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Autore: MeliaMalia    31/01/2007    2 recensioni
Sfoderai il migliore dei miei sorrisi saccenti, piegando le labbra in una linea ironica che invitava a prendermi a schiaffi dal mattino alla sera. Dovreste vedermi, quando sorrido così. Vi giuro che, tutte le volte che lo faccio allo specchio, ho una faccia tosta tale che mi verrebbe da prendermi a pugni da solo.
E’ un sorriso adorabile, insomma.
Perciò lo misi sfacciatamente in mostra. Quindi, con voce risoluta, con fare da gran duro, dissi: “E’ ora, signorina, che tu possa tornare ad essere ciò che sei. Ovverosia, un cadavere.”
Sono un tipo dalle frasi d’effetto, io.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rividi i miei genitori. In sogno.
Dapprima furono immagini confuse, vaghe, spettri del mio passato. Un sorriso di mamma, una carezza di papà. La mia prima battuta di caccia al vampiro in sua compagnia.
Ricordi. Dolorosi, dannati, maledetti ricordi.
E poi, d’un tratto, in un modo talmente imprevisto da ferirmi il cuore, sognai il giorno della loro morte.
Una versione onirica ed allucinata di quel giorno, è vero. Ma lo sognai. E mi fece male.
Lo feci con inequivocabile chiarezza, con una tale precisione da farmi dimenticare di essere piacevolmente addormentato su di un vecchio materasso all’interno di una scricchiolante casa. Abbandonai la Residenza, tornando al maniero del Casato di Fortesole.
Potei distinguere ogni dettaglio del nostro salone, ogni familiare pietra che ne componeva le pareti, ogni piastrella dell’elegante pavimentazione.
Era tutto così reale, palpabile.
Una piccola crepa, lo zoccolo alla base dei muri, il grande quadro sulla parete est. La danza delle fiamme nel nostro camino, gli intarsi del legno che adornavano il grande tavolo al centro della stanza, il soffice velluto di uno splendido rosso sanguineo che ricopriva le antiche poltrone.
Ed i miei genitori.
Mia madre si voltò, sorridendomi. Gli splendidi occhi verdi, li stessi ereditati dalla mia sorellina, ammiccarono affettuosi, mentre lei, con i suoi soliti modi di fare eleganti, richiudeva garbata il grande libro che teneva sulle ginocchia, sua attuale lettura.
Adocchiai distrattamente il titolo, Shahla, ma non mi disse niente. Evidentemente, non lo avevo mai letto.
Grazie alla passione per la letteratura di mia madre, casa nostra era un’immensa libreria. Logico che parecchi volumi fossero sfuggiti alle mie attenzioni.
«Dove sei stato, Aster?» domandò il tono autoritario di mio padre. Mi voltai, trovandolo in piedi accanto al camino, intento a fumare. Aveva sempre fumato come un pazzo, lui. Eppure, quando aveva beccato me a farlo, mi aveva inflitto una di quelle punizioni che mai avrei scordato nella mia vita.
Tipo decisamente incoerente, il mio genitore. A volte ingenuo, a volte acuto come un falco.
Avanzai di un passo, con gli occhi sgranati. «Mamma? Papà?» mormorai, e quelle parole quasi mi ferirono le labbra, come se fossero state dotate di mille spilli, pronti a ferire chiunque avesse osato trarle dalla bocca.
«Non dovresti essere qui, Aster» osservò cortesemente mia madre, alzandosi ed avviandosi verso la grande libreria, ove evidentemente voleva riporre il suo libro. Per un attimo, fui tentato di fermarla. Volevo leggere quel testo mai visto prima. M’incuriosiva. «L’Antico sta arrivando.»
Fu un’osservazione che distolse la mia attenzione dal misterioso volume, ormai tornato a far compagnia agli altri. Sentii la mia bocca farsi secca, la sentii aprirsi senza però emettere alcun suono.
Loro non si accorsero di questa mia reazione. Come rassegnati al loro destino, perpetuarono le loro abitudinarie azioni, lui fumando e lei tornando verso la sua poltrona preferita. Quella ove si accomodava per farmi addormentare, quando ero solo un bambino…
«Aria!» mia madre notò una figura alle mie spalle, che salutò con un dolce sorriso. Mi volsi, già consapevole di ciò che avrei visto.
Davanti a me, stava la mia sorellina. Bianca e rosa, una rosellina in sboccio, splendida nella sua semplice, inebriante umanità. Sorrideva, illuminata dalla luce del fuoco, avvolta in un abito da duchessina che la fece apparire bella quasi come un angelo. O forse più di un angelo.
«Oh, piccola mia!» cinguettò nostra madre, alzandosi e raggiungendola. La cinse in un abbraccio affettuoso, baciandole garbatamente la fronte, come soleva sempre fare. «Sei così bella! Questo abito è così elegante!»
«Mi sono vestita bene per l’Antico» spiegò Aria, i lunghi capelli neri raccolti in uno chignon che la rendeva forse un po’ troppo adulta.
«Che brava bambina, che ho.» mormorò mia madre, baciandola ancora una volta. «Una brava bambina, sì. Non certo come tuo fratello.»
Aria mi lanciò un’occhiata, perplessa. «Cosa dici, mamma?» volle sapere. «Perché parli così di Aster?»
«Perché» interloquì mio padre, tranquillo dopo la piacevole fumata. «Quel maleducato di tuo fratello non si è degnato di cambiarsi d’abito per ricevere l’Antico.» e mi rivolse uno sguardo di rimprovero, evidentemente cieco al totale sbalordimento che aveva invaso il mio volto. «E’ una persona importante, Aster, dovresti prestare attenzione a queste cose. Per cui, vai a cambiarti.»
Annaspai, raggiungendo il nostro grande tavolo ed appoggiandomi ad esso, gli occhi sgranati dalla sorpresa.
Era una situazione paradossale, e crudele nella sua illogicità. I miei genitori non avrebbero mai atteso con tanta eccitazione e rispetto l’arrivo di un Antico. Mai!
Al contrario, mio padre si sarebbe fatto trovare sulla soglia del maniero, scioccamente armato di un inutile paletto. Per dare tempo a mia madre ed a mia sorella di sfuggire nella notte.
«Di cosa parli?» balbettai, passandomi una mano tra i lunghi capelli neri. Sentii la pelle del mio volto umidiccia per il sudore, un particolare che rese ancora più vivido quel sogno. Quell’incubo, cioé. «Sai che l’Antico sta arrivando, e lo aspetti così? Sei pazzo?»
«Ecco! Ed ora manca di rispetto a suo padre!» lui alzò le braccia, con fare innervosito, per poi lasciarle ricadere lungo il corpo, fissandomi deluso. «Cos’ho sbagliato con te, Aster?»
«Io… non…» non so dire se fosse la paura, l’aspettativa di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, o il semplice sbalordimento ad impedirmi di parlare. «Ma che accidenti succede?» urlai, dando sfogo a quell’insieme di emozioni che mi stavano quasi soffocando. «Aria!» chiamai disperato, cercando almeno in lei qualcosa di familiare. «Per la miseria, sta arrivando un vampiro!»
Mia sorella mi guardò.
La vidi bianca, pallida.
Vidi le sue iridi nere come la notte, il candore delle sue membra, il luccichio dei canini attraverso le sue labbra.
«Shahla, Aster.» sussurrò, ed il suo viso divenne una maschera d’angoscia.









Non so esattamente come o perché, ma sto portando avanti questa storia ^^
Ringrazio generalmente tutti coloro che mi hanno lasciato un commento, ed in special modo voglio rivolgere un affettuoso GRAZIE a Dada Baggins, che ho conosciuto con questo racconto.
Le sue recensioni sono complete, attente, speciali.
Cara Dada, tu comprendi appieno lo spirito della mia storia e, grazie ai tuoi commenti, riesci addirittura ad aiutarmi nello studio dei personaggi! Per cui, ti ringrazio davvero molto.
Poi ci sono i soliti bacini sbavosi per le mie povere amiche che seguono questa storia, non lamentandosi della noia che procuro loro. Grazie ^*^
   
 
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