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Autore: Momoko The Butterfly    29/07/2012    4 recensioni
All’inizio, non avrebbe pensato che una semplice donna umana potesse scatenare in lui tanti affanni e cambiamenti, che gli facesse provare delle vere emozioni; le stesse che lui repelleva con tanto disgusto perché ritenute deboli e inutili.
Però, dopo averla conosciuta, qualcosa di lei lo aveva scosso. Era il suo sorriso, i suoi modi cordiali, la sua sincerità o i suoi occhi smeraldini illuminati dalla passione? Forse tutto, forse niente. Ma probabilmente Clara gli aveva solo ricordato i piaceri dell’essere umano, che lui aveva da tempo – forse volutamente – dimenticato.

La mia prima fanfiction, enjoy ♥
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Nuovo personaggio, Tyki Mikk, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7
Nessuna musica, per quanto dolce, può nascondere a lungo la dura verità.

 
 
 
 
Sul volto di Clara si fece strada pian piano un sorriso gioioso.
Sentì le lacrime premerle forti sugli occhi, ma non per la tristezza; bensì per la felicità.
Abbracciò il medico finalmente al settimo cielo, talmente forte da sollevarlo!
Questo continuò a ridere contento, ma ben presto si ritrovò ad essere quasi strozzato dalla giovane, troppo felice per accorgersene.
- Non respiro, bambina! – riuscì a biascicare a malapena.
Clara si staccò di colpo, imbarazzata dalla sua improvvisa reazione. Quando l’uomo ebbe ripreso a respirare e la guardò in volto, vide che piangeva di gioia.
- Chiedo perdono Dottore! – disse dispiaciuta, le guance tinte di porpora.
- Grazie grazie grazie grazie grazie!! – esclamò prendendogli le mani e stringendogliele con la voce piena di gratitudine.
Finalmente poteva tirare un sospiro di sollievo, urlare al mondo che non sarebbe rimasta da sola; che Tyki avrebbe continuato a stare accanto a lei! Tutta la paura, la preoccupazione e l’ansia erano mutate in felicità pura dopo la bellissima notizia del medico, e a malapena riusciva a contenerla.
Sembrava un cannone che sparava continuamente fuochi d’artificio in quel momento. Stelle luminose che esplodevano nel cielo con fischi e piogge di colori scintillanti.
Dopo essere riuscita a controllare la propria emozione, corse fuori dalla stanza e si diresse verso il salottino, senza curarsi minimamente del vestito che, lungo com’era, le intralciava la strada. Lo tirò su semplicemente prendendone un lembo e sollevandolo con le mani, scoprendo le pallide caviglie.
Entrò, arrivando a passo svelto accanto al Noah e sedendosi al suo fianco. Aveva addosso una coperta pesante e, sotto di essa, la giovane scorse tutta una serie di fasciature strette attorno alle ferite, già sporche di sangue.
Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, la voce del signor Landers la sorprese alle spalle.
- Ha un po’ di febbre, ma non è nulla di grave; inoltre le bende vanno cambiate quotidianamente, altrimenti potrebbe fare infezione. E ricorda: fallo riposare e mangiare molto, ha bisogno di rimettersi in forze.
- Lo farò Dottore – annuì decisa più che mai Clara. Si sarebbe presa cura di lui fino all’ultimo momento!
- Bene – concluse l’uomo. Poi disse, raccogliendo i propri effetti: - Ora è meglio che vada, ho una giornata pienissima. C’è il signor Fender col raffreddore, la signorina Adele con lo scorbuto e chissà quanti altri pazienti!
- La ringrazio, Dottore – disse Clara con un sorriso pieno di riconoscenza.
Il signor Landers fece un cenno col cappello appena indossato, in segno di saluto, e si avviò da solo verso l’uscita.
 
A quel punto, rimasero solo Tyki e Clara.
- Ci penserò io a lei, non deve preoccuparsi – mormorò questa carezzando delicatamente una guancia del Noah, con un sorriso premuroso stampato in volto.
 
Proprio in quel momento, la giovane intercettò un rapido movimento del braccio del Noah e, successivamente, lo vide muovere piano la testa e gli occhi, i quali si schiusero stanchi e lucidi. Sbatté le palpebre un paio di volte per adattarsi alla luce mattutina.
Clara rimase piacevolmente stupita, mentre si sporgeva di più su di lui chiamandolo.
- Lord Mikk…- sussurrò.
Tyki si svegliò pian piano; si sentiva stordito, e vedeva e sentiva tutto come fosse ovattato. Aveva un caldo tremendo e inoltre era costretto dalle bende, che sulle ferite gli pizzicavano un po’. Tentò di fare qualche movimento ma si ritrovò tutti i muscoli indolenziti e deboli. L’unica cosa che in quel momento riusciva a non sembrargli strana e fastidiosa era la presenza di Clara. Tentò di sollevarsi per mettersi almeno a sedere.
- Clara, cosa… Argh!
Un dolore improvviso al fianco lo costrinse a ricadere sul divanetto. E in quel frangente notò che non si trovava affatto nella foresta, o dal Conte. Come minimo pensava che lo avesse ritrovato e portato via, ma… Ah! Lui aveva incontrato Allen Walker, che lo aveva aiutato. Che ragazzino ingenuo… Chissà, magari adesso si sentiva come una specie di Dio salvatore…
A quel pensiero dovette trattenere un sorrisetto divertito, mentre a strapparlo dai suoi caotici pensieri, arrivò Clara. Era ancora viva. Allora il Conte non l’aveva ancora uccisa…
- Lord Mikk, come vi sentite? – domandò premurosa la donna.
Una volta che fu diminuito il senso di confusione, il portoghese rispose, con voce debole:
- Molto meglio… Dove sono?
La giovane fece un sorriso rassicurante.
- Siete a casa mia. Ieri notte un ragazzo dai capelli bianchi vi ha portato qui in pessime condizioni, così ho fatto chiamare un medico.
- Ah, davvero? …  Il ragazzo aveva una cicatrice sull’occhio sinistro? – domandò Tyki mostrando il punto esatto su di sé.
Clara fece una faccia perplessa.
- Ehm, sì, ce l’aveva. Perché, lo conoscete?
Il Noah scosse la testa.
- No, mai visto in vita mia.
Aveva voluto chiedere una conferma. Ora era certo che fosse proprio il suo Shounen. E più ci pensava, più lo trovava divertente.
 
Clara invece di divertente non ci trovava nulla. Continuava a pensare che il portoghese non gliela raccontasse giusta, ma come al solito preferiva fidarsi di ciò che gli diceva; tuttavia, la sua sconfinata pazienza stava seriamente per toccare il fondo. Di sicuro non pensava che volesse prenderla in giro e darle della stupida, no. La sua ipotesi era che lui, e quell’altro ragazzo, facevano parte di una realtà che lei non poteva comprendere, o sapere.
In quel momento Tyki interruppe i suoi pensieri.
- Vorrei alzarmi… Mi può aiutare?
Clara sussultò, presa alla sprovvista.
- C-certamente! – disse col tono di voce più alto.
Gli fece passare un braccio sulle spalle e poi lo aiutò a sollevarsi con cautela. Quando però la coperta scivolò giù, Clara avvampò, coprendosi immediatamente gli occhi imbarazzata e spaventata al tempo stesso.
- L-Lord M-Mikk… - biascicò, con la voce tremolante e l’intero viso rosso come un pomodoro – S-siete… N-nudo…
Tyki reagì velocemente, coprendosi con la coperta e domandando, allarmato, seppur con un certo contegno:
- I miei vestiti…! Dove…
Non finì neanche di parlare che i suoi pantaloni  e le sue mutande gli caddero davanti come per magia. In realtà era stata Clara a porgerglieli, badando bene a non guardare.
Rapidamente li afferrò e appoggiò la schiena sulla spalliera del divano. Cominciò poi a vestirsi, anche se a fatica, mentre la giovane continuava a tenere gli occhi chiusi e coperti il più possibile.
Quando ebbe finito di indossare i pantaloni, tirò un sospiro di sollievo, levandosi finalmente la coperta senza alcun timore. A quel punto afferrò una manica del vestito di Clara e la strattonò leggermente, avvisandola così che poteva guardare.
La giovane si scoprì gli occhi, ancora rossa in volto. Per una signorina come lei era oltremodo sconveniente avere davanti agli occhi cose del genere.
Tyki era finalmente riuscito a sedersi, e ad appoggiare le piante dei piedi sul pavimento. Quella sensazione fredda gli scosse tutto il corpo, facendogli riacquistare un po’ di sensibilità.
Clara si sedette accanto a lui, guardandogli le bende con aria interrogativa. A giudicare dalla grandezza delle macchie di sangue che trasparivano come residui di colore su di una tela, presto sarebbe stato necessario cambiarle. Inoltre doveva preparare al portoghese qualcosa da mangiare.
I suoi domestici quel giorno erano a casa, essendo domenica ed essendo il loro giorno di riposo, come deciso dal padre defunto anni prima. Non poteva certo chiamarli.
Poco male! Avrebbe provveduto lei alla sua salute.
Si alzò, sistemandosi il vestito con cura. Poi si voltò verso Tyki e annunciò:
- Le preparo qualcosa da mangiare. Lei stia qui e se ha bisogno di qualsiasi cosa mi chiami, d’accordo?
Tyki fece un sorriso stirato.
- D’accordo. Grazie mille – fece. Poi però afferrò un braccio della giovane prima che questa se ne andasse, dicendole – E… mi chiami Tyki, per favore.
Clara arrossì. Non che non volesse farlo, al contrario. Il problema era che non era abituata a quel genere di approccio tra persone diverse e non imparentate. Se però si trattava di una richiesta del Noah, lei non poteva far altro che acconsentire.
- Va bene, Tyki – disse con un sorriso compiacente. Poi si allontanò.
Quando il portoghese fu rimasto solo, si abbandono completamente sul divanetto, portandosi una mano al fianco ferito. Gli faceva molto male, nonostante si fosse mostrato in salute pochi istanti prima. Non voleva far preoccupare Clara, semplicemente.
Si toccò la fronte, bollente, e scoprì da dove veniva quella sensazione di sonno e stordimento terribile: aveva la febbre. Non poteva stare peggio di così, pensò.
“Ci vorrebbe proprio una sigarett…!”.Si ricordò improvvisamente di controllare nel frac, e nelle tasche dei pantaloni. Per fortuna, c’era ancora una stecca nuova di zecca. Del perché non se ne fosse ricordato prima di quel momento, non lo sapeva proprio. Forse quella notte nella foresta aveva i pensieri altrove…
Trovò la sua scatola di fiammiferi dentro ad un’altra tasca, ne estrasse uno e lo usò per accendersi la sigaretta. Cominciò a fumare con gusto e soddisfazione, dopo molto tempo che non lo faceva. Almeno la nicotina avrebbe alleviato il dolore…
Mentre soffiava via l’ennesima boccata di fumo, un grande interrogativo gli si pose davanti: cosa avrebbe fatto in futuro? Non poteva certo stabilirsi a casa di Clara per sempre, né tornare dal Conte; di andare da Allen Walker e dagli altri Esorcisti non se ne parlava proprio. Forse gli sarebbe toccato tornare a vivere come faceva quando era assieme ai suoi vecchi amici, come semplice barbone. Non gli dispiaceva per nulla, anzi. Era uno stile di vita che lo allettava parecchio.
Tuttavia la minaccia del Conte e degli altri Noah, che si sicuro lo stavano cercando, era sempre presente. Era vero che ovunque fosse fuggito, quelli lo avrebbero scovato, prima o poi, e gliela avrebbero fatta pagare cara. Sicuramente Road e Cheryl avrebbero cercato di sostenerlo, senza farsi scoprire troppo, ma… finché fosse rimasto un Noah sapeva di essere nel centro del mirino. Di sicuro il Lord del Millennio si sarebbe servito di qualcuno molto caro a Clara per avvicinarlo…
 
Tutti quei ragionamenti lo stavano sfiancando. Non si era mai sentito tanto debole in vita sua, aveva proprio voglia di riposarsi… Cominciò a chiudere piano gli occhi con la sigaretta ancora accesa tra le labbra, la sensazione di sonno che cresceva sempre più…
- Tyki? – si sentì chiamare improvvisamente alle spalle. Si girò. Era Clara.
Reggeva un vassoio su cui faceva la sua bella figura tutta una serie di pietanze all’apparenza davvero ottime.
- Ehm… - cominciò a pronunciare la giovane, lievemente in imbarazzo per come si presentava al Noah in quel momento – Vi ho preparato degli spaghetti.
Non era abituata a fare la cameriera, ma sapeva cucinare. E anche se trovava difficile ammetterlo a causa della sua modestia, era piuttosto brava.
Tyki drizzò la schiena. Quando però si rese conto di avere ancora la sigaretta accesa, se la levò dalla bocca e fece per spegnerla. Strano, non era da lui pensare di stare compiendo un atto scortese nei confronti di qualcun altro. Clara però lo fermò.
- Stia tranquillo, non mi disturba il fumo.
Lo disse con un sorriso tanto radioso che Tyki, annuendo lievemente, si ricacciò la stecca tra i denti, quasi come ipnotizzato.
La giovane gli si sedette accanto e poggiò il vassoio in mezzo a loro. C’erano due piatti, due bicchieri e due paia di posate.
- Posso farle compagnia? Sa, non ho mangiato nulla nemmeno io… - si giustificò prendendo con grazia la forchetta tra le mani.
- Certamente – rispose Tyki. Figurarsi se non avesse voluto che stesse con lui!
Clara cominciò a mangiare, ma quando si accorse che il Noah non toccava il proprio piatto, smise per rivolgergli un’occhiata comprensiva ma allo stesso tempo severa.
- C’è qualcosa che non va? – domandò, pulendosi delicatamente le labbra col tovagliolo.
Tyki fece passare la sigaretta tra le dita della mano e soffiò fuori una boccata di fumo, stanco.
- Non ho molta fame – spiegò in un mormorio – Avrei bisogno di dormire…
La recita dell’uomo forte stava lentamente crollando. Non riusciva più a contenere il dolore.
La giovane lo capì, e così si alzò dal divanetto, fermandoglisi davanti con la mano tesa verso di lui.
- La porto nella stanza degli ospiti allora. Non posso certo lasciarla nel salotto, giusto?
- Giusto… - rispose Tyki con un sorriso debole, mentre metteva la propria mano nella sua.
Dopodiché passò il braccio sulle spalle della nobile; si fece poi aiutare per sollevarsi. Ogni sforzo sembrava essersi quadruplicato, non riusciva nemmeno a stare in piedi perché le gambe non erano capaci di sorreggerlo a dovere. Per fortuna c’era Clara a sostenerlo, e a condurlo piano piano verso le scale. Appena le vide il Noah pensò che sarebbe stato un inferno doverle salire, e così fu. Ogni scalino gli procurava una piccola fitta al fianco, che a lungo andare diventava piuttosto dolorosa; senza contare che i muscoli sembravano come intorpiditi e non funzionavano come dovevano.
La giovane riusciva però a trasportarlo con una forza che mai si sarebbe aspettato da lei, senza mai smettere di rivolgergli uno dei suoi bellissimi sorrisi rassicuranti.
Riuscirono infine a salire al primo piano, percorrendo poi un lungo corridoio fino a raggiungere una porta dalla maniglia decorata.
Clara la girò ed entrò in una stanza spaziosa, dalle tende blu oltremare e gli arredi di lusso fabbricati con un legno molto chiaro. Persino il letto a baldacchino possedeva delle cortine dai colori del mare, eleganti e sinuose ma allo stesso tempo rilassanti.
Si poteva dire che ogni stanza in quella villa possedesse un determinato colore, e che come tale ne esprimesse il significato. Il quel caso, il blu indicava la pace, la tranquillità mentale e la rilassatezza. Perfetto per Tyki, che non voleva nient’altro che riposare.
Clara lo adagiò con cura sul letto morbido. Il Noah venne vinto dal dolore e si portò la mano al fianco, mentre deglutiva a vuoto e respirava affannosamente.
- Prima che si addormenti, le devo cambiare le bende – lo informò la giovane, mentre estraeva da un cassetto del comò dalla parte opposta al letto dei rotoli bianchi e un panno. Riempì poi un catino con dell’acqua tiepida e si sedette accanto a Tyki, che la guardava leggermente preoccupato.
Cominciò così a srotolare le bende che avvolgevano il corpo del portoghese, facendo attenzione a non tirare troppo e a non sporcare col sangue il letto ordinato. Le accatastò tutte in una cesta, per poi prendere il panno e inumidirlo nell’acqua tiepida. A quel punto tamponò con delicatezza le ferite, che senza più tutto quel sangue a coprirle si vedevano benissimo; di esse rimaneva solo un taglio rossastro, attraversato da un filo sottile che lo teneva chiuso in modo tale da farle cicatrizzare meglio.
Per Tyki era una specie di tortura, perché gli dolevano ancora molto e sentiva un dolore netto tutte le volte che la giovane posava – seppure con cautela – le dita e il panno sulla parte arrossata.
Clara domandava scusa tutte le volte che vedeva il volto del Noah contrarsi in una smorfia di dolore, e provava perciò a essere più delicata possibile. Tuttavia, anche lei aveva dei limiti, e così cercò di finire più in fretta che poté per non arrecargli ulteriori danni.
Quando ebbe finito di pulire le ferite, afferrò il rotolo bianco e lo svolse pian piano, mentre lo usava per avvolgere nuovamente il corpo di Tyki, ora più rilassato, ma comunque sfiancato.
- Mi perdoni se le ho fatto male – si scusò la giovane.
- Non fa niente… - rispose invece il Noah del Piacere, mentre si sollevava leggermente per far passare le bende dietro la schiena.
- Non ho mai visto simili ferite… - pronunciò Clara, vaga – Cosa le è successo?
Tyki serrò i denti, preso alla sprovvista. Non poteva dirle di aver fatto un altro incidente, ma nemmeno che era stato quasi ucciso dal Conte del Millennio per aver impedito la sua eliminazione. In quelle condizioni trovare una buona scusa era assai complicato, eppure… Fece lo stesso un tentativo con la prima cosa che la sua mente riuscì a partorire.
- Sono stato aggredito nella foresta, non so da chi – spiegò cercando di risultare credibile.
Clara si così la bocca con la mano, spaventata.
- E cosa ci facevate da solo, nel cuore della notte, nella foresta? – tornò però a domandare. Voleva essere assolutamente sicura.
Tyki si scervellò all’inverosimile.
- Stavo passeggiando, a volte lo faccio quando ho molti pensieri nella testa – rispose infine.
Clara smise di bendarlo; il volto contrariato non lasciava presagire nulla di buono.
- Vi ho chiesto cosa vi fosse successo – disse, stringendo lievemente il rotolo di garza che ora si era ridotto notevolmente – Non di raccontarmi una favola.
Ne aveva abbastanza. Aveva sopportato troppa ansia, troppa paura, troppe emozioni tutte insieme per poter ancora annuire e continuare a credere a ciò che gli raccontavano come se nulla fosse; sempre a chiedersi se ciò che sentisse fosse davvero la verità, ma senza mai obbiettare, acconsentendo silenziosamente. Ora era stanca di farsi riempire la testa di bugie su bugie. Qualsiasi verità stesse proteggendo in quel momento Tyki, non poteva e non voleva assolutamente che gliela sostituisse con altre menzogne. Voleva che per una volta le dedicasse parole sincere, che potesse mettere alla luce quel fondo di sincerità che aveva visto nei suoi occhi il primo giorno che si erano incontrati.
Tyki, tuttavia, continuò a negare.
- Non è una favola. E’ la verità.
- Come può sapere che cos’è la verità, se fino ad ora non l’ha mai raccontata? – ribadì Clara, strappando le bende per separarle dal rotolo. Dopodiché raccolse il tutto e si alzò, andando a sistemarlo nel comò, dando le spalle al letto.
 
Il Noah era in trappola. Non era ingenua fino a quel punto, doveva aspettarselo. Ma che poteva fare, raccontarle tutto?! Assolutamente no.
Forse, se le avesse spiegato che non poteva rivelargli nulla, avrebbe capito…
- Ci sono cose – cominciò, con tono estremamente serio – che non deve sapere.
La giovane si voltò. Di quali cose stava parlando? Allora c’era davvero una faccenda più complicata, sotto.
- A volte – continuò Tyki – è meglio che la verità non venga conosciuta. Mi creda, se le dico che la sua vita verrebbe messa a rischio nel caso in cui dovesse scoprirla.
- Ma allora… - cercò di mormorare Clara, leggermente inquietata.
- E’ questa è la pura verità – concluse l’altro, freddo, mentre le mostrava uno sguardo duro, che non ammetteva repliche.
Era l’unico modo. Doveva farle capire che non poteva mettersi in pericolo, altrimenti questa volta non sarebbe dipeso da lui ucciderla. Anzi, lui non avrebbe nemmeno potuto impedirlo. Ci teneva a lei, e non voleva assolutamente che le accadesse niente.
Clara era stata come trafitta da quello sguardo gelido, che per un attimo dimenticò ogni cosa, persino respirare. Quegli occhi… così imperturbabili, autoritari. Avrebbe detto che nascondessero anche una strana luce maligna, che a tutto poteva farle pensare tranne che ad un essere umano.
Se ne andò così dalla stanza, in silenzio, la testa bassa e il passo lento e trascinato. Forse sbagliava a pretendere sempre la verità da tutti; forse non era possibile ottenerla ogni volta; forse… non era in diritto di saperla.
Sin da piccola, le avevano insegnato a non dire bugie, a predicare l’onestà e a combattere le lacrime col sorriso. E così lei era cresciuta con la convinzione che in ognuno ci fosse del buono, anche quando superficialmente non ve ne si trovava traccia. Probabilmente il suo problema era che, nelle persone, lei vedeva solo il buono.
Mai avrebbe potuto immaginare quale fosse la realtà che Tyki le stava nascondendo; che ci fosse una guerra tra Esorcisti e Noah, che il mondo fosse costantemente appeso a una fune, in procinto di spezzarsi. Aveva sempre vissuto la sua vita in modo allegro e innocente, senza mai farsi questo genere di problemi.
E ora, il sospetto che potesse esserci anche un lato in ombra, del mondo che lei conosceva, andava a sradicare le fondamenta stesse dei suoi insegnamenti; gli insegnamenti di suo padre…
Si lasciò scivolare lentamente lungo la parete del corridoio, accanto alla porta della stanza di Tyki.
Cosa avrebbe dato per avere un consiglio, in quel momento…
 

Dopo quel giorno, le cose procedettero molto lentamente.
Tyki non lasciava mai la stanza in cui riposava, e Clara si prendeva cura di lui, senza fare più nessuna domanda in merito a quella fatidica notte.
Ma a lei andava bene così; aveva imparato a tenere a freno la curiosità e a godersi solo i bei momenti che passava col Noah, senza chiederne più il perché.
Presto Tyki fu in grado di camminare. Questo avvenne dopo due settimane circa. Clara era sorpresa dalla velocità con la quale si stava rimettendo in sesto, e non poteva che esserne lieta.
Un pomeriggio, le chiese se poteva tagliargli i capelli. Lei non aveva mai fatto nulla di simile, anzi; temeva di combinare un pasticcio. Tuttavia, Tyki non demorse, e tentò ancora di convincerla.
Alla fine la giovane accettò, ed eliminò la fastidiosa coda del Noah. E quando questo la ringraziò per il favore fattogli, arrossì come non mai.
Stavano bene insieme. Davano tutta l’impressone di essere una giovane coppia di innamorati, sebbene tra loro non ci fosse proprio nulla. Nonostante lo amasse come nessun’altro, Clara non aveva il coraggio per rivelargli i suoi sentimenti. E non vedeva da parte di Tyki alcuna iniziativa. Col trascorrere del tempo cominciò perciò a pensare che forse lui la considerasse solo una buona amica, e non qualcosa di più. Era sempre molto gentile con lei, ma non sembrava che covasse altri sentimenti all’infuori dell’amicizia.
Questo la rattristava molto. Tuttavia, non smetteva mai di sorridergli e di prendersi cura di lui. Era fatta così.
Tyki si era ormai abituato alla giovane. Già da un po’ di tempo si era reso conto che le attenzioni che gli rivolgeva significavano ben più di quel che volesse far intendere. Anche lui provava qualcosa, ma non si trattava di vero e proprio amore.
Era, più che altro, una forma di affetto nei suoi confronti; come se Clara fosse una sorella, o qualcuno che doveva proteggere.
Non voleva che la giovane si prodigasse troppo per lui, perché sapeva che quella situazione non sarebbe potuta durare a lungo. Millennio si sarebbe mosso, e l’avrebbe sicuramente cercato ovunque. Anche lì. Per questo non voleva creare un legame troppo stretto con lei. Non voleva metterla inutilmente in pericolo; non voleva coinvolgerla in una guerra con la quale lei non c’entrava nulla.
Ovviamente, capiva che la sua presenza si sarebbe rivelata, a lungo andare, un grosso pericolo. Ben presto se ne sarebbe dovuto andare…
Non voleva perdere assolutamente le persone che gli stavano a cuore di nuovo. Era fatto così.
 
Una mattina, Clara sentì qualcuno bussare all’immenso portone principale della villa.
Non avevamo mai ricevuto visite fino a quel momento, il che pareva piuttosto strano. E quando andò ad aprire assieme al maggiordomo, rimase ancora più stranita.
- buongiorno, signorina. Disturbo? – pronunciò Allen Walker con un sorriso felice.
L’anziano servitore s’accigliò.
- Signorina, lo faccio entrare? – domandò con un tono cordiale alla padrona di casa.
- Certo George, fallo accomodare nel salottino. E portaci del thè, per favore – rispose Clara, ricambiando il sorriso dell’ospite con uno altrettanto gioioso.
- Come desidera – annuì il maggiordomo con un piccolo inchino, facendo cenno all’Esorcista di seguirlo all’interno.
Allen non se lo fece ripetere due volte e li lasciò condurre nella sala in cui era già stato settimane prima. Era interessante vedere come la giovane avesse mischiato il bianco e il blu. Grazie alle spaziose finestre la stanza sembrava risplendere di luce pura, fresca e piacevole.
Prese posto su di un divanetto – lo stesso della sua precedente visita – davanti al quale era stato aggiunto un tavolino di legno bianco basso, che gli arrivava alle ginocchia da seduto.
Il servitore apparve poco dopo con in mano un vassoio su cui facevano la loro bella figura un servizio da thè assai raffinato e un piattino pieno di deliziosi pasticcini. Posò tutto sul tavolino e attese che arrivasse Clara; dopodiché, a un cenno di quest’ultima, sparì.
- Chiedo perdono per essere venuto a disturbarvi a quest’ora – si scusò l’albino con un sorriso dispiaciuto – In realtà ero venuto per sapere se il vostro amico sta meglio.
La giovane lo guardò. Questa volta vestiva abiti del tutto normali: un gilet color nocciola e una camicia bianca, accompagnata da un paio di pantaloni scuri e un elegante fiocco rosso attorno al collo. Il dubbio che quel ragazzo non facesse parte affatto di Scotland Yard era sempre presente, ma aveva deciso di mettere al guinzaglio per un po’ i suoi sospetti. In fondo, finché si dimostrava una persona buona e gentile non c’era bisogno di averne.
- Non si preoccupi. Lei lo ha portato qui, è comprensibile che voglia sapere come sta – spiegò Clara, con tono delicato e pieno di gratitudine – Comunque, ora sta molto meglio. Grazie ancora per averlo aiutato.
- Ma si figuri! – esclamò Allen mettendosi una mano dietro la testa, imbarazzato. Quella donna non sapeva far altro che ringraziare!
Poco prima che la giovane tornasse a parlargli, notò però un’ombra fuori dalla finestra. Come voltò l’occhio nella sua direzione, questa sparì dissolvendosi dietro a un cespuglio.
- C’è qualcosa che non va? – domandò Clara, notando l’improvviso cambio di espressione dell’albino.
- Oh, no, niente – rispose allora lui abbozzando un mezzo sorriso.
Cos’era quell’ombra? Non poteva trattarsi di un Akuma, altrimenti il suo occhio avrebbe reagito in qualche modo… chissà…
- Ah! E’ vero! – esclamò improvvisamente la giovane, alzandosi con uno scatto dalla poltroncina sulla quale si era seduta – Mi sono ricordata di qualcosa che vorrei mostrarvi. Potete aspettarmi qui, per favore?
- Ehm… sì, certo.
Allen rimase così da solo nella stanza, a battere nervosamente le dita sulle ginocchia con le braccia rigide e lo sguardo fisso sulla teiera decorata. Non era abituato a tutto quello sfarzo. Da che ne aveva memoria non si era mai ritrovato immerso in così tanto lusso. Nemmeno l’ordine era tanto elegante, anzi. Non lo era per niente.
Per fortuna era riuscito a sfuggirvi un po’. Dopo che Link si era miracolosamente appisolato sulla scrivania dopo notti insonni passate a compilare scartoffie, lui aveva colto l’occasione al volo ed era scappato immediatamente. Aveva incontrato lavi e Linalee, mentre usciva, ma non gli avevano fatto troppe domande.
Era venuto lì per lo stesso motivo che aveva detto a Clara poco prima: gli interessava sapere se Tyki stava bene. Ormai non lo riteneva più un nemico pericoloso. Sapeva che non avrebbe più avuto alcun interesse a ucciderlo, tuttavia non riusciva ancora a considerarlo completamente neutrale. Lo preoccupava tutt’ora, e non pensava che quel senso di inquietudine che aveva in sua presenza sarebbe mai sparito. Era come se, con la sua sola presenza, il Noah riuscisse a metterlo in scacco.
Proprio in quell’istante, sentì la maniglia della porta girare, e poi aprirsi piano.
Allen si girò, tranquillo. Quando vide di chi si trattava, però, gelò sul posto, così come l’altro.
Rimasero così, a fissarsi per interminabili attimi, il tempo che pareva essersi fermato. Allen riuscì a smuovere la bocca, e a mormorare, stupito più che mai:
- Tyki…
Il Noah chiuse di colpo la porta. L’esorcista, ancora sorpreso, si precipitò fuori dalla stanza.
-Tyki! – gridò; ma non vide nessuno nel corridoio illuminato.
Accortosi di essere in posizione di attacco – com’era sua abitudine – si rilassò. Poteva essere stata… un’allucinazione? No, impossibile. Era sicuro di averlo visto davvero.
Ma dov’era andato?
Nello stesso istante in cui quel pensiero gli attraversò la mente, si ritrovò costretto attorno al collo da un braccio, e le mani immobilizzate a forza dietro la schiena. Non riusciva a respirare, e nemmeno a voltarsi! Che stava succedendo?! Cominciò a dimenarsi con tutte le sue forze, nonostante non riuscisse a liberarsi.
- Io non mi muoverei, Shounen. Perché…
Allen riconobbe subito quella voce, così suadente e fredda al tempo stesso.
“Tyki…?” Pensò. Poi avvertì una strana sensazione di calore all’interno del corpo, cui ne seguì un’altra di déjà vù.
- … potrei ucciderti all’istante – concluse il Noah, e immediatamente l’albino capì. Aveva infilato la mano nella sua schiena e ora minacciava di ucciderlo strappandogli il cuore.
- A- aspetta… ! – mugugnò l’Esorcista boccheggiando, sul punto di soffocare – Non sono qui per combatterti!
Tyki allentò leggermente la presa sul collo.
- E allora cosa sei venuto a fare? – domandò con la voce tagliente più di mille lame affilate.
- N… on… res… piro… - mormorò Allen ormai allo stremo.
- Rispondi – disse invece il Noah, senza preoccuparsi troppo della salute dell’altro.
 Le sue orecchie intercettarono però un rumore di passi che si faceva sempre più vicino.
Immediatamente lasciò la presa e fece cadere sul pavimento l’Esorcista, il quale si portò le mani al collo recuperando il fiato, rosso il viso.
Nel momento in cui si rialzava, la voce di Clara gli giunse preoccupata alle spalle.
- Allen! Che vi è successo? Siete bordeaux – gli fece notare la giovane. Poi vide Tyki accanto a lui.
- Ecco dove eravate finito, vi ho cercato dappertutto! – esclamò guardandolo con aria seriosa e aprendo la porta per entrare.
Allen recuperò il suo colorito normale e fissò i suoi occhi argentei sul Noah. Questo fece lo stesso con i suoi, neri più del buio stesso. Il loro incontro non era cominciato per niente bene.
Clara entrò dentro la stanza, seguita dai due ex nemici che non facevano altro che lanciarsi occhiate di fuoco. Si sedettero uno opposto all’altro, continuando a guardarsi come se da un momento all’altro dovessero combattere.
- Scusate il ritardo, Allen. Ma non riuscivo a trovarla, così ho chiesto a George di aiutarmi a cercarla – si giustificò la giovane posando al centro del tavolino bianco una scatola di forma rettangolare, piccola e graziosa. La sua superficie era incisa in oro e sul coperchio vi erano scritte delle iniziali in bella grafia: M e C.
Il materiale con cui era fabbricata era un legno dalle sfumature rossicce, lucido e bello.
- Era dei miei genitori. Prima che mi venisse affidata questa villa, vivevamo qui tutti insieme. Questo è uno dei pochi ricordi che ho di quei tempi.
Il tono con cui raccontò del proprio passato era pieno di malinconia. Le mancavano davvero i momenti passati assieme ai genitori.
Allen la guardava con un po’ di dispiacere. Tyki invece con apparente interesse.
Clara aprì la scatola. E subito dopo una dolce melodia soave invase la stanza. Aveva un vago suono metallico, e sembrava rappresentare la sua nostalgia, con le sue note lente, quasi sussurrate. Era proprio un bel motivo.
- E’ un carillon – constatò l’Esorcista tenendo le orecchie per poter ascoltare meglio.
La giovane annuì, le guance velate di rosa pallido. Era straordinario come una singola nota potesse riportarle alla mente in pochi secondi suoni, odori, colori, sensazioni del passato, come se li stesse vivendo per una seconda volta in quel momento.
Piano piano, la dolce melodia si dissolse, per poi sparire completamente. E fu tutto piuttosto strano, perché era come se avesse lasciato un vuoto. Come se, senza quelle soavi note, non fosse più la stessa cosa.
Clara aprì uno scomparto all’interno dello strumento, e ne estrasse una statuina, che raffigurava una ballerina col tutù mentre stava sulla punta di un piede, aggraziata.
Dopodiché, la porse a Allen.
- Questa ballerina doveva stare qui, vedete? – disse, indicando un buco dentro al quale provò a infilarci la statuina. Fece però notare all’Esorcista che a questa mancava però il piede  – Quel pezzo lo ha perso un po’ di anni fa, e da allora non ha mai più potuto girare… Il che era un vero peccato, perché a vederla danzare sulle note di questa melodia era davvero bella. Ora vorrei che la prendeste voi, come mio ringraziamento.
A quel punto l’albino si animò.
- No, aspetti! Non posso accettarla, davvero! Per voi è troppo importante, e…
- Ed è proprio per questo che gradirei voi l’accettaste. Il grande valore affettivo legato a quest’oggetto rappresenta tutta la mia riconoscenza per aver aiutato Tyki. Su, prego, prendetelo.
Alla fine Allen si vide mettere tra le mani la ballerina. La guardò meglio. Nonostante fosse passato tanto tempo, rimaneva sempre pulita e lucida, come se fosse nuova. Clara ci teneva davvero molto. Gli dispiaceva doverla prendere, perché per lui voleva dire separare una persona da un qualcosa con cui aveva un forte legame.
Tyki guardò i due parlare per tutto il tempo. A vederla, Clara gli sembrava proprio un angelo. Un guardiano celeste dalle ali piumate e splendenti.
Lui invece, era un demone la cui anima era macchiata dal peccato. Si chiese ancora come poteva uno come lui stare assieme a lei.
Inoltre, si ricredette sul suo Shounen: non era venuto lì per combatterlo, dunque non c’era affatto nulla di cui preoccuparsi.
 
La giornata volse alla fine. Allen doveva scappare all’Ordine, altrimenti chi l’avrebbe sentito Link? Quando fu sul punto per andarsene, udì la voce del Noah pronunciare:
- Lo accompagno un attimo.
Lo vide scendere gli scalini della villa e raggiungerlo, le mani in tasca e lo sguardo freddo gettato sul suo.
- Andiamo – lo incoraggiò in malo modo, ficcandosi una sigaretta appena accesa tra le labbra.
Allen non annuì, né rispose. Semplicemente, fece come gli era stato intimato.
I due cominciarono così a camminare lungo le collinette, avvolti dal silenzio di quella giornata che stava ormai terminando nei colori caldi del sole morente.
- Perché mi hai salvato, Shounen? – domandò all’improvviso Tyki – Se ti aspetti forse dei ringraziamenti, hai scelto la persona sbagliata.
Allen lo guardò storto.
- Non è per quello – rispose, volgendo la testa verso il basso con aria seriosa – So che ormai non sei più mio nemico. Non ha senso prendersela con chi non c’entra nulla.
Tyki fece un sorriso divertito.
- Ma io ho ucciso degli esorcisti, e un generale. Di tutti i Noah io sono sicuramente quello che più c’entra con questa guerra.
L’albino strinse i pugni, vedendosi contraddetto e in maggior ragione.
- Lo so – disse a denti stretti. Ricordava l’assassinio del Generale Yegar, e ancora non riusciva a perdonarlo – Ma il fatto è che ora non sei più un nemico, tutto q-
Non finì di parlare che si ritrovò Tyki a pochi centimetri dal naso. La sua espressione beffarda lo lasciò piuttosto irritato.
- Siete così divertenti, voi Esorcisti – disse soffiando in faccia all’albino il fumo della sigaretta con aria di superiorità – Dato che siete i paladini del bene vi mettete in testa di dover proteggere i deboli, gli innocenti… E il vostro cuore è così grande che non potreste mai lasciar morire qualcuno, anche se dovesse trattarsi di un pentito.
Era ironico, e quando pronunciava parole come ‘cuore’ o ‘bene’ si riusciva ad avvertire il disprezzo messo in quelle sillabe. Ad Allen non piacque per niente quel comportamento.
- Ma, Shounen – tornò a parlare il Noah – questa è una guerra. Qui non ci sono ripensamenti; non ci sono emozioni come la pietà o l’amore. Le tue…
Soffiò fuori il fumo dalla bocca, piegata in una piccola smorfia di disgusto.
- … Sono solo le smanie di un ragazzetto che si rifiuta di accettare la verità.


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♣ Angolo di Momoko 

Tadaaaan! Ecco Momoko che appare dal nulla.
Credevate che fossi già partita, ehh??? B)
Tyki: No, ma lo speravamo ''>.>
*Mena con badile*
Allora... Ehm.... cosa dire...
Acora non sono partita, penso che succederà lunedì o martedì (mia madre si è finalmente accorta che prima di andarcene serve preparare le valigie -_-'')
Per cui starò a vagabondare su EFP ancora per un po'.
Tyki: *pieno di sangue e lividi* Barbona ù_ù
*Mena con una bottiglia di birra frantumata* Senti chi parla! è_é
Tyki: *ancora miracolosamete vivo noostate i pezzi di vetro conficcati nella schiena* Su, sbrigati con 'ste note dell'autore del cavolo!
Tyki.... Lo vuoi un bel bacio?
Tyki: Da Clara-san? *.*
No, da me, tesoruccio!
Tyki: çAç *fugge urlado in preda al panico*.

Oookkk.... parte seria delle note di autore^^ 
Sono finalmente cominciate le olimpiadi. Sono curiosa di sapere quante medaglie vincerà l'Italia^^ Io guardo soprattutto scherma e tennis (la mia grande passione *W*), e voi?
Vorrei darvi una notizia riguardo alla storia. Ho già deciso che la finirò col decimo capitolo. Ma non temete! Arriverà il momento di Clara e Tyki! In questo capitolo rendo meglio noti i loro pensieri l'uno riguardo l'altra. Spero di non aver scritto una cavolata ò-ò Non mi intendo molto di amore, per questo trovo difficile (e anche imbarazzante lol xDD) scrivere parti romantiche. Preferisco di gran lunga le parti splatterose e piene di sangue @_@ 
Rigrazio come sempre tutti quelli che leggono la storia^^ Aspetto sempre con impazienza i vostri commenti :)

Va la', vi lascio ai vostri impegni^^ 
A prestooo,

Momoko.

   
 
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