2. A letter for David
Era sera e Meryl era a
casa. Si trovava
in cucina e stava lavando i piatti. Indossava un paio di pantaloni
neri di una tuta e una maglietta color vaniglia.
Johnny era lì,
con lei, le faceva compagnia seduto al tavolo della cucina. Era da un
mese ormai che i due erano sposati e le cose andavano bene, molto
bene, almeno per quanto riguardava Johnny.
Meryl era venuta a
sapere tramite suo padre, Roy Campbell, che Snake era tornato. Suo
padre lo era venuto a sapere tramite Otacon, ovviamente. Lo aveva
saputo il pomeriggio stesso, quindi solo qualche ora prima, eppure...
Era da quando aveva appreso la notizia che la testa stava altrove, la
mente vagava e quell'uomo era il suo chiodo fisso. Si chiedeva il
perché di tante cose, di troppe cose. Si chiedeva
perché lo pensava
e si chiedeva perché alle volte, avendo Johnny vicino, non
si
sentiva così felice come doveva in realtà essere.
“Tesoro,
stai bene?” Chiese il giovane alzandosi dalla sedia e
appoggiandole
le mani sulla vita, da dietro, e schioccandole un fugace bacio sul
collo.
Meryl volse appena il capo e gli sorrise. “Certo, sto
bene. Perché?”
“Non lo so, oggi mi sembri così tra le
nuvole.” Le sorrise a sua volta.
“Ma no... Sono solo stanca.”
Si sciqacquò le mani dal sapone e sgrullandole prima di
voltarsi verso di lui, ritrovandosi tra l'uomo e il bancone della
cucina.
“Sei sicura?” Domandò allora Johnny con
sguardo
inquisitore.
“Sì, sicura Johnny.” Rispose
lei prima di
schioccargli un lieve bacio sulle labbra, socchiudendo gli occhi. Un
flash. Il suo volto.
Maledizione, non era giusto. Deglutì e si tirò
indietro. “Credo
che andrò a farmi una doccia e... Ah. Domani sera a cena non
credo
di esserci.”
“Ah, no?”
“Ehm.. No. Penso che cenerò
con mio padre. Mi ha chiamata oggi.”
“Ah, va bene.” Annuì,
“D'accordo... Penso che per una sera senza di te potrò
sopravvivere. Credo.” Disse prima di ritirare le mani e
ridacchiare.
Meryl sorrise, che sciocco: era così tenero
però...
Lui la inondava di attenzioni. C'era sempre quando ne aveva bisogno e
quando – invece – aveva bisogno del contrario, dei
suoi spazi,
lui era disposto a farsi da parte. Non era come un certo 'Eroe'
leggendario... Il quale la aveva abbandonata così, da un
giorno
all'altro, sparendo nel nulla.
Gli cinse il collo con le braccia e
lo strinse, schioccandogli un dolce bacio sulla guancia.
“Vado a
farmi la doccia allora, eh..” Sussurrò, prima di
baciarlo ancora
una volta e poi uscendo dalla cucina.
Johnny sorrise. La amava.
Non poteva desiderare di meglio.
Otacon fu svegliato da
dei rumori provenienti dal piano di sopra. Scattò in piedi
dal
divano e sentì dalla sua stanza Snake, in preda ad un
violento colpo
di tosse. Salì di fretta aprendo la porta accostata ed
entrando in
camera: l'uomo era seduto sul letto, forse stava per alzarsi, piegato
appena su sé stesso. Non appena sentì lo
scienziato entrare alzò
per un istante lo sguardo, tenendo la mano davanti alla bocca,
continuando a tossire.
Otacon si avvicinò, andandogli accanto e
poggiandogli una mano sulla schiena. “.. Snake??”
Poi si
accovacciò. Solo qualche istante dopo, quel violento colpo
di tosse,
sembrò placarsi.
Snake si schiarì la voce, asciugandosi poi la
fronte lievemente imperlata di sudore. “Se il buongiorno si
vede
dal mattino..” Bofonchiò con voce roca, allungando
una mano per
afferrare il pacchetto di sigarette sul comodino.
“Snake!” Lo
riprese lo scienziato, afferrandogli il polso e deviando la sua
traiettoria. “Saranno nemmeno le otto del mattino e
già fumi, così
come stai poi?” Chiese tirandosi su.
“Hmm..” Il Serpente
sbuffò, portandosi una mano sulla nuca e massaggiandosela.
“Vado a
farmi una doccia..” Disse allora.
“Meglio.” Rispose lo
scienziato incrociando le braccia al petto e alzando le sopracciglia.
“Vado a preparare la colazione.”
Il giorno prima i due avevano
pranzato insieme nella pausa pranzo dello scienziato e lo stesso fu
per la cena. Soltanto la sera, però, i due avevano avuto
modo di
parlare in modo più tranquillo. Snake non aveva fatto molto
in quel
mese, si era limitato a stare lì, in Alaska, tra neve e cani
da
slitta, la sua passione. Otacon, come lui, non aveva concluso molto
oltre alle faccende burocratiche con la piccola Sunny, la ricerca di
una casa e di un lavoro. Gli aveva ceduto la sua stanza ed il letto,
accettando di dormire sul divano.
Snake – dopo essersi fatto una
veloce doccia – scese al piano di sotto e raggiunse Otacon in
cucina. Lo trovò che finiva di preparare la tavola con
latte, caffè
e brioche.
“Sembrerà assurdo ma... E' arrivata posta per
te.”
Annunciò lo scienziato una volta che il Serpente
varcò la soglia
per andarsi a sedere.
“Eh?” Snake aggrottò la fronte,
prendendo posto. Si versò del caffé nella tazzina
e notò una busta
da lettere sul tavolo, di fronte a lui. “Scherzi?”
Chiese, prima
di allungare una mano ed afferrarla. Sulla facciata frontale c'era
scritto 'x Solid Snake'.
L'uomo alzò le sopracciglia.
“Hai detto a qualcuno che mi
trovavo qui?” Domandò mentre apriva la busta con
il solo ausilio
delle dita.
“No, soltanto a Campbell.” Rispose
avvicinandosi.
Snake lesse le poche righe che c'erano scritte sul
foglietto dentro la busta da lettera. 'Ristorante
dell'hotel Vitale. Stasera, alle nove.'
“Wow!”
Esclamò lo scienziato battendo le mani. “Dave ha
un appuntamento!”
Continuò con entusiasmo, lo stesso entusiasmo che fu
stroncato nel momento in cui Snake accartocciò il foglio con un mano.
“Dave non ha nessun appuntamento.” Lo
contraddì lui
prendendo una zolletta di zucchero e lasciandola cadere nella
tazzina, poi iniziò a girare lentamente il caffé
con il
cucchiaino.
“Che..? Perché no?” Chiese allora
Otacon, deluso,
prendendo posto e osservando l'amico mentre compieva il suo stesso
procedimento con la zolletta di zucchero, senza staccargli gli occhi
di dosso.
“Perché non sono più un ragazzino che
va dietro a
queste cose. Se qualcuno ha qualcosa da dirmi può anche
evitare
questi modi puerili.”
“Che esagerato...” Si lamentò lo
scienziato.
Finalmente Snake alzò lo sguardo negli occhi
dell'amico. “Perché non ci vai tu?”
Domandò.
“Eh?”
“Se
è una donna, magari... Ti accasi.” Rispose con
tranquillità.
“M-ma.. Ma che dici?” Chiese allora lui,
ridacchiando.
“E poi sono sicuro che almeno tu hai argomenti
interessanti di cui parlare.”
“Beh, perché tu no?”
Lo
scienziato non ricevette alcuna risposta. “Snake..”
Mormorò
appena. “Dovresti smetterla. Non sei ancora morto.”
Non sapeva
bene come affrontare l'argomento.
“Non ancora, no. Ma manca
poco.” Rispose osservando il caffè nella tazzina,
poi la prese
portandosela alle labbra e sorseggiandone un po'.
Otacon sospirò.
“Ti comporti come se lo fossi già, morto. E'
sbagliato! Non lo sei
ancora e indipendentemente se ti rimane tanto o poco tempo da vivere
dovresti sfruttarlo al meglio!”
“Ti prego... Non farmi la
ramanzina.” Mormorò lui con un lieve accento
divertito, alzando lo
sguardo sull'amico.
“Guarda che non sto scherzando, Snake.
Dovresti smetterla. Dovresti realmente ascoltare ciò che ti
ha detto
tuo padre prima di morire. Lontano dalla guerra, goditi questi
momenti che ti rimangono.”
Silenzio. Forse non doveva toccare
quel tasto. Notò che lo sguardo di Snake rimase fisso nel
caffè.
Ops... Forse proprio non avrebbe dovuto.
“E... E poi... Non
potrei mai andare a cena con un'altra donna, sempre nel caso che si
trattasse di una donna.” Disse cercando di rimediare e abbassando lo sguardo.
Il
Serpente lo guardò. “Ancora pensi a
Naomi?”
“Sì.. Cioè,
no. Non è questo il fatto.”
“E qual 'è? Hai trovato una
donna?” Alzò le sopracciglia.
Lo scienziato si ritrovò in
difficoltà. “No.. Non è nemmeno quello.
E'... Non lo so, Mei
Ling.”
“.. Mei Ling?” Chiese Snake, ancora più
curioso.
“Sì, diciamo che un paio di settimane fa l'ho
incontrata quando mi ero recato da Campbell per sbrigare alcune
faccende e sistemare delle cose e lei era lì.”
“E allora?”
“E
allora nulla. Abbiamo chiacchierato un po' e mi... Ha chiesto di
uscire, diciamo. Cioè, niente di impegnativo, non
è che penso
chissà che cosa eh!” Chiarì subito lui,
“Però magari andarci a
prendere qualcosa insieme una sera, prima o dopo cena.”
“E'
carina Mei Ling. Portala a cena, no? Secondo me stareste bene
insieme.” Annunciò lui prima di finire il suo
caffè. Quell'ultima
frase fece arrossire Otacon.
“Maddai..” Bofonchiò abbassando
lo sguardo.
Snake si alzò, dandogli una pacca sulla spalla,
“Portala a cena.” Gli disse, uscendo dalla cucina.
“E tu
stasera però va alla cena!” Gli disse lo
scienziato, voltando il
capo verso il salone.
“Esco a fare due passi.” Rispose il
serpente.
“Snake! Promettilo!”
“...” Silenzio. “Ci
penserò.” Rispose dal salone, poi si sentì la porta di casa
chiudersi.
Otacon
sorrise, poi prese il pezzo di carta accartocciato, riaprendolo. Era
davvero curioso di sapere chi si nascondeva dietro a quella bella
calligrafia.
Era tardo pomeriggio, sera ormai. L'orologio
della cucina puntava le sette.
'Ma che diavolo ha deciso quello
sciocco?' Pensò Otacon, tornando in salone. Era dalla
mattina che
era rimasto fuori. Due erano le cose: o si era sentito male, o
pensava di fuggire all'appuntamento stando fuori fino a tardi. Che
maledetto...
Dopo aver passeggiato nervosamente per il salone si
abbandonò sul divano, portandosi una mano alle tempie,
massaggiandosele: ci avrebbe tenuto tanto che Snake fosse andato a
quel bizzarro 'appuntamento', sia perché era curioso lui,
sia perché
pensava che avrebbe potuto fargli bene. Ormai era un morto che
camminava e gli dispiaceva vederlo in quelle condizioni... Insomma,
era il suo migliore amico e di certo era tutt'altro che morto ancora,
perché buttarsi così giù? Certo, non
era la migliore delle cose
aver appena quarantadue anni e sembrare un settantenne.
Lo
scienziato sospirò ed i suoi pensieri furono interrotti poco
dopo
quando suonarono alla porta. Scattò in piedi e velocemente
andò ad
aprire, trovandosi di fronte Snake.
“Ma si può sapere dove sei
stato?! Mi hai fatto preoccupare!!!” Disse lo scienziato
arrabbiato.
“...” Il Serpente alzò le sopracciglia,
poi
assunse un'espressione divertita. “Scusami mamma.”
Commentò
ironico.
“Pfff... Pensavo ti fossi sentito male.”
Bofonchiò
l'altro, lasciando la porta aperta in modo che potesse entrare, poi
la richiuse.
“Ed invece no, son tornato tardi per sfuggire alla
tua folle idea di mandarmi a quell'appuntamento.”
“Beh, se ti
può rincuorare questa era la mia seconda ipotesi... E vuoi
saperla
tutta? Tu a quell'appuntamento ci andrai.”
“Oh, non credo
proprio.” Rispose Snake andando in bagno a lavarsi le mani.
“Ed
io credo proprio di sì...” Disse Otacon
raggiungendolo e
fermandosi sulla porta. “Facciamo così, se tu non
vai
all'appuntamento, io non inviterò mai Mei Ling a cena e
rifiuterò
qualsiasi suo invito, qualora mi invitasse.”
Il Serpente si
sciacquò le mani dal sapone, alzando lo sguardo verso
l'amico.
“E
tu... Non vuoi precludere a me la possibilità di essere
felice,
vero??” Continuò lo scienziato.
“Te la precludi da solo.”
Bofonchiò asciugandosi le mani, osservandole: vecchie,
rugose,
macchiate. Appoggiò nuovamente l'asciugamano e fece per
uscire,
trovandosi però di fronte Otacon, deciso a non farlo
passare.
“Avanti.. Smettila. Mi stai facendo innervosire.”
“E
non la smetterò finché non dirai di
sì.” Rispose l'altro
guardando l'orologio che aveva al polso, “Se ti sbrighi hai
il
tempo di farti una doccia e di prepararti in santa pace,
sennò
dovrai fare tutto di fretta – perché in un modo o
nell'altro ci
andrai – con la probabilità di arrivare in
ritardo.”
Snake
sbuffò, “Sei terribile, lo sai?” Lo
guardò negli occhi.
“Dai,
almeno vedere di chi si tratta?” Sorrise.
“Hm.. E tu chiamerai
Mei Ling. Stasera stessa.”
Otacon sorrise ancora, ma questa
volta lievemente imbarazzato. “D'accordo, affare fatto...
Fatti una
bella doccia, che ho dei vestiti per te, dopo!” Gli fece
l'occhiolino ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Snake
sospirò sonoramente. Quello scienziato quando ci si metteva
era
davvero... Terribile.
Si fece una doccia al volo, si asciugò e
non appena uscì Otacon gli propinò dei vestiti
davvero molto –
troppo – eleganti.
“Non vorrai che vada in giro con questa
roba?” Gli aveva detto Snake, riuscendo poi a trovare un
compromesso: si sarebbe messo i pantaloni, la giacca e la camicia,
senza cravatta né papillon: lo facevano sentire troppo un
damerino e
– oltretutto – gli pareva di essere diventato il
bambolotto dello
scienziato. Otacon gli propose anche di tagliarsi i baffi, ma fu una
guerra persa in partenza.
Lo scienziato fermò l'auto di
fronte all'hotel Vitale. Era un albergo lussuoso, così come
probabilmente lo era anche il ristorante il quale si trovava
sull'attico del palazzo.
“Allora... In bocca al lupo. Fammi
sapere.”
“Saprai tra dieci minuti quando tornerò a casa per
farti mangiare il terriccio del tuo giardino.”
Bofonchiò
scorbutico Snake.
“Esagerato!” Ridacchiò lo
scienziato.
“Chiama Mei Ling.” Disse il Serpente prima di
aprire la portiera.
“E tu sii un po' più simpatico con chi ti
ritroverai di fronte!”
“Hm.”
“Buona serata!” Gli
augurò Otacon, prima che Snake richiudesse la portiera.
Sorrise.
Snake entrò nella hall dell'albergo, guardandosi
intorno: quanto lusso, non ci era proprio abituato. In Alaska, per lo
meno nel villaggio dov'era stato lui per un mese, di certo non c'era
quella roba. Sbuffò, attraversando la grande sala, dai
colori caldi
ed accoglienti, per poi chiamare l'ascensore dal quale, non appena si
aprì, uscirono tre bambini di corsa, seguiti dai loro
genitori.
“Avanti bambini! Fate i bravi!!!” Disse la madre,
lievemente 'disperata'. Ci voleva polso con tre bambini,
indubbiamente.
Snake entrò e schiacciò il tasto per il
quarantesimo piano ma – proprio quando le porte stavano per
chiudersi – una donna con una bambina corsero verso
l'ascensore ed
entrarono per un pelo.
“Ci perdoni.” Mormorò la donna, con un
lieve fiatone. “E' che siamo in ritardissimo per un
appuntamento e
gli ascensori qui sono sempre occupati con tutto il via vai di
gente.” Disse, sorridente.
Snake osservò prima la donna, non
molto alta, bionda e dagli occhi azzurri, poi abbassò lo
sguardo
sulla bambina, con i tratti ed i colori simili a quelli della madre..
Forse aveva tre anni, non di più.
La bimba alzò lo sguardo e
piantò i suoi occhioni azzurri sulla figura del Serpente, il
quale
guardava il tastierino con i vari numeri dei piani illuminarsi uno
per volta.
“Assomigli tanto a mio nonno...!” Disse la bimba,
con tono innocente e sognante. La madre sorrise mentre Snake
abbassò
lo sguardo sulla piccola, alzando le sopracciglia. Che
'complimento'.
L'uomo serrò appena le labbra, nemmeno riuscì a
sorridere di circostanza. Non era bello sentirsi dire parole simili,
anche se – magari – ad un vero nonno avrebbero
fatto
piacere.
“Lui però è andato via qualche mese
fa...” Mormorò
la piccola rattristendosi, “Ed io non ho più un
nonnino.. Posso
adottarti come nonno? Me lo ricordi tanto!” Disse, sfoggiando
nuovamente un gran sorriso.
La madre della bambina le strinse
appena la mano, ridacchiando, “Avanti tesoro, non dare
fastidio al
signore..” Sorrise.
“Non si preoccupi.” Mormorò appena
Snake, tornando con lo sguardo sulla bimba. Certo, non gli sarebbe
convenuto 'adottare' lui come nonno. Anche lui aveva vita
breve.
Qualche istante dopo le porte si aprirono e davano su una
grande sala, oltre la quale v'era il ristorante: le porte erano di
legno pregiato e vetro ed oltre di esse si poteva vedere quello che
era il lusso e lo sfarzo di quel posto: lampadari enormi impreziositi
da gemme di vetro di tutti i tagli, i colori erano caldi e tutti
erano sul rosso, oro e marroncino. Le sedie, così come i tavoli,
dovevano
essere di legno pregiato e le prime erano coperte da un cuscino
rosso.
Quando Snake varcò la soglia si rese conto di quanto
enorme fosse quel ristorante: le tre pareti erano di vetro e fuori di
esse v'era un terrazzo tutt'intorno, oltre il quale si vedevano le
luci notturne di San Francisco.
“Salve, è da solo? Un tavolo
singolo?” Fu distratto da una voce all'entrata, dell'uomo
addetto
all'accoglienza.
Snake osservò l'uomo, tornando con i piedi per
terra da quella 'meraviglia'. Non ci era abituato e non gli piaceva
tutto quel lusso ma doveva riconoscere che l'occhio ne veniva rapito
ben volentieri.
“No, ho un appuntamento.”
“Oh..
D'accordo, prego.” Gli fece cenno di entrare
tranquillamente.
L'uomo mosse qualche passo verso l'interno,
continuò a guardarsi intorno: al centro della sala v'era un
bancone
rotondo ed abbastanza ampio e nel mezzo una grande colonna lunga
dove v'erano tutti i liquori e gli alcolici. Sulla parete
d'entrata, più verso la sinistra, v'era la porta che portava
alla
cucina.
Bene, ora come avrebbe riconosciuto la persona che lo
aveva invitato? Continuò a guardarsi intorno, fin quando il
suo
occhio non venne rapito da una figura fin troppo familiare...
Angolo autrice:
Chi sarà mai questa misteriosa persona che aspetta Snake? O:
Lo scoprirete nella prossima puntata! LOL.
Ringrazio Aya_Brea (la Mojuzza!) per aver recensito! E se qualcun altro volesse farsi sentire e dirmi un po' cosa ne pensa, di certo non mi dispiacerebbe! :)
Oh, ripeto: RIPOPOLIAMOLO QUESTO FANDOM!
Ricordo quando ci pubblicai la prima ff (pena ._.'') ce n'erano solo altre 2.. Ora a distanza di boh.. 5 anni? Ce ne sono pochissime.
Sussù!
Al prossimo capitolo! :3