Fanfic su attori > Jared Leto
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Autore: 0Faith0    05/02/2007    8 recensioni
Perché il mio era un sogno. Un sogno innocente. Il sogno di una ragazzina.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il dolce atterraggio mi costrinse a ritornare alla realtà. Mr Oliver Stone mi aveva promesso che una bodyguard mi avrebbe aspettato all’aeroporto e mi avrebbe scortato fino all’albergo. Ne fui felice.
D’altronde era la prima volta che andavo in America e, devo ammetterlo, il mio senso dell’orientamento non è mai stato un gran ché. Effettivamente, un ragazzo sui vent’anni, vestito di nero e con un paio di occhiali scuri, che portava però sul corto taglio di capelli, mi stava venendo incontro. Io mi fermai aspettandolo.
-E’ lei Miss Senna?- mi chiese senza scomporsi.
-Si sono io-
Mi veniva così facile ormai parlare inglese che mi stavo anche abituando all’americano. La bodyguard mi accompagnò fino all’uscita dell’aeroporto dove una Chrysler nuova ci attendeva davanti l’ingresso. Mi aprì la portiera e, dopo che io fui salita, mi si sedette di fianco.
Per dieci minuti buoni, se non oltre, non parlò affatto il ché era immensamente snervante. Pensate a me. Ero nervosa. Ansiosa. Un po’ triste. Con una bodyguard al mio fianco che non fiata. Mi sentivo uno schifo.
-Ehm…ci vorrà molto per arrivare all’albergo?- chiesi tanto per rompere il ghiaccio.
-Mpf…qualche minuto ancora- rispose vago senza neanche voltarsi. Beh, quei pochi minuti passarono come il resto del tempo. Arrivati all’albergo fece i gesti di routine. Senza un sorriso, né un espressione…diversa. Cominciavo a provare pena per lui. Doveva essere stressante come lavoro. Stare dietro a delle star (anche se io non lo ero) e rischiare la vita per loro, di cui a dire la verità non te ne strafrega la beneamata mazza. Comunque, come dicevo, “il ragazzo” scese, mi tenne aperta la portiera (gentile direte voi? Naaa…semplicemente competente) e mi accompagno sino all’ entrata. L’albergo era maestoso. Moderno, con accenni allo stile neoclassico.
-Il mio compito finisce qui Miss Senna. ArrivederLa- disse ciò e risalì in macchina. Scossi la testa arrendevole ed entrai nell’edificio.
Mi diressi subito al bancone della Reception. Era bellissimo perfino quello. Lungo, in legno di mogano lucidato, con intarsi in oro.
-Mi scusi…- cominciai rivolta a una delle ragazze. Questa era alta, coi capelli castano chiaro, quasi biondi raccolti in un morbido chignon e portava un paio di occhiali rettangolari. Era elegantissima, portava la divisa come se dovesse stare attenta a qualsiasi cosa, sia di sporcarla che di rovinarla in qualsiasi modo.
-Mi dica- rispose sorridendomi. “Finalmente un gesto carino! Era ora” pensai.
-Sono la signorina Senna. Mi è stata riservata una camera-
Lei annuì e aprì un raccoglitore rosso.
-Certo, stanza 410- proferì e mi porse una tessera magnetica con scritto a caratteri grandi “410”.
Mi guardai un attimo in giro e, una volta visto l’ascensore, mi ci precipitai. Premetti il pulsante e aspettai pochi secondi. Quando si aprirono le porte salii insieme ad un altro paio di persone. Pigiai il pulsante numero “8”.
Sperai che non si fermasse ad altri piani, ero stanchissima. Ma un improvviso senso di terrore mi assalì. Cercai di rimanere calma, mentre il corpo si scaldava per il panico.br> “I MIEI BAGAGLI!” pensai.
Al secondo piano l’ascensore si fermò.
Guardando davanti a me vidi Jared Leto. Perché tutte a me dovevano capitare quel giorno? L’ultima persona che avei voluto incontrare era proprio lui. E doveva appena essere arrivato perché teneva delle valige in mano. Una morsa allo stomaco. Anche io avrei dovuto avere delle valige! Le MIE maledettissime valige…
Al terzo piano la coppia che era salita con me scese. Rimasi sola con lui e mi stavo per mettere a piangere. Odiavo quella situazione. E la odiai ancora di più quando mi parlò.
-Non so se tu te ne sia accorta, ma quelle che ho in mano, sono le tue valige- mi voltai a guardarlo e mi venne l’istinto di abbracciarlo. Mio dio, non sapevo come ringraziarlo. Semplicemente venne fuori la mia timidezza e mi si infiammarono le guance per la vergogna. No, no! Non per essere vicino a lui, ero adulta alla fine, ma per aver fatto una gran figura di merda.
-Io…grazie. Veramente, non so cosa dire, ma oggi ho la testa da tutt’altra parte…- balbettai.
-Non fa niente, New York fa questo effetto…- e mi sorrise.
Mi porse una delle tre valige.
-E le altre?- domandai perplessa.
-Te le porto io, non ce la farai mai ad arrivare fino alla tua stanza con tre valige…così pesanti-
“Devi pure essere gentile? Ma non potevi essere un cafone? Non potevi ingrassare? Diventare brutto o che so io?” pensai irritata.
All’ottavo piano scese con me e percorremmo la strada fino alla stanza numero 410.
  
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