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Autore: Afaneia    29/07/2012    1 recensioni
Rosso è finalmente tornato a casa, da Blu, dopo aver abbandonato le vette innevate del Monte Argento e aver finalmente sconfitto la maledizione di Missingno. Tuttavia, tornare alla vita normale non è per lui così semplice, poiché il suo lungo eremitaggio ha portato delle conseguenze, e dovrà ora affrontare quei piccoli problemi quotidiani che, sulla cima di quel monte, non aveva mai considerati...
Sentendosi profondamente imbarazzato, Rosso disse: "Non so che cosa regalare a Blu per Natale."
"Ah! È questo, dunque" esclamò Luisa, alzandosi. "Credevo non l'avresti detto mai."

Spin off tratta da Prescelta Creatura e Storia di Rosso e di Blu. Contiene spoiler!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga della Prescelta Creatura'
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“Insomma non mi hai detto perché sei qui, eh” disse Luisa, stringendosi le ginocchia contro il petto. Quel giorno Rosso aveva avuto modo di accorgersi di quanto fosse carina quella principessa dei Pokémon. Indossava un maglione davvero piuttosto grande per lei, nero, che Rosso sospettava appartenere a uno dei suoi fratelli, a giudicare dalle sue dimensioni, grandi stivaloni da uomo e calze bianche e nere ch’erano forse il solo elemento femminile in lei. Eppure era bella, e i suoi bei capelli erano lisci e ordinati sotto un cappellino nero. Era molto diversa dall’allenatrice selvaggia che Rosso aveva conosciuta e odiata. Ora era più vicina e umana, e Rosso l’ammirava.

“Sei molto carina, oggi. Ma non sei come ti ricordavo.”

Allora Luisa si mise a ridere gettandosi all’indietro sul letto. Rideva senza cattiveria, così, per ridere. Rosso la guardava senza capire. Sentiva d’invidiarla molto, senza malizia, ma d’invidiarla: Luisa era libera come lui non era mai stato in grado di essere. Eppure anche lei era scesa là sotto, aveva fronteggiato la potenza inarrivabile di Missingno, aveva attraversato il potere della Città dei Numeri: anche lei aveva camminato nel buio, come lui. Ma i suoi occhi erano limpidi e alteri e sereni, e non si erano tinti di rosso mai, a differenza dei suoi che tanti mortali avevano spaventato coi loro riflessi ch’erano stati incendio e fiamma e sangue, neppure tanto tempo prima.

Già, non aveva sprecato tempo, lei, non aveva strappato tempo alla vita: aveva vissuto, Luisa, in tutti i modi in cui aveva potuto farlo, persino in quei giorni in cui chiunque avrebbe rinunciato, quando aveva scoperto chi era e chi non riusciva più a essere, quando aveva scoperto che la menzogna l’aveva accompagnata in ogni giorno della sua vita e che nessuno aveva pensato che era giusto che lei per prima sapesse la verità, la sua verità.

Era stata forte, Luisa, forse più forte di lui, sebbene fosse più piccola, e non aveva chinato neppure un attimo la testa, neppure di fronte a quel peso immenso delle leggende e delle bugie e dei misteri del mondo; non si era arresa, come lui, all’evidenza, agli obblighi, alla potenza di chiunque tentasse d’imporlesi; era andata più oltre, lei, si era ribellata e aveva urlato e pianto e aveva cercato nell’ombra fino alla fine, anche a tentoni, anche nel buio, e aveva vinto, alla fine: aveva scoperto il mistero del mondo, lei sola, lei con le sue forze.

E ora Rosso, Rosso che per anni aveva creduto, si era illuso di essere il migliore, il Prescelto, ora veniva a chiederle consiglio per una parte di vita che si era sempre lasciato passare lontano, senza cura, senza interesse. Bisognava trovare il coraggio di chiedere, si disse Rosso. E infine, chinando il capo, disse a bassa voce:  “Ho…ho bisogno del tuo aiuto.”

“Beh, questo lo sapevo” disse Luisa. Rosso la guardò con occhi stupiti. Luisa sorrise e mormorò: “L’ho letto nei tuoi occhi. Mi pari molto umile, oggi.”

Rosso annuì. Era così che si sentiva, quel giorno: umile. Luisa si alzò e stiracchiandosi borbottò: “Beh, caro mio, ascolta, che ne dici di andare di là a parlarne? Ho proprio voglia di fare un bagno.”

 

Un bagno. L’aria appariva carica di un vapore che appannava la luce e la vista, eppure Rosso poté vedere benissimo Luisa spogliarsi ed entrare nella vasca colma d’acqua bollente. Il suo corpo era sodo e bianco, invitante, ma per lei Rosso non provava desiderio; anzi, per quanto essa fosse bella, Rosso non avrebbe potuto sentirsi meno indifferente verso il suo corpo nudo.

Si sedette su uno sgabello, scansando gli abiti che la ragazza vi aveva appoggiato sopra, e si tolse il maglione. L’aria era molto calda. Luisa ammiccò verso la sua camicia azzurra.

“Ehi ehi… attento. Tu sarai anche gay, ma io no!”

Rosso aggrottò la fronte e sorrise, ma cupamente. Era pensieroso. Luisa colse il suo sguardo e disse massaggiandosi le braccia col sapone: “Su. Cosa c’è?”

“Mi sto pentendo di tutti quegli anni lassù, su quel monte…. Ci ho passato sette anni lassù, Luisa. Sette anni sono tanti.”

Luisa alzò lo sguardo su di lui. Rosso non poteva vederla, ma era molto corrucciata.

“Perché te ne penti proprio oggi?” domandò. Rosso non rispose.

“Non avevo pensato alle conseguenze, sai. O meglio sì, ma a una sola, che poi non si è realizzata; e tu sai quale.”

“Oggi mi trovo molto… spiazzato. Credo di aver perduto qualcosa e questo qualcosa era importante. Ora sono smarrito, e forse un po’ solo. Non voglio che Blu veda questo di me” soggiunse tristemente, alzando lo sguardo su di lei. Luisa lo scrutava con perplessa attenzione, con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo concentrato.

“Hai lasciato perdere il resto del mondo per sette anni” disse con calma. “Non hai pensato mai, in tutte quelle notti tra la neve… non hai pensato mai a tutto quello che ti perdevi?”

Ma era stata una domanda sciocca, e Luisa se ne accorse quando Rosso cominciò rabbiosamente ad aggirarsi per il bagno. Luisa lo guardava attraverso il vapore e le bolle di sapone. Infine, spazientita ma impietosita, disse con voce carica d’affetto, ma d’affetto fraterno:  “Dai, vieni qui. Spogliati. Entra dentro. Facciamo il bagno insieme.”

Rosso si fermò e la guardò fissamente, intensamente: non c’era malizia in nessuno dei loro occhi, desiderio in nessuno dei loro volti. Allora si slacciò la camicia azzurra, si sfilò la maglietta nera che aderiva sensualmente al suo petto largo e pronunciato; si tolse le polacchine blu, i jeans attillati, i boxer grigi; entrò nell’acqua calda che lo avvolse sino alle larghe spalle muscolose.

“Chiudi gli occhi” disse Luisa. “Rilassati. Parla con me se hai voglia, quando hai voglia. Io sono la figlia di Celebi, il Guardiano del tempo: perciò in questa stanza ci sarà tutto il tempo del mondo, se vuoi.”

Le sue parole giungevano a lui come una musica, attraverso il vapore e l’acqua gorgogliante. Aprì gli occhi per un momento: soffiando sull’acqua, Luisa la faceva muovere dolcemente come in un torrente, era acqua calda e profumata  che gli parlava di regioni inesplorate, ma accoglienti e assolate.

Dopo molto tempo, parlò.

“Se ho mai pensato di perdere qualcuno, era Blu. Era Blu che forse non mi avrebbe aspettato, che forse non mi avrebbe capito… e in effetti, così stava per essere” soggiunse tristemente.

“Ma Missingno mi teneva in suo potere. Io ero convinto di ciò che stavo facendo, di ciò che volevo dargli… ma come ti ho detto, ero prigioniero del fuoco di Missingno. E per questo ho pensato, in quegli anni, più a riavere Blu che non a… a cosa fare della mia vita, una volta conclusasi la parentesi del Monte Argento… una volta riconosciuto come Prescelta Creatura.”

“In realtà, Luisa, credo di essere stato più un allenatore che un individuo nella mia vita, sin da quando sono partito da Biancavilla, dieci anni fa… quando cominciai il mio viaggio, ero proprio come mi hai conosciuto, sai” disse, guardandola direttamente. “Un ragazzo solo e disperato che a stento parlava con qualcuno che non fossero i suoi Pokémon, che lottava contro tutto il resto del mondo perché il suo migliore amico l’aveva tradito e lui cercava in tutto il mondo qualcosa che gli parlasse ancora degli occhi del suo amico… ero solo un po’ più basso, e un po’ meno bello.”

“Avevo iniziato ad allenare perché amavo i Pokémon, è vero, ma poi nella mia ricerca di Blu ho perduto di vista tutto, forse persino Blu stesso. Ero pazzo, ed è forse per questo che Missingno ha scelto me per cercare te: perché nella mia dolorosa lucidità, ero stranamente pazzo… perché ero solo, disperatamente innamorato di un maschio, perché mi sentivo tradito…”

“E poi, dopo, Missingno ti strega la mente, e per anni non ho voluto altro che liberarmi dal suo potere: compiere il mio destino, finalmente, e poi tornare da Blu. A questo pensavo lassù sul Monte Argento: a Ho-Oh certo, prima di tutto e soprattutto, e poi a Blu. Ma non credo, o non ricordo, di aver pensato mai alla nostra vita insieme, forse… sai, forse pensavo solo alla sua.”

Luisa taceva ancora. L’acqua invece parlava ancora, ma parlava di comprensione, di pietà, di partecipazione… Rosso aprì gli occhi con curiosa convinzione. Guardò la ragazza: essa stava appoggiata coi gomiti al bordo della vasca e lo guardava semplicemente.

Calò il silenzio. Ora Rosso non riusciva a percepire più neppure la voce dell’acqua. Non se ne rammaricava, ma il silenzio pesava sul suo orecchio come un masso. Infine, Luisa si protese verso di lui e gli domandò: “Rosso, c’è qualcosa in particolare che vorresti dirmi, non è vero?”

Sentendosi profondamente imbarazzato, Rosso disse:  “Non so che cosa regalare a Blu per Natale.”

“Ah! È questo, dunque” esclamò Luisa, alzandosi. “Credevo non l’avresti detto mai.”

Si stagliò in piedi, nuda e gocciolante, e uscì dalla vasca. Si avvolse in un asciugamano bianco e Rosso sorrise: “Ho già visto tutto, mimma.”

“Il tuo fidanzato sarà geloso. Che te ne pare?” chiese lei, ridendo.

“Sei una ragazza… desiderabile.”

“E poi?”

“Bella, lo sai.”

“Oh, la classe non è acqua” esclamò ridendo la ragazza mentre si scioglieva i capelli. Essi spiovvero sulle sue bianche spalle umide e asperse di minute goccioline.

“Va bene, Rosso… il tuo è un problema serio, lo sai. È il vostro primo Natale assieme, e occorre un regalo speciale, che testimoni che non sarà nemmeno l’ultimo.”

“Questo è il problema” disse Rosso. “E la soluzione?”

Luisa lo guardò sorridendo appena. “Dovresti avere imparato che nessuno oltre a te può dirti qual è la verità.”

“Non ti sto chiedendo di darmi la verità” disse Rosso. “Chiedo solo un po’  d’aiuto.”

“Va bene allora… vediamo un po’” disse la ragazza. Si chinò in avanti, e con un secondo asciugamano si tamponava le gambe su cui le gocce d’acqua disegnavano figure spigolose. “Sentiamo un poco, Rosso… tu sai quale sarebbe il più grande di tutti i desideri di Blu?”

“Bah” borbottò Rosso un po’ stizzito. “Certo che lo so, che domande! Ma non è mica una cosa che si potrebbe regalare!”

“E che cosa sarebbe?” domandò Luisa con vivo interesse, voltandosi verso di lui.

Rosso si sentì avvampare vagamente sulle guance e borbottò guardando altrove: “Beh, credo che… almeno per quanto posso pensarne io, ovviamente…. Ciò che Blu vorrebbe più intensamente… sarebbe…”

“Sarebbe?”

“La mia felicità” disse Rosso semplicemente, allargando le braccia. “Credo che… vorrebbe molto intensamente che io fossi felice al suo fianco, nella nostra casetta, con le bollette a fine mese e il suo stipendio di Capopalestra e la spesa tutti i venerdì pomeriggio. Insomma… ciò che ha desiderato tutta la vita è questo, e ciò che amo in Blu è che la sua ambizione non è sconfinata e irresistibile come lo è sempre stata la mia. Non è così avido e affamato da desiderare una nuova cosa una volta che ha ottenuto un suo piccolo obiettivo, no, lui è diverso… è sereno. Sa davvero cosa vuole. Tutto ciò che voleva era la nostra vita insieme, e ora ce l’ha e tanto gli basta: lui si accontenta di sapere che per me non è un dolore andare a comprare da mangiare tutti i venerdì, al cinema o a cena fuori tutti i sabati sera, a pranzo da mia madre o da suo nonno la domenica, a letto alle undici e mezza tutte le sere. La nostra vita è quello che voleva e ora è il suo presente, ed è ancora convinto di volere questo dalla sua vita. Ma so che per lui è un tormento ogni sguardo che io getto fuori dalla finestra, ogni passeggiata che faccio sulla riva del mare lucente… anche se non mi dirà mai nulla al riguardo, è questo il suo peggior timore: che io a Biancavilla non sia felice, che in fondo al mio cuore, di nascosto, io desideri andare via, ripartire, andare a cercare…”

“E tu” mormorò Luisa “tu è questo che desideri?”

Rosso la scrutò intensamente: ella si era chinata su di lui e lo guardava fissamente con grande attenzione…

“Cosa dovrei cercare che non abbia già trovato?” le domandò allora. “La Prescelta Creatura sei tu, e non vi è più nulla che io possa per oppormi a questa verità; né d’altronde l’ho più desiderato da quando mi hai mostrato la tua natura sulla cima di quel vulcano. In quanto poi alla maledizione di Missingno, essa  si è compiuta nel momento in cui io ti ho spinta nella Città dei Numeri, dritto nel centro del suo potere: la sua volontà non ha più su di me alcun potere. Tu mi hai svelati tutti i segreti del mondo, e ora conosco più di qualsiasi mortale. Sì, Luisa, ora non c’è più che questo che desidero, poiché ho fallito tutto ciò che ho tentato nel corso della mia vita, e non vi è dunque nulla in cui io, paradossalmente, mi sia dimostrato migliore… che nella mia vita domestica” concluse sorridendo.

“Non ti manca dunque la tua libertà?” domandò Luisa con occhi sopresi, scrutandolo fissamente: aveva tre anni meno di lui, ma non avrebbe mai potuto pensare… di perdere la sua libertà…

Gli occhi di Rosso guardarono altrove. Temendo di avergli fatto una domanda sgradevole, Luisa fece per correggersi, ma egli subito parlò: “Credevo che mi sarebbe mancata” mormorò. “Credevo che d’improvviso cessare di viaggiare, di allenarmi come un folle, di combattere in silenzio contro chiunque, solo… mi sarebbe mancato. Ho avuto molta paura, all’inizio, quando Blu ha cominciato a sistemare le mie cose nel suo armadio, quando mi sono accorto che di notte non vedevo le stelle… che al mattino, a svegliarmi non era più un’alba infuocata che divampava sulla neve del Monte Argento, ma la nostra radiosveglia… che le notti non erano più veglie interminabili alla ricerca di qualche Pokémon notturno e introvabile con cui allenarmi, ma erano notti di riposo perché Blu il giorno dopo andava a lavorare, oppure, se erano veglie, erano veglie d’amore. E mi sono spaventato, quando ho capito che anche se non volevo, anche se non mi andava, era mio dovere parlare col panettiere e col giornalaio, colla signora del negozio di lampade e colla donna delle pulizie, che se venivano a trovarci non potevo più rifugiarmi in alto e restare in silenzio a guardare, e questo non perché vi fossi esplicitamente obbligato, ma perché per Blu, per mia madre, per tutti voi era spontaneo, naturale, giusto… e io queste cose le avevo dimenticate.”

“Ma poi, a un certo punto…” Qui la voce di Rosso si fece più forte: egli era tutto immerso in quel ricordo… “A un certo punto ho ricordato cos’era che mi aveva spinto a vedere quelle albe infuocate accendere la neve, quelle stelle rischiarare il buio sopra i miei occhi… e non era stata la mia volontà a condurmi sulla cima di quel monte, o a portarmi a vedere tutte quelle albe, tutte quelle stelle… era stata la volontà di un altro. Era stato il potere di Missingno. Dunque non era stata libertà la mia! Era stato esilio, costrizione, prigionia! Poiché non ero stato io a decidere!”

“Da quel giorno non ho più sentito la mancanza di quello che chiamavo libertà senza che lo fosse. Blu è stato ciò che ho scelto senza costrizioni, senza inganni: è Blu il frutto della mia libertà, è la mia vita dentro quella casa a Biancavilla. E se qualche volta sento la mancanza delle mie albe e delle mie stelle, o persino della mia solitudine, so che non ho che da dirlo a Blu, e allora sarà lui il primo a darmi un sacco a pelo  il mio vecchio zaino sporco, e a dirmi di andare un week end sulla cima del mio monte od ovunque io voglia, e tornare quando sarò convinto di essermene saziati gli occhi.”

“Blu ti ama molto” mormorò Luisa chinando lo sguardo.

“Blu mi ama molto più di quanto io meriti” rispose Rosso a bassa voce. “Credi che non me ne renda conto, forse, che lui è tanto e forse troppo?”

Luisa si appoggiò al muro del bagno, argentato e luccicante di vapor d’acqua, accavallando le magre gambe lisce e bagnate. “Perché credi che per te sia troppo?” domandò.

Rosso alzò le spalle, appoggiandosi con le braccia al bordo della vasca. “Per come l’ho trattato, Luisa” disse a bassa voce guardandolo. “Per che cosa altrimenti? Io, proprio io ho abbandonato per anni un ragazzo che mi amava molto, proprio quando lui aveva più bisogno di me. E quel ragazzo che era bello, era ricco, conosciuto da tutti, poteva avere chiunque ma mi ha aspettato egualmente. Per tutti questi anni, capisci? Tu l’avresti aspettato uno come me?” domandò, alzandosi in piedi per uscire dalla vasca.

Luisa lo guardò sorridendo: Rosso era il ragazzo più bello che avesse mai visto, ma no, lei non l’avrebbe aspettato affatto, di più, non l’avrebbe amato affatto, anche così bello com’era. Non gli rispose, ma voltandosi verso lo specchio cominciò lentamente a pettinarsi i capelli. Rosso non domandò oltre: conosceva già la risposta. Nessuno mai oltre a Blu avrebbe saputo trovare tanta forza da amarlo e aspettarlo ininterrottamente per tutti quegli anni, malgrado tutto, malgrado il dolore.

Infine Luisa gli disse: “Se davvero credi che sia questo che desidera sopra ogni altra cosa al mondo, allora dovresti fargli capire che farai di tutto per realizzare il suo desiderio.”

“Ma non è mica qualcosa che si può regalare per Natale!” sbottò Rosso afferrando un asciugamano.

A questo punto Luisa lo guardò divertita e gli disse: “Mi dispiace, Rosso, ma più di così non posso aiutarti. È il tuo ragazzo!”

Rosso dovette riconoscere che aveva ragione. Allora si rivestì pensierosamente e mormorò: “Hai ragione, sai. Ma ti ringrazio di avermi aiutato.”

“Prego” rispose Luisa sorridendo.

Allora Rosso la salutò abbracciandola, così bagnata e mezza nuda com’era, e la lasciò chiedendole di salutargli i suoi fratelli. Ma quando tornò a casa, infilando la chiave nella toppa, ebbe la sorpresa di trovarla già aperta… ed era certo che non si trattasse di Blu.

Si scoprì indeciso sul da farsi. Allontanarsi, fare il giro della casa, controllarne le ombre e i suoni? Guardò le finestre che si affacciavano sul giardino: erano buie e non ne proveniva alcun rumore. Tornò allora nuovamente alla porta, prendendo con una mano dalla cintura la ball di Charizard; e poi, tratto un profondo respiro, balzò in avanti spingendo la porta.

D’improvviso un’ombra si mosse nel buio. Rosso la vide e premette d’impulso l’interruttore della luce:  la grande lampada si accese e Rosso finalmente distinse il volto della persona entrata prima di lui…

La ball di Charizard rotolò a terra.
   
 
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