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Autore: Trafalgar Norah    07/08/2012    0 recensioni
“Qualche problema?” le chiese.
“Scusa, non avevi visto che stavo per parcheggiare?”
“Ehm… no. E comunque avresti dovuto darti una mossa” rispose tranquillamente.
“Cosa?! Ma eri in contromano, e andavi come minimo ai 100 nonostante avessi dovuto fare i 30. Ti rendi conto che avremmo potuto farci male seriamente?” protestò.
“Ma non è successo, no? Mi dispiace, va bene? Ora scusa, ma vado di fretta” disse andandosene.
“Sai dove puoi andare in fretta?"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Quando Emily parcheggiò l’auto nel garage, la casa era avvolta nel buio. Erano solo le undici, quindi le risultava parecchio difficile da credere, ma tutto sommato non le dispiaceva, poiché dopo una giornata pesante l’unico suo desiderio era potersi riposare in tutta tranquillità.

Aprì la porta che collegava il garage alla cucina, immersa nel silenzio. Posò la borsa sul bancone in marmo bianco al centro della stanza, quindi si diresse verso il frigo.

Durante il lavoro non aveva mangiato quasi nulla, e in quel momento aveva una gran fame, tanto che avrebbe potuto mangiare qualsiasi cosa. Purtroppo però, il contenuto dell’elettrodomestico si era rivelato piuttosto deludente: davanti a lei si trovavano una fetta di pizza, delle lasagne, qualche fetta di arrosto. Tutte cose che avrebbe dovuto scaldare, e per quanto fosse un processo abbastanza semplice, Emily non ne aveva la minima voglia.

“Quelle cose non usciranno dal frigo da sole, sai?” l’avvertì una voce dietro di lei, facendola sobbalzare.

Amanda se ne stava appoggiata al muro, con un’espressione divertita sul volto. Portava i lunghi capelli scuri raccolti in una coda, e indossava una maglia almeno di due taglie più grandi.

“Non ti ho sentita arrivare” disse Emily, estraendo le lasagne dal frigo.

“Nemmeno io, avevo solo fame” affermò l’altra, avvicinandosi.

Prese la pirofila dalle mani della sorella, quindi la mise a scaldare nel forno.

Entrambe si sedettero al piccolo tavolo in legno, Amanda a capotavola ed Emily alla sua sinistra.

“Dove sono gli altri?”

“Josh dorme fuori, papà è uscito con dei suoi amici e mamma ancora in ospedale” rispose Amanda, scrollando le spalle.

“Ah… siamo solo io e te quindi?” chiese Emily cauta.

“Ehm… non esattamente” disse l’altra con un sorriso.

Emily alzò gli occhi al cielo: il primo posto della sua lista nera, era occupato dal sesso notturno di sua sorella.

Aveva ormai perso il conto delle notti passate insonni.

“So cosa stai per dirmi… ma lui è davvero carino! Non posso lasciarmelo scappare, tu mi capisci vero?” disse Amanda, esibendo un’espressione simile a quella di un bimbo a Natale.

“Amanda… io voglio dormire” affermò con un sospiro.

“Non ti disturberemo, non preoccuparti! Giuro sulla mia macchina che non ci sentirai nemmeno”

Emily alzò gli occhi al cielo: quella frase l’aveva già sentita… tante, troppe volte.

 

“Potresti evitare di affondare la faccia nel gelato?”

“Non sto affondando la faccia nel gelato” rispose Emily, lanciando una spugnetta ad Alex.

“Guardati allo specchio Emily. Faresti paura ad uno zombie… ma che fai la notte invece di dormire?”

Osservo il soffitto ascoltando gli ululati di mia sorella e di tutti quelli che si porta a letto. Pensò la mora.

Amanda e il tizio sconosciuto erano andati avanti tutta la notte con le loro effusioni da film porno.

Ad un certo punto Emily si era chiesta dove la trovassero tutta quell’energia, e se non fosse stato il caso di andare a fermarli.

Ma irrompere nella stanza della sorella mentre faceva certe cose non era da lei, quindi aveva sopportato in silenzio, sperando nel loro buon senso; che si era fatto vivo verso le cinque del mattino.

“Lascia perdere Alex. Piuttosto, perché sei ancora qui? Il tuo turno è finito un quarto d’ora fa” constatò la mora, sviando il discorso.

“Milo mi deve dare un passaggio, ho la macchina dal meccanico” spiegò la ragazza, mentre asciugava i bicchieri in attesa del collega.

 

Emily inarcò un sopracciglio: aveva dimenticato che anche Milo non era di turno quella sera. Pensava che Evan avrebbe assegnato la chiusura almeno ad un’altra persona, di modo che non rimanesse sola con Daniel.

Il suo non era un capriccio: conosceva se stessa abbastanza bene da sapere che non avrebbe retto le prossime tre ore assieme al ragazzo. Avrebbero cominciato con le battutine acide, poi sarebbero passati alle parole pesanti, ed infine al lancio dei bicchieri, magari sotto lo sguardo dei clienti.

Era abbastanza difficile per lei mantenere la calma, e temeva di perdere ancora il lavoro, come era già successo in passato.

Con uno come Daniel poi, le probabilità di perdere la pazienza si moltiplicavano all’infinito.

Erano quasi le quattro e mezza, e il ragazzo non si era ancora fatto vivo. Milo e Alex erano usciti pochi minuti prima, lasciandola da sola. Non c’erano molti clienti nel negozio, quindi non c’era nessun problema.

Però, mentre sistemava per ingannare il tempo, una comitiva di turisti aveva fatto il suo ingresso. Un gruppo di ragazzi e ragazze sui tredici anni, probabilmente iscritti a qualche campo estivo, accompagnati da un paio di persone adulte.

All’incirca una trentina di persone che parlavano tutte insieme.

Cazzo.

 

Emily non poteva crederci. Aveva sentito innumerevoli volte le parole “Io voglio”, seguite da gusti che dopo un minuto venivano surclassati da altri. Ognuno di quei mostri aveva cambiato idea come minimo quattro volte, piantonando le mani sul vetro che aveva accuratamente pulito poco prima.

Aveva passato una buona mezz’ora in balia di quei pazzi da sola, mentre altri clienti sbuffavano per l’attesa.

Aveva provato a chiamare Evan sia a casa sul cellulare per chiedere rinforzi, dato che viveva solo un paio di isolati più in là, ma non aveva risposto.

Per fortuna la confusione era finita, ed era rimasta solo una coppietta di anziani seduta ad un tavolino.

La mora decise di approfittarne per farsi un frappè e cercare di calmare la rabbia che sentiva montare dentro di sé.

Prese in mano il telefono, e compose nuovamente il numero di Evan, sperando di riuscire a trovarlo. Ma mentre attendeva una risposta, qualcuno varcò la porta d’ingresso: indossava gli occhiali da sole e aveva in volto un sorriso rilassato.

Senza degnare Emily di uno sguardo, attraversò il negozio, diretto alla porta che conduceva agli spogliatoi. Dopo un paio di minuti tornò sui suoi passi, avvicinandosi al bancone.

“Il vetro dev’essere pulito” esordì, con una voce stranamente roca.

“Mi sembra ovvio” disse la mora, chiudendo la telefonata.

“E allora perché è ancora sporco?”

Emily bevve un sorso del suo frappè, poi incrociò le braccia, tirando un sospiro:  “Non saprei… probabilmente è colpa dell’accozzaglia di tredicenni che si era insinuata qui dentro”

Daniel si guardò in giro, inarcando un sopracciglio: “Non vedo nessuno”

“Se fossi arrivato puntuale ti saresti goduto la scena”

“Desolato, ma avevo da fare. Ora pulisci”

“Col cavolo” fu la pronta risposta della ragazza.

“Impedita, non farmi ripetere le cose due volte”

“E tu non farle ripetere a me”

Detto questo, prese il flacone di detergente per i vetri e un straccio, quindi li lanciò nelle mani di Daniel, che li afferrò prontamente.

Senza degnarlo ulteriormente di uno sguardo, si mise a sistemare i vari utensili appena usciti dalla lavastoviglie.

Dovette inspirare profondamente due o tre volte per darsi una calmata. Le tornarono in mente le parole di Milo: come poteva concedere del tempo ad una persona del genere?

Emily non aveva mai incontrato gente come lui in vita sua. Conosceva qualche persona strafottente e stupida, ma non ai livelli di Daniel.

Si conoscevano da appena un giorno, ma Emily era certa che non sarebbero mai andati d’accordo. La sua idea del ragazzo era ben delineata: era uno di quei tipi che pensavano di essere belli, e che sfruttavano le loro caratteristiche per avere tutto e subito, sentendosi sempre un gradino sopra le altre persone.

Non poteva capitarle un collega peggiore con cui passare l’estate.

 

  
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