Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Unsub    01/08/2012    12 recensioni
Procedo con passo marziale verso l’altare, dove lo sposo mi attende. I miei occhi si spostano con studiata indifferenza sui presenti. Per lo più nobili curiosi di vedere l’ambiguo Comandante Oscar Françoise de Jarjeyes che si sposa.
E se il Generale non fosse così sprovveduto da non calcolare che la dinastia dei de Jarjayes sarebbe finita con Oscar? E se qualcuno gli suggerisse un piano alternativo? Cosa sarebbe successo se...?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
79 Oscar era entrata nel salotto, tenendo la porta aperta per fare accomodare Gerardine, dopo di ché l’aveva chiusa con tutte le mandate e si era infilata la chiave in una tasca della giacca. I suoi occhi non si staccavano dalla zia, il suo sguardo era furente e sembrava quasi trasfigurata dall’ira. La marchesa si fermò vicino alla poltrona e fronteggiò quegli occhi, accesi da quel sentimento che rischiava di distruggere tutto quello che era stato costruito in quegli anni.
-    Cosa c’è, ora? – domandò impaziente Gerardine, con aria indifferente – Sembra che tu sia impazzita.
-    Questa volta mi racconterete tutto, non provate a prendere tempo e a rabbonirmi con la promessa che in futuro mi darete una spiegazione. Non uscirete di qui, finché non mi sentirò soddisfatta – fece un passo avanti con fare minaccioso – Perché volevate uccidere mio padre?
-    Di cosa stai parlando? – la marchesa sbatté le palpebre, interdetta da quell’accusa che non aveva senso per lei.
-    Ero ancora una bambina, ma ricordo mio padre seduto alla sua scrivania e voi alle sue spalle – si avvicinò di un altro passo – Brandivate un pugnale e sembravate intenzionata ad affondarlo nella schiena di vostro fratello.
Gerardine si portò una mano alla gola e si lasciò cadere sulla poltrona, se questa non fosse stata alle sue spalle sarebbe finita in terra. Annaspava alla ricerca d’aria, mentre, con gli occhi sbarrati, fissava sua nipote che aveva portato una mano alla spada.
-    Oscar, tu non eri lì – disse shoccata – Eravamo solo noi, tu non dovresti ricordare questi fatti, eri solo una bambina.
-    Evidentemente vi ingannate. Ero nascosta dietro la porta socchiusa.
-    Mio dio – portò l’altra mano alla tempia, tremava visibilmente – Io… tu… ci sono cosa che non sai, cose che risalgono a tanti anni fa. E’ tutto finito, ora: dimentica.
-    Non osate dirmi cosa devo fare! Esigo delle risposte e le esigo ora – il colonnello de Jarjayes si trattenne dall’avventarsi sulla donna.
-    Tuo marito vuole fare una follia, dobbiamo ritrovare quei fucili, dobbiamo decidere cosa fare con Bernard e tu voi perdere tempo rivangando cose del passato? – lo shock aveva lasciato il posto alla stupore.
-    Non divagate – le si piazzò davanti e Gerardine fu costretta a piegare il collo per guardarla in viso – Nessuna delle due uscirà di qui finché non vi deciderete a parlare.
-    E’ una lunga storia e forse non abbiamo abbastanza tempo – scosse la testa, arrendendosi alla testardaggine della nipote – Siediti e ascoltami, senza interrompere.

Palazzo Jarjayes, 1762
Era passato poco più di un mese dalla morte di Annette, due settimane da quando Gerardine aveva portato Andrè a vivere in quella casa e aveva ricattato Auguste per costringerlo a firmare quella pergamena. Si era presentata a palazzo senza preavviso e, sicuramente, non attesa: aveva bisogno di vedere il suo figlioccio e sua nipote, di sapere che il suo piano procedeva senza intoppi. Temeva che il conte si volesse sbarazzare dell’ingombrante ragazzino nello stesso modo in cui aveva risolto il problema del suo ex attendente, una risoluzione definitiva.
Era stata presa da mille dubbi: aveva fatto la cosa giusta? Andrè Grandier era al sicuro o l’aveva dato in pasto ai lupi? C’era, inoltre, sua nipote: una bambina di appena sette anni a cui era stato imposto di vivere come un maschio. Suo fratello l’aveva fatto nella convinzione di stare prendendo tempo, lei l’aveva convinto nella speranza di salvarla dal destino infausto di un matrimonio di interesse.
Quando, anni prima, aveva parlato a suo fratello di quel piano assurdo per dare un erede maschio al casato, non sapeva ancora come si sarebbero sviluppate le cose. Il suo unico pensiero era stato quello di fare per l’ultimogenita di Auguste, quello che nessuno aveva fatto per lei e quello che lei non aveva potuto dare a sua figlia e alle sue altre nipote: tempo per crescere e formarsi una personalità; istruzione di stampo maschile, perché la sua mente fosse più aperta e concepisse un mondo diverso da quello dei salotti dove erano relegate le dame della nobiltà; la possibilità di avere una propria opinione. Sapeva di star giocando con il futuro di quella creatura, ma le era intollerabile vedere ancora una volta la vita di una giovane donna sacrificata al bene della famiglia.
Poi Annette era morta e lei si era ritrovata con quel bambino che doveva proteggere in qualche modo. Non poteva portarlo a palazzo de Brennon, suo marito l’avrebbe buttato in strada in meno di un minuto; portarlo con se a Versailles era fuori discussione, non avrebbe potuto giustificare la presenza di quel bambino se non come servo. Voleva qualcosa di meglio per il piccolo Andrè, sentiva di essere in debito con i genitori defunti dal suo figlioccio e quindi avrebbe fatto di tutto per dargli una vita migliore. Rimaneva solo Marron a cui affidarlo, ma sarebbe stato cresciuto come un servo e non gli sarebbero state date possibilità: non voleva che fosse relegato a servire per tutta la vita in una famiglia dove sarebbe stato parte del mobilio.
Gli era tornata in mente la chiacchierata che aveva fatto con Auguste, il giorno della nascita di Oscar. Aveva suggerito che avrebbero potuto farla sposare e che il marito sarebbe stato adottato, in modo da conservare il nome: all’epoca non aveva indicato un candidato papabile, proprio perché non era quello il suo scopo. Era ancora in possesso di quelle lettere compromettenti, poteva ricattare il conte e costringerlo a seguire le sue direttive: aveva trovato la soluzione a tutti i suoi problemi.
Quella mattina si era svegliata nei suoi appartamenti con una strana inquietudine addosso, non riusciva a non pensare a quei due ragazzini, a quelle vite innocenti che lei stava usando come pedine su una scacchiera. Si sentiva in colpa, certo, ma sapeva che non c’era altra soluzione. Poteva procrastinare il matrimonio: se avesse notato un’attitudine particolare in Andrè, avrebbe potuto finanziare un’attività del ragazzo e sciogliere la promessa di matrimonio. Non era tenuta a dare spiegazione a suo fratello, che avrebbe sicuramente tirato un sospiro di sollievo a quell’eventualità. Per quanto riguardava Oscar, sarebbe stata libera di vivere la sua vita come meglio credeva e lei stessa si sarebbe assicurata che la ragazza sposasse un uomo di suo gradimento, se fosse stata quella la sua inclinazione naturale.
Nonostante tutte le rassicurazioni che si era data, l’inquietudine non l’abbandonava e aveva deciso di andare a vedere come stavano i due bambini. Sperava che avessero legato, che fossero diventati amici e che tutto si sarebbe risolto in un nulla di fatto.
La prima cosa che aveva visto, una volta giunta a destinazione, era Andrè seduto sui gradini davanti al palazzo, con un aria mesta e afflitta: aveva carezzato la testolina riccioluta e gli aveva regalato un sorriso colmo di tenerezza.
-    Sei ancora triste per la tua mamma, vero, piccolino? – si era chinata per trovarsi alla sua altezza.
-    No, madame – era stata la risposta del bambino, che cercava di trattenere le lacrime – Non posso più giocare con Oscar.
-    Perché mai? – chiese allarmata.
-    La nonna mi ha solo detto che, da ieri in poi, non devo più considerarlo un mio amico e che la differenza sociale è troppo grande – una lacrima ribelle sfuggì alle lunghe ciglia nere – Il conte aveva detto che era quello il mio compito, ora cosa farò? Mi cacceranno via?
-    Mai! Io lo impedirò – gli carezzò una spalla e poi riguadagnò la posizione eretta – Vai da tua nonna, ora, mi occuperò io di tutta la faccenda.
Aspettò che il bambino svoltasse l’angolo, per entrare dalla porta secondaria che dava nelle cucine. Sentiva la rabbia montarle dentro e bussò imperiosamente al grande portone d’ingresso: suo fratello era venuto meno al loro patto.
Il valletto che le aprì la porta, corse ad avvertire Auguste della sua visita. La marchesa, furiosa, camminava su e giù per l’ampio atrio, finché i suoi occhi non furono catturati da una figura seduta sulla scalinata che la osservava attraverso la balaustra. Oscar, con in dosso un vestito pieno di merletti, la guardava con i grandi occhi azzurri colmi di lacrime. Fece i gradini più in fretta che poté e si sedette accanto alla nipote, circondandole le spalle con un braccio e cercando di consolarla come meglio poteva.
-    Cosa c’è, Oscar? Perché piangi e perché indossi questo vestito?
-    E’ un ordine di mio padre. Ieri mi ha detto che sono una femmina e come tale devo comportarmi. Non potrò più giocare con Andrè – le due grandi pozze liquide si concentrarono sul volto della donna – Zia, perché mio padre dice che non sono più un maschio?
-    Perché è completamente impazzito – si lasciò uscire fra i denti la marchesa – Mi occuperò io di tutto. Ora tu corri nelle tue stanze e non uscire finché non verrò a chiamarti.
Aspettò che la bambina risalisse lungo la scalinata e poi si diresse a passo deciso verso lo studio di suo fratello. Dietro la porta socchiusa sentiva la voce arrogante di Auguste rimbrottare il valletto, che era in evidente difficoltà.
-    Liberati di lei, dille che sono impegnato e non posso perdere il mio tempo con una donnetta isterica – tuono il generale.
-    Ma, conte, è la marchesa de Brennon! – si scandalizzò il ragazzo – Oltre ad essere vostra sorella, è una delle dame più influenti della reggia. Si mormora che persino il re la tenga nella più alta considerazione.
-    Sei sordo, forse? – Auguste scatto in piedi e colpì il ragazzo con un manrovescio – Sono ancora io il padrone qui dentro e mi dovete tutti cieca obbedienza.
-    Cieca obbedienza? – disse la marchesa, aprendo la porta di scatto – Sentiamo, chi ti ha eletto a ruolo di Dio supremo?
Il valletto, con un labbro rotto, guardava ora l’uno ora l’altra, chiedendosi cosa dovesse fare. Gerardine fece un segno imperioso verso la porta e il ragazzo corse fuori, sperando di non rimetterci il posto.
-    Cosa ci fai qui? – il conte si lasciò andare sulla sedia e fissò la sorella – Non è più casa tua, questa.
-    Siamo di memoria corta, mio caro Gugù – riprese la donna, usando il nomignolo con cui lo chiamava da piccola – Io e te avevamo un patto.
-    Un patto folle e scellerato!
-    Sei disposto a subire le conseguenze del fatto di non aver tenuto fede all’impegno preso? – la marchesa si fece avanti con un sorriso cattivo stampato sul volto – Che oggi sia il giorno in cui la casata dei de Jarjayes sarà coperta di vergogna davanti a tutti i nobili di Versailles?
-    So che non oseresti – anche Auguste sorrise, ma non era un sorriso cordiale – Tuo marito verrebbe a fondo con me.
-    E con il duca d’Orleans – fece finta di meditare lei, battendosi un dito sul mento – Potrei rivolgermi direttamente al duca e cercare di appianare le cose con lui. Cosa pensi ti succederebbe?
-    Niente, il duca non oserà…
Gerardine fece scattare la testa indietro e scoppiò in una risata luciferina.
-    Sei solo uno sciocco. La tua vita vale meno di niente per lui – tornò a fissarlo, reclinando leggermente la testa.
-    Cosa otterresti?
-    Il parente più prossimo è mio marito, sono sicura che lui sarebbe più malleabile, sotto la pressione del duca. Sarebbe un ottimo patto: io mantengo il segreto ed in cambio ho pieni potere decisionali per quel che riguarda le tue figlie. Camille si sposerà a breve, le altre sono tutte fidanzate e Oscar continuerà a crescere come io reputo più giusto.
-    Potrebbero decidere che sia più facile eliminare te – le fece presente lui.
-    E rischiare che la persona a cui ho affidato le lettere esegua i miei ordini di mostrale alle loro maestà, se mi succedesse qualcosa? Dubito che il duca correrebbe un simile rischio.
-    Ti piace giocare d’azzardo? – Auguste strinse le palpebre e la squadrò da capo a piedi – Anche a me.
-    Non mi piace l’azzardo, mio caro, gioco solo quando ho la certezza matematica della vittoria – si portò alle spalle del fratello, che non si voltò – Sentiamo, cosa avevi in mente di fare? Credevi che non sarei venuta a conoscenza di tutto questo?
-    Andrè avrà l’educazione che tu hai richiesto, lo terrò qui come mio pupillo, ma lontano da MIA figlia – tuonò di nuovo l’uomo – Oscar presto sarà fidanzata e questa follia si concluderà. Non avrei mai dovuto ascoltarti.
-    Fidanzata? – la marchesa si girò, trovandosi davanti le spalle del fratello che rimaneva seduto.
-    Ho parlato con il conte de Girodelle, che è molto interessato alla cosa – rispose con noncuranza.
Gerardine sentì il sangue arrivarle al cervello, avvertiva la pelle del volto scottare e le mani preda di un leggere tremolio. Il conte de Girodelle aveva l’età di Auguste, era un vecchio in confronto alla bella bambina bionda che aveva appena lasciato nell’atrio. Sapeva che era divenuto vedovo da poco, ma mai avrebbe immaginato che fosse un pervertito come Antoine.
Tutta la sua vita matrimoniale le passò davanti: gli abusi, gli insulti, le percosse e il diniego di farle stringere al petto i figli almeno una volta. Era solo una schiava, una fattrice buona solo per mettere al mondo la discendenza di quel vecchio porco, una donna da domare con i pugni e i calci. Ricordava benissimo che l’unico motivo per cui si era liberata di quel giuoco destinato ad ucciderla, era stata l’imprudenza del marchese. L’aveva picchiata fino quasi ad ucciderla davanti a Marguerite, una nobile. La cognata aveva parlato chiaro con de Brennon: o lasciava libera sua moglie permettendo che andasse a vivere alla reggia, oppure tutti avrebbero saputo dell’infamia di cui si era ricoperto. Il giuramento di non rivelare mai a nessuno e per nessun motivo cosa era avvenuto dopo la nascita di Magdeleine, le aveva salvato la vita.
Era questo il destino che avevano in serbo per Oscar? Era questa la non-vita a cui suo padre l’avrebbe destinata? Due occhi azzurri ed innocenti le passarono davanti agli occhi e lei sentì la ragione abbandonarla. Chi avrebbe lottato per quella bambina e il suo diritto di essere felice? La mano trovò meccanicamente il pugnale che portava sempre con se, nascosto accuratamente fra le pieghe del vestito. Era un’abitudine che aveva preso i primi tempi della sua permanenza a corte: troppi nemici, la minaccia che suo marito volesse metterla a tacere per sempre. Doveva difendersi e quel discreto pugnale era un’ancora di salvezza.
Lo estrasse, senza riflettere, e vide il suo braccio alzarsi, come se non le appartenesse. Tremava da capo a piedi e sapeva che quando avesse calato il braccio, sua nipote sarebbe stata salva. Aveva il respiro corto e si sentiva la testa leggera, come se la sua mente avesse deciso di abbandonare il corpo, lasciandolo in balia del mero istinto. Stava per imprimere tutta la sua forza nel braccio, quando Auguste riprese a parlare.
-    Victor ha la stessa età di Oscar, le nostre famiglie sono rivale ma legate entrambe all’aristocrazia militare. Mi sembra un ottima scelta.
Gerardine tornò a respirare e abbassò lentamente il braccio, riponendo il pugnale nella tasca nascosta dalle pieghe dell’ampia gonna. Auguste era diverso da loro padre, non avrebbe permesso che sua figlia sposasse un vecchio pervertito. Le avrebbe fatto sposare un ragazzo della sua età e questo era più di quanto fosse stato concesso a lei. Sentì che lacrime di sollievo le pungevano gli occhi, ma si trattenne al pensiero che doveva lottare. Era sempre un matrimonio combinato e, per quanto i ragazzi fossero coetanei, la famiglia di lui avrebbe potuto non vedere di buon occhio la figlia di un casato rivale.
-    Farai esattamente come avevamo deciso! – urlò, afferrando suo fratello per una spalla e costringendolo a girarsi – Altrimenti io…
-    La prossima volta abbasserai il pugnale, invece di riporlo? – il generale la guardò e scosse la testa – Chi sei tu? Che ne hai fatto di mia sorella?
Rimase basita, lui era al corrente di cosa lei stava per fare, eppure non si era girato per fermarla. Una volta erano stati legati, si erano voluti bene, ma ora erano solo due rivali che lottavano per la supremazia. Avrebbe voluto gettarsi ai piedi di suo fratello, abbracciarlo e dirgli che, nonostante tutto il male che si erano fatti, gli voleva bene; ma doveva pensare ad Oscar e Andrè. Il suo volto divenne di pietra e Auguste ingoiò, come cercando di ricacciare indietro le lacrime.
-    Mandami la governante – biascicò, tornando a voltarsi – Che tolga quel vestito a mio FIGLIO e che riportino Andrè da lui.
Gerardine attraverso lo studio con passo rigido. Gugù e la sua piccola Gerardine non esistevano più, erano due estranei che lottavano intorno ad un osso e per il momento lei ne era uscita vincitrice.

Continua…

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Unsub