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Autore: Miss Fayriteil    27/07/2012    1 recensioni
Jane potrebbe essere una donna come tante, con una bella e numerosa famiglia, ma in realtà nel suo passato si nasconde un doloroso segreto...
Questa storia l'ho scritta un po' di tempo fa... spero vi piaccia!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11.
 
 
L’indomani Jane andò a casa di Michael. Si era portata dietro solo Karen, perché in fondo era la figlia meno impegnativa e con tutti e quattro sarebbe stata una missione impossibile. Il quartiere era piacevole e molto tranquillo, pieno di alberi, prati e con un grande parco, proprio vicino a casa di Michael: le piacque subito. Trovò facilmente la casa del fratello e si avvicinò tenendo in braccio Karen. Non si era portata dietro la carrozzina perché non ne avrebbe avuto bisogno: aveva fatto il tragitto in automobile e la bambina in quel caso era legata nel suo seggiolino. 
  Superò il cancello di legno della villetta di Michael e suonò il campanello. Dopo alcuni secondi, la porta si spalancò: di fronte a Jane, con un bambino piccolo e dalla pelle color caffellatte in braccio, c’era Ginevra. Non era cambiata proprio per niente, alta e nera esattamente come la ricordava. Vederla, riportò di colpo Jane indietro nel tempo, quando erano ancora due ragazzine e Ginevra, più giovane ed inesperta di lei, che le chiedeva consigli su come doveva comportarsi con Michael, che lei allora definiva piuttosto orgogliosamente il suo ragazzo.
  La pelle scura, invece, diceva molto sulle origini di Ginevra: i suoi nonni materni, infatti, erano aborigeni della tribù Aranda, però sua madre aveva sposato un inglese, quindi, in effetti, la ragazza era aborigena solo per metà. Nonostante ciò le tradizioni nella sua famiglia si erano mantenute vive e rispettate da tutti. Jane era assolutamente sicura che sua cognata avrebbe fatto lo stesso anche con il marito ed il figlio. “Se la conosco bene, farà davvero così”.
  Le due ragazze si salutarono, strillando di gioia. Erano sempre andate perfettamente d’accordo loro due, e Ginevra dopo aver fatto accomodare Jane in casa e aver deposto Matthew nella culla di vimini parcheggiata in mezzo al soggiorno, disse: «Jane, sapessi come sono contenta di vederti. Proprio non me l’aspettavo e ormai eri via da tanto di quel tempo che, sapendo quello che ti era successo, avevo perso le speranze che tornassi viva. Mike non c’è adesso, è uscito poco fa per fare delle commissioni veloci per noi e Matthew, però dovrebbe essere di ritorno fra circa mezz’ora. Se hai tempo, perché non ti fermi ad aspettarlo? In fondo anche lui non lo vedi da tanto ed è pur sempre tuo fratello, no?»
  Jane ci pensò un attimo. Ma sì, perché no? Dopotutto avrebbe dovuto soltanto avvisare la madre, che sarebbe tornata più tardi per il pranzo. Lo disse a Ginevra, che le lasciò usare il telefono e poi sedettero di nuovo insieme sul divano ad aspettare Michael. Per ingannare il tempo, Jane decise di farsi raccontare gli ultimi pettegolezzi e le novità e Ginevra, naturalmente non si fece pregare.
  Una ventina di minuti più tardi sentirono qualcuno armeggiare con la porta. Quando questa si aprì, Jane alzò lo sguardo e vide che era finalmente arrivato suo fratello. Si alzò di scatto e gli andò incontro. Gli gettò le braccia al collo e urlò: «Mickey, come sono felice di vederti, non ne hai idea!»
  Michael era rimasto un attimo interdetto, ma poi rispose all’abbraccio della sorella e rispose, felice: «Janet, è così bello, finalmente sei tornata, non ci credo!»
  «Quanto sei cresciuto, in questi quattro anni! Fatti guardare!» disse Jane, allontanandosi dal fratello per guardarlo meglio. In quel momento, Michael vide Karen, che stava in braccio a Ginevra. «Un momento?» disse. «Questa chi è?»
  «È Karen, la mia figlia più piccola, a casa ne ho altri tre! Ragazzi, in questi quattro anni mi sono successe più cose di quante ne potreste mai immaginare, davvero!»
  Si accorse a malapena che gli altri due la stavano fissando a bocca aperta. Poco dopo Michael suggerì che tornassero tutti a sedersi sul divano e così fecero.
  «Adesso ci devi spiegare, però, Jane» le disse a quel punto suo fratello. «Com’è possibile che tu abbia avuto quattro figli in quattro anni? Voglio dire, che cosa ti è successo? Perché ci hai messo così tanto a tornare? La mamma ieri mi ha detto che sei riuscita a fuggire dopo poco più di un anno dalla casa del tuo sequestratore».
  «Be’, mettetevi comodi, ragazzi» rispose lei con un lieve ghigno. «Questa è una storia lunga e che merita di essere raccontata.
  «Dunque, tutto è incominciato appunto quando sono fuggita dalla casa del mio rapitore, esattamente tredici mesi dopo esserci entrata» continuò. «C’era anche il mio primogenito con me, ovviamente dato che l’ho avuto da lui, dal bandito sopraccitato, e che ora ha… tre anni, certo. Accidenti, già tre anni, che grande! Scusate, ma ho un po’ perso la cognizione del tempo. Da allora in poi mi è successo di tutto. Sono stata ospitata e scacciata da una famiglia perché il figlio mi aveva messa incinta. Dopodiché è nata Claudia, che adesso ha due anni. A proposito, è vero, hanno compiuto entrambi gli anni qualche giorno fa».
  «Perché? Quando sono nati?» le chiese Ginevra, incuriosita da un dettaglio magari  di poca importanza, ma che poteva in realtà significare moltissimo. Jane rimane un attimo in silenzio, mentre ci pensava sopra, poi rispose: «Calcola che io all’inizio non sapevo le date di nascita dei miei figli perché ero quasi sempre in giro. Comunque poi ho saputo che sono nati il sedici luglio del 1998, Nicholas, il diciotto dello stesso mese, ma del 1999, Claudia, il cinque giugno 2000, David e lei, Karen, il tredici marzo di quest’anno. Tre in inverno e una in autunno. In ogni caso, quando Claudia aveva due mesi, mi ha ospitata un’altra famiglia che aveva un figlio, William. Questo ragazzo aveva quindici anni, quindi io mi sono illusa che sarebbe stata una permanenza tranquilla. Ma quanto mi sbagliavo!
  «William ha minacciato di far cadere i miei figli fuori dalla finestra della mia stanza, al terzo piano, se non avessi accettato la sua irragionevole proposta».
  «E tu che hai fatto, allora?» le chiese Ginevra, senza fiato.
  «Ho accettato, che altro potevo fare?» rispose Jane, affranta. «Aveva intenzioni serie. Ad ogni modo, ho accettato la sua proposta e per questo sono rimasta incinta per la terza volta. Avete capito, quindi? Oltre il danno, la beffa. È stato assolutamente tremendo e non subito, ma qualche giorno dopo me ne sono andata, solo che da quel momento non sono più riuscita a farmi ospitare, da nessuno. Tant’è vero che David, anche se so che molto probabilmente non mi crederete, è nato in un parco! Per fortuna non ho dovuto fare tutto da sola, perché anche se era il mio terzo figlio non so se ce l’avrei fatta, senza aiuto. In quel momento, infatti, è spuntata per caso un’ostetrica di un ospedale, ad aiutarmi. Quella donna è una santa, secondo me; infatti, dopo quest’ episodio, mi ha anche invitato spontaneamente a casa sua! E fino al mese scorso ero là! Me ne sarei andata anche molto prima, solo che c’è stato un piccolo, diciamo, imprevisto».
  Michael chiese, con tono ironico e sorridendo divertito: «Ma che cosa sarà mai potuto succedere? Non so perché, ma sono praticamente sicuro che questa donna aveva un figlio, molto affascinante»
  «Esatto» rispose Jane, con un tono di voce che si sforzava di suonare indifferente. «Sono rimasta incinta del figlio suo e di suo marito e loro due, quando l’hanno saputo, prima di tutto non hanno fatto delle scene esagerate, al contrario della famiglia del padre di Claudia. Oltre a questo, mi hanno ospitata in casa loro fino a marzo, cioè quando è nata Karen, appunto. A quel punto mi sembrava opportuno togliere il disturbo, ma loro mi hanno obbligato a rimanere per atri tre mesi, cioè fino al primo compleanno di David. Sono stati assolutamente mitici, davvero. Dopodiché me ne sono andata per davvero e adesso, eccomi qua».
  Michael e Ginevra la stavano guardando con gli occhi sbarrati. «Ma, Janet, è incredibile quello che ci hai raccontato. Ti rendi conto che se scrivessi un libro su questi fatti, potresti guadagnare abbastanza per viverci una vita intera?» esclamò Michael, totalmente sbalordito, da aspirante scrittore qual era.
  Jane fissò il fratello. «Sai Mickey, hai proprio ragione. Non ci avevo mai pensato». Sorrise. «Ma io non sono molto brava in questo genere di cose. Magari lascio il compito a te, fratellino. Tanto so che è quello che vuoi, non è vero?»
  Quel pomeriggio tornò a casa e, nonostante quanto aveva detto al fratello, si mise a pensare veramente a come avrebbe potuto scrivere le sue numerose avventure in un libro. Decise che, nell’eventualità, avrebbe in ogni caso lasciato fare a lui, lei gli avrebbe soltanto consegnato la trama.
 
Una settimana dopo, Jane e James si rincontrarono, con grande gioia da parte di tutti e due. Se ci fermiamo un attimo a ripensare alla grande passione di Jane, non dovremmo stupirci eccessivamente, una volta appreso che la ragazza s’innamorò perdutamente del suo amico d’infanzia già a partire da quel giorno. E va detto che James ricambiò apertamente. Fu una piacevole sorpresa per entrambi scoprirsi innamorati, perché erano sempre stati solo due grandi amici ed orgogliosi di esserlo.
  Insomma, per farla breve, due mesi dopo Jane e James si sposarono. Le nozze furono ben accolte da entrambe le famiglie e, nonostante per Jane fosse il secondo matrimonio, lei lo sentì come se fosse il primo, anche perché quello con Number One non lo ricordava affatto e comunque, non l’aveva vissuto per niente. Dopo il matrimonio, i due novelli sposi e i quattro figli di Jane, ovviamente, si trasferirono in una bella casetta in pieno centro, abbastanza vicino alla stazione. Era stata proprio Jane a volerlo. Aveva pensato che quella zona le evocava solo brutti ricordi, così, di punto in bianco, decise di tagliare completamente i ponti con il passato e di iniziare una nuova vita con la sua nuova famiglia, proprio lì.
  Passò parecchio tempo. Jane e James insieme erano molto felici, anche perché lui non aveva avuto nessun problema ad accogliere in casa propria anche i figli della moglie e a trattarli come se fossero suoi. Jane, dal canto suo, sentiva che la sua vita poteva ormai essersi stabilizzata e che James probabilmente era l’uomo perfetto per lei. Era tanto gentile, James, che una mattina durante i primi giorni di settembre, appena si furono svegliati, all’improvviso annunciò a Jane: «Tesoro, ho finalmente preso una decisione».
  «Che decisione, Jamie?» gli chiese Jane, perplessa e ancora un po’ assonnata. Non si ricordava che avessero parlato insieme di decisioni da prendere, in tutte quelle settimane. Suo marito la fissò sorridendo. «Capisco la tua confusione, Janet. È una cosa che mi è venuta in mente soltanto ora. Ho deciso che adotterò i tuoi quattro figli» concluse entusiasta.
  Jane a quelle parole restò di sasso. Un padre per i suoi figli? Un’offerta del genere non se l’aspettava proprio! Riavutasi dal leggero shock, riuscì a fatica a balbettare: «Oh no, James, caro non dovre…»
  James la zittì, mettendole un dito sulle labbra. «Shh… non dire una parola. Siamo sposati ormai, amore, e ora i bambini sono quasi figli miei, oltre che tuoi. Perché non completare l’opera?» Jane a quel punto del discorso, non aveva più potuto ribattere: il ragionamento di James, in effetti, non faceva una grinza.
  Così un giorno di metà settembre, James e Jane andarono insieme al Comune di Sidney e lì Nicholas, Claudia, David e Karen, divennero ufficialmente figli anche di James, del quale presero anche il cognome, in aggiunta a quello della madre. Questo particolare era stato una scelta di entrambi. Jane voleva che i suoi figli tenessero il suo cognome, le sembrava giusto dato che erano nati e cresciuti soltanto con quello e, nello stesso tempo, le sorrideva decisamente l’idea che si vedesse anche sui documenti che avevano un padre vero e proprio.
  I bambini, in particolare i più grandicelli, come Nicholas e Claudia erano felicissimi all’idea di avere finalmente anche un papà. Avevano solo provato il contrario e, anche se erano ancora piccoli, si resero conto tutti del cambiamento.
 
Alcune settimane dopo l’episodio dell’adozione, sia a Jane sia a James venne un’irrefrenabile voglia di avere un figlio insieme. Il desiderio, però, era sicuramente diverso nei due coniugi. Infatti, per James sarebbe stato il primo figlio biologico, quindi il suo desiderio era anche piuttosto comprensibile.
  Per quanto riguarda Jane, invece, i casi erano due. O era talmente felice insieme a James, da voler coronare quest’amore così profondo con un altro bambino, oppure si era improvvisamente resa conto che, stranamente, quattro figli ancora non le bastavano e doveva assolutamente correre ai ripari con un quinto. Chi può saperlo. Magari poteva anche essere un insieme di entrambe le motivazioni.
  Fatto sta che ci riuscirono. Nel mese di gennaio, infatti, quando Karen aveva circa dieci mesi, Jane scoprì di essere incinta di quattro settimane. Per la prima volta in vita sua, ne fu veramente felice, anche se, com’era prevedibile, la sua gioia non era niente, se messa a confronto con quello che provava James, da quando lei glielo aveva annunciato un giorno di quelli.
  Per prima cosa, infatti, lui telefonò ad amici e parenti, urlando a squarciagola a chiunque si trovasse dall’altra parte della cornetta: «Ehi, diventerò padre! Avrò un figlio tutto mio! Mia moglie è incinta! Sono al settimo cielo!» senza lasciare al malcapitato, nemmeno il tempo utile per congratularsi con lui.
  Jane, quando suo marito faceva così, lo osservava perplessa ed anche un po’ divertita. Lei c’era talmente abituata, che ormai non lo trovava più un evento degno di nota. In quei momenti pensava che, da quando era stata rapita, aveva passato quasi la maggior parte del tempo con un bambino dentro di sé e non sapeva dire se quella fosse una cosa buona oppure no. Quando i due coniugi annunciarono alle famiglie la nuova gravidanza, non tutti ne furono felici. I genitori di Jane pensavano che fossero un po’ irresponsabili, perché in fondo avevano già molti bambini, nonostante per James fossero tutti adottivi e non erano sposati da molto. Malgrado ciò, in fondo, si trovavano anche d’accordo con James.
 
 
  
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