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Autore: Cottage    05/08/2012    2 recensioni
Una banconota da 100 Pokè oscillava costantemente davanti ai miei occhi. "Ecco, questa è una cosa sospetta" avevo quindi detto, a Daisuke, il quale l'aveva già superata, non badandoci e dicendo "Sbrigati che siamo quasi arrivati"
Io, per tutta risposta, avevo sorriso, ridendo della mia distrazione "Hai ragione, scusa, si vede da lontano un miglio che questa è una trappola!" Quindi, dal nulla, erano scese altre banconote da 200 e 300 Pokè. "Oh, beh, direi che questo è un gran colpo di fortuna" Avevo ammesso, cambiando idea a facendo voltare un Daisuke stupito. Il mio lato taccagno aveva preso il sopravvento. Sembravo una bambina a cui la mamma aveva comprato un sacchetto di caramelle. Tante caramelle.

Madeleyne, Maddy, Madd-madd, chiamatela come più vi sembra comodo, è una ragazza normale (?), leggermente sarcastica e taccagna, che da un giorno all'altro decide di diventare allenatrice di Pokèmon e partire per una nuova regione.
In questo lungo -sì, si preannuncia lungo- viaggio incontrerà amici e nemici, persone divertenti e strambe e capirà che, dopotutto, stare chiusa in casa non è poi così divertente…
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
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Pkm 28.0 [NB: nell’author’s corner c’è una cosuccia su cui vorrei avere un parere, vi pregherei di leggerlo…]
 
 
~ Looking for the assailants ~
 
 
Non appena le macerie raggiunsero il pavimento, i presenti furono costretti a chiudere gli occhi per evitare che la moltitudine di polvere e intonaco potesse causare qualche danno. Erano ancora in stato d’allerta, pronti a scappare nel caso di una nuova scossa o di un crollo. Ma il museo era silenzioso. Se ci fosse stato qualche altro pericolo, non sarebbe avvenuto in un tempo prossimo.
La prima a muoversi fu Désirée, che dall’uscita della stanza si era precipitata verso il suo centro, appoggiando l’orecchio sui detriti. L’archeologo era rimasto sullo stipite della porta,  studiando la scena.
“Madeleyne, rispondi!” La faccia di Désirée era pallida dal panico.
Dall’altro capo del muro non si sentiva un bel niente. Da quel che aveva visto Daisuke, ciò che era crollato non poteva che essersi ammassato in un muro spesso almeno due metri. Fra gli oggetti dalla stazza più preoccupanti vi erano, fra l’altro, un’enorme trave di legno e lunghissimi tubi d’acciaio. Era una struttura fragile, annosa, non era stato sorpreso del suo improvviso cedimento.
“Maddy! Maddy!” Chiamava senza sosta la ragazza bionda, provando a togliere qualche blocco di muratura, senza riuscirci. In effetti, l’ammasso di detriti doveva essere, oltre che largo, molto compatto.
 
Nella sua mente iniziò ad infiltrarsi un piccolo dubbio. Era arrivato troppo tardi? Magari Madeleyne era rimasta sepolta sotto strati e strati di cemento. Ne sarebbe stata capace, per quanto la sfortuna la perseguitava …
“Non dirlo neanche per scherzo! Maddy non può-” Lo rimbeccò Désirée, lanciandogli uno sguardo incredulo. Scosse la testa, continuando testardamente a gridare. “Maddy! Per favore!”
L’archeologo, che aveva cercato di contenere – senza riuscirci – la propria impazienza, sbraitò: “Mi pare inutile continuare ad urlare, ragazzina. Se proprio volete vedere com’è la situazione, dovremmo fare il giro ed arrivare dall’altra parte!” Persino Daisuke non riuscì a contenere un senso di disgusto per l’insensibilità che dimostrava l’uomo.
“Madeleyne! Dai, rispondi!” Lo ignorò Désirée, concentrata. Dalla sua posizione riusciva a vedere il suo labbro tremolare. L’archeologo, offeso, digrignò i denti, voltandosi di lato.
“Maddy--”
“Dés!” Non sapeva come, ma Daisuke era riuscito a sentire una flebile voce proveniente dall’altro capo del muro. Immediatamente dopo, si udì il rumore di qualche tubo e calcestruzzo cadere sulle piastrelle della sala. “Coff! coff! Cough!” Seguirono una moltitudine di colpi di tosse e starnuti.
“Madeleyne!” Alla telepatica le si illuminarono gli occhi. Fece una linguaccia all’archeologo girato di spalle e riprese a parlare. “Sei tutta intera?”
“Che ne so! Mi sono trovata in mezzo a tubi arrugginiti e affari pesantissimi! Non ci vedo una mazza perché la polverina bianca che stava cadendo-”
“Intonaco.” Specificò Daisuke di rimando, troppo abituato a correggere la ragazza per realizzare che tanto non l’avrebbe potuto sentire. Se lei doveva lamentarsi, tanto valeva che lo facesse usando una grammatica corretta.
“- e mi sento prudere dappertutto!” Désirée ridacchiò, sollevata. Allo stesso tempo, Daisuke fece un profondo sospiro, liberandosi dell’oppressione che aveva provato fino a qualche secondo fa. Se aveva ancora la forza di blaterare scempiaggini, allora stava perfettamente bene. La sua logorreicità non aveva limiti.
“… Daisuke ha appena detto che sei logorroica!” Riferì Désirée, a pappagallo. Il suddetto interessato la guardò molto scocciato, mentre quella aveva le labbra sollevate in quel che sembrava un sorrisino angelico.
“Tsk, è da un mese che lo ripete. Non capisce che quel che dico ha perfettamente senso. Solo, è troppo filosoficamente avanzato per la sua capacità cerebrale, troppo legata alle regole ed ai libri, priva di elasticità!” Dietro la parete di detriti, la sua voce era confusa e distante, ma facilmente distinguibile.
“Sì, certo.” Commentò, senza alzare la voce. Non sapeva se considerarla una cosa positiva, ma cercava sempre di aver l’ultima parola su tutto. “Lagnarsi del proprio prurito è davvero filosofico.”
Désirée, che si era, a quanto pareva, proclamata l’intermediaria fra i due – Daisuke non avrebbe mai sprecato la sua voce per un discorso inutile come quello – ripeté parola per parola.
“… sono un genio incompreso. Tutta invidia, la tua.” Gli parve di sentire anche un ‘umpf’ di offesa. Riconobbe quella come una vittoria, ma non riuscì ad evitare di alzare i propri occhi al cielo.
“Ed ora, tizio Scoprimummie-”
“Scoprirovine! Rovine! Per diamine, mocciosa!”
“See, quel che dici tu.” Aveva un tono incurante. Tipico di lei. Non riusciva a fare a meno di essere impulsiva, riguardo a ciò che diceva o faceva. Daisuke fu colto da un senso d’inquietudine, pensando a tutte le volte che aveva cercato di stritolarlo in una di quelle morse che lei chiamava ‘abbracci’.
“Ora tirami fuori di qui, che ho visto un ragnetto scendere dal soffitto.”
“Ma guarda te che-” L’archeologo era rosso di rabbia. Era estremamente orgoglioso, e il comportamento della sua compagna di viaggio non era certo dei più cordiali.
“La prego, è un’emergenza!” Supplicò Désirée, esibendo due occhi speranzosi. “Ci aiuti…!”
“Mmh …” L’uomo parve contare mentalmente fino a dieci. Inspirò ed espirò profondamente. Quindi andò verso la parete e tastò in giro.
“Il ragnetto sta discendendo le macerie. Muoviti!” Continuò Madeleyne, facendo quel che parevano essere dei saltelli. Daisuke socchiuse gli occhi, riflessivo. La gamba, come sospettava, non si era ancora del tutto ripresa. Il pazzoide con il Frosslass le aveva indebolito i muscoli ed i legamenti, era ovvio che non poteva ancora correre. Il che, per quanto ridicolo, causava un problema: se si fosse imbattuta negli uomini che avevano violato il museo …
“Non posso farci niente, piaga!” Sbottò l’uomo, incrociando le braccia.
“Come niente?” Era molto più difficile distinguere ciò che diceva. Probabilmente si era allontanata dalle macerie per colpa dell’aracnide. Daisuke resistette al desiderio di tirarsi una manata in faccia. “Hai un accidenti di piccone, perdiana! È vero, oppure lo usi come fermacarte!?”
“Modera le tue parole!” L’archeologo si strinse l’arnese al petto, come per difenderlo. “È un utensile fenomenale, la vecchia Kassy!”
“Kassy.” Si sentì una risata trattenuta malamente. “O-ok. Tizio, spacca questi detriti!”
“Sei sorda? Ti ho detto che non posso!”
“Che cosa cavolo c’è? Devi chiederle il permesso?”
“Argh!” L’uomo era furibondo. Sulla sua tempia era comparsa un’enorme vena pulsante. “Se colpissi questa catasta, non farei altro che …!” Si fermò, rabbia completamente dimenticata. Quindi sul suo volto si allungò un sogghigno malsano. “Beh, se proprio vuoi …” Portò dietro le spalle il piccone, caricando il colpo.
“No, cosa fa!” Désirée glielo rubò da dietro le spalle. Probabilmente aveva visto nella mente dell’archeologo ciò che aveva in mente di fare. “È impazzito?!”
L’uomo si voltò di scatto, avvicinandosi con la forza di un toro. Voleva il suo piccone. “Kassy! Grr! Credevo che almeno te, ragazzina, fossi normale!” Ma ciò che né Désirée né l’uomo avevano potuto prevedere, era che l’arnese fosse troppo pesante per la bionda: in meno di due secondi mollò la presa, facendo cadere la testa metallica di ‘Kassy’ sul lato piatto, che aveva schiacciando il piede dell’archeologo.
Daisuke cercò di contenere il proprio fastidio. Come sospettava, stare in mezzo a tante persone era psicologicamente prostrante. Si massaggiò le meningi: aveva disperatamente bisogno di un po’ di quiete.
 
“Uh… Daikke?” Sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Si chiese il perché avesse spinto via la ragazza, prima che il soffitto le crollasse addosso. “Quand’è che nella stanza è entrato un gorilla urlatore?” Un’altra delle sue domande idiote. Perfetto.
“Non esistono ‘gorilla urlatori’.” Sospirò stancamente.
“Oh, andiamo, un po’ d’immaginazione!” Sbuffò, cambiando posizione, avvicinandosi leggermente di più. “Quel rompiscatole … cosa ci vuole per fare un buco fra i detriti!” Borbottò, lamentandosi.
“Ottusa. Avrebbe solo peggiorato la situazione.” Sibilò Daisuke, stufo di sorbirsi l’ingenuità di Madeleyne.
“In che senso?” Per l’appunto.
“ ‘Un po’ d’immaginazione!’ ” Imitò parola per parola ciò che gli aveva raccomandato prima la ragazza. Quella fece un verso di impazienza. Poi ci fu un minuto di silenzio – se non si contavano le urla dell’archeologo e le disperate scuse di Désirée. E il silenzio non era mai un buon segno, quando centrava Madeleyne.
“… Daikke ~” Gli venne un brivido.
“Daikke! Dai, Daikke ~” Iniziava a sentirsi nauseato. Cosa c’era di male nel suo nome? Che diritto aveva per storpiarlo in un modo così – così mostruoso!?
“Daikke, Daikke, Daikke ~?” Le gambe gli divennero molli, rischiava di stramazzare a terra. Non ce la poteva fare. Odiava il nomignolo. Non l’aveva mai sopportato. Punto.
Era peggio di un’allergia: se non avesse fatto qualcosa, gli sarebbe venuto uno shock anafilattico.
“Dai-”
“Ugh, finiscila!” Le ordinò Daisuke, voce colma di aggressività. “Stai! Zitta!”
Avvertì un suono simile ad un guaito. Sapeva di aver tentato la sua pazienza, massacrandogli l’orgoglio. Aveva solo assaggiato la conseguenza delle sue azioni.
“Emh… ah …” Dal muro non provenivano altro che sillabe incerte. “Ho esagerato.” Ammise, con voce a malapena udibile.
“… mph.”
“Mi dispiace.” Continuò. Non c’era bisogno di Désirée per sapere che era vero: Madeleyne era fin troppo spontanea. Non faceva niente che non le andasse di fare.
Decise di portar pazienza, e lasciar scorrere tutta la sua frustrazione. Forse anche lui, aveva esagerato.
“Se fossi rimasta in quella zona quando il ‘gorilla’ avrebbe colpito i detriti, sarebbe crollato tutto.” Specificò, facendo un lungo sospiro.
Madeleyne, capendo che il pericolo era passato, recuperò il suo umore di sempre. “Oh. E questo non sarebbe stato piacevole, deduco.” Ipotizzò, sovrappensiero.
 
La loro conversazione fu interrotta da Désirée, che era appena riuscita a domare il gorilla fumante di rabbia. Si avvicinò al muro – anche Daisuke, inconsciamente, si era approssimato ad esso – ed esclamò: “Non possiamo far altro che raggirare il muro! Ci metteremo un attimo, ok?”
Non arrivò alcuna risposta. La telepatica tese l’orecchio, corrugando le sopracciglia.
“Maddy?”
“…eh? Oh! Oh, sì, un attimo. No problem.” Era distratta. Con la testa fra le nuvole. Daisuke ci mise pochi attimi per capirne il motivo: quindi si massaggiò il setto nasale.
“Maddy? Non dirmi che stai-! No, non ti avvicinare alla macchinetta!”
“N-non r-riesco! L’attrazione è ingovernabile!” Madeleyne fece una voce sforzata. Probabilmente si stava divertendo. D’altronde, ora che non c’era nessuno che potesse fermarla o controllarla, poteva rubare ciò che voleva. A volte riusciva persino ad inquietarlo. Una Madeleyne con in testa solo il profitto? Decisamente pericolosa.
“Metti giù la spranga! Da buona!”
“Spranga? Io vedo solo un’adorabile tubo di acciaio inox!”
“Dico sul serio! Non lanciarlo contro quella macchinetta!”
Per tutta risposta si udì il vetro andare in frantumi.
“Il lato oscuro è troppo potente ~” Sghignazzò per l’ultima volta Madeleyne, riuscita nel suo intento.
Désirée, che Daisuke aveva scoperto avere un enorme senso della giustizia, corse via dalla stanza, seguita dall’archeologo. Anche lui, scuotendo la testa in disapprovazione, decise di mettersi in marcia.
Prima usciva da quel manicomio, meglio era.
 
~ ♪ ~
 
Ero delusa. Molto, molto delusa.
Diedi un morso alla merendina che avevo ‘preso in prestito’: una tavoletta di cioccolato al latte Miltank. Avevo controllato Dexi, e finalmente avevo scoperto cosa diamine fosse, un Miltank.
Ogni giorno che passa mi rendo conto di quanto sia stata ottusa a non accorgermi prima dell’esistenza dei pokemon, quando ne avevo le prove proprio sotto il naso.
“Beh, meglio tardi che mai.” Annuii, prendendo una manciata di dolciumi dalla macchinetta.
Era l’unica cosa che c’era da scippare, dato che i Poké che avevo trovato erano solo 200 …
Corrugai le sopracciglia, pensando a quanto fosse ingiusto che un museo artistico come quello fosse così ignorato dalla gente. Cioè, davvero a nessuno fregava degli scheletri dei Pokésauri – quanto era geniale – e delle pietre preziose che offriva quel luogo?
Mi alzai in piedi, felice di aver introdotto altri grassi eccessivi nel mio corpo. Désirée aveva detto che avrebbero fatto il giro per venirmi a trovare. Era molto preoccupata. Strinsi i pugni, frustrata.
Cos’è, pensano che sia una patetica inferma? D’accordo che sono appena uscita da un ospedale – che mi ha più traumatizzato che aiutato – però tutto questo è esagerato!
Mi sentivo in forma. Anche se mi era crollato addosso un quintale di muratura, ero perfettamente sana.
Carica di determinazione per la mia insolita dose di fortuna, decisi di andare all’esplorazione del museo: non avevo bisogno di una balia. Aprii la porta, ripercorrendo i miei passi. Sarei stata capace di cavarmela, in qualche modo.
Ero una persona nuova, diversa. Questo viaggio mi aveva fatto cambiare, ne ero consapevole. Sentivo l’ardente desiderio di rendermi utile, l’inspiegabile brama di aiutare i più deboli. Avrei assistito quegli smidollati a salvare il loro amato museo. Era la cosa giusta da fare. Se ci impegnavamo, avremmo sconfitto il gruppo di criminali. Avrei dato tutta me stessa!
“… naaa!” Ridacchiai: ero sembrata uno di quegli insensati personaggi con manie di protagonismo che infestavano i videogames. “Tsk, mille volte più sensato starsene fuori dai pasticci. Seriamente, perché dovrei fare la parte dell’eroe? Mica ho un inconscio desiderio auto-lesivo!”
Mi misi a canticchiare, di buon umore, mentre camminavo per un piccolo corridoio. Aprii l’ennesima porta, occhi che cercavano oggetti potenzialmente di valore.
“Si parte con l’operazione S&S!” Mi fregai le mani.
 
 “ ‘Operazione S&S’…?”
Per lo spavento feci un suono strozzato, guardandomi freneticamente attorno. Un ladro? Un assassino?
Poi intravidi una ciocca di capelli verdi. Feci un’espressione indispettita, dandomi della stupida per essere saltata alle conclusioni.
“Sì. Operazione S&S.” Risposi, controllando ciò che il tizio fotosintetico stava facendo. Eravamo nella strana sala dei macchinari alla Resident Evil. Solo, era pieno di crepe e pezzi di muro caduti per terra. Non doveva essere una delle stanze più resistenti …
“Cosa stai architettando?” Domandò, staccando un cavetto dal fossile di Désirée. Il suo tono era sempre il solito annoiato, però si riusciva a percepire una nota di sospetto. Gli diedi istantaneamente una risposta convincente.
“Operazione Sconfiggi & Salva. Che ti aspettavi, scusa?” Feci finta di niente, sorridendo ingenuamente.
Non poteva certo sapere che S&S stava per ‘Scippa & Scappa’ …
Il ragazzo scosse la testa, concentrandosi di nuovo sul proprio lavoro. Sulla sua spalla era appoggiata un’enorme sacca nera di stoffa. Pareva pesante.
“Neh, che stai facendo?” Avevo voglia di rompergli le scatole.
“Ho preso i fossili da riportare in vita: non vorrei che gli succedesse qualcosa.” Spiegò meccanicamente. Mi guardai attorno, notando che tutti i fossili attaccati ai macchinari erano spariti. L’ultimo era quello con cui stava armeggiando il minatore.
“Credevo fossi furbo.” Mi lasciai scappare, guadagnandomi un’occhiata irritata da parte dell’altro. “Insomma, non vedi che questo posto cade a pezzi?” Come per dimostrare la veridicità del mio punto, qualche metrò più in là piombò dal soffittò un pezzo di … qualcosa. Qualcosa di molto grande. Mi attraversò un brivido.
“Perché stacchi filo per filo? Andiamo, strappa via tutto! Non stai mica maneggiando vasi di cristallo!” Gli feci fretta.
L’altro ignorò completamente la mia sollecitazione, continuando la sua opera con enorme delicatezza. Ma io ero preoccupata: era la mia impressione, o la stanza aveva preso a tremare?
Gli strattonai una manica del suo giubbetto beige, intimandogli nuovamente di muoversi.
“Non posso.” Fu la semplice risposta che ricevetti.
“Certo che puoi! Guarda, ti faccio vedere come si f-” Prima che potessi toccare il fossile, il ragazzo mi afferrò saldamente il braccio, sguardo duro e … apprensivo? C’era qualcosa che mi sfuggiva, ne ero certa. Silenziosamente ritrassi la mano, lasciandolo al suo lavoro.
Se aveva paura anche lui, perché mai doveva andare ad una velocità che imbarazzava le lumache?
Dopo quello che pareva essere stata un’eternità, il tizio prese in mano l’ultimo cavo, pronto a liberare il sasso scheletrico.
“Finito. content-”
 
Per tutto il museo echeggiò un possente ululato che mi fece rizzare i peli. Contemporaneamente l’edificio prese a tremare come se ci fosse stato un terremoto, facendo aumentare la quantità di cemento che stramazzava a terra, distruggendo le apparecchiature.
Venni afferrata con forza per la mano e in men che non si dica mi ritrovai trascinata in avanti, verso l’uscita.
“Parli tanto di aver fretta e poi ti paralizzi al primo cenno di pericolo. Sei un po’ ipocrita, non credi?” Mi rimproverò il ragazzo, cercando di apparire calmo quando in realtà, non lo era.
“Sono l’ipocrisia in persona.” Gli diedi ragione, sorridendo debolmente mentre quello apriva la porta per entrare nel corridoio.
“E ne sono fiera, perché— Attento!” Dal soffitto si era staccato un blocco di muratura dalle dimensioni decisamente preoccupanti.
Prima che il minatore dai capelli fotosintetici potesse sollevare la testa, chiusi gli occhi e mi scagliai contro di lui tirandogli una spallata sul fianco. Atterrammo dentro al corridoio, a due metri di distanza da dove eravamo prima.
 
Le scosse terminarono dopo alcuni secondi.
Sollevai le palpebre, sorpresa di essermela cavata senza un graffio.
“Ma cosa vado a dire. Sono un genio! E’ ovvio che mi sia salvata ~” Gongolai, non potendo fare a meno di imitare la superbia di Carotino. Era forse contagiosa?
Sentii dei mugolii incomprensibili provenire da molto vicino.
“… nngh ... di chi era il corposcontro che mi ha abbattuto? Uno Snorlax …?”
Corrugai le sopracciglia ed abbassai lo sguardo. Avevo non solo causato un trauma cerebrale al tizio clorofilliano, ma lo stavo anche usando come cuscino.
Il ragazzo si ridestò, per poi rimanere sbigottito dalla mia sconcertante vicinanza. Stavo per levarmi, quando inavvertitamente il mio sguardo si contrappose al suo.
Verde. Non un verde stagnante come i suoi capelli, no: quello era un verde intenso. Mi ricordava quando, durante il viaggio, mi ero ritrovata ad alzare lo sguardo per vedere i raggi del sole che filtravano fra le fronde degli alberi. O, per fare un altro esempio decisamente più sentimentale, mi ricordavano uno smeraldo.
“… emh …”
Sbattei le palpebre, risvegliata dai miei ragionamenti profondi. Quindi rotolai di lato, sbuffando e mormorando un “Tanto eri scomodo.”.
“…” Con mia sorpresa, il tizio non proferì parola. Invece, una volta alzato, prese a camminare velocemente per il corridoio. Che fosse imbarazzato per quel che era successo?
Femminuccia. Si dovrebbe inchinare davanti alla mia grandezz – no, no Madeleyne! Niente pensieri Carotiniani!
 
Presi a seguirlo, massaggiandomi la spalla.
“Perciò, cos’è uno snorcolo?”
Il minatore clorofillico mutò la sua faccia da concentrata – chissà cosa gli era preso – in una stupita. Solo quando vide la mia espressione ingenua, si convinse della mia totale ignoranza.
“Pfft!” Fece un riso soffocato, che mi fece mettere il broncio.
“Davvero, che cos’è!?”
“Scusa, scusa …” Ma al posto di smettere, prese a ridere di gusto.
Arrossii in preda alla confusione. Non capivo cosa c’era di sbagliato in quello che avevo detto.
“Se non la pianti torno nella prima stanza e ti rubo la Bilia!”
Il mio tono non doveva essere stato molto convincente, perché dietro alla sua mano chiusa a pugno riuscivo ancora a sentirlo ridacchiare.
Ora che ci penso è la prima volta che lo sento ridere … decisamente meglio del solito tono annoiato. Pensai inconsciamente.
“Lo Snorlax è un pokémon, ovviamente.” Il ragazzo, più calmo, entrò nella stanza. Sentivo ancora un po’ del suo tono divertito.
Snorcolo?! Pensavo di essere uscita illesa dal crollo del soffitto, ma a quanto pare …
“Mpfh! Potevi dirlo prima!” Borbottai, offesa, seguendo il tizio mentre mi conduceva chissà dove, attraverso le varie stanze.
Spalmai la faccia sul pokédex per leggere sulla nuova specie che avevo scoperto … e per nascondere l’imbarazzo.
 
~ ♪ ~
 
Jack sbadigliò. Da quando il suo capo lo aveva spedito a ripulire ogni angolo del museo, non aveva fatto altro che ronfare. Cioè, aveva anche lui diritto ad un po’ di pausa, no?
E poi, per noi vecchi saltare la siesta di metà pomeriggio può essere letale, non dimentichiamocelo.
Il rosso roteò gli occhi, domandandosi il perché doveva sottostare ad un tipo come quello.
Se non ci fossi io, saresti già morto di fame, ingrato!
Jack chiuse un occhio, infastidito: dopotutto aveva ragione.
Pigramente saltò giù dal bancone d’ingresso, dove aveva appena pisolato.
E se non fosse stato per quell’accidenti di ululato da film dell’orrore, probabilmente avrebbe continuato a farlo. Deglutì, indeciso sul da farsi.
“Ah … ma il lavoro è il lavoro …” Si lamentò, incamminandosi in una direzione presa a caso.
Non aveva mai avuto un buon senso dell’orientamento, doveva ammetterlo, ma quel museo era un vero e proprio labirinto. Ci si poteva perdere, con tutte quelle sale. Inoltre, era da una settimana che lavorava lì, e non aveva ancora capito dove stava il bagno: informazione vitale per il nonnetto che albergava nei suoi pensieri.
 
Quando iniziarono le scosse, Jack si ritrovò impreparato e puntualmente spalmò il volto per terra.
Muoviti decerebrato! Striscia sotto lo stipite della porta!
“Subito, signore!” Il rosso si alzò, pronto per scattare verso la zona sicura. Fece quasi subito retromarcia, però, quando vide che il fossile di Armaldo al centro della sala era minacciato da un pezzo di muro crollante. Immediatamente Jack impugnò la sedia del bancone e la lanciò verso il pericolo, facendogli deviare il percorso.
Sollevato, fece un lungo respiro.
“Fiuu! Missione compiuta!” Quindi fece un sorrisetto arrogante. “Visto che precisione? I videogame servono a qualcosa, nonnetto!
Non darti troppe arie, lattante.
Jack assunse un’aria afflitta, mentre le scosse si calmavano.
“Ogni tanto vorrei un po’ di supporto, lo sai …”
E io vorrei che tu avessi un po’ di spina dorsale. Ma non si può aver tutto nella vita, quindi accontentati e fai qualcosa, o ti licenzieranno di nuovo!
Cos’aveva mai fatto di male? Era carino, era sempre gentile con tutti…
Eppure si ritrovava sempre calpestato da chi gli stava attorno. Il suo capo, la sua seconda-forse-temporanea personalità, il mocciosetto che non voleva ammettere di essere una femmina …
“Sigh …” Jack trattenne delle lacrime di coccodrillo, offeso da tanta crudeltà.
 
Continuò a camminare per almeno cinque minuti, esplorando stanza dopo stanza, corridoio dopo corridoio, solo per giungere ad una conclusione: chiunque stesse facendo tutto quel trambusto, lo voleva licenziare.
Vittimista.
“Andiamo, lo vedi anche tu lo stato in cui è ridotto questo posto!” Jack aprì l’ennesima porta, e si trovò davanti ad una stanza di tre pareti. La quarta non poteva essere considerata tale, in quanto era stata rasa al suolo per tre quarti, sparpagliando macerie dappertutto.
“Ah … a-ah …” Non poteva far altro che aprire e chiudere la bocca, una sensazione di angoscia che gli cresceva nel petto. Cadde in ginocchio, di fronte al buco nel muro. Riusciva a vedere degli uccellini, da quella posizione--
“Perché diavolo hanno distrutto la parete!?”
Che dici, credo sia artistico-
“Ma sei matto? E non è solo quello! Tutte le stanze sono piene di detriti, brecce nel muro-”
Si lagnò come un marmocchio. Il monde era ingiusto. Probabilmente era geloso del suo innato fascino.
Poi si fermò. Aveva sentito dei rumori. Silenziosamente avanzò verso la porta, per poi accucciarsi davanti al pomello: osservò attraverso la serratura.
“Sono in quattro …”
Chiama la polizia, allora, perditempo!
“Saranno già scappati, prima che arrivino. C’è un motivo del perché nessuno entra mai in questa catapecchia: manca un’accidenti di segnaletica.”
E allora entra lì dentro e combatti, no? O tuo padre non ti ha insegnato niente?
“... non voglio …” La sua voce si fece piccola piccola.
Scusa?
“Vacci tu lì dentro!” Fece un sorrisetto disperato. “Facile parlare per te, che non rischi niente. Ti rendi conto? Sono dei criminali … ed io sono troppo giovane per morire …”
… ti vorrei prendere a calci. Ma perché, perché dico io, mi devo sorbire un piagnucolone come te!?
“Sigh …”
 
“Sei buffo!”
Jack sobbalzò: per l’improvviso movimento batté la testa contro la maniglia. Si voltò, massaggiandosi la nuca, lacrima che rischiava di scivolare giù dall’occhio.
“…come?”
“È da un po’ che ti guardo, e non fai altro che parlare da solo. Sei strano!” Il ragazzo – che doveva avere all’incirca la sua età – sorrise.
Jack lo analizzò, notando i suoi stravaganti vestiti, le maniche troppo lunghe, il motivo a quadri, gli stivaletti e la benda sull’occhio. Per non parlare del ridicolo cappello, certo. Il rosso sollevò un sopracciglio.
“Un cliente?”
Cretino, ma quanto sei ottuso? Sto qui è uno dei criminali!
L’altro fece una breve risata.
“Mi piaci, sei simpatico. Stupidotto e leggermente psicopatico, ma comunque carino ~ ♥”
“Senti chi parla …” Jack iniziava ad essere irritato. Si alzò in piedi prendendo cercando nel suo marsupio la locazione delle sue pokéball. Ma l’unica cosa che riusciva a sentire, era la cinquantina di slot per la sua console. Accidenti alla sua pigrizia, che non metteva mai a posto niente!
“Invece a me non stai simpatico. Affatto.” Quel tipo era troppo eccentrico, non riusciva a capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Era inquietato.
“… uh? Perché mai?” Gli tremolò il labbro, occhi lucidi. Jack dovette combattere per non farsi assalire dai sensi di colpa.
“Tanto per cominciare, ora l’intero posto è un macello. Per colpa vostra mi toccherà ripulire tutto!” Indicò la quarta ‘parete’. “Secondo, avete distrutto il muro.” Il clown mise il broncio.
“Oh. E dire che a noi è piaciuto così tanto che l’abbiamo rifatto nella prossima stanza …”
“Che?!” Jack voleva morire. “Perché non avete usato la porta d’ingresso …?” Aveva un’espressione di puro shock in volto, che fece solo divertire di più il suo interlocutore.
“Perché dovevamo fare un’entrata di scena! ♪” Esclamò convinto, alzandogli il pollice. Il rosso non poteva fare a meno di notare che i suoi ragionamenti erano al livello di quello di un bimbo di tre anni.
 
“Aw, ora Jack-kun è triste …” Frugò nelle sue enormi maniche. “Ma so io cosa ci vuole!”
Jack riuscì a trovare una pokéball e la tirò fuori nell’esatto secondo in cui il ladro gli tese la mano.
“Vuoi una caramella? ♪”
“… eh?” Jack impallidì. Non solo conosceva il suo nome e diceva cose che potevano essere interpretate in modo erroneo, ma ora tentava anche di drogarlo!
“Sono ottime, te l’assicuro! Anche Maddy-chan le ha provate! ♥” Il clown si avvicinò pericolosamente al suo volto, caramella rossa fra lui e Jack. Quest’ultimo spalancò gli occhi.
“AAAH! Stammi lontano, stalker pedofilo dalle dubbie preferenze sessuali!” Terrorizzato, Jack aprì la porta, scaraventandosi nella stanza colma di nemici. Si accorse troppo tardi di ciò che aveva fatto, ma ciò non gli impedì di fare un sorrisetto distratto.
“Oh-oh …”
In men che non si dica, uno del team nemico aveva ordinato al suo pokèmon, un brufoloso e bavoso Slugma, di attaccarlo con Lanciafiamme. Il rosso, finalmente con aria risoluta, lanciò in campo il suo fido alleato, direttamente fra lui e le fiamme.
“Roy, salvami! Almeno tu!”
Con un ringhio, il pokémon corse attraverso le fiamme, assorbendole lungo il processo. Jack sogghignò, felice di aver al suo fianco un pokémon con Fuocardore. Poco dopo sospirò, preparandosi alla battaglia:
“Non posso credere di star facendo questo, per quanto mi pagano!”
 
~ ♪ ~
 
“Tizio.”
Nessuna risposta. Era troppo impegnato a guardarsi attorno, controllare i danni del museo. Non demorsi.
“Tizio fotosintetico.” A quel punto, senza distrarsi dalla perlustrazione, rispose.
“Che c’è, snorcola?” Inciampai sui miei piedi e per poco non mi schiantai contro il muro. Corrugai la fronte, guance infervorate. Cos’era quella sensazione che gorgogliava nel mio stomaco? Rimpianto? Autodenigrazione?
… che vuol dire autodenigrazione? Daikke ed i suoi termini aulici! Scossi la testa, ritornando al discorso originario.
“Devi viaggiare molto: in questo museo ci sono un casino di robe eccentriche e voodoo-ose! Per non parlare di tutti i Pokésauri! Sbaglio o alcuni provengono da Hoenn e Kanto?”
“Da cosa l’hai intuito?” Domandò, passando alla prossima stanza: non era stato rubato niente.
“Ho letto le targhette.” Scrollai le spalle. Ero una persona molto franca: se sapevo una cosa, me ne vantavo; se non la sapevo, chiedevo.
 “Ah …” Commentò, tono apatico. “Non sai proprio nulla di fossili, eh?”
“Non sono i fossili.” Spiegai, crucciata. “Sono i pokémon.”
“E te ne vanti?” Aveva usato una leggera nota sarcastica.
“Beh, sì.” Gonfiai il petto.
“Perché?”
“Perché questo mi rende anomala. Particolare. È sbagliato desiderare di essere unici?” Domandai, colta da un dubbio.
“No, ma basterebbe famosi, diventando un capopalestra o pokéatleta. Il tuo modo di essere ‘unica’ è un piuttosto patetico.” Riflettè.
“Ho detto unica, non ‘speciale’. Voglio solo una vita tranquilla …” Sospirai, sognante. “Anche se una bella villa con un’armata di Ermenasdrubalcibaldo non sarebbe malaccio.” Mi venne in mente un’idea. “Hey, con quelli potrei conquistare il mondo!”
“Non avevi appena detto--” Ma ormai ero partita per Maddyland, e non sarei tornata in me per un po’.
“Mpfh.” Mormorò il ragazzo, dopo un veloce sospiro. “Se non sei unica tu …”
 
D’un tratto si fermò, facendomi schiantare addosso a lui.
“Hey, snorcola …” Riprese, catapultandomi nel mondo reale con la forza di un tir. Lo stesso tir che, in meno di un istante, aveva pestato una decina di volte il mio cervello quasi inesistente. Ed il mio orgoglio. Forse ora capivo cosa provavano le vittime dei miei soprannomi …
“Mi chiamo Madeleyne, tizio clorofilliano!”
“Okay.” Roteò gli occhi. Mi avvicinò la sua sacca, colma dei fossili che aveva salvato in precedenza. Io la presi, guardandolo come se avessi visto un lombrico con rossetto che lanciava banane radioattive.
“Sei stato conquistato dal mio immensurabile fascino ed ora mi regali questi fossili come tributo?”
“N-no! Che domande sono!” Farfugliò il tizio, distogliendo lo sguardo. Dopo qualche secondo si schiarì la voce, ritornando il solito menefreghista. “Zitta e ascolta.”
Confusa, mi concentrai sui suoni che percepivo, immaginando di potenziare la barra virtuale del mio udito. Quindi battei le palpebre, sentendo dei tonfi, versi bestiali e urla confuse.
“… Jurassic Park!” Provai, lanciandogli un’occhiata che stava a dire ‘te l’avevo detto!’.
“È una lotta, cretina.” Sospirò stancamente, passandomi la sacca, che presi alla buona, gonfiando le guance.
“Stai qui. Tieni al sicuro i fossili. Evita che qualcuno passi attraverso questa porta.” Diede le direttive, girandosi di spalle.
“Ragazzo-pianta-palustre.” Gli afferrai di nuovo la manica.
“Nome piuttosto creativo …” Commentò, sarcastico. “… peccato che mi chiami Kaseki. Se vuoi unirti alla lotta, ti devo contraddire.” Aggiunse con tono piatto.
“Ma sei scemo?” Fece un’espressione cinica. “Primo: non sono masochista. Secondo: non ci guadagnerei nulla.” Incrociai le braccia. Quel suo comportamento impassibile mi faceva venir voglia di agire come una mocciosa.
“Qual è il problema, allora, snorcola?” Chiese meccanicamente, non seguendo il discorso. Prima di rispondergli, dovetti contare fino a dieci, aspettando che l’imbarazzo per il soprannome sparisse – maledetta la mia memoria a breve termine!
“Chi ti dice che nell’attesa non ti scippi questi mucchietti d’ossa?”
Rimase in silenzio, posandosi le nocche di una mano sulle labbra, pensoso. Sembrava non sapesse trovare un responso al mio quesito. Posò i suoi occhi sui miei, e gli angoli della sua bocca si piegarono in un microscopico sorriso.
“Semplicemente, il mio istinto da Scoprirovine.” Aveva un’espressione risoluta.
“Oh. Che schifo d’istinto!” Gli feci la linguaccia, non so bene per quale motivo.
L’altro sospirò, estraendo dalla tasca del suo giubbetto una pokéball.
Lanciandomi un ultimo sguardo, si catapultò nell’altra stanza.
 
~ ♪ ~
 
“Prendetelo!”
Jack sbuffò, corrugando la fronte.
“Ragazzi, andiamo! Ho già messo a K.O. due dei vostri amici”, indicò dietro le sue spalle, mostrando i corpi di due sgherri con i rispettivi Slugma. “Perché invece di combattere non--”
Fu costretto ad abbassarsi come se partecipasse a un limbo, in quanto un Numel piuttosto cicciottello aveva appena usato Pirolancio sopra la sua testa.
“Attento ai capelli!” Sbottò Jack, controllando di non essere diventato improvvisamente pelato.
Altro che capelli! Se non ti dai una mossa, perderai la testa!
“Sempre a lamentarti, tu.” Sbuffò. “Roy, morso!” Il piccolo cagnolino scattò in avanti, pronto a lottare con il pokémon giallognolo.
 
“Chi. È. Ssstato.”
A Jack parve di essere stato trafitto da una decina di siringhe, tutte puntate al suo debole cuore. La esse strascicata compariva solo quando l’animo dell’altro era accecato dall’ira. Si voltò lentamente, diventando più nervoso quando intravide l’aura di potere oscuro che circondava il suo datore di lavoro.
“S-salve cap-”
“Avete idea di quanto ssia antico quesssto palazzo?!” Urlò, cancellando ogni briciolo di apaticità che normalmente lo contraddistingueva. Infatti, c’erano solo due cose che potevano fargli provare qualche emozione: reperti archeologici, ed il museo di suo padre. “Quesssta parete…!”
Kaseki era infuriato.
“Infatti io-” Dopo aver ordinato a Roy di schivare l’attacco Azione del Numel – pokémon leeento – e di massacrarlo con un bel Riduttore, Jack cercò di salvare il recuperabile. Non riuscendoci affatto.
“Ah, Jack. Sei licenziato.” Il suddetto interessato rimase pietrificato.
La sua carriera era finita in soli sette giorni. Un record da annotare nella sua lista. Era sconvolto.
 
“Aww, guarda cos’hai fatto! Ora Jack-kun è depresso…” Jack tremò, voltandosi immediatamente di lato ed impallidendo: si era completamente dimenticato del pagliaccio maniaco!
“So io cosa ci vuole! Una zuccherosa caramella alla fragola! Ti sentirai meglio ~ ♥” Il clown, sorridendo amorevolmente, si avvicinò con le mani – no, maniche – piene di caramelle colorate.
Ma Jack era sempre stato una persona paranoica, dietro a quel suo comportamento così rilassato. Scappò velocemente in direzione del suo Growlithe, decidendo che era meglio essere esposti al combattimento pokémon, che non a quella persona.
Quella voce gli faceva venire i brividi. Jack non aveva mai sentito la propria vita più in pericolo di quel momento. Decise di giocare d’astuzia.
“Capo! È stato lui a distruggere la parete!”
 
Kaseki lanciò la sua pokéball verso la fonte dei futuri incubi di Jack, visibilmente più calmo. All’apparenza. Il suo sguardo era colmo di una furia selvaggia.
Senza che lui impartisse alcun ordine, dalla luce bianca che precedeva l’apparizione del pokémon fuoriuscì una sfera energetica ad altissima velocità. Jack e le reclute dovettero chiudere gli occhi per non restare accecati dell’esplosione che seguì, esattamente dove prima si trovava il pagliaccio.
“Oh, un Carracosta ~” Una volta che il fumo si fu diradato, Jack vide che il clown era riuscito a schivare l’attacco con facilità. Pareva divertito, ma per nulla impressionato. “Guarda un po’ chi ho trovato. Una delle persone che volevo incontrare …”
“Archee, Forzantica.” Un’altra sfera, un’altra scansata.
L’attacco era servito solo per allargare il sorrisetto perenne del nemico. Kaseki s’irritò:
“Andatevene dal museo: non abbiamo niente che possa interessare al team Pyro.”
“Ah! E proprio qui che ti sbagli! Abbiamo una missione molto importante …” La tartaruga marina lanciò un altro dei suoi attacchi. Il capo del team – Jack non poteva ancora crederci, ma era troppo impegnato nella sua lotta per poterci ragionare sopra – schioccò le dita. Una vampata di fuoco, proveniente da un angolo della stanza, ne fece deviare il corso.
Jack spalancò gli occhi: da dov’era spuntato quell’Houndoom!?
“Che volete?” Ringhiò il secondo proprietario del museo, iniziando a sudare freddo.
“Una cosa che avremmo dovuto avere da un bel po’ di tempo, ma che, sfortunatamente, sembra essere sparita.” Fece uno sguardo malizioso. “Tuo padre dovrebbe avertene parlato, no?”
“Non ne sappiamo nulla.”
L’espressione dubbiosa di Kaseki, però, parve solo dire il contrario.
“Fai il finto tonto, eh? Non è affatto carino ~ ♪” Cantilenò il capo del team Pyro. “Forse, se ti dessi un piccolo incoraggiamento, saresti più stimolato a collaborare …”
Jack avrebbe tanto voluto tramortirlo.
 
Il clown fece un ghigno sadico, lanciando un’occhiata dietro di lui. Kaseki si allarmò, notando la direzione che aveva preso il suo sguardo.
“… quante settimane hai impiegato per ricostruire questo Rampardos?” La voce del maniaco era allegra. Ma in maniera diversa dalla precedente. Ora era … quasi distorta.
L’Houndoom, come se avesse ricevuto un segnale, corse verso il dinosauro all’interno della gabbia di vetro, la bocca che traboccava di fiamme pronte a—
“NO!” Il Carracosta colpì il cane demoniaco con un forte Acquagetto, mentre il suo padrone era corso fra lo psicopatico e l’esposizione principale della stanza. “Smettila, non ti permetterò di sfiorare questi fossili nemmeno con un dito!” Dichiarò Kaseki, col cuore in gola.
Anche Jack l’aveva notato, e senza scomodarsi ad usare il pokédex. Era impossibile da ignorare il livello di combattimento di quell’Houndoom. Completamente di un’altra lega, rispetto agli idioti con cui aveva avuto a che fare fino a quel momento.
 
“My, my …” Il pagliaccio sospirò, riferendosi all’interlocutore come se fosse un bambino capriccioso. “Mi pareva di avertelo detto, no? Devi solo consegnarmela.”
“Ti ho detto-!” Ma l’altro non credeva alle sue giustificazioni. L’Houndoom diede un feroce morso alla pinna della tartaruga, che venne percossa da delle potentissime scariche elettriche. Crollò a terra, con le scariche che le strappavano urla di dolore. Il lupo, mostrando le zanne, balzò agilmente sul guscio dell’avversario e, scuotendo impetuosamente la coda, lanciò un ululato straziante.
Jack, che aveva appena finito di sistemare l’allenatore con il Numel, si ritrovò paralizzato dalla paura. Esattamente come il resto della stanza.
 
L’allenatore dell’abominio, invece, si leccò le labbra.
“Consegnami l’oggetto che tuo padre aveva scoperto nelle rovine di Sinnoh. L’oggetto che gli abbiamo sottratto. L’oggetto che ci è stato rubato.” Sorrise macabramente.
Consegnami la Grigiosfera.”

 
 
 
 




 
 
~ Author’s Corner
Ciao. Umh. Il capitolo è estremamente lungo e noioso … ma mi piace variare un po’. E poi credo di essere incapace di far durare un incidente meno di tre capitoli. Scusate T.T
Voglio ringraziare chiunque abbia messo questa fan fiction e fra le storie Seguite e le Preferite. Mi rendete fiera Q.Q
 
Riassunto
Daisuke, Désirée e l’archeologo, dopo essersi accertati che la nostra protagonista fosse tutta intera, si devono fare il giro di tutto il museo per cercare di riunirsi a lei. La suddetta interessata, invece, si ritrova a far da balia ad un minatore (a quanto pare dotato di nome) che, nonostante voglia fermare gli intrusi, deve prima accertarsi di quali cose siano state rubate. Oppure è lui a fare da balia e lei?
A Jack, poveretto, non ne va una giusta. L’incontro con Hiro, lo lascerà profondamente scosso. Ma riusciranno Kaseki ed il rosso a sconfiggere il temibile Houndoom del clown? E la Grigiosfera, a cosa gli servirà?
 
Commenti
In riassunto, ci sono solo tre cose che posso dire.
1.        Capitolo troppo lungo e con probabili errori di grammatica: scusate…
2.        …però mi piace scrivere di questi piccoli intermezzi. Cioè, se non li facessi, non potrei entrare nell’ottica dei personaggi.
3.        Scrivendo, non posso far a meno di notare che le paure di Jack riguardo ad Hiro risultano … fondate. *sguardo malizioso*
 
Cose imbarazzanti/importanti
Err… che ne pensare di una fic di missing moments che riguarda questa fic? Cioè, per fare delle pause da un capitolo e l’altro, in attesa di ispirazione >//////< *si nasconde*
 
Ho finito, andate in pace. Come al solito, gradirei molto le critiche, perché è difficile migliorare da soli :) Certo, anche i complimenti sono ben accetti >.>
Thanks for all, guys ♥
GloGlo ~
   
 
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