“Insomma
non mi hai detto perché sei qui, eh” disse
Luisa, stringendosi le ginocchia contro il petto. Quel giorno Rosso
aveva avuto
modo di accorgersi di quanto fosse carina quella principessa dei
Pokémon.
Indossava un maglione davvero piuttosto grande per lei, nero, che Rosso
sospettava appartenere a uno dei suoi fratelli, a giudicare dalle sue
dimensioni, grandi stivaloni da uomo e calze bianche e nere ch’erano forse il solo
elemento femminile
in lei. Eppure era bella, e i suoi bei capelli erano lisci e ordinati
sotto un
cappellino nero. Era molto diversa dall’allenatrice selvaggia
che Rosso aveva
conosciuta e odiata. Ora era più vicina e umana, e Rosso
l’ammirava.
“Sei
molto carina, oggi. Ma non sei come ti
ricordavo.”
Allora
Luisa si mise a ridere gettandosi
all’indietro sul letto. Rideva senza cattiveria,
così, per ridere. Rosso la
guardava senza capire. Sentiva d’invidiarla molto, senza
malizia, ma
d’invidiarla: Luisa era libera come lui non era mai stato in
grado di essere.
Eppure anche lei era scesa là sotto, aveva fronteggiato la
potenza inarrivabile
di Missingno, aveva attraversato il potere della Città dei
Numeri: anche lei
aveva camminato nel buio, come lui. Ma i suoi occhi erano limpidi e
alteri e
sereni, e non si erano tinti di rosso mai, a differenza dei suoi che
tanti
mortali avevano spaventato coi loro riflessi ch’erano stati
incendio e fiamma e
sangue, neppure tanto tempo prima.
Già,
non aveva sprecato tempo, lei, non aveva
strappato tempo alla vita: aveva vissuto, Luisa, in tutti i modi in cui
aveva
potuto farlo, persino in quei giorni in cui chiunque avrebbe
rinunciato, quando
aveva scoperto chi era e chi non riusciva più a essere,
quando aveva scoperto
che la menzogna l’aveva accompagnata in ogni giorno della sua
vita e che
nessuno aveva pensato che era giusto che lei per prima sapesse la
verità, la
sua verità.
Era
stata forte, Luisa, forse più forte di lui,
sebbene fosse più piccola, e non aveva chinato neppure un
attimo la testa,
neppure di fronte a quel peso immenso delle leggende e delle bugie e
dei
misteri del mondo; non si era arresa, come lui, all’evidenza,
agli obblighi,
alla potenza di chiunque tentasse d’imporlesi; era andata
più oltre, lei, si
era ribellata e aveva urlato e pianto e aveva cercato
nell’ombra fino alla
fine, anche a tentoni, anche nel buio, e aveva vinto, alla fine: aveva
scoperto
il mistero del mondo, lei sola, lei con le sue forze.
E
ora Rosso, Rosso che per anni aveva creduto, si
era illuso di essere il migliore, il Prescelto, ora veniva a chiederle
consiglio per una parte di vita che si era sempre lasciato passare
lontano,
senza cura, senza interesse. Bisognava trovare il coraggio di chiedere,
si
disse Rosso. E infine, chinando il capo, disse a bassa voce: “Ho…ho
bisogno del tuo aiuto.”
“Beh,
questo lo sapevo” disse Luisa. Rosso la guardò
con occhi stupiti. Luisa sorrise e mormorò:
“L’ho letto nei tuoi occhi. Mi pari
molto umile, oggi.”
Rosso
annuì. Era così che si sentiva, quel giorno:
umile. Luisa si alzò e stiracchiandosi borbottò:
“Beh, caro mio, ascolta, che
ne dici di andare di là a parlarne? Ho proprio voglia di
fare un bagno.”
Un
bagno. L’aria appariva carica di un vapore che
appannava la luce e la vista, eppure Rosso poté vedere
benissimo Luisa
spogliarsi ed entrare nella vasca colma d’acqua bollente. Il
suo corpo era sodo
e bianco, invitante, ma per lei Rosso non provava desiderio; anzi, per
quanto
essa fosse bella, Rosso non avrebbe potuto sentirsi meno indifferente
verso il
suo corpo nudo.
Si
sedette su uno sgabello, scansando gli abiti che
la ragazza vi aveva appoggiato sopra, e si tolse il maglione.
L’aria era molto
calda. Luisa ammiccò verso la sua camicia azzurra.
“Ehi
ehi… attento. Tu sarai anche gay, ma io no!”
Rosso
aggrottò la fronte e sorrise, ma cupamente.
Era pensieroso. Luisa colse il suo sguardo e disse massaggiandosi le
braccia
col sapone: “Su. Cosa c’è?”
“Mi
sto pentendo di tutti quegli anni lassù, su quel
monte…. Ci ho passato sette anni lassù, Luisa.
Sette anni sono tanti.”
Luisa
alzò lo sguardo su di lui. Rosso non poteva
vederla, ma era molto corrucciata.
“Perché
te ne penti proprio oggi?” domandò. Rosso
non rispose.
“Non
avevo pensato alle conseguenze, sai. O meglio
sì, ma a una sola, che poi non si è realizzata; e
tu sai quale.”
“Oggi
mi trovo molto… spiazzato. Credo di aver perduto
qualcosa e questo qualcosa era importante. Ora sono smarrito, e forse
un po’
solo. Non voglio che Blu veda questo di me” soggiunse
tristemente, alzando lo
sguardo su di lei. Luisa lo scrutava con perplessa attenzione, con le
sopracciglia aggrottate e lo sguardo concentrato.
“Hai
lasciato perdere il resto del mondo per sette
anni” disse con calma. “Non hai pensato mai, in
tutte quelle notti tra la neve…
non hai pensato mai a tutto quello che ti perdevi?”
Ma
era stata una domanda sciocca, e Luisa se ne accorse
quando Rosso cominciò rabbiosamente ad aggirarsi per il
bagno. Luisa lo
guardava attraverso il vapore e le bolle di sapone. Infine, spazientita
ma
impietosita, disse con voce carica d’affetto, ma
d’affetto fraterno: “Dai,
vieni qui. Spogliati. Entra dentro.
Facciamo il bagno insieme.”
Rosso
si fermò e la guardò fissamente, intensamente:
non c’era malizia in nessuno dei loro occhi, desiderio in
nessuno dei loro
volti. Allora si slacciò la camicia azzurra, si
sfilò la maglietta nera che
aderiva sensualmente al suo petto largo e pronunciato; si tolse le
polacchine
blu, i jeans attillati, i boxer grigi; entrò
nell’acqua calda che lo avvolse
sino alle larghe spalle muscolose.
“Chiudi
gli occhi” disse Luisa. “Rilassati. Parla
con me se hai voglia, quando hai voglia. Io sono la figlia di Celebi,
il
Guardiano del tempo: perciò in questa stanza ci
sarà tutto il tempo del mondo,
se vuoi.”
Le
sue parole giungevano a lui come una musica,
attraverso il vapore e l’acqua gorgogliante. Aprì
gli occhi per un momento: soffiando
sull’acqua, Luisa la faceva muovere dolcemente come in un
torrente, era acqua
calda e profumata che
gli parlava di
regioni inesplorate, ma accoglienti e assolate.
Dopo
molto tempo, parlò.
“Se
ho mai pensato di perdere qualcuno, era Blu. Era
Blu che forse non mi avrebbe aspettato, che forse non mi avrebbe
capito… e in
effetti, così stava per essere” soggiunse
tristemente.
“Ma
Missingno mi teneva in suo potere. Io ero
convinto di ciò che stavo facendo, di ciò che
volevo dargli… ma come ti ho
detto, ero prigioniero del fuoco di Missingno. E per questo ho pensato,
in
quegli anni, più a riavere Blu che non a… a cosa
fare della mia vita, una volta
conclusasi la parentesi del Monte Argento… una volta
riconosciuto come
Prescelta Creatura.”
“In
realtà, Luisa, credo di essere stato più un
allenatore che un individuo nella mia vita, sin da quando sono partito
da
Biancavilla, dieci anni fa… quando cominciai il mio viaggio,
ero proprio come
mi hai conosciuto, sai” disse, guardandola direttamente.
“Un ragazzo solo e
disperato che a stento parlava con qualcuno che non fossero i suoi
Pokémon, che
lottava contro tutto il resto del mondo perché il suo
migliore amico l’aveva
tradito e lui cercava in tutto il mondo qualcosa che gli parlasse
ancora degli
occhi del suo amico… ero solo un po’
più basso, e un po’ meno bello.”
“Avevo
iniziato ad allenare perché amavo i Pokémon,
è vero, ma poi nella mia ricerca di Blu ho perduto di vista
tutto, forse
persino Blu stesso. Ero pazzo, ed è forse per questo che
Missingno ha scelto me
per cercare te: perché nella mia dolorosa
lucidità, ero stranamente pazzo…
perché ero solo, disperatamente innamorato di un maschio,
perché mi sentivo
tradito…”
“E
poi, dopo, Missingno ti strega la mente, e per
anni non ho voluto altro che liberarmi dal suo potere: compiere il mio
destino,
finalmente, e poi tornare da Blu. A questo pensavo lassù sul
Monte Argento: a
Ho-Oh certo, prima di tutto e soprattutto, e poi a Blu. Ma non credo, o
non
ricordo, di aver pensato mai alla nostra vita insieme,
forse… sai, forse
pensavo solo alla sua.”
Luisa
taceva ancora. L’acqua invece parlava ancora,
ma parlava di comprensione, di pietà, di
partecipazione… Rosso aprì gli occhi
con curiosa convinzione. Guardò la ragazza: essa stava
appoggiata coi gomiti al
bordo della vasca e lo guardava semplicemente.
Calò
il silenzio. Ora Rosso non riusciva a percepire
più neppure la voce dell’acqua. Non se ne
rammaricava, ma il silenzio pesava
sul suo orecchio come un masso. Infine, Luisa si protese verso di lui e
gli
domandò: “Rosso, c’è qualcosa
in particolare che vorresti dirmi, non è vero?”
Sentendosi
profondamente imbarazzato, Rosso
disse: “Non
so che cosa regalare a Blu
per Natale.”
“Ah!
È questo, dunque” esclamò Luisa,
alzandosi.
“Credevo non l’avresti detto mai.”
Si
stagliò in piedi, nuda e gocciolante, e uscì
dalla vasca. Si avvolse in un asciugamano bianco e Rosso sorrise:
“Ho già visto
tutto, mimma.”
“Il
tuo fidanzato sarà geloso. Che te ne pare?”
chiese lei, ridendo.
“Sei
una ragazza… desiderabile.”
“E
poi?”
“Bella,
lo sai.”
“Oh,
la classe non è acqua” esclamò ridendo
la
ragazza mentre si scioglieva i capelli. Essi spiovvero sulle sue
bianche spalle
umide e asperse di minute goccioline.
“Va
bene, Rosso… il tuo è un problema serio, lo sai.
È il vostro primo Natale assieme, e occorre un regalo
speciale, che testimoni
che non sarà nemmeno l’ultimo.”
“Questo
è il problema” disse Rosso. “E la
soluzione?”
Luisa
lo guardò sorridendo appena. “Dovresti avere
imparato che nessuno oltre a te può dirti qual è
la verità.”
“Non
ti sto chiedendo di darmi la verità” disse
Rosso. “Chiedo solo un po’
d’aiuto.”
“Va
bene allora… vediamo un po’” disse la
ragazza.
Si chinò in avanti, e con un secondo asciugamano si
tamponava le gambe su cui
le gocce d’acqua disegnavano figure spigolose.
“Sentiamo un poco, Rosso… tu sai
quale sarebbe il più grande di tutti i desideri di
Blu?”
“Bah”
borbottò Rosso un po’ stizzito. “Certo
che lo
so, che domande! Ma non è mica una cosa che si potrebbe
regalare!”
“E
che cosa sarebbe?” domandò Luisa con vivo
interesse, voltandosi verso di lui.
Rosso
si sentì avvampare vagamente sulle guance e
borbottò guardando altrove: “Beh, credo
che… almeno per quanto posso pensarne
io, ovviamente…. Ciò che Blu vorrebbe
più intensamente… sarebbe…”
“Sarebbe?”
“La
mia felicità” disse Rosso semplicemente,
allargando le braccia. “Credo che… vorrebbe molto
intensamente che io fossi
felice al suo fianco, nella nostra casetta, con le bollette a fine mese
e il
suo stipendio di Capopalestra e la spesa tutti i venerdì
pomeriggio. Insomma…
ciò che ha desiderato tutta la vita è questo, e
ciò che amo in Blu è che la sua
ambizione non è sconfinata e irresistibile come lo
è sempre stata la mia. Non è
così avido e affamato da desiderare una nuova cosa una volta
che ha ottenuto un
suo piccolo obiettivo, no, lui è diverso…
è sereno. Sa davvero cosa vuole.
Tutto ciò che voleva era la nostra vita insieme, e ora ce
l’ha e tanto gli
basta: lui si accontenta di sapere che per me non è un
dolore andare a comprare
da mangiare tutti i venerdì, al cinema o a cena fuori tutti
i sabati sera, a
pranzo da mia madre o da suo nonno la domenica, a letto alle undici e
mezza
tutte le sere. La nostra vita è quello che voleva e ora
è il suo presente, ed è
ancora convinto di volere questo dalla sua vita. Ma so che per lui
è un
tormento ogni sguardo che io getto fuori dalla finestra, ogni
passeggiata che
faccio sulla riva del mare lucente… anche se non mi
dirà mai nulla al riguardo,
è questo il suo peggior timore: che io a Biancavilla non sia
felice, che in
fondo al mio cuore, di nascosto, io desideri andare via, ripartire,
andare a
cercare…”
“E
tu” mormorò Luisa “tu è
questo che desideri?”
Rosso
la scrutò intensamente: ella si era chinata su
di lui e lo guardava fissamente con grande attenzione…
“Cosa
dovrei cercare che non abbia già trovato?” le
domandò allora. “La Prescelta Creatura sei tu, e
non vi è più nulla che io
possa per oppormi a questa verità; né
d’altronde l’ho più desiderato da quando
mi hai mostrato la tua natura sulla cima di quel vulcano. In quanto poi
alla
maledizione di Missingno, essa si
è
compiuta nel momento in cui io ti ho spinta nella Città dei
Numeri, dritto nel
centro del suo potere: la sua volontà non ha più
su di me alcun potere. Tu mi hai
svelati tutti i segreti del mondo, e ora conosco più di
qualsiasi mortale. Sì,
Luisa, ora non c’è più che questo che
desidero, poiché ho fallito tutto ciò che
ho tentato nel corso della mia vita, e non vi è dunque nulla
in cui io,
paradossalmente, mi sia dimostrato migliore… che nella mia
vita domestica”
concluse sorridendo.
“Non
ti manca dunque la tua libertà?”
domandò Luisa
con occhi sopresi, scrutandolo fissamente: aveva tre anni meno di lui,
ma non
avrebbe mai potuto pensare… di perdere la sua
libertà…
Gli
occhi di Rosso guardarono altrove. Temendo di
avergli fatto una domanda sgradevole, Luisa fece per correggersi, ma
egli
subito parlò: “Credevo che mi sarebbe
mancata” mormorò. “Credevo che
d’improvviso cessare di viaggiare, di allenarmi come un
folle, di combattere in
silenzio contro chiunque, solo… mi sarebbe mancato. Ho avuto
molta paura, all’inizio,
quando Blu ha cominciato a sistemare le mie cose nel suo armadio,
quando mi
sono accorto che di notte non vedevo le stelle… che al
mattino, a svegliarmi
non era più un’alba infuocata che divampava sulla
neve del Monte Argento, ma la
nostra radiosveglia… che le notti non erano più
veglie interminabili alla ricerca
di qualche Pokémon notturno e introvabile con cui allenarmi,
ma erano notti di
riposo perché Blu il giorno dopo andava a lavorare, oppure,
se erano veglie,
erano veglie d’amore. E mi sono spaventato, quando ho capito
che anche se non
volevo, anche se non mi andava, era mio dovere parlare col panettiere e
col
giornalaio, colla signora del negozio di lampade e colla donna delle
pulizie,
che se venivano a trovarci non potevo più rifugiarmi in alto
e restare in
silenzio a guardare, e questo non perché vi fossi
esplicitamente obbligato, ma
perché per Blu, per mia madre, per tutti voi era spontaneo,
naturale, giusto… e
io queste cose le avevo dimenticate.”
“Ma
poi, a un certo punto…” Qui la voce di Rosso si
fece più forte: egli era tutto immerso in quel
ricordo… “A un certo punto ho
ricordato cos’era che mi aveva spinto a vedere quelle albe
infuocate accendere
la neve, quelle stelle rischiarare il buio sopra i miei
occhi… e non era stata
la mia volontà a condurmi sulla cima di quel monte, o a
portarmi a vedere tutte
quelle albe, tutte quelle stelle… era stata la
volontà di un altro. Era stato
il potere di Missingno. Dunque non era stata libertà la mia!
Era stato esilio,
costrizione, prigionia! Poiché non ero stato io a
decidere!”
“Da
quel giorno non ho più sentito la mancanza di
quello che chiamavo libertà senza che lo fosse. Blu
è stato ciò che ho scelto
senza costrizioni, senza inganni: è Blu il frutto della mia
libertà, è la mia
vita dentro quella casa a Biancavilla. E se qualche volta sento la
mancanza
delle mie albe e delle mie stelle, o persino della mia solitudine, so
che non
ho che da dirlo a Blu, e allora sarà lui il primo a darmi un
sacco a pelo il mio
vecchio zaino sporco, e a dirmi di
andare un week end sulla cima del mio monte od ovunque io voglia, e
tornare quando
sarò convinto di essermene saziati gli occhi.”
“Blu
ti ama molto” mormorò Luisa chinando lo
sguardo.
“Blu
mi ama molto più di quanto io meriti” rispose
Rosso a bassa voce. “Credi che non me ne renda conto, forse,
che lui è tanto e
forse troppo?”
Luisa
si appoggiò al muro del bagno, argentato e
luccicante di vapor d’acqua, accavallando le magre gambe
lisce e bagnate. “Perché
credi che per te sia troppo?” domandò.
Rosso
alzò le spalle, appoggiandosi con le braccia
al bordo della vasca. “Per come l’ho trattato,
Luisa” disse a bassa voce
guardandolo. “Per che cosa altrimenti? Io, proprio io ho
abbandonato per anni
un ragazzo che mi amava molto, proprio quando lui aveva più
bisogno di me. E quel
ragazzo che era bello, era ricco, conosciuto da tutti, poteva avere
chiunque ma
mi ha aspettato egualmente. Per tutti questi anni, capisci? Tu
l’avresti
aspettato uno come me?” domandò, alzandosi in
piedi per uscire dalla vasca.
Luisa
lo guardò sorridendo: Rosso era il ragazzo più
bello che avesse mai visto, ma no, lei non l’avrebbe
aspettato affatto, di più,
non l’avrebbe amato affatto, anche così bello
com’era. Non gli rispose, ma
voltandosi verso lo specchio cominciò lentamente a
pettinarsi i capelli. Rosso non
domandò oltre: conosceva già la risposta. Nessuno
mai oltre a Blu avrebbe
saputo trovare tanta forza da amarlo e aspettarlo ininterrottamente per
tutti
quegli anni, malgrado tutto, malgrado il dolore.
Infine
Luisa gli disse: “Se davvero credi che sia
questo che desidera sopra ogni altra cosa al mondo, allora dovresti
fargli
capire che farai di tutto per realizzare il suo desiderio.”
“Ma
non è mica qualcosa che si può regalare per
Natale!” sbottò Rosso afferrando un asciugamano.
A
questo punto Luisa lo guardò divertita e gli
disse: “Mi dispiace, Rosso, ma più di
così non posso aiutarti. È il tuo
ragazzo!”
Rosso
dovette riconoscere che aveva ragione. Allora si
rivestì pensierosamente e mormorò: “Hai
ragione, sai. Ma ti ringrazio di avermi
aiutato.”
“Prego”
rispose Luisa sorridendo.
Allora
Rosso la salutò abbracciandola, così bagnata e
mezza nuda com’era, e la lasciò chiedendole di
salutargli i suoi fratelli. Ma quando
tornò a casa, infilando la chiave nella toppa, ebbe la
sorpresa di trovarla già
aperta… ed era certo che non si trattasse di Blu.
Si
scoprì indeciso sul da farsi. Allontanarsi, fare
il giro della casa, controllarne le ombre e i suoni? Guardò
le finestre che si
affacciavano sul giardino: erano buie e non ne proveniva alcun rumore.
Tornò allora
nuovamente alla porta, prendendo con una mano dalla cintura la ball di
Charizard; e poi, tratto un profondo respiro, balzò in
avanti spingendo la
porta.
D’improvviso
un’ombra si mosse nel buio. Rosso la
vide e premette d’impulso l’interruttore della
luce: la grande
lampada si accese e Rosso finalmente
distinse il volto della persona entrata prima di lui…