo in vita.
Si guardò intorno per qualche istante, mosse un passo verso la murata, pronto a scavalcarla.
No, non poteva comportarsi così.
Era il capitano, e doveva proteggere i propri uomini. Avevano detto che era stata una bottiglia di rum a esplodere, perciò era suo preciso dovere controllare che non ci fossero altri trucchetti del genere in giro per la nave.
Andò in cambusa camminando lento, con lo sguardo appannato e il braccio che gli faceva male da morire, ma non aveva voglia di controllare se la ferita si fosse riaperta o se – e sarebbe stato peggio – avesse fatto infezione.
Le scale che portavano alla dispensa, il mobilio, l'arredamento. Era tutto stato distrutto dalla bomba, tutto annerito dal fuoco che ne era scaturito. La sua nave, la sua casa... Killer. Wire.
Allungò una mano verso ciò che rimaneva dello scaffale dei liquori, attento a non ferirsi mentre cercava tra i resti di vetro e di legno altre tracce di esplosivo, o di qualunque altra cosa avesse macchinato Killer.
Sapeva che era stato lui, e non ci sarebbe nemmeno stato bisogno del frammento di maschera ormai mezzo fuso incastrato tra le travi a ricordarglielo, però quel pezzo di plastica deformato riuscì a riportarlo alla realtà.
Sentì lo stomaco contrarsi in una morsa dolorosa, e tutto quello che riuscì a fare fu chinarsi e vomitare anche ciò che non aveva mangiato. Strinse quel frammento tra le dita fino a ferirsi con i suoi bordi taglienti, fino a sanguinare.
Uscì dalla cabina, con l'immagine di Wire morente nella testa, si diresse sul ponte e quando fu lì si lasciò cadere in ginocchio, folle di rabbia, di disperazione. Sentiva un urlo disperato e gli ci volle qualche istante per capire che era lui stesso a urlare, e mentre urlava tremava e piangeva, perché non ce la faceva più e non sapeva più che cosa doveva fare.
Sentì i passi di qualcuno che arrivava sul ponte e forse era la sua ciurma che lo raggiungeva, allarmata, ma non gli importava. Gli mancò il fiato, fu costretto a interrompere il proprio grido e vomitò ancora, con lo stomaco che bruciava e faceva male, la menomazione che pulsava e doleva e le lacrime che non volevano saperne di fermarsi.

Non avrebbe saputo dire quanto rimase sul ponte, né quanto ci mise la ciurma a capire che dovevano lasciarlo solo.
Gli ci volle molto tempo per ritrovare la calma, e quando finalmente riuscì a rimettersi in piedi faticò a tornare sottocoperta.
Qualcuno dei più solerti tra i suoi uomini aveva iniziato a riordinare e ripulire. La porta dell'infermeria era chiusa, ma era quasi sicuro che, a parte il cadavere di Wire – e faceva male pensarci – non ci fosse nessun altro dentro.
Voleva vendetta. Anche se non sarebbe servito a nulla, anche se Wire l'aveva pregato di non fare del male a Killer, voleva vendicarsi per tutto ciò che quello che era stato il suo migliore amico gli stava facendo.
«Fai in modo di raggiungere il sottomarino di Law!» sbraitò al suo navigatore quando lo trovò. «E vedi anche di fare in fretta.» aggiunse, adirato.
Se prima desiderava soltanto evitare di scontrarsi con Killer, adesso aveva cambiato idea.
Adesso voleva solo andarlo a prendere e massacrarlo, senza nemmeno ascoltare quello che aveva da dire, perché alla fine che cosa c'era da dire davanti a una situazione simile? Killer doveva solo chinare la testa e lasciare che Kidd lo ammazzasse. Era quello che si meritava.

Ci vollero tre giorni di viaggio per arrivare nella zona in cui, secondo il suo navigatore, era immerso Law.
Avevano buttato il cadavere di Wire in mare con una cassa di rum legata ai piedi per trascinarlo sul fondo. L'idea del liquore era stata di Heat, e Kidd l'aveva lasciato fare, perché Wire l'avrebbe trovato divertente. Qualcuno era riuscito persino a ridere, durante quella specie di funerale. Anche Kidd aveva sorriso, senza nemmeno sapere bene perché. Forse era l'idea della vendetta imminente a rilassarlo.
Ormai, Killer non contava più nulla. Era solo un nemico, uno di quelli che lo facevano sudare, perché era forte per davvero. Lui però era ancora più forte.
«Dove sono?» urlò, furioso, sporgendosi oltre la murata della nave per poter osservare il mare e vedere se riusciva a individuare il sottomarino. «Dove sono?»
«Da queste parti, capitano, ma è impossibile dire di preciso dove, devono essere molto in profondità.»
«Trafalgar!» gridò alle onde. Ma tanto Trafalgar non sentiva, lo sapeva.
Però lui sapeva dov'era Killer, e glielo doveva dire, così avrebbe potuto ucciderlo.
«Trafalgar!»
Fece appello a tutto il proprio potere e lo sentì, quel sottomarino di merda, che era lì, a pochi metri da loro, immerso nelle profondità marine. Non era abbastanza lontano per scappare al suo magnetismo, però, e non aveva nessuna intenzione di aspettare che Law desse autonomamente l'ordine di risalire.
Attirò a sé il metallo, sapendo che poteva anche ucciderli tutti, ma non gli importava. Voleva solo che gli dicessero dov'era Killer, e non gli interessava che conseguenze avrebbe potuto avere il suo gesto.
Imprecava e sbraitava mentre la rabbia cresceva in lui ogni secondo di più, finché non iniziò a vedere il metallo giallo che gemeva e strideva e si accartocciava mentre usciva dall'acqua, e quando il boccaporto emerse completamente dal mare si aprì di botto e Trafalgar ne uscì di corsa, pallido e ansimante, quasi scivolando sul ponte ancora in parte immerso.
«Eustass-ya!» urlò, furioso, ma i suoi occhi avevano una luce terrorizzata che Kidd non riuscì a non notare.
«Eustass-ya, smettila subito!» Ansimò, e Kidd quasi si aspettava di essere fatto a pezzi dalla Room, ma non ci mise molto ad accorgersi che Law stava ancora male, e se non lo attaccava era perché non ce la faceva. Vedendo che comunque sembrava disposto ad ascoltarlo, rilasciò il proprio potere e il sottomarino smise di mandare quei lamenti inquietanti.
Lo osservò in silenzio, studiandone la fronte imperlata di sudore e il lieve tremolio delle mani. Era perché aveva corso che era ridotto così? Forse aveva attraversato l'intero sottomarino correndo, ma bastavano davvero quei pochi metri a sfiancarlo in quel modo?
Non riuscì a non pensare che era anche quella colpa di Killer, e che forse Law era ancora in pericolo di vita.
Per qualche strana ragione, l'idea di perdere Trafalgar gli fece più male dell'idea di perdere Killer.
«Che cosa vuoi?» ansò ancora Law, aggrappandosi al bordo della murata. «Cosa cazzo vuoi?» ripeté a voce più alta.
Kidd lo fissò in silenzio, immobile tra i suoi uomini, mentre anche Penguin, Bepo e alcuni altri raggiungevano il loro capitano sul ponte, preoccupati quanto lui.
«Che cosa vuoi?» urlò ancora Trafalgar.
«Killer.»
   
 
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