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Autore: Justanotherpsycho    29/07/2012    2 recensioni
Può l'orgoglio di un Dio e la sua sete di gloria e potere aizzarlo contro suo Padre? Verrà l'Olimpo scosso dall'ultima e più grande delle Tre Guerre Divine, quella mai narrata?
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9 - Echidna, la strega-serpente

«Vieni fuori, mostro!» Urla Ares.
Ma nessuna risposta dall’oscurità.
Senza indugiare, l’Enialo riscalda un braccio fino a farlo diventare di un giallo accecante, e lo alza a livello della testa, maneggiandolo proprio come fosse una torcia.
Armato di questa luce, muove i primi passi nella grotta e presto si ritrova isolato dal mondo esterno: nessun suono penetra più quell’antro tetro, né nessuno sguardo può più importunare quell’oscurità, nonostante la luce del Dio non sia poi così lontana da quella esterna… E’ come se un incantesimo pendesse su quella grotta.
Dopo parecchi passi, ancora Ares distingue solo le mura rocciose che vengono illuminate dalla sua luce, nessun rumore può fargli presagire qualcosa: tutto ciò che gli arriva all’orecchio è il suono dei suoi passi sulla terra bagnata, quello delle gocce d’acqua che filtrano dal soffitto della caverna per bagnare poi la terra su cui egli cammina e le scintille del suo braccio che sfrigolano e zampillano vigorose.
Poi, finalmente, un rumore… un sibilo che taglia l’aria densa. Non ci sono dubbi: è il verso di un serpente. Ares scruta il suolo, ma niente; cerca il manto squamoso di un rettile che rigetti la sua luce, ma trova sempre e solo fango.
Nel frattempo il sibilo si fa più vicino e più lungo. Altri gli si affiancano: ce n’è più di uno. Ares scruta ancora il terreno, lo settaccia prima di affondarci il piede. Ancora le gocce d’acqua che riescono a penetrare il soffitto roccioso gli si infrangono addosso; alcune cadono sulla sua torcia vaporizzandosi all’istante ed emettendo un suono molto simile a quel verso sinistro.
Ad un tratto Ares posa il piede su qualcosa di più solido e subito si avverte un lamento, ma quando il Dio guarda verso il suo piede, non vede che fango. La cosa è strana e sospetta: avvicina la testa al suolo per guardare meglio… ed ecco che quel pezzo di fango si muove! Si muove, spalanca le fauci e si getta verso il viso del Dio addentandolo. Subito col braccio infuocato egli colpisce la strana fiera, ma è ancora rintontito dal suo attacco, quando una simile alla precedente, sbuca dal suolo e lo attacca anch’ella.
Così egli realizza: sono lì, tutt’intorno, tappezzano la grotta, sono la grotta! Serpenti fatti di fango e terra. Ora si manifestano dappertutto, persino sui muri e sul soffitto!
Ares si agita e sferra colpi a vuoto in tutte le direzioni cercando di sfruttare il fuoco, ma le bestie continuano ad attaccarlo e adesso gli si arrampicano perfino addosso.
Costretto ad usare nuovamente i suoi poteri divini, riesce a sbarazzarsi delle creature avvolgendosi nelle stesse fiamme che prima costituivano la sua torcia ed emana un urlo di rabbia che rimbomba per tutta la caverna. Ora, finalmente libero, lancia un’occhiata davanti a se: tutta la caverna brulica di questi esseri fin tanto che persino la caverna stessa sembra le budella di un enorme serpente di terra e roccia. Infuriato, il Distruttore trasforma le sue braccia in lame infuocate  e si mette a tagliuzzare quei serpenti, correndo sempre più dentro le viscere della montagna e urlando sempre più.
Ad un certo punto, però, la terra sotto i suoi piedi viene a mancare e, in un istante, il Dio si ritrova in caduta libera. L’atterraggio non è certo un problema, ma adesso le mura della grotta sono più distanti, come se ci si trovasse in una vera e propria stanza. Non c’è più traccia degli strani serpenti, al loro posto per terra ci sono ossa di tutte le dimensioni, alcune delle quali abbastanza inquietanti: ossa di umani. Ma Ares non si fa intimorire e, per prima cosa, cerca quella strega: ha capito di essere finalmente giunto nella sua tana.
«Echidna! E’ questo il tuo nome?»
nessuna risposta
«Non sono venuto qui per affrontarti…
»
Ancora la luce del Dio non riesce ad illuminare completamente la stanza, ma, girovagando, egli trova un calderone su un focolare, da poco spento.
Poi intravede, dietro questo, dei contorni lunghi e sinuosi, simili a quelli di un serpente, ma molto più grandi… gli si avvicina e dall’oscurità spunta un busto umano, di donna. Ares, prontamente, si mette in posizione da battaglia, ma poi scorge la vacuità degli occhi del busto e la pallida trasparenza della pelle e , dopo averlo punzecchiato, capisce che non è nient’altro che la gigantesca muta della strega. Risollevato, le volta le spalle dicendo:
«Fatti vedere, mostro!»
Dopo ciò, la pelle della muta alle sue spalle si solleva e con la coda stringe poderosamente Ares. Questi cerca di dimenarsi e trafigge la pelle con le lame, ma essa non sembra avvertire dolore.
«Non chiamarmi così, straniero!» tuona una voce sottile ma potente.
Il Dio si guarda intorno finché non vede dall’oscurità emergere un corpo in tutto e per tutto simile all’involucro senz’anima che lo sta stritolando, se non per il fatto che i suoi colori sono più vividi e i suoi movimenti spinti da veri muscoli.
«E così sei tu Echidna…» esordisce il Dio.
«Da queste parti sono molto pochi quelli che osano pronunciare il mio nome – risponde quella – ma tu ovviamente non hai paura di niente, vero Ares?»
«Vedo che le tue capacità magiche precedono la mia dovuta presentazione»
«Non c’è stato bisogno di ricorrere ad alcun incantesimo, mio caro Olimpico, dato che nessun’altro, che io sappia, può vantare una simile abilità nel trasformare ogni sua parte del corpo in un’arma mortale…» mentre parla, la strega striscia intorno al Dio e alla sua immagine che ancora lo tiene prigioniero
«Giusto…» momento di pausa, in cui si avverte solo un sibilo partito dalle labbra del mostro e dalla sua lingua che, con un guizzo, vi fa capolino per qualche istante.
«Hai detto che non sei qui per affrontarmi…  saprai, però, che non nutro simpatia per gli dei dell’Olimpo»
«E vorrei sapere il perché…» azzarda l’Olimpico.
«Perché!? Perché, mi chiedi??» urla la strega mentre d’un tratto l’aria si riempie del suo urlo, amplificandolo e rendendolo più spaventoso e meno umano; nel contempo, la grotta si riempie di un bagliore rossastro che esplode dai suoi occhi, mentre con un gesto raggiunge l’intruso e i suoi capelli, che ora ondeggiano come fossero immersi in un liquido trasparente, ne sfiorano il volto.
Ares adesso la vede chiaramente: dalla vita in su la sua forma è perfettamente simile a quella di una donna, ma le squame risalgono dalla coda di serpente e ricoprono tutto il busto, la testa e gli arti. Il viso, sebbene deformato da quella pelle verdognola, ha un qualcosa di misteriosamente attraente, nonostante anche il fatto che adesso la sua bocca spalancata mostri delle zanne da rettile e gli occhi, dagli iridi rossi che occupano tutto il bulbo, divisi quasi a metà dalla feritoia orizzontale della pupilla, spalancati. I capelli neri, sempre sospesi in aria, sono lunghi, contorti e lucenti.
«Sì… io sono solo al corrente di ciò che i contadini dicono di te… non conosco le vere fonti del tuo odio» Ares sembra sempre più star giocando col fuoco, e ne è cosciente.
«Bene… se è solo una storia quella che vuoi sentire da me, te la racconterò, prima di spedirti dove i tuoi compari Olimpici non potranno trovarti: avrai sentito che io sono nata già deforme, da stirpe di orribili mostri. Ma non è così: io sono nata umana, donna di una delle più alte fatture.
E ancor più grande della mia bellezza era la mia abilità con le arti magiche, tanto che gli abitanti delle zone dove abitavo, smisero di pregare nei templi e presero l’abitudine di rivolgersi a me per risolvere i loro problemi, e subito ottenevano in cambio quello che volevano.
Questo ovviamente non piacque agli dei che, invidiosi, mi trasformarono in questo orribile mostro cosicché, tutti quelli che venivano a chiedermi un favore, scappassero poi a gambe levate una volta mi avessero vista nelle mie nuove sembianze. Nessuno si rivolse più a me e, anzi, dopo che si diffuse la voce che ero una strega malvagia e che mi cibavo della carne degli uomini, con forconi e torce vennero alla mia porta e mi costrinsero ad abbandonare il mio villaggio.
Furono talmente crudeli con me che, una volta trovata dimora in questi antri nel ventre di Gea, promisi che li avrei accontentati, e mi sarei comportata proprio come si aspettavano loro: uccisi, divorai, maledissi e distrussi. Feci anche di peggio: rapivo i più aitanti esemplari di uomo che passavano da queste parti e ripetutamente mi accoppiavo con loro finché non ne rimanevo gravida… ma presto appresi che la maledizione degli dei non si fermava a me, ma si ripercuoteva anche sulla mia prole: partorivo mostri orridi almeno quanto la loro madre e, ogni volta in preda all’ira, uccidevo il padre, prima di trovarmi un altro compagno.
Gli dei, però, ancora non erano sazi del mio dolore e quegli stessi figli, che, sebbene fossero mostri, io amavo perché soli potevano comprendere il mio animo straziato, mi portarono via, uno ad uno.
Ed ogni giorno, per tutte questo ingiustizie che ho subito dall’Olimpo, io urlo e torturo i suoi sudditi, e poi urlo ancora più forte, urlo e bestemmio più potentemente di ogni altro suono si possa udire tra questi monti, affinché le mie minacce li scavalchino e raggiungano quello più alto di tutti, facendo sapere a quei codardi che Echidna brama vendetta, nascosta alla loro vista»
Ares rimane spiazzato dalla collera e dalla forza che quelle parole appena udite esprimono.
«Io e te non siamo poi così differenti, Echidna: anch'io sono stato oggetto dei soprusi degli dei, che mi hanno fatto credere di non essere altro che uno dei tanti, e mi hanno sempre fatto fare tutto il lavoro sporco. Ma recentemente ho scoperto che mi tenevano allo scuro del mio vero destino, un destino da Re indiscusso degli Dei. E sono venuto qui per chiederti aiuto: aiutandomi otterrai la tua vendetta... e in più potresti anche diventare la nuova Regina dell'Olimpo, e nessuno guarderebbe a te con ribrezzo, ma tutti considererebbero la tua immagine come il canone universale di bellezza» Ares ammicca verso la strega.
«E così... mi faresti tua sposa?» chiede questa, quasi commossa.
«E perché no? D'altronde io non riesco a credere come qualcuno posso odiare il tuo aspetto...»
Echidna, ammaliata dalle parole del Dio, è sempre più vicina al suo viso e ora lo accarezza con le orride mani, terminanti alle estremità con delle affilatissime unghie che però non sono altro che  continuazioni di quelle squame. I suoi occhi rossi ora sono incollati a quelli del Dio. Quando la sua lingua biforcuta guizza fuori per annusare l'aria, gli sfiora guance e naso.
«Ma al massimo potrei aiutarti con la mia magia, mentre per espugnare l'Olimpo ti serve un esercito...»
«I tuoi figli potrebbero essere un buon inizio per costruire il mio esercito... pensi che ascolterebbero ancora l'appello della loro bellissima madre?»
«Certo che sì... c'è solo un piccolo problema: gli dei li stanno impiegando come supplizio per le anime dannate nell'Ade... per tua fortuna, però, anche Cerbero, il guardiano dei cancelli dell'aldilà è mio figlio»
«Allora che aspettiamo? Andiamo a fare visita a mio zio...»
«Dovrai andare da solo, però, perché per aprire un passaggio per l'aldilà, io dovrò rimanere ferma, qui, o il varco si richiuderà»
«E come farò a dimostrare loro che mi mandi tu?»
«Beh, penso che siano in grado di ricordare l'odore della loro mammina... ma per piantartelo per bene addosso c'è un solo modo...» Echidna enfatizza il tono provocatorio della frase appena pronunciata ed estrae la lingua per la sua intera, enorme, lunghezza.
«Perfetto, così intanto suggelleremo anche il nostro patto» conclude l'Enialo.

 

 

 

NDA (stanno diventando sempre più frequenti): questa è una delle modifiche maggiori alla mitologia greca originale (fino ad adesso... tra un po' arriva il disastro), e cioè la storia di Echidna che da semplice mostro diventa un personaggio con almeno un pizzico di psicologia e un passato segnato dall'ingiustizia (almeno a suo dire, dato che si è macchiata del peccato di υβρις, tema ricorrente nella mitologia greca) e un presente pieno di odio e brama di vendetta. Il resto invece - l'aspetto e soprattutto le parentele - è tutto fedele al mito; spero troviate le modifiche interessanti e utili alla narrazione.

  
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