Uscì di casa di
corsa, non importava che stesse per iniziare di nuovo a piovere.
Che senso ha la
luce del tramonto se il sole é coperto dalle nuvole?
Di nuvole ce ne
erano parecchie e per strada non c’era nessuno. La sensazione che Manuel sentiva
crescere nel suo corpo era più o meno la stessa di quel giorno di tante
settimane prima, il giorno in cui quel fulmine aveva colpito l’albero di fianco
a Viola, il giorno in cui tutto era veramente cominciato.
Ma adesso non aveva
tempo per i ricordi, non ne aveva proprio tempo. Non servono i ricordi, quando
stai correndo contro il tempo che racchiude anche quegli
stessi.
Un tuono risuonò
dietro le nubi, uno squarcio di luce inondò il cielo e i suoi pensieri. Strinse
gli occhi come se qualcosa gli avesse dato tremendamente fastidio ma non si
fermò, continuò a camminare a passo spedito, - attraversava la Settima Strada
allontanandosi sempre di più da casa sua e quando giunse all’angolo iniziò a
correre. Corse a più non posso per le strade deserte della città fin quando non
giunse a casa di Viola.
Si fermò per
qualche secondo a guardare la finestra della sua camera, lì in alto, - la luce
era spenta. Tutto era silenzioso e tranquillo, d’un tratto Manuel fu preso da
un’insensata impressione di solitudine. Squadrò la casa come se la guardasse per
la prima volta, gli occhi d’un tratto parvero farsi lucidi. Più lentamente
raggiunse il retro della casa, si calò verso le finestre del seminterrato per
assicurarsi che quello che pensava fosse vero.
Oh si, Viola era
lì.
Avrebbe voluto
rimanere qualche altro momento lì a contemplarla, fuori da quella finestra, ma
lei si accorse immediatamente che lui era lì. Oh certo, era comprensibile, le
finestre del seminterrato lanciavano una luce diretta nella stanza, e chiunque
si fosse posto dinanzi ad esse avrebbe inevitabilmente squilibrato i giochi di
luce.
Viola lo guardò
dapprima sorridendo, poi colse uno strano cipiglio di preoccupazione nel suo
volto. Si avvicinò alla finestra, l’aprì con uno scatto
rapido.
-
Manuel…-
Lui non la fece
parlare, la baciò delicatamente mentre sentiva gli occhi divenire sempre più
umidi.
-
Che…succede?-
-
Viola,
io…-
La sua voce
tremava, un altro fulmine illuminò quello sfondo grigio. Viola guardò il cielo
quasi con occhi di rimprovero, tornò a guardare Manuel.
-
Forza, vieni
dentro- disse, tirandolo per un braccio.
Manuel non oppose
resistenza, entrò.
Il temporale non ci
voleva proprio.
Viola lo guardò da
capo a piedi per un momento, si accorse che c’era qualcosa in più oltre al
temporale che lo rendeva così strano.
-
Manuel, cosa
succede?-
Lui fu come
risvegliato dalla sua voce, la abbracciò forte senza dire una
parola.
-
Manuel…vuoi dirmi
cosa sta succedendo?-
-
Viola,
ascolta…-
-
Mi sto
preoccupando…-
Viola si districò
dall’abbraccio per poterlo guardare negli occhi, gli occhi di lui erano lucidi
come specchi d’acqua, le labbra tremavano.
-
Mio Dio, Manuel,
perché hai quella faccia? Stai per piangere! Cosa é successo? Stanno tutti bene,
Adam sta bene?-
Viola gli poggiò
una mano sulla guancia, Manuel chiuse per un attimo gli
occhi.
Iniziò a
piovere.
-
Oh si…stanno tutti
bene…- sussurrò dopo un attimo.
Viola lo abbracciò
di nuovo, il cuore iniziò a batterle più velocemente.
-
E cosa succede
allora?-
-
Viola…-
-
Se c’é qualcosa che
non va devi dirmelo-
Si guardarono negli
occhi, Manuel lesse la paura nel suo sguardo e la sentì scorrere da quegli
stessi occhi. Le accarezzò le guance e le baciò la fronte, mentre le mani
passavano a coprirle i capelli.
-
Non avere
paura…-
La sua voce era
soffusa, quasi come se volesse rassicurarla.
Viola alzò di nuovo
il viso, Manuel sospirò.
-
Lascia che…lascia
che io riesca a trovare le parole…- bisbigliò dopo un attimo, mentre iniziava a
baciarla.
Viola socchiuse gli
occhi, strinse le braccia intorno al suo collo mentre un sentimento che
oscillava tra una perforante paura e la totale tranquillità spirava dentro di
lei.
Le mani di lui
passarono ad accarezzarle le braccia, i fianchi e la schiena, - un nuovo fulmine
illuminò il cielo.
-
Sta piovendo…-
sussurrò lei dopo un attimo.
-
Viola, ti prego,
dimmi che mi ami-
-
Lo sai che ti
amo-
-
Ma oggi é
diverso-
-
Perché é
diverso?-
-
Perché non so più
niente, oggi-
-
Manuel, ma
cosa…-
-
Ti prego non
parlare…-
Viola non replicò,
lasciò che lui l’abbracciasse e le baciasse il corpo.
Il temporale era
cominciato.
Le gocce facevano
rumore nella testa di Manuel come se ogni goccia colpisse una parte del suo
corpo procurandogli dolore. L’aria fredda sembrava entrargli nelle ossa e
impedirgli di respirare, tanto che era fredda quell’aria che il pavimento gelido
del seminterrato dov’era sdraiati sembrava bruciasse.
Ma il pavimento non
bruciava, era il suo cuore ad essere in fiamme, e quella sarebbe stata l’ultima
volta.
Lentamente iniziò a
piangere.
Adesso le gocce di
pioggia erano lontane, così lontane che a nessuno dei due sembrava che stesse
davvero piovendo.
-
Mi portano via
domani-
Il cuore di Viola
cadde in un abisso.
Era notte inoltrata
quando Viola aprì di scatto gli occhi e quasi saltò in
piedi.
Guardò il buio del
seminterrato inizialmente chiedendosi dove si trovasse e cosa stesse succedendo,
ma un momento dopo tutto le ritornò alla memoria.
Un sottile sospiro
di Manuel bastò per farle capire che anche lui era
sveglio.
Voltò la testa
verso di lui, il cuore iniziò a pulsare più velocemente.
Manuel era steso al
suo fianco, gli occhi vuoti fissavano un punto indefinito del soffitto, tristi e
ancora lucidi. Il corpo di Viola era bagnato dalle sue lacrime, adesso quelle
scie sulle sue braccia sembravano scintillare sotto la soffusa luce della
luna.
La pioggia cadeva
ancora fitta e silenziosa, ma non c’era più lampi, né tuoni. Il solo rumore
udibile era il ticchettio della pioggia sulla strada, trasparente ed
invisibile.
-
Era…era solo un
sogno, non é vero?- mormorò Viola, con la voce impastata di
paura.
Manuel non si
mosse, non parlò, restò lì, fermo, con gli occhi fissi al
soffitto.
-
Manuel…- Viola lo
scosse mentre la voce diveniva più ferma, Manuel chiuse gli occhi e nuove
lacrime coprirono le sue guance.
Oh no, non era un
sogno.
Era
vero.
Lo portavano
via.
-
Non…può…essere…-
Gli occhi di Viola
si riempirono di lacrime, il corpo iniziò a tremarle.
Lentamente Manuel
si mise seduto come lei, chiuse per un attimo il viso tra le mani controllando
il suo respiro.
-
E’ una bugia! E’
una bugia, non é vero?-
Viola gli poggiò
una mano sulla guancia, Manuel si voltò verso di lei.
-
No, Viola, non é
una bugia. Adam mi porta via dall’Inghilterra domani-
Quelle parole
lacerarono il cuore di Viola come se fossero taglienti. Un dolore impetuoso la
prese al petto, sentì il respiro bloccato in gola e le lacrime iniziarono a
scendere sul viso.
-
Non é possibile…non
può farlo… perché, Manuel? Dove ti porta? Non può farlo, lui
non…-
-
Erano tutti
d’accordo…i miei genitori…lui, e anche Susan…sua moglie…lei é già lì,
in…Francia…-
-
Cosa stai dicendo?
E’ una follia! Ti rendi conto di quello che dici? Non é possibile che succeda
una cosa del genere…-
-
Non mi danno scelta
-
-
Ma tu non puoi
andartene…Manuel, mio Dio, perché vuole farlo? Cosa vogliono
fare…?-
-
Ricordi la storia
del viaggio di Susan, e quella di Annie?
-
Si
-
-
Era lì che stava
andando, già, proprio lì -
-
Cosa…? Io non
capisco…cosa c’entri tu in tutto questo? Perché Adam vuole portarti
lì?-
-
Da quando é…é
successa la storia di Annie lui…lui ha parlato con Susan, adesso…adesso vogliono
che io vada lì, dicono che mi farà bene, non so altro, io…non sono riuscito ad
ascoltare, non voglio ascoltarli…-
-
É impazzito! Come
gli viene in mente una cosa del genere? Ma non ci pensa alla tua vita? Eh? Non
ti ha neanche interpellato nella decisione! Ma che razza di uomo é questo? E
cosa mi dici dei tuoi genitori? Anche loro hanno detto di si? I tuoi genitori ti
mandano in Francia con lui?-
Manuel si coprì gli
occhi cercando di far cessare le lacrime dal suo viso.
-
Io non voglio
andarmene…non ti voglio lasciare…-
-
Manuel…-
Viola lo abbracciò,
Manuel affondò il viso tra i suoi capelli.
Per momenti che
parvero interminabili continuarono a stringersi.
-
Perché non me l’hai
detto subito…?- sussurrò Viola mentre le lacrime continuavano a sgorgarle dagli
occhi.
Manuel le accarezzò
il volto tentando di portar via le lacrime, abbassò lo
sguardo.
-
Come potevo dirlo a
te se non volevo dirlo neanche a me stesso…-
-
Ma abbiamo fatto
l’amore…-
-
E tu eri
felice-
-
Ma se me l’avessi
detto sarei stata consapevole che é stata l’ultima volta-
-
Ma saresti stata
così felice? No, avresti pianto –
-
Tu hai
pianto-
-
Lo sai che avrei
pianto comunque,- Viola abbassò lo sguardo tentando di smettere di piangere,
Manuel cercò di abbozzare un sorriso, sfiorò con la punta delle dita le guance
di lei, - e poi non é stata l’ultima volta-
Manuel le baciò la
fronte, Viola chiuse gli occhi mentre stringeva ancora le sue
mani.
-
Quanto tempo ci
resta da passare insieme?-
Lei alzò lo
sguardo, la voce le tremava.
Gli occhi di Manuel
parevano vuoti, Viola vedeva scorrere in quegli occhi momenti e situazioni
appartenenti al loro passato. Non era cosciente, sapeva di non esserlo. Una
parte di se continuava a ripeterle di star vivendo in un incubo, presto si
sarebbe svegliata e avrebbe scoperto che non stava succedendo davvero. Come
poteva succedere così, tutto da un momento all’altro? Era così che doveva andare
a finire? La scoperta più grande della sua vita, la persona più importante della
sua vita se ne sarebbe presto andata?
E cosa ne sarebbe
stato di loro? Di tutto quello che avevano condiviso?
Una leggera musica
iniziò a suonare nel cervello di Viola, ad allietare i suoi ricordi come una
mamma che culla un bambino che piange e non la smette. Perdeva coscienza ad ogni
minuto che passava, perdeva voglia di vedere la realtà ad ogni secondo che
attraversava il buio di quella stanza.
-
Questa é l’ultima
notte. Domani mattina partirò-
Le parole di Manuel
erano di nuovo come lame taglienti nel suo petto.
La musica nella sua
testa aumentò di volume, adesso anche Manuel la sentiva. Mentre nella testa di
Viola la musica si comportava come unica componente capace di rallegrare un
povero matto rinchiuso in una stanza da anni ed anni, nella testa di Manuel la
musica cullava la sua impotenza.
Non c’erano state
lacrime o preghiere che avevano fatto cambiare idea ai suoi genitori o a Adam.
Desiderava con tutto se stesso non aver mai scoperto niente, esser rimasto
nell’oscurità di quel segreto che gli aveva cambiato la
vita.
-
Sento la tua
musica, Viola- sussurrò Manuel, avvicinando le labbra alle sue
guance.
-
Significa che sto
per impazzire-
Non era una
domanda, e non era neanche una frasetta esitante. La musica cullava la lucidità
di Viola attraverso la sua agonia.
-
Sto pensando…sto
pensando che…ci sono moltissime cose che vorrei ancora
dirti…-
Le parole di Viola
sorvolavano la sua anima, correvano attraverso il suo corpo. Manuel chiuse gli
occhi e sospirò.
-
Per favore,
abbracciami. Abbracciami, pensa che questa notte sarà
infinita-
-
Infinita…-
-
Già,
infinita-
Viola poggiò stanca
la testa sulla sua spalla, Manuel prese ad accarezzarle i capelli lentamente.
Dalle nuvole si facevano largo alcuni raggi di luna; cadevano sull’asfalto e
colpivano i vetri delle finestre del seminterrato.
Manuel prese a
muoversi leggermente come per cullarla, Viola teneva gli occhi chiusi e le
lacrime bagnavano le sue spalle.
-
Guarda, Viola, le
nuvole hanno fatto spazio alla luna…-
-
Non voglio
vederla…-
-
Significa che
domani ci sarà il sole-
-
Sole?-
-
Già. Domani ci sarà
il sole-
…
Era stato
esattamente il ventiquattro novembre. O no, forse era qualche giorno prima… oh
si, di certo. Forse il venti. Venti novembre, doveva essere stato uno di quei
giorni. Di sicuro intorno quella data, si, di certo, non poteva essere stato più
tardi, quando era iniziato dicembre Viola ricordava di amarlo
già.
Che giorno era
oggi?
Oh, non lo sapeva.
Numeri scorrevano nella sua testa, non aveva la prontezza di prenderne neanche
uno.
Iniziò a sospirare
rumorosamente, dondolò la testa avanti e indietro quasi come se quel movimento
l’aiutasse a familiarizzare col silenzio nel quale era
avvolta.
Quella notte si era
riaddormentata cullata dalle lacrime e dalle braccia di lui, ma quando si era
svegliata il sole era già alto nel cielo di quello squallido primo giorno di
vacanze natalizie e lui non c’era. Al suo posto c’era un foglio bianco piegato
in due parti, lei lo aveva immediatamente aperto con le mani
tremanti.
“C’é
il sole, come ti avevo detto. Ci vediamo a mezzogiorno all’incrocio della
Settima Strada. E so che ti stanno tremando le mani, ti prego, non
tremare.”
Il
biglietto non era firmato ma Viola avrebbe riconosciuto la sua grafia ovunque.
Era la solita serpentiforme ma elegante, e non c’era neanche una sbavatura.
Aveva stretto il biglietto al petto come se potesse contenere un pezzo di lui,
sfiorò e baciò quelle parole. Si sentiva prossima a perdere la ragione.
Si
era alzata mentre le gambe quasi non la reggevano e silenziosamente aveva salito
le scale lasciando i vecchi vestiti sul pavimento del seminterrato, aveva fatto
attenzione a non farsi scorgere né da sua madre e né da Janine e si era chiusa a
chiave nella sua camera. L’odore di pulito della stanza sembrava più forte del
solito, Viola aveva iniziato a sentire la testa girarle, ma sapeva che non
c’entrava niente l’assente odore della sua camera. Aveva posato delicatamente il
biglietto sulla scrivania e aveva aperto l’armadio con decisione. Era stata lì
per più di qualche minuto come se si trovasse di fronte all’armadio di una
sconosciuta, fissando i vestiti come se non fossero i suoi e come se non sapesse
cosa farsene, poi una lampadina parve accendersi nella sua mente e iniziò a
scavare tra gli abiti avidamente. Nel giro di pochi secondi il pavimento era
ricoperto di indumenti e Viola continuava a buttarli tutti fuori come se niente
di quello che toccava appartenesse a lei. D’un tratto afferrò uno dei suoi jeans
e lo guardò con soddisfazione. Lo strinse tra le mani, una smorfia che voleva
essere un sorriso comparve sulla sua faccia e posò il pantalone sulla scrivania
accanto al biglietto delicatamente. Poi la luce sparì dai suoi occhi e
ricominciò a buttar via tutte le maglie dai cassetti dell’armadio. Ci mise forse
una manciata di secondi per svuotare tre cassetti, fin quando non trovò quello
che cercava, un golfino azzurro. Lo guardò con la stessa smorfia con la quale
aveva guardato il pantalone e poi lo poggiò accanto ad
esso.
Guardò
con soddisfazione il completo che aveva davanti agli occhi non curandosi della
situazione di totale disordine nella quale aveva lasciato la
stanza.
Erano
quelli i vestiti che aveva il giorno in cui si erano parlati per la prima
volta.
Sorrise,
stavolta il sorriso sembrava più reale eppure gli occhi continuavano ad essere
vuoti.
Con
morbosa delicatezza afferrò gli abiti prescelti e li indossò velocemente, poi
facendosi largo tra i vestiti sparsi sul pavimento si guardò allo
specchio.
Il
riflesso aveva righe lucide sulle guance, i capelli spettinati che scendevano
sulle spalle e le labbra pallide.
Viola
si guardò per qualche minuto non riconoscendosi, tentò di associare l’immagine
nello specchio alla ragazza che aveva parlato con Manuel per la prima volta
intorno al venti novembre, piegò la testa da un lato e con un risolino
fastidioso si voltò e tornò alla scrivania per prendere il suo biglietto.
Afferratolo, non si curò affatto di rimettere in ordine la stanza e così come
era salita in camera riscese di nuovo nel seminterrato, - in casa non c’era
nessun rumore, era certa che la mamma e Janine fossero
uscite.
Chiuse
a chiave la porta del seminterrato e si avvicinò strisciando i piedi per terra
fino al pianoforte, lanciò uno sguardo severo ai vestiti sul pavimento come se fossero
rifiuti da buttare e si mise a sfogliare velocemente tutti i libricini allineati
sul pianoforte. Oh, ma sfogliandoli ordinatamente non avrebbe mai trovato quello
che cercava! Così come era accaduto con i vestiti accadde anche con gli
spartiti: in meno di un minuto erano tutti sparpagliati sul
pavimento.
Quando
finalmente afferrò quello che stava cercando con foga, si appropinquò al divano
e si accoccolò su di esso non curandosi affatto di aver calpestato ogni altro
libro di musica.
Adesso
stringeva tra le mani il libro di Bach e tentava di ricordare ogni attimo
passato con lui.
Dopo
circa un quarto d’ora, la follia iniziò a scemare e si preparò a ritornare la
disperazione.
Nuove
lacrime stavano già per farsi strada nei suoi occhi quando il telefono poggiato
sul piano iniziò a suonare.
Viola
lo guardò inespressiva per la durata di tre squilli, come se si trattasse di un
oggetto alieno messo lì per caso, poi si alzò e lo
raggiunse.
Lo
prese nella mano destra e se lo portò all’orecchio.
-
Chi
é?- chiese, con la voce roca di chi non parla da secoli.
Una
voce molto più tranquilla e molto meno roca rispose dall’altro
lato.
-
Ciao
Viola. Sono Adam -
Viola
abbassò lo sguardo e tentò di controllare la rabbia che le faceva ribollire il
sangue.
-
Adam…-
biascicò con la stessa voce roca di prima.
Sentì
un sospiro dall’altra parte del filo.
-
Capisco
che forse non sono la prima persona che tu voglia sentire adesso,
però…-
-
Oh
si sbaglia, Adam, - lo interruppe Viola addolcendo la voce, - avrei trovato io
il modo di parlarle. Per dirle che é la persona più spregevole che sia mai
esistita-
La
voce di Viola era ferma, si sentì un nuovo sospiro.
-
Non parlare in
questo modo per favore-
La voce di Adam era
soffusa.
-
Ah no? E cosa
dovrei fare? Ringraziarla? Lei non si rende conto di quello che sta
facendo-
-
Viola, tu dovresti
capire …-
Lo sguardo di Viola
si sollevò leggermente.
-
Lei me lo sta per
portare via! Questa é l’unica cosa che riesco a capire!-
-
Lui ha bisogno di
questo-
-
No, lui ha bisogno
di stare qui e vivere una vita normale, la vita che
vuole!-
-
Io ho parlato con
sua madre e…-
-
Non mi interessa!
Avete preso delle decisioni senza interpellarlo e senza rendervi conto delle
conseguenze!-
-
Tu sei sconvolta
Viola,- sussurrò, tentando di farla calmare, - sei fuori di testa, per questo
parli così-
-
Non provi a darmi
della matta! Parli con Manuel, e se ha davvero il coraggio di rivolgergli la
parola gli chieda come si sente a lasciare l’Inghilterra! Lo porterete via da me
per sempre, io vi odio! La odio, Adam, mi ha sentita bene? Io la
detesto!-
-
Viola…-
-
Come ha osato
telefonarmi?-
-
Non potevo non
farlo, Viola-
-
Finirò con
l’impazzire. Senza di lui é come se non esistessi. Me lo porti pure via se ne ha
il coraggio, lo faccia Adam. Avanti, sto aspettando. Lo prenda e se lo porti
via, prendete un aereo e volate a Parigi, é lì che vuole andare vero? Non
importa, fosse anche in Kenya, se ne vada via davvero. Attacchi questo dannato
telefono, vada a prendere Manuel e partite-
Un sussulto partì
dal corpo di Adam, gli occhi gli si fecero lucidi.
-
Sei un’anima
innamorata, io non posso farti guarire, - mormorò quasi come se parlasse a se
stesso, - ma io devo fare la cosa giusta. E anche tu sai che questa é la cosa
più giusta-
Una nuova ondata di
lacrime rigò il viso di Viola.
- Non piangere ti
supplico,- riprese a dire lui dopo un attimo, - ti prometto che oggi, quando
verrò a prenderlo, non uscirò neanche dalla macchina. Resterò lì, con i fari
spenti, aspettando che lui possa passare gli ultimi attimi con
te-
-
La smetta, Adam
-
-
Un giorno mi
capirai-
-
Lei non ha un
cuore-
Viola non aspettò
neanche che Adam potesse replicare, chiuse la telefonata e piangendo buttò il
telefono a terra e si chiuse il viso tra le mani.
…
Nessuno avrebbe mai
detto che fosse davvero mezzogiorno.
Il sole era stato
oscurato da qualche nuvola passeggera, tirava un vento freddo e le foglie degli
alberi danzavano qua e la portate dalla gelida brezza; la strada era deserta e
tutto taceva.
Manuel alzò gli
occhi verso la strada di fronte a lui e la vide arrivare.
Gli parve che il
cuore avesse cessato di battere, lo stesso cuore che aveva avuto la sensazione
iniziasse a vivere solo dopo averla incontrata.
Si avvicinava a
piccoli passi, aveva la lunga giacca grigia che ridisegnava il suo corpo, le
mani stese lungo i fianchi e i capelli al vento, che si sottraevano alla lunga
sciarpa rossa per danzare insieme alle foglie.
Manuel non riusciva
a vedere i suoi occhi, ma non aveva bisogno di vederli per capire cosa stava
provando. Più si avvicinava, più la lama penetrava in profondità nel suo
cuore.
Stava succedendo
tutto troppo velocemente.
Quando finalmente
Viola fu ad un solo passo da lui, gli lanciò le braccia al collo e restò in
silenzio per qualche minuto mentre lui la stringeva a se e la cullava
lentamente.
-
Viola…-
Viola sciolse
l’abbraccio e lo guardò negli occhi.
-
Non dovevano fare
questo, Manuel, non dovevano- mormorò lei mentre sentiva gli occhi
pizzicarle.
Manuel abbassò la
testa, le strinse le mani.
-
Tu sai che non
potrebbe mai finire così-
-
Lui ti porta via,
Manuel, questo lo sappiamo entrambi-
Una lacrima scese
sul viso di Viola.
-
Ti prego, Viola…, -
Manuel scrutò il suo sguardo sofferente, le strinse di più le mani, - voglio che
tu sappia che…-
-
…questo é il nostro
addio...-
Viola chiuse gli
occhi lasciando che calde lacrime scendessero sulle guance, Manuel scosse la
testa come in preda ad un aggressivo spasmo.
-
No, Viola, non é un
addio –, le prese il viso tra le mani e portò via le lacrime che bagnavano le
sue guance, - noi non ci diremo mai addio-
Viola alzò lo
sguardo verso di lui, vide i suoi occhi vuoti, lo sguardo estraniato eppure
apparentemente placido.
-
Tu te ne stai
andando, Manuel, e chissà se ci vedremo di nuovo, chissà dove andrai, e io sarò
qui, da sola, e...-
-
Viola, mio Dio, non
dire queste cose-
Il tono della sua
voce era rotto dal pianto. In un attimo anche gli occhi di lui furono pieni di
lacrime e mentre queste scendevano rigandogli il volto arrossato, non smetteva
di tenere le guance di lei nelle sue mani e a mantenere l’espressione
impassibile.
-
Noi non ci diremo
mai addio, Viola, anche se saremo lontani, tu non dovrai fare altro che
pensarmi, e sarà come se fossi sempre stato con te-
-
Cosa direbbe il Re
adesso?-
Manuel la fissò per
qualche secondo, gli occhi gli si riempirono nuovamente di
lacrime.
-
Piange come noi -
mormorò, in un sussurro appena udibile.
-
Sta odiando Adam,
ecco cosa sta facendo. Lui aveva ordinato che noi potessimo stare insieme per
sempre, e Adam gli sta disubbidendo. Inizio a credere che il Re non abbia più il
suo potere-
-
Oh no, questo non é
vero, - Manuel le strinse le mani, le avvicinò a se, - il Re ha deciso che noi
ci ameremo per sempre e così sarà, Viola. Non ci credi più? Non credi più che
sia lui a decidere di noi? Ricordi quel che ti dissi? Anche se saremo lontani,
il Re non torna indietro nella sua decisione. Devi fidarti, lui lo sa, e lo so
anche io-
Socchiuse gli occhi
come un tentativo di fermare le lacrime; sospirò, passò una mano tra i capelli
di lei.
-
Io non posso vivere
senza di te, Manuel –
-
Neanche
io-
Viola iniziò di
nuovo a singhiozzare, poggiò la testa sul suo petto e lo strinse forte, come se
quell’abbraccio avesse potuto avere la forza di non lasciarlo partire
mai.
Le lacrime parvero
calmarsi per un istante, la vicinanza del calore del suo corpo ebbe per qualche
attimo la forza di far cessare il fuoco che le stava divorando il cuore e le
lacrime persero la loro intensità. Iniziò a parlare con voce sommossa,
sospirata, con gli occhi chiusi, strofinando la testa contro il suo petto.
-
Non andare via,
allora, resta qui. Non succederà niente se resti, non puoi fare una cosa se non
vuoi farla, vero? Nessuno deve costringerti, neanche i tuoi, Manuel, neanche
loro... cosa mi succederà? E cosa succederà a te? Perché ci succede questo...?
Io non sono niente senza di te, sarebbe inutile la vita, e
tutto...-
-
Viola...-
Viola alzò lo
sguardo, lo sguardo di lui era di nuovo apparentemente tranquillo, con gli occhi
che bruciavano di dolore.
-
Ascoltami Viola, io
ti amo. D’accordo? Io ti amo, e amo tutto di te... molto più che il tuo sorriso,
la tua pelle, del tuo modo di ridere, di tutto quello che qualunque persona
potrebbe amare nell’altro. Io amo tutto quello che pensi, tutto quello che
provi, la tua anima, amo il movimento dei tuoi pensieri quando colpiscono il mio
corpo, amo le luci che si sprigionano dalla tua mente, amo la tua anima quando
parla l’amore in una lingua che non può essere né spiegata e né tradotta...tu mi
hai fatto capire cosa sono davvero io, tu mi hai fatto rinascere e accettare
tutto di me solo e semplicemente esistendo. Potrebbero passare mille o duemila
anni, io non amerò mai un’altra, non desidererò mai di stringere un’altra, di
baciare un’altra, di guardare negli occhi un’altra, e devi credermi, - sospirò,
abbassò lo sguardo, poi le accarezzò le guance, - da quando ci siamo conosciuti
vivo solo per te e non rimpiango niente-
Le lacrime di Viola
cadevano leggere sulle mani di lui senza più un gemito.
Erano soltanto
l’espressione della sofferenza del corpo, espressione del dolore che provava la
sua anima al solo pensiero della loro separazione. E quel dolore invadeva anche
tutti i loro ricordi; il tempo che avevano passato insieme, i momenti che
avevano condiviso, le emozioni di cui lo aveva sentito parlare, il modo in cui,
diversamente dal mondo, si erano guardati dentro.
I loro occhi si
incrociarono, il vento soffiò più forte.
- Fare l’amore con
te é stato bellissimo- mormorò dopo un attimo stringendole ancora il viso, - non
lo dimenticherò mai-
Manuel socchiuse
gli occhi per un istante, sentì le lacrime che affioravano di nuovo nell’anima
di Viola e nei suoi stessi occhi.
-
Ma io...io voglio
fare di nuovo l’amore con te, - prese a dire lei di nuovo tra i singhiozzi, -
tante volte, per sempre, voglio restare accanto a te per
sempre...-
Manuel le sfiorò le
labbra con le sue.
-
Guardami,
Viola-
Viola socchiuse gli
occhi, Manuel le alzò il volto verso il suo; i loro occhi si incrociarono di
nuovo. Le lacrime di Viola continuavano a rigarle il viso, parevano essere un
tutt’uno con quel volto.
-
Non piangere ti
prego-
-
Come faccio a
smettere? Come posso fermarmi se so che questa é l’ultima volta che ci
vedremo?-
-
Non é
così-
-
Stai mentendo a te
stesso, lo sai che non ti faranno più tornare!-
Manuel fu preso da
un spasmo di dolore. Il cuore gli si riempì di risentimento, paura, sofferenza,
strinse gli occhi come per impedire a se stesso di tremare, eppure non ci riuscì
del tutto. Le mani iniziarono lentamente a vibrare, il pianto di Viola era come
un vento dentro il suo corpo che faceva dondolare quei sentimenti.
Non sarebbe più
tornato a Brighton, forse era vero. Nonostante sia sua madre che Adam gli
avevano promesso che avrebbe fatto ritorno, c’era dentro di loro qualcosa che li
tradiva. Avrebbero dovuto imparare che con lui le bugie non valgono niente. Sua
madre viveva da sempre con lui, non aveva forse capito che ormai lui poteva
capirle, certe cose? E Adam, che lo studiava addirittura, neanche lui era stato
così intelligente da capire che le bugie erano da elidere?
Manuel aveva capito
che l’istinto di mentire era più forte di qualsiasi
consapevolezza.
Avevano mentito per
farlo star meglio, per illuderlo che l’avrebbero riportato da Viola un giorno,
ma neanche loro ne erano sicuri. Dentro di loro aleggiava l’amarezza, la pena.
Forse avevano capito che lui l’amava, l’amava veramente. Avrebbero mai avuto il
brutale coraggio di separarlo da lei per sempre? Sentiva il cuore
scoppiargli.
Viola lo fissava,
aveva gli occhi appannati ancora dalle lacrime e il viso
rosso.
-
Stai tremando-
mormorò, prendendogli le mani.
-
Ti amo, Viola.
Qualsiasi cosa succeda-
-
Non tremare ti
prego-
-
Ecco guarda, -
Manuel prese un piccolo contenitore rosso dalla tasca, - queste sono le lettere
che ti ho scritto, ti ricordi?-
-
Manuel…-
-
É arrivato il
momento giusto, amore, eccolo…siamo insieme, non vedi? Prendi queste
lettere-
Viola afferrò il
contenitore dalle mani tremanti di Manuel, non smetteva di
piangere.
- Oh, ma non
preoccuparti, amore, non preoccuparti, ti scriverò altre lettere. Sei mai stata
in Francia? Ti racconterò ogni cosa-
-
Perché non smetti
di tremare?-
-
E ti penserò in
ogni momento. Non dimenticherò niente-
-
Mi stai dicendo
addio non é vero? Adesso me lo stai dicendo davvero-
-
No-
-
Si-
-
Credimi non é
così-
-
Stai tremando
ancora-
-
Io non smetterò mai
di amarti, Viola-
Viola osservò nuove
lacrime scendere sul volto di lui, poggiò le mani sulle sue guance e lo baciò
con delicatezza, assaporando quelle
lacrime.
-
Anche io ti amo,
Manuel. E tu lo sai. Ti ho affidato le mie emozioni una volta e sono tue per
sempre-
Si abbracciarono,
Manuel affondò la testa tra i suoi capelli, lei chiuse gli occhi sulla sua
spalla, respirando il calore del suo corpo e la dolcezza del suo
abbraccio.
Il vento accarezzò
le loro figure e i loro capelli ondeggiavano con esso, le foglie secche degli
alberi si muovevano leggiadre intorno ai loro corpi e le nuvole iniziavano a
diradarsi. Dal fondo della strada apparve una macchina, i fari colpirono gli
occhi di Viola, lei si scansò; si coprì questi con il braccio, Manuel si
voltò.
I fari colpirono
anche i suoi occhi, poi la macchina si fermò a qualche metro da
loro.
I fari si spensero,
ma nessuno scese.
Dal vetro davanti a
loro entrambi riconobbero la figura di Joel, che teneva gli occhi bassi,
fissando qualcosa di indefinito. Fermo lì in quella macchina sembrava che stesse
aspettando l’avvento di qualcosa che gli avrebbe cambiato la vita, con
l’espressione impassibile e gli occhi pieni di sofferenza.
Invece stava solo
aspettando che Manuel lo raggiungesse.
Come aveva promesso
a Viola, non scese e non parlò nemmeno. Restò lì, fermo come se non li avesse
visti, fermo come se fosse tutto normale.
Viola e Manuel si
guardarono, lui sfregò le mani sulle sue braccia, lei stringeva le sue come se
non volesse per niente al mondo lasciarlo andare.
Manuel lanciò
un’occhiata alla macchina, poi un’altra a Viola.
-
Adesso
é...-
-
Manuel...-
-
Devo
andare-
-
Ti
prego...-
Manuel le accarezzò
il viso e la baciò, scostandole i capelli dal viso.
-
Posso chiederti una
cosa, Viola?-
-
Tutto-
-
Ti prego,
sorridimi. Non ti chiedo altro, sorridi, che sei così bella quando sorridi! So
che con queste lacrime sul viso…beh, non é tanto facile…però sei bella lo
stesso…te l’ho mai detto che sei bella? Sei bellissima. E quando sorridi tutto
si illumina. Oh ecco, così…-, Manuel le alzò il mento con le dita, Viola abbozzò
un sorriso, - vorrei farti vedere quanto sei bella! Non smettere mai di
sorridere, amore, non piangere, okay? Ti fa male. Tu devi essere felice, noi ci
amiamo. Perché sei triste se ci amiamo? Non voglio vederti piangere amore mio.
Ti scriverò davvero. Te lo prometto –
Viola sospirò
dimenticando per un attimo tutte le lacrime che stava piangendo, lo guardò con
dolcezza lasciando cadere la sua angoscia.
-
Giurami che questa
non é la fine Manuel -
-
Non é la
fine-
-
Me lo
giuri?-
-
Ti
amo-
Viola ingoiò saliva
a vuoto, Manuel le baciò la fronte.
Il corpo di Viola
era come pietrificato, quello di lui era come la nebbia che lentamente spariva,
lasciando dietro di se l’ombra e l’atmosfera.
A piccoli passi
Manuel iniziò ad allontanarsi non smettendo di guardarla, le loro mani furono
costrette a lasciarsi.
Il cuore batteva
così velocemente che pareva fermo. Il dolore perforava i tessuti degli organi,
intrecciava pensieri e ricordi con le corde dell’anima, tirava i nervi del
cervello e pizzicava agli occhi, pungeva come spilli – il respiro diminuiva,
l’aria si appesantiva e solidificandosi non si lasciava afferrare; il petto
continuava a gonfiarsi e sgonfiarsi troppo velocemente, gli occhi erano
appannati, la bocca asciutta e le orecchie fischiavano.
Viola non ricordò
più niente di quel momento.
I ricordi
affievoliti della concretezza vissuta diventò solitudine, e la solitudine
diventò il suo diritto: malinconica condizione dell’essere a corto di se
stessi.
Il rombo di
un’auto.
“Ti
amo”
Fine.
Note:
Giungo dunque alla fine di questo
racconto, non avrei mai pensato di riuscire a racchiuderlo in quindici capitoli,
originariamente era molto più lungo. Manuel e Viola sono stati i compagni della
mia adolescenza, il primo racconto al quale ho dedicato anima e corpo e spero
davvero che questo finale “amaro” non vi abbia deluso, ma vi faccia sperare di
leggere dell’altro (non sono sicura, ma potrei scrivere anche un continuo).
Ringrazio con tutto il cuore le 27 persone che hanno seguito questo
racconto, le 7 che l’hanno inserita
nelle preferite, le 3 che l’hanno inserita tra le ricordate, e tutti quelli che
occasionalmente hanno commentato. Vi invito dunque ad esprimere infine il vostro
ultimo commento a questo capitolo, ditemi tutto quello che ne
pensate, sarebbe graditissimo. Vi invito inoltre a leggere altri miei
racconti.
A presto e grazie
infinite,
Lara