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Autore: lar185    27/07/2012    6 recensioni
Ricapitoliamo: lui si chiama Manuel Green, é al quarto anno, é così bravo a scuola che lo chiamano genio, solitario e introverso, con un sorriso enigmatico...intelligente, anche, le aveva dato quest’impressione. Ma c’era qualcosa, qualcosa che sembrava mancare, era come se tutte quelle informazioni potessero essere assimilate solo grazie ad una colla...qual’era il collante tra quelle informazioni? Perché diavolo non riusciva a togliersi dalla testa la convinzione che Manuel Green fosse qualcosa che non riusciva a capire?
**
- Tocca a te- disse, con tutta l’aria di una provocazione.
Viola esitò un attimo, mille domande le affollarono la testa.
- Quando sei nato?- chiese infine.
- Non puoi farmi la stessa domanda-
- Joel non l’ha mica detto-
Manuel si oscurò per un attimo.
- Ventinove febbraio-
Viola lo squadrò curiosa.
- Mi prendi in giro?-
- Perché?-
- Non esiste il ventinove febbraio-
- Certo. Ogni quattro anni-
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti dell'inverno'
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fiori15

Uscì di casa di corsa, non importava che stesse per iniziare di nuovo a piovere.

Che senso ha la luce del tramonto se il sole é coperto dalle nuvole?

Di nuvole ce ne erano parecchie e per strada non c’era nessuno. La sensazione che Manuel sentiva crescere nel suo corpo era più o meno la stessa di quel giorno di tante settimane prima, il giorno in cui quel fulmine aveva colpito l’albero di fianco a Viola, il giorno in cui tutto era veramente cominciato.

Ma adesso non aveva tempo per i ricordi, non ne aveva proprio tempo. Non servono i ricordi, quando stai correndo contro il tempo che racchiude anche quegli stessi.

Un tuono risuonò dietro le nubi, uno squarcio di luce inondò il cielo e i suoi pensieri. Strinse gli occhi come se qualcosa gli avesse dato tremendamente fastidio ma non si fermò, continuò a camminare a passo spedito, - attraversava la Settima Strada allontanandosi sempre di più da casa sua e quando giunse all’angolo iniziò a correre. Corse a più non posso per le strade deserte della città fin quando non giunse a casa di Viola.

Si fermò per qualche secondo a guardare la finestra della sua camera, lì in alto, - la luce era spenta. Tutto era silenzioso e tranquillo, d’un tratto Manuel fu preso da un’insensata impressione di solitudine. Squadrò la casa come se la guardasse per la prima volta, gli occhi d’un tratto parvero farsi lucidi. Più lentamente raggiunse il retro della casa, si calò verso le finestre del seminterrato per assicurarsi che quello che pensava fosse vero.

Oh si, Viola era lì.

Avrebbe voluto rimanere qualche altro momento lì a contemplarla, fuori da quella finestra, ma lei si accorse immediatamente che lui era lì. Oh certo, era comprensibile, le finestre del seminterrato lanciavano una luce diretta nella stanza, e chiunque si fosse posto dinanzi ad esse avrebbe inevitabilmente squilibrato i giochi di luce.

Viola lo guardò dapprima sorridendo, poi colse uno strano cipiglio di preoccupazione nel suo volto. Si avvicinò alla finestra, l’aprì con uno scatto rapido.

-         Manuel…-

Lui non la fece parlare, la baciò delicatamente mentre sentiva gli occhi divenire sempre più umidi.

-         Che…succede?-

-         Viola, io…-

La sua voce tremava, un altro fulmine illuminò quello sfondo grigio. Viola guardò il cielo quasi con occhi di rimprovero, tornò a guardare Manuel.

-         Forza, vieni dentro- disse, tirandolo per un braccio.

Manuel non oppose resistenza, entrò.

Il temporale non ci voleva proprio.

Viola lo guardò da capo a piedi per un momento, si accorse che c’era qualcosa in più oltre al temporale che lo rendeva così strano.

-         Manuel, cosa succede?-

Lui fu come risvegliato dalla sua voce, la abbracciò forte senza dire una parola.

-         Manuel…vuoi dirmi cosa sta succedendo?-

-         Viola, ascolta…-

-         Mi sto preoccupando…-

Viola si districò dall’abbraccio per poterlo guardare negli occhi, gli occhi di lui erano lucidi come specchi d’acqua, le labbra tremavano.

-         Mio Dio, Manuel, perché hai quella faccia? Stai per piangere! Cosa é successo? Stanno tutti bene, Adam sta bene?-

Viola gli poggiò una mano sulla guancia, Manuel chiuse per un attimo gli occhi.

Iniziò a piovere.

-         Oh si…stanno tutti bene…- sussurrò dopo un attimo.

Viola lo abbracciò di nuovo, il cuore iniziò a batterle più velocemente.

-         E cosa succede allora?-

-         Viola…-

-         Se c’é qualcosa che non va devi dirmelo-

Si guardarono negli occhi, Manuel lesse la paura nel suo sguardo e la sentì scorrere da quegli stessi occhi. Le accarezzò le guance e le baciò la fronte, mentre le mani passavano a coprirle i capelli.

-         Non avere paura…-

La sua voce era soffusa, quasi come se volesse rassicurarla.

Viola alzò di nuovo il viso, Manuel sospirò.

-         Lascia che…lascia che io riesca a trovare le parole…- bisbigliò dopo un attimo, mentre iniziava a baciarla.

Viola socchiuse gli occhi, strinse le braccia intorno al suo collo mentre un sentimento che oscillava tra una perforante paura e la totale tranquillità spirava dentro di lei.

Le mani di lui passarono ad accarezzarle le braccia, i fianchi e la schiena, - un nuovo fulmine illuminò il cielo.

-         Sta piovendo…- sussurrò lei dopo un attimo.

-         Viola, ti prego, dimmi che mi ami-

-         Lo sai che ti amo-

-         Ma oggi é diverso-

-         Perché é diverso?-

-         Perché non so più niente, oggi-

-         Manuel, ma cosa…-

-         Ti prego non parlare…-

Viola non replicò, lasciò che lui l’abbracciasse e le baciasse il corpo.

Il temporale era cominciato.

Le gocce facevano rumore nella testa di Manuel come se ogni goccia colpisse una parte del suo corpo procurandogli dolore. L’aria fredda sembrava entrargli nelle ossa e impedirgli di respirare, tanto che era fredda quell’aria che il pavimento gelido del seminterrato dov’era sdraiati sembrava bruciasse.

Ma il pavimento non bruciava, era il suo cuore ad essere in fiamme, e quella sarebbe stata l’ultima volta.

Lentamente iniziò a piangere.

 

 

Adesso le gocce di pioggia erano lontane, così lontane che a nessuno dei due sembrava che stesse davvero piovendo.

-         Mi portano via domani-

 

Il cuore di Viola cadde in un abisso.

 

 

 

Era notte inoltrata quando Viola aprì di scatto gli occhi e quasi saltò in piedi.

Guardò il buio del seminterrato inizialmente chiedendosi dove si trovasse e cosa stesse succedendo, ma un momento dopo tutto le ritornò alla memoria.

Un sottile sospiro di Manuel bastò per farle capire che anche lui era sveglio.

Voltò la testa verso di lui, il cuore iniziò a pulsare più velocemente.

Manuel era steso al suo fianco, gli occhi vuoti fissavano un punto indefinito del soffitto, tristi e ancora lucidi. Il corpo di Viola era bagnato dalle sue lacrime, adesso quelle scie sulle sue braccia sembravano scintillare sotto la soffusa luce della luna.

La pioggia cadeva ancora fitta e silenziosa, ma non c’era più lampi, né tuoni. Il solo rumore udibile era il ticchettio della pioggia sulla strada, trasparente ed invisibile.

-         Era…era solo un sogno, non é vero?- mormorò Viola, con la voce impastata di paura.

Manuel non si mosse, non parlò, restò lì, fermo, con gli occhi fissi al soffitto.

-         Manuel…- Viola lo scosse mentre la voce diveniva più ferma, Manuel chiuse gli occhi e nuove lacrime coprirono le sue guance.

Oh no, non era un sogno.

Era vero.

Lo portavano via.

-         Non…può…essere…-

Gli occhi di Viola si riempirono di lacrime, il corpo iniziò a tremarle.

Lentamente Manuel si mise seduto come lei, chiuse per un attimo il viso tra le mani controllando il suo respiro.

-         E’ una bugia! E’ una bugia, non é vero?-

Viola gli poggiò una mano sulla guancia, Manuel si voltò verso di lei.

-         No, Viola, non é una bugia. Adam mi porta via dall’Inghilterra domani-

Quelle parole lacerarono il cuore di Viola come se fossero taglienti. Un dolore impetuoso la prese al petto, sentì il respiro bloccato in gola e le lacrime iniziarono a scendere sul viso.

-         Non é possibile…non può farlo… perché, Manuel? Dove ti porta? Non può farlo, lui non…-

-         Erano tutti d’accordo…i miei genitori…lui, e anche Susan…sua moglie…lei é già lì, in…Francia…-

-         Cosa stai dicendo? E’ una follia! Ti rendi conto di quello che dici? Non é possibile che succeda una cosa del genere…-

-         Non mi danno scelta -

-         Ma tu non puoi andartene…Manuel, mio Dio, perché vuole farlo? Cosa vogliono fare…?-

-         Ricordi la storia del viaggio di Susan, e quella di Annie?

-         Si -

-         Era lì che stava andando, già, proprio lì -

-         Cosa…? Io non capisco…cosa c’entri tu in tutto questo? Perché Adam vuole portarti lì?-

-         Da quando é…é successa la storia di Annie lui…lui ha parlato con Susan, adesso…adesso vogliono che io vada lì, dicono che mi farà bene, non so altro, io…non sono riuscito ad ascoltare, non voglio ascoltarli…-

-         É impazzito! Come gli viene in mente una cosa del genere? Ma non ci pensa alla tua vita? Eh? Non ti ha neanche interpellato nella decisione! Ma che razza di uomo é questo? E cosa mi dici dei tuoi genitori? Anche loro hanno detto di si? I tuoi genitori ti mandano in Francia con lui?-

Manuel si coprì gli occhi cercando di far cessare le lacrime dal suo viso.

-         Io non voglio andarmene…non ti voglio lasciare…-

-         Manuel…-

Viola lo abbracciò, Manuel affondò il viso tra i suoi capelli.

Per momenti che parvero interminabili continuarono a stringersi.

-         Perché non me l’hai detto subito…?- sussurrò Viola mentre le lacrime continuavano a sgorgarle dagli occhi.

Manuel le accarezzò il volto tentando di portar via le lacrime, abbassò lo sguardo.

-         Come potevo dirlo a te se non volevo dirlo neanche a me stesso…-

-         Ma abbiamo fatto l’amore…-

-         E tu eri felice-

-         Ma se me l’avessi detto sarei stata consapevole che é stata l’ultima volta-

-         Ma saresti stata così felice? No, avresti pianto –

-         Tu hai pianto-

-         Lo sai che avrei pianto comunque,- Viola abbassò lo sguardo tentando di smettere di piangere, Manuel cercò di abbozzare un sorriso, sfiorò con la punta delle dita le guance di lei, - e poi non é stata l’ultima volta-

Manuel le baciò la fronte, Viola chiuse gli occhi mentre stringeva ancora le sue mani.

-         Quanto tempo ci resta da passare insieme?-

Lei alzò lo sguardo, la voce le tremava.

Gli occhi di Manuel parevano vuoti, Viola vedeva scorrere in quegli occhi momenti e situazioni appartenenti al loro passato. Non era cosciente, sapeva di non esserlo. Una parte di se continuava a ripeterle di star vivendo in un incubo, presto si sarebbe svegliata e avrebbe scoperto che non stava succedendo davvero. Come poteva succedere così, tutto da un momento all’altro? Era così che doveva andare a finire? La scoperta più grande della sua vita, la persona più importante della sua vita se ne sarebbe presto andata?

E cosa ne sarebbe stato di loro? Di tutto quello che avevano condiviso?

Una leggera musica iniziò a suonare nel cervello di Viola, ad allietare i suoi ricordi come una mamma che culla un bambino che piange e non la smette. Perdeva coscienza ad ogni minuto che passava, perdeva voglia di vedere la realtà ad ogni secondo che attraversava il buio di quella stanza.

-         Questa é l’ultima notte. Domani mattina partirò-

Le parole di Manuel erano di nuovo come lame taglienti nel suo petto.

La musica nella sua testa aumentò di volume, adesso anche Manuel la sentiva. Mentre nella testa di Viola la musica si comportava come unica componente capace di rallegrare un povero matto rinchiuso in una stanza da anni ed anni, nella testa di Manuel la musica cullava la sua impotenza.

Non c’erano state lacrime o preghiere che avevano fatto cambiare idea ai suoi genitori o a Adam. Desiderava con tutto se stesso non aver mai scoperto niente, esser rimasto nell’oscurità di quel segreto che gli aveva cambiato la vita.

-         Sento la tua musica, Viola- sussurrò Manuel, avvicinando le labbra alle sue guance.

-         Significa che sto per impazzire-

Non era una domanda, e non era neanche una frasetta esitante. La musica cullava la lucidità di Viola attraverso la sua agonia.

-         Sto pensando…sto pensando che…ci sono moltissime cose che vorrei ancora dirti…-

Le parole di Viola sorvolavano la sua anima, correvano attraverso il suo corpo. Manuel chiuse gli occhi e sospirò.

-         Per favore, abbracciami. Abbracciami, pensa che questa notte sarà infinita-

-         Infinita…-

-         Già, infinita-

Viola poggiò stanca la testa sulla sua spalla, Manuel prese ad accarezzarle i capelli lentamente. Dalle nuvole si facevano largo alcuni raggi di luna; cadevano sull’asfalto e colpivano i vetri delle finestre del seminterrato.

Manuel prese a muoversi leggermente come per cullarla, Viola teneva gli occhi chiusi e le lacrime bagnavano le sue spalle.

-         Guarda, Viola, le nuvole hanno fatto spazio alla luna…-

-         Non voglio vederla…-

-         Significa che domani ci sarà il sole-

-         Sole?-

-         Già. Domani ci sarà il sole-

 

 

                                                       

 

Era stato esattamente il ventiquattro novembre. O no, forse era qualche giorno prima… oh si, di certo. Forse il venti. Venti novembre, doveva essere stato uno di quei giorni. Di sicuro intorno quella data, si, di certo, non poteva essere stato più tardi, quando era iniziato dicembre Viola ricordava di amarlo già.

Che giorno era oggi?

Oh, non lo sapeva. Numeri scorrevano nella sua testa, non aveva la prontezza di prenderne neanche uno.

Iniziò a sospirare rumorosamente, dondolò la testa avanti e indietro quasi come se quel movimento l’aiutasse a familiarizzare col silenzio nel quale era avvolta.

Quella notte si era riaddormentata cullata dalle lacrime e dalle braccia di lui, ma quando si era svegliata il sole era già alto nel cielo di quello squallido primo giorno di vacanze natalizie e lui non c’era. Al suo posto c’era un foglio bianco piegato in due parti, lei lo aveva immediatamente aperto con le mani tremanti.

“C’é il sole, come ti avevo detto. Ci vediamo a mezzogiorno all’incrocio della Settima Strada. E so che ti stanno tremando le mani, ti prego, non tremare.”

Il biglietto non era firmato ma Viola avrebbe riconosciuto la sua grafia ovunque. Era la solita serpentiforme ma elegante, e non c’era neanche una sbavatura. Aveva stretto il biglietto al petto come se potesse contenere un pezzo di lui, sfiorò e baciò quelle parole. Si sentiva prossima a perdere la ragione.

Si era alzata mentre le gambe quasi non la reggevano e silenziosamente aveva salito le scale lasciando i vecchi vestiti sul pavimento del seminterrato, aveva fatto attenzione a non farsi scorgere né da sua madre e né da Janine e si era chiusa a chiave nella sua camera. L’odore di pulito della stanza sembrava più forte del solito, Viola aveva iniziato a sentire la testa girarle, ma sapeva che non c’entrava niente l’assente odore della sua camera. Aveva posato delicatamente il biglietto sulla scrivania e aveva aperto l’armadio con decisione. Era stata lì per più di qualche minuto come se si trovasse di fronte all’armadio di una sconosciuta, fissando i vestiti come se non fossero i suoi e come se non sapesse cosa farsene, poi una lampadina parve accendersi nella sua mente e iniziò a scavare tra gli abiti avidamente. Nel giro di pochi secondi il pavimento era ricoperto di indumenti e Viola continuava a buttarli tutti fuori come se niente di quello che toccava appartenesse a lei. D’un tratto afferrò uno dei suoi jeans e lo guardò con soddisfazione. Lo strinse tra le mani, una smorfia che voleva essere un sorriso comparve sulla sua faccia e posò il pantalone sulla scrivania accanto al biglietto delicatamente. Poi la luce sparì dai suoi occhi e ricominciò a buttar via tutte le maglie dai cassetti dell’armadio. Ci mise forse una manciata di secondi per svuotare tre cassetti, fin quando non trovò quello che cercava, un golfino azzurro. Lo guardò con la stessa smorfia con la quale aveva guardato il pantalone e poi lo poggiò accanto ad esso.

Guardò con soddisfazione il completo che aveva davanti agli occhi non curandosi della situazione di totale disordine nella quale aveva lasciato la stanza.

Erano quelli i vestiti che aveva il giorno in cui si erano parlati per la prima volta.

Sorrise, stavolta il sorriso sembrava più reale eppure gli occhi continuavano ad essere vuoti.

Con morbosa delicatezza afferrò gli abiti prescelti e li indossò velocemente, poi facendosi largo tra i vestiti sparsi sul pavimento si guardò allo specchio.

Il riflesso aveva righe lucide sulle guance, i capelli spettinati che scendevano sulle spalle e le labbra pallide.

Viola si guardò per qualche minuto non riconoscendosi, tentò di associare l’immagine nello specchio alla ragazza che aveva parlato con Manuel per la prima volta intorno al venti novembre, piegò la testa da un lato e con un risolino fastidioso si voltò e tornò alla scrivania per prendere il suo biglietto. Afferratolo, non si curò affatto di rimettere in ordine la stanza e così come era salita in camera riscese di nuovo nel seminterrato, - in casa non c’era nessun rumore, era certa che la mamma e Janine fossero uscite.

Chiuse a chiave la porta del seminterrato e si avvicinò strisciando i piedi per terra fino al pianoforte, lanciò uno sguardo severo ai  vestiti sul pavimento come se fossero rifiuti da buttare e si mise a sfogliare velocemente tutti i libricini allineati sul pianoforte. Oh, ma sfogliandoli ordinatamente non avrebbe mai trovato quello che cercava! Così come era accaduto con i vestiti accadde anche con gli spartiti: in meno di un minuto erano tutti sparpagliati sul pavimento.

Quando finalmente afferrò quello che stava cercando con foga, si appropinquò al divano e si accoccolò su di esso non curandosi affatto di aver calpestato ogni altro libro di musica.

Adesso stringeva tra le mani il libro di Bach e tentava di ricordare ogni attimo passato con lui.

Dopo circa un quarto d’ora, la follia iniziò a scemare e si preparò a ritornare la disperazione.

Nuove lacrime stavano già per farsi strada nei suoi occhi quando il telefono poggiato sul piano iniziò a suonare.

Viola lo guardò inespressiva per la durata di tre squilli, come se si trattasse di un oggetto alieno messo lì per caso, poi si alzò e lo raggiunse.

Lo prese nella mano destra e se lo portò all’orecchio.

-         Chi é?- chiese, con la voce roca di chi non parla da secoli.

Una voce molto più tranquilla e molto meno roca rispose dall’altro lato.

-         Ciao Viola. Sono Adam -

Viola abbassò lo sguardo e tentò di controllare la rabbia che le faceva ribollire il sangue.

-         Adam…- biascicò con la stessa voce roca di prima.

Sentì un sospiro dall’altra parte del filo.

-         Capisco che forse non sono la prima persona che tu voglia sentire adesso, però…-

-         Oh si sbaglia, Adam, - lo interruppe Viola addolcendo la voce, - avrei trovato io il modo di parlarle. Per dirle che é la persona più spregevole che sia mai esistita-

La voce di Viola era ferma, si sentì un nuovo sospiro.

-         Non parlare in questo modo per favore-

La voce di Adam era soffusa.

-         Ah no? E cosa dovrei fare? Ringraziarla? Lei non si rende conto di quello che sta facendo-

-         Viola, tu dovresti capire …-

Lo sguardo di Viola si sollevò leggermente.

-         Lei me lo sta per portare via! Questa é l’unica cosa che riesco a capire!-

-         Lui ha bisogno di questo-

-         No, lui ha bisogno di stare qui e vivere una vita normale, la vita che vuole!-

-         Io ho parlato con sua madre e…-

-         Non mi interessa! Avete preso delle decisioni senza interpellarlo e senza rendervi conto delle conseguenze!-

-         Tu sei sconvolta Viola,- sussurrò, tentando di farla calmare, - sei fuori di testa, per questo parli così-

-         Non provi a darmi della matta! Parli con Manuel, e se ha davvero il coraggio di rivolgergli la parola gli chieda come si sente a lasciare l’Inghilterra! Lo porterete via da me per sempre, io vi odio! La odio, Adam, mi ha sentita bene? Io la detesto!-

-         Viola…-

-         Come ha osato telefonarmi?-

-         Non potevo non farlo, Viola-

-         Finirò con l’impazzire. Senza di lui é come se non esistessi. Me lo porti pure via se ne ha il coraggio, lo faccia Adam. Avanti, sto aspettando. Lo prenda e se lo porti via, prendete un aereo e volate a Parigi, é lì che vuole andare vero? Non importa, fosse anche in Kenya, se ne vada via davvero. Attacchi questo dannato telefono, vada a prendere Manuel e partite-

Un sussulto partì dal corpo di Adam, gli occhi gli si fecero lucidi.

-         Sei un’anima innamorata, io non posso farti guarire, - mormorò quasi come se parlasse a se stesso, - ma io devo fare la cosa giusta. E anche tu sai che questa é la cosa più giusta-

Una nuova ondata di lacrime rigò il viso di Viola.

- Non piangere ti supplico,- riprese a dire lui dopo un attimo, - ti prometto che oggi, quando verrò a prenderlo, non uscirò neanche dalla macchina. Resterò lì, con i fari spenti, aspettando che lui possa passare gli ultimi attimi con te-

-         La smetta, Adam -

-         Un giorno mi capirai-

-         Lei non ha un cuore-

Viola non aspettò neanche che Adam potesse replicare, chiuse la telefonata e piangendo buttò il telefono a terra e si chiuse il viso tra le mani.

 

                                                             

 

 

Nessuno avrebbe mai detto che fosse davvero mezzogiorno.

Il sole era stato oscurato da qualche nuvola passeggera, tirava un vento freddo e le foglie degli alberi danzavano qua e la portate dalla gelida brezza; la strada era deserta e tutto taceva.

Manuel alzò gli occhi verso la strada di fronte a lui e la vide arrivare.

Gli parve che il cuore avesse cessato di battere, lo stesso cuore che aveva avuto la sensazione iniziasse a vivere solo dopo averla incontrata.

Si avvicinava a piccoli passi, aveva la lunga giacca grigia che ridisegnava il suo corpo, le mani stese lungo i fianchi e i capelli al vento, che si sottraevano alla lunga sciarpa rossa per danzare insieme alle foglie.

Manuel non riusciva a vedere i suoi occhi, ma non aveva bisogno di vederli per capire cosa stava provando. Più si avvicinava, più la lama penetrava in profondità nel suo cuore.

Stava succedendo tutto troppo velocemente.

Quando finalmente Viola fu ad un solo passo da lui, gli lanciò le braccia al collo e restò in silenzio per qualche minuto mentre lui la stringeva a se e la cullava lentamente.

-         Viola…-

Viola sciolse l’abbraccio e lo guardò negli occhi.

-         Non dovevano fare questo, Manuel, non dovevano- mormorò lei mentre sentiva gli occhi pizzicarle.

Manuel abbassò la testa, le strinse le mani.

-         Tu sai che non potrebbe mai finire così-

-         Lui ti porta via, Manuel, questo lo sappiamo entrambi-

Una lacrima scese sul viso di Viola.

-         Ti prego, Viola…, - Manuel scrutò il suo sguardo sofferente, le strinse di più le mani, - voglio che tu sappia che…-

-         …questo é il nostro addio...-

Viola chiuse gli occhi lasciando che calde lacrime scendessero sulle guance, Manuel scosse la testa come in preda ad un aggressivo spasmo.

-         No, Viola, non é un addio –, le prese il viso tra le mani e portò via le lacrime che bagnavano le sue guance, - noi non ci diremo mai addio-

Viola alzò lo sguardo verso di lui, vide i suoi occhi vuoti, lo sguardo estraniato eppure apparentemente placido.

-         Tu te ne stai andando, Manuel, e chissà se ci vedremo di nuovo, chissà dove andrai, e io sarò qui, da sola, e...-

-         Viola, mio Dio, non dire queste cose-

Il tono della sua voce era rotto dal pianto. In un attimo anche gli occhi di lui furono pieni di lacrime e mentre queste scendevano rigandogli il volto arrossato, non smetteva di tenere le guance di lei nelle sue mani e a mantenere l’espressione impassibile.

-         Noi non ci diremo mai addio, Viola, anche se saremo lontani, tu non dovrai fare altro che pensarmi, e sarà come se fossi sempre stato con te-

-         Cosa direbbe il Re adesso?-

Manuel la fissò per qualche secondo, gli occhi gli si riempirono nuovamente di lacrime.

-         Piange come noi - mormorò, in un sussurro appena udibile.

-         Sta odiando Adam, ecco cosa sta facendo. Lui aveva ordinato che noi potessimo stare insieme per sempre, e Adam gli sta disubbidendo. Inizio a credere che il Re non abbia più il suo potere-

-         Oh no, questo non é vero, - Manuel le strinse le mani, le avvicinò a se, - il Re ha deciso che noi ci ameremo per sempre e così sarà, Viola. Non ci credi più? Non credi più che sia lui a decidere di noi? Ricordi quel che ti dissi? Anche se saremo lontani, il Re non torna indietro nella sua decisione. Devi fidarti, lui lo sa, e lo so anche io-

Socchiuse gli occhi come un tentativo di fermare le lacrime; sospirò, passò una mano tra i capelli di lei.

-         Io non posso vivere senza di te, Manuel –

-         Neanche io-

Viola iniziò di nuovo a singhiozzare, poggiò la testa sul suo petto e lo strinse forte, come se quell’abbraccio avesse potuto avere la forza di non lasciarlo partire mai.

Le lacrime parvero calmarsi per un istante, la vicinanza del calore del suo corpo ebbe per qualche attimo la forza di far cessare il fuoco che le stava divorando il cuore e le lacrime persero la loro intensità. Iniziò a parlare con voce sommossa, sospirata, con gli occhi chiusi, strofinando la testa contro il suo petto.

-         Non andare via, allora, resta qui. Non succederà niente se resti, non puoi fare una cosa se non vuoi farla, vero? Nessuno deve costringerti, neanche i tuoi, Manuel, neanche loro... cosa mi succederà? E cosa succederà a te? Perché ci succede questo...? Io non sono niente senza di te, sarebbe inutile la vita, e tutto...-

-         Viola...-

Viola alzò lo sguardo, lo sguardo di lui era di nuovo apparentemente tranquillo, con gli occhi che bruciavano di dolore.

-         Ascoltami Viola, io ti amo. D’accordo? Io ti amo, e amo tutto di te... molto più che il tuo sorriso, la tua pelle, del tuo modo di ridere, di tutto quello che qualunque persona potrebbe amare nell’altro. Io amo tutto quello che pensi, tutto quello che provi, la tua anima, amo il movimento dei tuoi pensieri quando colpiscono il mio corpo, amo le luci che si sprigionano dalla tua mente, amo la tua anima quando parla l’amore in una lingua che non può essere né spiegata e né tradotta...tu mi hai fatto capire cosa sono davvero io, tu mi hai fatto rinascere e accettare tutto di me solo e semplicemente esistendo. Potrebbero passare mille o duemila anni, io non amerò mai un’altra, non desidererò mai di stringere un’altra, di baciare un’altra, di guardare negli occhi un’altra, e devi credermi, - sospirò, abbassò lo sguardo, poi le accarezzò le guance, - da quando ci siamo conosciuti vivo solo per te e non rimpiango niente-

Le lacrime di Viola cadevano leggere sulle mani di lui senza più un gemito.

Erano soltanto l’espressione della sofferenza del corpo, espressione del dolore che provava la sua anima al solo pensiero della loro separazione. E quel dolore invadeva anche tutti i loro ricordi; il tempo che avevano passato insieme, i momenti che avevano condiviso, le emozioni di cui lo aveva sentito parlare, il modo in cui, diversamente dal mondo, si erano guardati dentro.

I loro occhi si incrociarono, il vento soffiò più forte.

- Fare l’amore con te é stato bellissimo- mormorò dopo un attimo stringendole ancora il viso, - non lo dimenticherò mai-

Manuel socchiuse gli occhi per un istante, sentì le lacrime che affioravano di nuovo nell’anima di Viola e nei suoi stessi occhi.

-         Ma io...io voglio fare di nuovo l’amore con te, - prese a dire lei di nuovo tra i singhiozzi, - tante volte, per sempre, voglio restare accanto a te per sempre...-

Manuel le sfiorò le labbra con le sue.

-         Guardami, Viola-

Viola socchiuse gli occhi, Manuel le alzò il volto verso il suo; i loro occhi si incrociarono di nuovo. Le lacrime di Viola continuavano a rigarle il viso, parevano essere un tutt’uno con quel volto.

-         Non piangere ti prego-

-         Come faccio a smettere? Come posso fermarmi se so che questa é l’ultima volta che ci vedremo?-

-         Non é così-

-         Stai mentendo a te stesso, lo sai che non ti faranno più tornare!-

Manuel fu preso da un spasmo di dolore. Il cuore gli si riempì di risentimento, paura, sofferenza, strinse gli occhi come per impedire a se stesso di tremare, eppure non ci riuscì del tutto. Le mani iniziarono lentamente a vibrare, il pianto di Viola era come un vento dentro il suo corpo che faceva dondolare quei sentimenti.

Non sarebbe più tornato a Brighton, forse era vero. Nonostante sia sua madre che Adam gli avevano promesso che avrebbe fatto ritorno, c’era dentro di loro qualcosa che li tradiva. Avrebbero dovuto imparare che con lui le bugie non valgono niente. Sua madre viveva da sempre con lui, non aveva forse capito che ormai lui poteva capirle, certe cose? E Adam, che lo studiava addirittura, neanche lui era stato così intelligente da capire che le bugie erano da elidere?

Manuel aveva capito che l’istinto di mentire era più forte di qualsiasi consapevolezza.

Avevano mentito per farlo star meglio, per illuderlo che l’avrebbero riportato da Viola un giorno, ma neanche loro ne erano sicuri. Dentro di loro aleggiava l’amarezza, la pena. Forse avevano capito che lui l’amava, l’amava veramente. Avrebbero mai avuto il brutale coraggio di separarlo da lei per sempre? Sentiva il cuore scoppiargli.

Viola lo fissava, aveva gli occhi appannati ancora dalle lacrime e il viso rosso.

-         Stai tremando- mormorò, prendendogli le mani.

-         Ti amo, Viola. Qualsiasi cosa succeda-

-         Non tremare ti prego-

-         Ecco guarda, - Manuel prese un piccolo contenitore rosso dalla tasca, - queste sono le lettere che ti ho scritto, ti ricordi?-

-         Manuel…-

-         É arrivato il momento giusto, amore, eccolo…siamo insieme, non vedi? Prendi queste lettere-

Viola afferrò il contenitore dalle mani tremanti di Manuel, non smetteva di piangere.

- Oh, ma non preoccuparti, amore, non preoccuparti, ti scriverò altre lettere. Sei mai stata in Francia? Ti racconterò ogni cosa-

-         Perché non smetti di tremare?-

-         E ti penserò in ogni momento. Non dimenticherò niente-

-         Mi stai dicendo addio non é vero? Adesso me lo stai dicendo davvero-

-         No-

-         Si-

-         Credimi non é così-

-         Stai tremando ancora-

-         Io non smetterò mai di amarti, Viola-

Viola osservò nuove lacrime scendere sul volto di lui, poggiò le mani sulle sue guance e lo baciò con delicatezza, assaporando  quelle lacrime.

-         Anche io ti amo, Manuel. E tu lo sai. Ti ho affidato le mie emozioni una volta e sono tue per sempre-

Si abbracciarono, Manuel affondò la testa tra i suoi capelli, lei chiuse gli occhi sulla sua spalla, respirando il calore del suo corpo e la dolcezza del suo abbraccio.

Il vento accarezzò le loro figure e i loro capelli ondeggiavano con esso, le foglie secche degli alberi si muovevano leggiadre intorno ai loro corpi e le nuvole iniziavano a diradarsi. Dal fondo della strada apparve una macchina, i fari colpirono gli occhi di Viola, lei si scansò; si coprì questi con il braccio, Manuel si voltò.

I fari colpirono anche i suoi occhi, poi la macchina si fermò a qualche metro da loro.

I fari si spensero, ma nessuno scese.

Dal vetro davanti a loro entrambi riconobbero la figura di Joel, che teneva gli occhi bassi, fissando qualcosa di indefinito. Fermo lì in quella macchina sembrava che stesse aspettando l’avvento di qualcosa che gli avrebbe cambiato la vita, con l’espressione impassibile e gli occhi pieni di sofferenza.

Invece stava solo aspettando che Manuel lo raggiungesse.

Come aveva promesso a Viola, non scese e non parlò nemmeno. Restò lì, fermo come se non li avesse visti, fermo come se fosse tutto normale.

Viola e Manuel si guardarono, lui sfregò le mani sulle sue braccia, lei stringeva le sue come se non volesse per niente al mondo lasciarlo andare.

Manuel lanciò un’occhiata alla macchina, poi un’altra a Viola.

-         Adesso é...-

-         Manuel...-

-         Devo andare-

-         Ti prego...-

Manuel le accarezzò il viso e la baciò, scostandole i capelli dal viso.

-         Posso chiederti una cosa, Viola?-

-         Tutto-

-         Ti prego, sorridimi. Non ti chiedo altro, sorridi, che sei così bella quando sorridi! So che con queste lacrime sul viso…beh, non é tanto facile…però sei bella lo stesso…te l’ho mai detto che sei bella? Sei bellissima. E quando sorridi tutto si illumina. Oh ecco, così…-, Manuel le alzò il mento con le dita, Viola abbozzò un sorriso, - vorrei farti vedere quanto sei bella! Non smettere mai di sorridere, amore, non piangere, okay? Ti fa male. Tu devi essere felice, noi ci amiamo. Perché sei triste se ci amiamo? Non voglio vederti piangere amore mio. Ti scriverò davvero. Te lo prometto –

Viola sospirò dimenticando per un attimo tutte le lacrime che stava piangendo, lo guardò con dolcezza lasciando cadere la sua angoscia.

-         Giurami che questa non é la fine Manuel -

-         Non é la fine-

-         Me lo giuri?-

-         Ti amo-

Viola ingoiò saliva a vuoto, Manuel le baciò la fronte.

Il corpo di Viola era come pietrificato, quello di lui era come la nebbia che lentamente spariva, lasciando dietro di se l’ombra e l’atmosfera.

A piccoli passi Manuel iniziò ad allontanarsi non smettendo di guardarla, le loro mani furono costrette a lasciarsi.

Il cuore batteva così velocemente che pareva fermo. Il dolore perforava i tessuti degli organi, intrecciava pensieri e ricordi con le corde dell’anima, tirava i nervi del cervello e pizzicava agli occhi, pungeva come spilli – il respiro diminuiva, l’aria si appesantiva e solidificandosi non si lasciava afferrare; il petto continuava a gonfiarsi e sgonfiarsi troppo velocemente, gli occhi erano appannati, la bocca asciutta e le orecchie fischiavano.

 

 

Viola non ricordò più niente di quel momento.

I ricordi affievoliti della concretezza vissuta diventò solitudine, e la solitudine diventò il suo diritto: malinconica condizione dell’essere a corto di se stessi.

 

 

Il rombo di un’auto.

 

 

“Ti amo”

 

 

 

 

Fine.

 

 

 

Note:

Giungo dunque alla fine di questo racconto, non avrei mai pensato di riuscire a racchiuderlo in quindici capitoli, originariamente era molto più lungo. Manuel e Viola sono stati i compagni della mia adolescenza, il primo racconto al quale ho dedicato anima e corpo e spero davvero che questo finale “amaro” non vi abbia deluso, ma vi faccia sperare di leggere dell’altro (non sono sicura, ma potrei scrivere anche un continuo). Ringrazio con tutto il cuore le 27 persone che hanno seguito questo racconto,  le 7 che l’hanno inserita nelle preferite, le 3 che l’hanno inserita tra le ricordate, e tutti quelli che occasionalmente hanno commentato. Vi invito dunque ad esprimere infine il vostro ultimo commento a questo capitolo, ditemi tutto quello che ne pensate, sarebbe graditissimo. Vi invito inoltre a leggere altri miei racconti.

A presto e grazie infinite,

Lara

 

  
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