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Autore: Will P    08/07/2012    5 recensioni
"Clint arriva, prende possesso dell’unica sedia nella stanza e ci si abbandona sopra come se fosse il suo trono, seduto in punta con una gamba ad est ed una ad ovest e un braccio buttato dietro lo schienale, nella sua miglior imitazione della stella marina. Sembra un qualsiasi pomeriggio nel tuo ufficio senza missioni e pericoli in vista, se non foste in una camera d’ospedale e il solo pensiero di dirgli di sedersi composto non ti lasciasse stremato."
[Clint/Coulson pre-slash]
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: No, non sono miei. *sigh*
Avvertimenti: SPOILER se non avete visto il film, post-film, fix-it, pre-slash
Note: Una sciapata in fretta e furia per il compleanno di Coulson \o/ #pheelings



Minutes to midnight

Clint arriva, prende possesso dell’unica sedia nella stanza e ci si abbandona sopra come se fosse il suo trono, seduto in punta con una gamba ad est ed una ad ovest e un braccio buttato dietro lo schienale, nella sua miglior imitazione della stella marina. Sembra un qualsiasi pomeriggio nel tuo ufficio senza missioni e pericoli in vista, se non foste in una camera d’ospedale e il solo pensiero di dirgli di sedersi composto non ti lasciasse stremato.

L’orario delle visite è finito da un pezzo, ma cose del genere non hanno mai significato niente per il tuo agente.

«Barton,» mormori, debole perché è stata una lunga giornata, è quasi mezzanotte e l’eco dell’ultima dose di morfina ti serpeggia ancora nelle vene.

«Signore?» Fa finta di niente e si sta divertendo un mondo, lo vedi chiaramente da come si allunga un po’ di più sulla sedia e arriccia le labbra in un mezzo ghigno. È solo un’ombra dei sorrisi di prima e ancora non riesce a guardarti in faccia, i suoi straordinari occhi grigi che toccano ogni cosa nella stanza senza sosta senza avvicinarsi mai al tuo letto… ma è venuto. Passi avanti, ti dici, passi avanti.

Sei troppo stanco per tenergli il gioco e hai imparato, con Clint, a scegliere le battaglie da combattere. «Dovevi dirmi qualcosa?» Hai smesso di perdere tempo con il lei da quando ti sei svegliato, ma Clint fa ancora quella minuscola smorfia confusa quando si sente dare del tu, un lieve aggrottarsi di sopracciglia che basterebbe battere le palpebre per perderlo.

«Niente da dire, signore,» si raddrizza di qualche grado e infila una mano in tasca: ne estrae un tovagliolo di quelli della mensa, un po’ accartocciato ma piegato con cura in modo da non farne scappare il contenuto. Non fai in tempo ad accigliarti che Clint si china in avanti e lancia l’involucro verso il letto, centro perfetto vicino alla tua gamba dove puoi prenderlo senza sforzare la spalla o rischiare di far saltare l’artistico ricamo ti punti che ti tiene insieme la cassa toracica.

Lo apri, e ci sono dei dolcetti. Tre piccole ciambelle, una con una semplice spolverata di zucchero a velo che è caduto impolverando le altre due, una al cioccolato e una dalla glassa alla vaniglia ricoperta di zuccherini colorati.

«Non riuscivamo a decidere,» dice Clint, riscuotendoti. Sta sorridendo da orecchio a orecchio, ora, guardando il cuscino da qualche parte a destra della tua faccia (piccoli passi), divertito e rilassato a parte per quei piccoli, impercettibili dettagli che strillano il suo vero nervosismo.

Con la coda dell’occhio guardi l’orologio alla parete. Un quarto d’ora a mezzanotte, quindi è ancora l’otto luglio.

«È…» Il tuo comodino è ingombro di regali, da Sitwell e Woo e Hill, biglietti d’auguri da vecchi agenti e matricole i cui nomi non riconosci nemmeno perché sono state portate alla SHIELD mentre eri ancora in coma, le figurine autografate da Steve Rogers e i disegni di un completo in kevlar che Stark è determinato a costruirti e farti indossare da qui all’Apocalisse, pacchetti scartati e mazzi di fiori e persino un palloncino (il tuo capo e il suo perverso senso dell’umorismo, santo cielo), e nonostante tutto il regalo migliore doveva ancora arrivare. «Come hai fatto ad entrare?»

Sarai pure passato al tu, ma il giorno in cui riuscirete a non comunicare per riferimenti e frasi non dette è ancora lontano.

«Intrighi, complotti, solite cose,» agita una mano in una maniera che dovrebbe essere vaga ma sembra più sono passato dal sistema d’aerazione mentre Natasha stendeva tutto il reparto. «Natasha sta facendo la guardia.»

Cvd.

«E si vendicherà se non la lascio entrare prima di mezzanotte, quindi…»

Non fai in tempo a sbattere le palpebre che Clint è già alla porta, una mano sulla maniglia mentre guarda le tue ginocchia con aria di scuse, la schiena una linea dritta di tensione e quella scintilla tormentata negli occhi che ti spezza il cuore più di quanto potrebbe fare qualsiasi lancia magica.

«Clint,» mormori di nuovo, ma più sicuro, più deciso, e lui si blocca a metà giro di maniglia e ti guarda – finalmente – come un animale pietrificato davanti ai fari di una macchina in corsa. È passato quasi un mese da quando ti sei svegliato e ancora di più da quel giorno ma il senso di colpa di quest’uomo eccezionale non è diminuito di una goccia, e non saper come fare per fargli capire è una cosa che ti distrugge.

Ricambi il suo sguardo senza incertezze, stringendo tra le dita le ciambelle nel loro tovagliolo sgualcito. «Grazie.» Lo dici lentamente, con attenzione, cercando di metterci dentro un milione di cose che non sei ancora pronto a dire e che Clint non è ancora pronto a sentire, sperando che sia abbastanza.

Clint abbassa gli occhi, socchiudendo le labbra.

«Natasha,» dice, alla fine, uscendo di corsa senza alzare lo sguardo.

Prima che chiuda la porta ti sembra quasi di intravedere un piccolo sorriso sincero.

I regali non finiscono mai, oggi pensi, accomodandoti contro i cuscini in attesa di Natasha, le ciambelle al sicuro tra le tue mani e il petto che fa un po’ meno male di prima (e non è la morfina).

   
 
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