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Autore: Maril_Swan    11/02/2007    1 recensioni
Proprio quando le cose stanno tornando alla normalità, una straniera arriva a Santa Elena e scombussola la vita di Tessa. (tradotta da Fioredivetro)
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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cena 1

Scena 1.

Il sorriso scomparve bruscamente dal volto di Montoya e l'uomo vacillò. Dietro di lui, Helm trattenne il fiato.

Il colonnello si avvicinò ancora alla giovane e disse a voce molto bassa. "Questa faccenda non può essere discussa qui in strada. Lasciate che vi scorti nella mia residenza dove potrete rinfrescarvi e, poi, potremo risolvere il vostro problema privatamente." Montoya si girò verso il dottore che stava guardando la senorita con gli occhi stretti. "Volete accompagnarci, dottor Helm?Credo proprio che avremo bisogno di un testimone."

Detto ciò, il colonnello ordinò al cocchiere di portare il bagaglio della donna dall'altra parte della plaza, dove sorgeva il suo palazzo. Poi, dopo averle offerto il braccio, scortò la donna fino ai leoni di pietra che facevano la guardia alla sua residenza e la aiutò a salire le scale.

Helm li seguì in silenzio, cautamente. Era troppo sconvolto da questa rivelazione per formare un pensiero coerente. Meglio tenersi in disparte e attendere la fine della mascherata.

Il trio fece il suo ingresso nell'ufficio di Montoya, che, mantenendosi perfettamente calmo, si schiarì la voce e iniziò a camminare avanti e indietro. Infine si fermò e decise. "Senorita, il vostro improvviso arrivo qui mi pone in una situazione delicata." Lanciò uno sguardo a Helm, come per osservare la sua reazione alle sue parole, ma il dottore mantenne un'espressione neutrale.

Montoya continuò, "Avete qualche prova della vostra identità?L'hacienda Alvarado è una proprietà notevole e di valore. Voi capite, spero, che abbiamo bisogno di prove che voi siate chi dite di essere, per accettare la vostra richiesta."

Il viso della donna si rannuvolò per un attimo, ma poi sorrise. "Certamente, Colonnello, capisco. Ho dei documenti nella mia valigia. Se qualcuno potesse portarmi la borsa di pelle..."

Montoya uscì e ordinò ad un soldato di cercare la borsa.

Dopo qualche minuto il soldato fu di ritorno con il bagaglio e lo pose a terra, per poi tornare al suo lavoro.

La donna lo aprì, sollevando il coperchio attentamente, come per nascondere il contenuto agli occhi degli uomini. Tirò fuori una cartella sottile di pelle marrone, la posò sulla scrivania di Montoya e la aprì, mostrando un gran numero di carte. "Di che tipo di prova avete bisogno, Colonnello?" Iniziò a porgergli vari documenti, uno alla volta. "Questo è l'atto di proprietà dell'hacienda. Questo è il mio certificato di battesimo e questo è il testamento di mio padre." Le sue mani tremarono leggermente a quest'ultima dichiarazione e gli occhi le si riempirono di lacrime.

Montoya esaminò con attenzione ogni pagina, poi le passò al dottor Helm. "Questi documenti sembrano a posto. Cosa ne pensate dottore?Sono veri?"

"Cosa intendete dire?"chiese la donna, tagliente, rivolgendosi al colonnello. "State forse suggerendo che questi documenti sono dei falsi?Perchè dovrei falsificare documenti per reclamare ciò che è mio?Sono venuta da molto lontano, il viaggio è stato terribile, e ora questo..." la donna barcollò e il dottore le afferrò il braccio, aiutandola a sedersi. La senorita tirò fuori un fazzoletto e si asciugò gli occhi.

Come per scusarsi, Montoya le toccò una spalla. "Perchè avete aspettato tanto a tornare a Santa Elena?Il vostro sfortunato padre è morto più di un anno fa."

"La morte di mio padre è stata così devastante che mi sono ammalata. Poi non sapevo se restare in convento o venire in California. Il mio avvocato mi consigliò di tornare per sistemare la tenuta e disse che potevo vendere l'hacienda mentre ero qui, se non desideravo viverci. Per questo sono qui ora, per decidere cosa fare della mia hacienda."

"Capisco," disse Montoya prudentemente, osservando il viso della ragazza. Dopo un attimo di silenzio aggiunse, "Desiderate rinfrescarvi, senorita?La mia cameriera vi fornirà tutto ciò di cui avete bisogno." Il colonnello uscì dall'ufficio e tornò in compagnia di una donna anziana, che indossava un vestito nero e un grembiule bianco. "Anabella penserà a voi."

Le due donne lasciarono la stanza e Montoya chiuse la porta e vi poggiò contro una mano. Dopo un po' la allontanò ed andò a sedersi sulla sua sedia dietro la scrivania. "Che catastrofe!" disse con enfasi. Alzò lo sguardo verso Helm, che stava leggendo i titoli dei libri sul suo scaffale. "Se questa è la vera Maria Teresa Alvarado, chi ha vissuto nella sua hacienda per tutto l'anno?" Montoya sbuffò e sbatté il pugno sulla scrivania. "Non ho chiesto nessuna prova quando è arrivata con quella sua zingara. Le ho semplicemente creduto sulla parola. Nessuno può riconoscerla, Tessa Alvarado partì per la Spagna quando era solo una bambina di sette anni. Se è un'impostora, farò la figura dell'idiota. Che cosa dovrei fare adesso?"

"Niente, finché non vedremo quali prove possiede l'altra Maria Teresa."

 

Scena 2.

Marta sollevò lo sguardo dalle rose che stava innaffiando quando il vento le portò alle orecchie un suono poco promettente. Un brivido di paura le corse lungo la schiena, mentre se ne stava in piedi ad osservare la carrozza nera che si avvicinava alla villa insieme ad un gruppo di soldati. 'Madre mia,' pensò, trattenendo il fiato in gola, 'cosa vogliono quelli?'

C'era qualcosa di sinistro in quella carrozza, un sentore di sfortuna o di rovina e quando si fermò di fronte alla villa, Marta borbottò un'imprecazione in rom contro la cattiva sorte.

Il capitano Grisham smontò da cavallo e aprì la portiera della carrozza. Ne uscì Montoya, che si sistemò la giacca militare prima di aiutare una giovane a scendere a sua volta.

Gli occhi della donna si spalancarono quando si guardò intorno e vide la villa dipinta di bianco, circondata da arbusti ben tenuti e giardini fioriti, i sentieri di ghiaia ordinati e liberi da erbacce. Marta seguì il suo sguardo oltre la villa, fino alle ampie stalle e poi ancora oltre, dove sorgevano le capanne dei lavoratori. All'orizzonte prosperavano i campi e i vigneti. Mentre camminava in direzione del gruppo, Marta osservò l'espressione della donna farsi sdegnosa e strinse le labbra. Era abituata.

"Buenos dias, Colonnello." lo sguardo di Marta si posò sulla giovane donna al suo fianco. Era molto graziosa, quasi bella come Tessa, ma c'era qualcosa in quegl'occhi...la zingara tornò a concentrarsi su Motoya quando questo iniziò a parlare.

"Dobbiamo vedere la tua padrona immediatamente. E' una faccenda della massima urgenza." Montoya superò Marta, per scortare la donna in casa. "Aspetteremo nel soggiorno," disse in un tono che non permetteva obiezione. Grisham li seguì poco distante, un sorriso arrogante sulla faccia.

Marta restò immobile per un attimo, guardandoli entrare. Un altro brivido le corse lungo la schiena, nonostante il caldo. 'Chi è quella donna con Montoya?' si chiese. Cercò di scacciare la sensazione di imminente sciagura ed entrò a cercare Tessa.

Grisham si mise a suo agio, adagiandosi contro il caminetto sotto lo sguardo austero del ritratto di Don Alvarado. Avrebbe sostituito quel quadro con qualcosa di più colorato, quando sarebbe diventato padrone dell'hacienda. 'Odio i ritratti', pensò, 'specialmente quelli di altezzosi, sogghignanti bastardi come Alvarado. Ha avuto quello che si meritava.'

Il capitano sospirò quando il suo sguardo cadde sul ritratto a pastello di Tessa a sette anni, appeso dall'altra parte della stanza. 'Mi Angelita' era scritto sotto il disegno.' E' proprio un angelo, si,' meditò con apprezzamento, osservando la somiglianza. 'E presto o tardi sarà il mio angelo e io dirigerò questo posto. Ho solo bisogno di una possibilità di corteggiarla e mi sposerà. Chi altro c'è, dopotutto?Non Helm. E' così preso dalla Regina che non ci vede. Quando Tessa capirà che non ha chance con Helm, verrà da me, e io sarò lì ad aspettarla.' Sorrise e si guardò intorno come se fosse già il proprietario di quella stanza luminosa e accogliente.

In quel momento entrò Tessa, con un sorriso di benvenuto sul viso. Marta la seguiva, gli occhi attenti, la bocca serrata.

Tessa si avvicinò al colonnello, porgendogli la mano. "Il colonnello Montoya e il capitano Grisham!Che sorpresa inaspettata. E avete portato un'ospite. Che bello!Cosa posso fare per voi, Colonnello?Posso offrirvi qualcosa di fresco?'

"Señorita...siamo qui per risolvere una situazione molto delicata." iniziò Montoya per poi essere interrotto dalla donna al suo fianco.

"Chi è questa donna?" chiese bruscamente, indicando Tessa. "Una serva?Una governante?" La sua fronte delicata si arricciò mentre la guardava dall'alto al basso.

Tessa sollevò il mento e lanciò all'altra uno sguardo altezzoso. "Se vi calmate, senorita, possiamo arrivare al punto." Notò che Grisham osservava attentamente l'altra donna, evidentemente confuso.

Montoya lo ammonì con lo sguardo, e tentò nuovamente. "Pare che ci sia qualche incertezza riguardo alla proprietà dell'hacienda. Questa giovane senorita è arrivata proprio questa mattina a Santa Elena e si è presentata come Maria Teresa Alvarado."

"Cosa!" Tessa si aggrappò allo schienale di una sedia e le sue nocche si fecero bianche per la tensione. Sembrava a corto di parole.

Grisham le si avvicinò per sostenerla nel caso dovesse svenire e il suo sguardo si spostò dalla donna a Montoya. 'Cosa diavolo sta succedendo qui?' si chiese.'Un altro dei piani di Montoya?E non mi ha detto niente!'

Marta lanciò un'occhiataccia a Montoya e ai suoi compari. "Che razza di scherzo è questo?" sibilò. "Tessa è la proprietaria di questa hacienda. Suo padre gliel'ha lasciata nel suo testamento."

Tessa finalmente ritrovò la voce. "Sono nata qui, Colonnello, come voi sapete. Chi è questa donna che pretende di essere me?Perchè avete portato qui quest'impostora?"

"Lei ha le prove, senorita, documenti che provano che lei è Maria Teresa Alvarado. Se voi avete tali testimonianze della vostra identità, il problema sarà risolto. Una di voi due verrà mandata a fare le valigie... o in prigione." aggiunse Montoya con un sorrisetto.

Grisham notò che la rabbia aveva arrossato le guance di Tessa, e vide i suoi gesti veloci, furiosi. Non l'aveva mai vista più amabile o più attraente. Soppresse il sorriso che rischiava di emergere a quel pensiero e si godé lo spettacolo della sua passione appena trattenuta.

Girandosi verso Marta, Tessa disse, "Porta la scatola dei documenti di papà. Proveremo chi sono io una volta per tutte. Poi, Colonnello, potrete riportare questa...persona da dove è venuta."

Marta andò a prendere la scatola di legno finemente decorata e la posò sul tavolo. Tessa l'aprì e cominciò a cercare tra i numerosi pezzi di carta.

"Ah" esclamò."Ecco l'atto di proprietà, firmato da mio padre." Lo consegnò a Montoya.

Egli scosse la testa. "Non c'è dubbio che la proprietà appartenesse a Don Rafael Alvarado. Questo foglio non prova la vostra identità. Non c'è nient'altro?"

Tessa tornò a frugare nella scatole, il suo cipiglio sempre più intenso man mano che scartava una carta dietro l'altra. "Non è qui. Marta, hai visto il mio certificato di battesimo?Era qui." Una volta raggiunto il fondo del contenitore, smise di cercare. Per un lungo momento, Tessa restò a fissare il contenuto sparso della scatola, uno sguardo di confusione impotente nei suoi occhi scuri. Improvvisamente disse, "Mio padre mi ha mandato molte lettere quando vivevo a Madrid. Posso farmele pervenire e verificare che sono state scritte da lui. E posso anche chiedere a mio zio di mandare un documento legale che attesti la mia identità."

"Ci vorranno dei mesi, Tessa," appurò il colonnello. "Nel frattempo, questa giovane signora possiede i requisiti migliori per reclamare l'hacienda. Tra i suoi documenti ci sono il testamento di Don Alvarado, una copia ufficiale dell'atto di proprietà e il certificato di battesimo. Quindi, devo chiedervi di lasciare l'hacienda finché il problema non sarà definitivamente risolto, in un modo o nell'altro."

Grisham si mosse quando Marta si avvicinò con fare minaccioso alla donna.

"Tu pensi che puoi venire qui e rubare la proprietà della mia Tessa così...senza combattere?Noi non ce ne andremo--dovrai trascinarci via con la forza!Questa è l'hacienda di Tessa e nessuno gliela porterà via. I Don ci aiuteranno. Ti combatteremo."gli occhi di Marta erano spalancati e lei tremava dalla furia.

Tessa la raggiunse immediatamente, evidentemente preoccupata dalla rabbia che arrossava il viso di Montoya. Le mise un braccio intorno alle spalle e l'abbracciò, allontanandola da Montoya e dalla sua compagna. "Marta, nessuna violenza, papà non l'avrebbe voluto. Sarà tutto risolto legalmente. Dobbiamo solo inchinarci alla legge e aspettare la giustizia."

Marta la spinse via e uscì dalla stanza. Un lungo imbarazzante silenzio calò sui presenti. Infine Tessa disse, "Avremo bisogno di un giorno almeno per portare via le nostre cose. Certamente è una richiesta ragionevole viste le circostanze, Colonnello."

"Così potete rubare tutto ciò che è di valore?" l'altra donna spostò gli occhi furiosi su Montoya. "Colonnello, non potete permetterle di prendersi quello che vuole. Lei e la sua zingara mi deruberanno!"

Grisham notò il rossore sulle guance di Tessa e le sue mani strette a pugno. Il suo respiro faticoso era perfettamente udibile mentre la ragazza cercava di controllarsi. 'E' sul punto di diventare violenta,' pensò divertito. 'Come si potrebbe fare a farla esplodere?'

Montoya alzò le mani per placare le due donne. "Lascerò due dei miei uomini per essere sicuri che prendano solo i loro effetti personali." rivolto a Tessa, aggiunse, "Non porterete niente fuori da questa villa, eccetto ciò che possedevate al vostro arrivo dalla Spagna. Avete due giorni per trovare un'altra sistemazione."

Tessa annuì e lasciò la stanza senza dire altro.

  
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