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Autore: Kodamy    02/02/2007    14 recensioni
[Serie di Oneshot basate sulla LJ Community 52Flavours]
34. The imperious Life. || “31 Dicembre: è finito un altro anno, e siamo ancora rintanate sotto le coperte. Fuori c’è bel tempo anche se fa freddo, ed i fuochi d’artificio erano bellissimi! Proprio come l’anno scorso! Ino-chan mi ha regalato un nuovo nastro. Anche questo è rosso, ma è di seta. E’ luccicosissimo! Saremo amiche per sempre, vero, Ino-chan? - Certo che sì, sceeema! Non ti eccitare per così poco!” [Ino e Sakura. Missing Moment. Malinconico.]
19. Another grey day in the deep blue world.|| Perchè a volte svegliarsi il giorno dell'anniversario della morte di tutta la tua famiglia con un lancinante crampo al polpaccio, scoprire l'ennesima nuova ragnatela sul soffitto e concludere in bellezza passando l'intera giornata in balia di un singhiozzo così poco... Uchiha, darebbe a chiunque il diritto di sentirsi un po' più emo ed inclini al suicidio del solito. (s)Fortunatamente, gli amici servono anche a questo. [Team Seven.] [PostHaku, preOrochimaru] [Amicizia.]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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16

16. How Fire took Water to Wife.

-Sorry, works only once in a time..-

 

 

Mikoto Uchiha aveva visto per la prima volta Fugaku Uchiha quando aveva cinque anni, e lui ne aveva dieci.

Le strade di Konoha erano bardate a festa, e la bambina seguiva le schiene dei suoi genitori, che portavano fiere lo stemma degli Uchiha.

Il kimono rosso, la pelle bianca e i capelli neri la facevano sembrare una piccola bambola di porcellana.

Era una bambina davvero tranquilla, ed sovente aveva la testa fra le nuvole.

“Kaa-san, Fugaku non la smette di tirarmi lo yukata.

“Fugaku, lascia in pace tuo fratello.”

“E’ Teyaki che non mi restituisce i soldi che gli ho prestato, Kaa-san.”

“Teyaki, restituisci i soldi a tuo fratello.

La piccola Mikoto aveva sentito la voce serafica di quella donna cercar di zittire quelle giovani più fomentate.

Spostò gli occhi di pece verso quella donna dai lunghi capelli castani, le cui maniche del kimono nascondevano i figli.

Anche quel kimono portava lo stesso ventaglio degli Uchiha, e sua madre la salutò educatamente con un cenno del capo. La donna ricambiò quel cenno, mentre una mano smaltata di rosso scompigliava affettuosamente i capelli del minore dei suoi figli. Questi mandò uno sbuffo udibile sopra il caos della fiera, e scostò lo sguardo.

I suoi occhi scuri incontrarono quelli d’inchiostro della bambina, che si limitò a sorridere con innocente complicità.

Ed un pizzico di infantile divertimento alla scena e all’espressione di lui.

Lui aveva crucciato le sopracciglia, e si era voltato dall’altra parte.

 

Sakura Haruno aveva visto per la prima volta Sasuke Uchiha quando avevano sette anni, il primo giorno di Accademia.

Il cortile dell’accademia era gremito di genitori e figli, e finita la cerimonia la bambina era tornata accanto a sua madre. La frangetta troppo lunga le copriva la fronte ampia – sicuramente una degna sistemazione per la sua intelligenza vivace. Gli occhi verdi, riparati da quelle tende rosa che li separavano dal resto del mondo, guardavano con timore ogni singolo bambino, cercando di capire se sarebbe riuscita a sopravvivere a scuola.
La prendevano tutti in giro, davvero.

“Un altro Uchiha, allora? Ricordo perfettamente Itachi. Mai avuto uno studente migliore di lui.”

“Grazie per la cura che ti prenderai di lui.

“Mi aspetto grandi cose anche da lui, Fugaku. Tale padre tale figlio. Come ti chiami?”

“Sasuke.”

Per un attimo quegli occhi chiari si erano posati sul broncio infantile del bambino, che stava appena dietro a suo padre.

Li aveva sentiti nominare, gli Uchiha. Tutti li avevano sentiti nominare.

Il signore dai capelli castani cominciò ad allontanarsi, ed il bambino rimase lì. Lo vide sbuffare, e per un attimo i loro sguardi si incrociarono.
Lei aveva battuto ciglio, lui aveva arricciato il naso.

E si era voltato dall’altra parte.

 

 

Mikoto Uchiha aveva parlato per la prima volta a Fugaku Uchiha quando aveva dieci anni, e lui quindici.

Era stata davvero poca cosa.

La ragazzina era di corsa, come spesso le accadeva: dopo la sveglia, si era persa in pensieri del tutto incoerenti e inconsistenti con ciò che avrebbe dovuto fare: alzarsi, e andare all’Accademia.

Ed ora, in ritardo, correva – con gli shuriken e i kunai che cozzavano metallicamente nell’apposita tasca sulla coscia destra. I capelli neri disordinati, neppure spazzolati.

Era arrivata ai cancelli del Clan, e stava per attraversarli, quando era andata a sbattere contro qualcuno.
Aveva solo sollevato lo sguardo sul ragazzo più alto, dagli scompigliati capelli castani - tenuti dal coprifronte della Foglia - e l’espressione severa.
Lui l’aveva squadrata dall’alto in basso.
Lei l’aveva squadrato dal basso verso l’alto.
Lui aveva inarcato un sopracciglio.
Lei aveva battuto ciglio e aveva affrettato un piccolo inchino. “Scusami, non stavo guardando.” Aveva detto.

Era rimasta un po’ lì, a capo chino, quasi ad aspettare una risposta alle sue scuse. Tuttavia demorse subito, ricordandosi che era in ritardo.
Sollevò di nuovo il capo, oltrepassandolo e voltandosi solo per fare un cenno con la mano.

Fugaku Uchiha l’aveva seguita con lo sguardo, per un po’, fino alla fine della via.
Poi aveva sorriso - che era soltanto un leggero stiramento di labbra – ed era tornato a casa per disinfettare le armi sporche del sangue dell’obbiettivo della missione.

 

Sakura Haruno aveva parlato per la prima volta a Sasuke Uchiha quando avevano sette anni, più precisamente il secondo giorno d’accademia.
Seduta due file più indietro, aveva posato la penna dopo l’ultima risposta – sicuramente corretta – al test di ingresso.
Quel test in cui non si è obbligati a far tutto bene, quel test che vuol solo saggiare cosa già sai.
Sulle domande che non riguardavano esattamente le arti Ninja, ma la logica, era andata bene.
Ma quelle più specifiche le aveva lasciate in bianco, perché gli Haruno non erano una famiglia di Ninja.
Lei sarebbe stata la prima kunoichi della famiglia.

Aveva chinato il capo, rileggendo tutte le risposte redatte con calligrafia tonda e infantile. Le ciocche della frangia troppo lunga le solleticavano il naso.
Quindi, aveva sollevato lo sguardo e si era alzata. Aveva visto l’Uchiha fare per alzarsi dal posto, con il test in mano.

“U- Uchiha-kun…” aveva sussurrato, non riuscendo a richiamare alla mente il suo nome, ma piuttosto il cognome collegato allo stemma. “… posso consegnarlo io, se… vuoi, ecco. Mi sono già alzata.”

Apriti cielo.

Aveva solo cercato di farsi un amico.
Ma lui aveva piantato quegli occhi d’inchiostro su di lei per qualche secondo buono, senza muovere un dito.
Aveva crucciato le sopracciglia, e lei aveva deglutito.

“… se… vuoi?” aveva quindi soggiunto, con vocina piccola piccola, porgendogli la mano.
Lui aveva arricciato il naso, per la seconda volta, prima di piantarle il test nella mano protesa. Poi, aveva scostato lo sguardo.
Sakura aveva battuto ciglio, sentendo sulla pelle le occhiatacce delle bambine della classe.

No, l’anno non era iniziato decisamente bene.

Non aveva fatto nulla di male, davvero.

Dopo quel giorno, non gli parlò per molto, molto tempo.

 

 

Mikoto si era innamorata di Fugaku Uchiha quando aveva quindici anni, e lui venti.

Più precisamente all’esame dei Chuunin, dove lei aveva partecipato e lui era uno degli esaminatori della seconda prova.

Lei gli aveva sorriso, chinando leggermente il capo d’un lato, di un’innocenza tutta zucchero.

Lui aveva sospirato, e aveva aggrottato la fronte.

Quando ho detto niente armi ammesse, Mikoto-chan, intendevo davvero niente armi. Fammi vedere la mano destra.”

Lei aveva continuato a sorridere, imperterrita, sebbene un angolo delle labbra sembrava essersi sollevato di un millimetro e il sopracciglio essersi abbassato di altrettanto.

“La mano destra, Mikoto.”

La ragazza aveva sollevato lo sguardo al soffitto del Dojo che faceva da sfondo alla prova, porgendogli la mano destra e posando la sinistra su un fianco. Rassegnata.

L’anello era lì, e luccicava tranquillamente innocuo.

“Avresti ingannato chiunque.” Aveva affermato lui, espressione soddisfatta sul volto, mentre le sfilava senza troppo ritegno il monile. “Ma non me, ti ho vista combattere troppe volte.

“Sei un guastafeste.” Aveva mormorato lei.

“Ho visto le jutsu che utilizzi su questo anello, Mikoto-chan. Non vorrei ricevere un pugno quando ci concentri il chakra. Diventa peggio di un punteruolo.”

Ripeto, sei un guastafeste. Non è una vera arma, devi ammetterlo. E’ l’anello di mia madre, vedi? E’ innocente. Dai, lasciamelo tenere.”

“Niente privilegi.” Categorico, laconico. Insomma, Fugaku. “Sono un giudice, qui.”
Le aveva messo su un broncio piuttosto infantile, ma lui aveva sorriso.

“Supererai la prova anche senza.” Poi, un sussurro. “Non vedo l’ora che arrivi il tuo incontro. Tu danzi, quando ti batti. E’ una danza stupenda, elegante e letale.

Aveva intravisto un’ombra di rosso nei suoi occhi, ed il cuore aveva fatto qualche battito più del voluto.

“E’ così che dovrebbe essere una kunoichi. Stupenda, elegante e letale.”

L’aveva superata con la solita disinvoltura, come se non avesse detto nulla.

“Non puoi dire cose del genere e scappartene, Fugaku Uchiha! Se vuoi prendermi in giro, vieni qui e dimmelo chiaro e tondo!”

Oh, l’avrebbe baciata solo per strapparle la lingua.

Ma lei era arrossita.

 

Sakura Haruno si era innamorata di Sasuke Uchiha a otto anni esatti.

Più precisamente quando non era più un’emarginata, ma una bambina piuttosto benvoluta. Tutto grazie ad Ino-chan che l’aveva aiutata.
Ora camminava a testa alta, e mostrava la fronte al mondo.

Il cortile era quasi deserto: era troppo presto. Tuttavia l’Uchiha era lì, davanti ai fantocci utilizzati per gli allenamenti.
Aveva gli occhi rossi di pianto, ma non stava piangendo. Lanciava i kunai contro i bersagli con troppa foga e troppa forza.
Non ne colpiva neanche uno.

Sakura si era fermata sui suoi passi, a guardarlo mentre si avvicinava al fantoccio e tirava via i kunai, ad uno ad uno.
Per poi rilanciarli, e mancarli di nuovo.

“Uchiha-kun?” aveva chiamato, appena basita. “Uchiha-kun, non… ne hai colpito nemmeno uno. Aveva concluso, a bassa voce.

Lui si era fermato lì, con il kunai in mano. Aveva battuto e aveva crucciato le sopracciglia, voltandosi verso di lei.

“Lo so.”

“Beh, ecco… come dire. Non è da te, Uchiha-kun.”

Lui sembrò pensarci su, e lei vide il labbro tremare appena.
Lo vide lanciare l’ennesimo kunai, e mancare l’ennesimo bersaglio.
 Le labbra della bambina si erano curvate in un sorriso ed un piccolo suono divertito.

Lui aveva aggrottato la fronte.

“Stavi piangendo, Uchiha-kun?”

“Le femmine piangono.”

Ma… Sei distratto. Non ti ho mai visto mancare un bersaglio.

“Fammi vedere tu se sei tanto brava.” Aveva risposto lui, appena inacidito.
Gli occhi un po’ meno lucidi ed un po’ più indispettiti.

Ma io non son…”

“Voglio proprio vedere.”

Aveva provato, e ne aveva mancati nove su dieci.
 Un pochino mortificata, si era voltata verso Sasuke, che aveva fatto spallucce con aria abbastanza soddisfatta.
 “Sei una frana.”

“Non è vero! Non lo sono.”

Lui aveva accennato un sorriso divertito, che stonava con gli occhi lucidi.  “Neanche io.”

Quel sorriso le aveva toccato il petto, proprio lì, all’altezza del cuore.

I- io non l’ho mai insinuato, Uchiha-kun.”

L’aveva superata con la solita disinvoltura, come se non avesse detto nulla.
Come se non avessero parlato, come se non avesse pianto.

Voleva vedere ancora quel sorriso, dedicato a lei.

Era arrossita.

 

 

Fugaku Uchiha si era ‘dichiarato’ e aveva chiesto la mano di Mikoto Uchiha quando aveva ventitrè anni suonati e lei aveva raggiunto i diciotto anni.
Suo padre era morto da poco, e lui era il nuovo Capofamiglia.
Capofamiglia senza famiglia.

Una notte, alla festa di compleanno di suo fratello Teyaki, l’aveva portata nel giardino della grande casa.
Lei, un po’ inebriata dal sakè, aveva riso alla grande luna piena, indicandola con la mano sottile che portava il solito anello.

“La luna sta cadendo, guarda!” aveva detto, con tono estasiato. “E’ così grande.”

Lui aveva riso con lei, seduto sulla panca di legno. Dall’interno della casa arrivava la musica, arrivavano le grida, arrivava la vita.

Fuori, c’era solo la risata placida di lei, e la sua voce che intonava imbranata l’eco delle note che arrivavano fin lì.

Neanche un filo di vento.
Lei fece una piccola piroetta su stessa, finalmente scostando l’attenzione dalla luna e riportandola sulla terra.

“Hai sempre la testa lassù, tu.” L’aveva rimproverata lui, tono vagamente severo.

Ma lei aveva sorriso, piano, guance pallide colorate di rosso.

Ancora una volta un kimono rosso, il colore che le donava di più.

Stupenda, elegante e letale. Dolce e letale.

Le aveva fatto cenno di sedersi accanto a lui, pigramente, con la mano.

E lei si era lasciata cader seduta su quel pavimento di legno.
Entrambi erano rimasti in silenzio a guardare la luna cadere.

Una volta che Mikoto si rese conto che non sarebbe caduta di lì a momenti, sospirò, guardandolo con la coda dell’occhio.

“Volevi dirmi qualcosa, o ti godi la mia compagnia?”

“Volevo dirti qualcosa, mi godo la tua compagnia e tutta quella gente mi fa male alla testa.

“Oh.”

“Già.”

Cosa volevi dirmi, allora?” aveva riso lei.

Lui aveva scostato lo sguardo di nuovo sul cielo, con quella fronte perennemente aggrottata, e quelle labbra perennemente imbronciate.
Aveva mormorato qualcosa, che lei non aveva udito.

“Come?”

Sposami, ho detto.” Ripeté lui, semplicemente, con quell’aria truce.

Dato che la risposta non era arrivata, aveva tossicchiato, una, due volte.

Era imbarazzato, come sempre quando si parlava di sentimenti.

Silenzio.

Poi, lei scoppiò a ridere, senza prenderlo sul serio.
Se possibile, il broncio di lui era diventato ancora più calcato.

“Ah, Mikoto, smettila. Dico sul serio!”

 

 

Sakura Haruno si era dichiarata e offerta a Sasuke Uchiha quando aveva tredici anni e aveva sentito nell’aria la partenza di lui.
Una notte si era messa lì, sulla strada che portava ai cancelli di Konoha, e l’aveva aspettato.
Lui, con quella sua aria truce e decisa, si era fermato a qualche passo da lei.

“Torna a casa.” Aveva detto, con tono secco. “Non voglio parlare con te.”

Lei aveva cacciato indietro le lacrime.

"Sasuke-kun. Sapevo saresti passato di qui. E così sono venuta, e ho aspettato..."

“Torna a dormire.”

Nella notte c’era il silenzio, e il fischiare del vento fra le fronde degli alberi.

Le si morse il labbro, guance pallide colorate di rosso.

Perché vuoi andare via, Sasuke-kun? Siamo stati bene, tutti insieme. Tu mi hai detto che stare soli fa male. Perché vuoi stare solo, Sasuke-kun?”

“Non ha nulla a che vedere con te.”

Si invece. Se tu te ne vai, per me sarà come essere sola, Sasuke-kun.”

Rimasero a guardarsi, per un po’, ognuno che attendeva che l’altro cedesse.
Una volta che Sasuke si rese conto che Sakura non avrebbe ceduto, sospirò.

“Sei veramente noiosa.”

Lei non lo vide più, ma sentì il suo sospiro bollente sul collo.

“Grazie.”

L’aveva colpita, e per qualche attimo era rimasto lì, a guardarla cadere per terra. Quasi, dopo quel colpo, si fosse aspettato una risposta.

Un “Prego.”

Dato che la risposta non era arrivata, aveva voltato le spalle e se ne era andato.

Se possibile, con ancor più rimorsi di prima.

 


Mikoto e Fugaku Uchiha avevano avuto due figli, Itachi e Sasuke Uchiha.

Fugaku Uchiha aveva guidato con ardore e senso di giustizia la polizia di Konoha, ed era stato un padre severo ed esigente.
Mikoto Uchiha era stata la Jounin più elegante, dolce e forte che mai fosse nata nel villaggio, e la madre migliore che i piccoli Sasuke e Itachi avessero mai potuto desiderare.

 

Sakura Haruno era rimasta da sola per il resto della sua vita, incapace di convincersi che una storia d’amore sarebbe potuta finire bene.
Non avrebbe mai potuto essere una buona madre, ma era diventata un’ottimo medico.

Sasuke Uchiha non ebbe abbastanza anni di vita davanti a sé per rendersi conto di essere solo.

Non era mai stato una buona persona, ma era diventato un ottimo contenitore di anime altrui.

 

 

 

Fugaku Uchiha era come il fuoco, aveva pensato Mikoto, un tempo: fiero e indomabile, brillante ed impetuoso.

Mikoto Uchiha era come l’acqua, aveva pensato Fugaku, un tempo: placida e serena, eppure impetuosa e letale quando la missione lo richiedeva.

Per questo, si erano amati.

 

Erano morti insieme, l’uno vicino all’altra.
Le loro lacrime si erano mischiate, e non avevano avuto rimpianti.

 

 

Sasuke Uchiha era stato come il fuoco, pensa lei: sebbene pericoloso, non aveva potuto fare a meno di esserne attratta, fino a quando non si era spento.

Sakura Haruno è come l’acqua, aveva pensato lui, un tempo: priva di qualsivoglia sapore.

Per questo, non erano riusciti ad amarsi.

 

Lui era già morto da un pezzo, e lei sarebbe morta lontana da lui, nel tempo e nello spazio.
Avevano versato lacrime amare l’uno a causa dell’altra, ed i rimpianti erano troppi e inutili da contare.

 

 

Un amore fra due cose così diverse può funzionare una volta sola.

 

(Magari nella prossima vita, Sakura.)

 


 

A/N: ancora non riesco a trovare uno straccio di pc da cui connettermi. La lista di commenti a cui devo rispondere aumenta – oddio, credo XD

Questa flavour… forse è un po’ lenta. Amore, è la sindrome da Nightmare che mi chiama ç_ç

E’ che se ho in mente qualcosa in un modo, e viene fuori qualcos’altro, mi deludo da sola XD

Comunque sono piuttosto fiera di questa – anche perché ieri non avevo idea di come svilupparla, ed oggi l’ho scritta tutta in esattamente un’ora. Togliendo l’altra ora di correzioni. Ora, una FugakuxMikoto con SakuraxSasuke annessa. Mi sono trovata un po’ in difficoltà con la caratterizzazione di Mikoto e Fugaku.

Insomma, vedendoli crescere, ecco, dato che li abbiamo conosciuti solo come genitori.

Allora è uscita una Mikoto spensierata, dolce, dalla testa fra le nuvole… ma che ha le palle quando combatte *per il fatto dell’anello mi sono inspirata alla tecnica di Asuma, lo ammetto >_>”*. E un Fugaku un po’ burbero, emotivamente incapace, attratto ed esasperato da quella ragazza così diversa da lui.

Teyaki è il signore anziano che parla con Sasuke nei Flashback °_° E’ solo una comparsa, comunque.

La mia parte preferita è il pezzo che contiene la dichiarazione patetica di Fugaku, che più che dichiarazione sembra un ordine. Bau!

 

Sasuke e Sakura sono Sasuke e Sakura. Sasuke con gli occhi lucidi perché si tratta di poco tempo dopo il massacro. Otto anni, appunto.

Sakura non la considero troppo OOC. Non era ancora innamorata di Sasuke, a quel tempo. XD

 

Quello che mi piace di questa fanfic è il parallelismo, ecco. Mentre la storia di Mikoto e Fugaku è andata liscia come l’olio – tranne l’incidente Itachi – nonostante fossero diversi, con Sasu e Saku non è andata altrettanto bene. Mi sta tornando la fissazione delle SasuSaku.

 

Gradirei avere opinioni ambo positive e negative su questa *_*” I miei esperimenti assurdi. E soprattutto sulla caratterizzazione di Mikoto e Fugaku XD

Figuratevi se anche per un titolo così innocuo potevo scrivere qualcosa di sereno. Bah.

 

  
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