Capitolo 3
Quando
Emily parcheggiò l’auto nel garage, la casa era avvolta nel buio. Erano solo le
undici, quindi le risultava parecchio difficile da credere, ma tutto sommato
non le dispiaceva, poiché dopo una giornata pesante l’unico suo desiderio era potersi
riposare in tutta tranquillità.
Aprì la
porta che collegava il garage alla cucina, immersa nel silenzio. Posò la borsa
sul bancone in marmo bianco al centro della stanza, quindi si diresse verso il
frigo.
Durante il
lavoro non aveva mangiato quasi nulla, e in quel momento aveva una gran fame,
tanto che avrebbe potuto mangiare qualsiasi cosa. Purtroppo però, il contenuto
dell’elettrodomestico si era rivelato piuttosto deludente: davanti a lei si
trovavano una fetta di pizza, delle lasagne, qualche fetta di arrosto. Tutte
cose che avrebbe dovuto scaldare, e per quanto fosse un processo abbastanza
semplice, Emily non ne aveva la minima voglia.
“Quelle
cose non usciranno dal frigo da sole, sai?” l’avvertì una voce dietro di lei,
facendola sobbalzare.
Amanda se
ne stava appoggiata al muro, con un’espressione divertita sul volto. Portava i
lunghi capelli scuri raccolti in una coda, e indossava una maglia almeno di due
taglie più grandi.
“Non ti ho
sentita arrivare” disse Emily, estraendo le lasagne dal frigo.
“Nemmeno
io, avevo solo fame” affermò l’altra, avvicinandosi.
Prese la
pirofila dalle mani della sorella, quindi la mise a scaldare nel forno.
Entrambe si
sedettero al piccolo tavolo in legno, Amanda a capotavola ed Emily alla sua
sinistra.
“Dove sono gli
altri?”
“Josh dorme
fuori, papà è uscito con dei suoi amici e mamma ancora in ospedale” rispose
Amanda, scrollando le spalle.
“Ah… siamo
solo io e te quindi?” chiese Emily cauta.
“Ehm… non
esattamente” disse l’altra con un sorriso.
Emily alzò
gli occhi al cielo: il primo posto della sua lista nera, era occupato dal sesso
notturno di sua sorella.
Aveva ormai
perso il conto delle notti passate insonni.
“So cosa
stai per dirmi… ma lui è davvero carino! Non posso lasciarmelo scappare, tu mi
capisci vero?” disse Amanda, esibendo un’espressione simile a quella di un
bimbo a Natale.
“Amanda… io
voglio dormire” affermò con un sospiro.
“Non ti
disturberemo, non preoccuparti! Giuro sulla mia macchina che non ci sentirai
nemmeno”
Emily alzò
gli occhi al cielo: quella frase l’aveva già sentita… tante, troppe volte.
“Potresti
evitare di affondare la faccia nel gelato?”
“Non sto
affondando la faccia nel gelato” rispose Emily, lanciando una spugnetta ad
Alex.
“Guardati
allo specchio Emily. Faresti paura ad uno zombie… ma che fai la notte invece di
dormire?”
Osservo il soffitto ascoltando gli
ululati di mia sorella e di tutti quelli che si porta a letto. Pensò la mora.
Amanda e il
tizio sconosciuto erano andati avanti tutta la notte con le loro effusioni da
film porno.
Ad un certo
punto Emily si era chiesta dove la trovassero tutta quell’energia, e se non
fosse stato il caso di andare a fermarli.
Ma
irrompere nella stanza della sorella mentre faceva certe cose non era da lei,
quindi aveva sopportato in silenzio, sperando nel loro buon senso; che si era
fatto vivo verso le cinque del mattino.
“Lascia
perdere Alex. Piuttosto, perché sei ancora qui? Il tuo turno è finito un quarto
d’ora fa” constatò la mora, sviando il discorso.
“Milo mi
deve dare un passaggio, ho la macchina dal meccanico” spiegò la ragazza, mentre
asciugava i bicchieri in attesa del collega.
Emily
inarcò un sopracciglio: aveva dimenticato che anche Milo non era di turno
quella sera. Pensava che Evan avrebbe assegnato la chiusura almeno ad un’altra persona,
di modo che non rimanesse sola con Daniel.
Il suo non
era un capriccio: conosceva se stessa abbastanza bene da sapere che non avrebbe
retto le prossime tre ore assieme al ragazzo. Avrebbero cominciato con le
battutine acide, poi sarebbero passati alle parole pesanti, ed infine al lancio
dei bicchieri, magari sotto lo sguardo dei clienti.
Era
abbastanza difficile per lei mantenere la calma, e temeva di perdere ancora il
lavoro, come era già successo in passato.
Con uno
come Daniel poi, le probabilità di perdere la pazienza si moltiplicavano
all’infinito.
Erano quasi
le quattro e mezza, e il ragazzo non si era ancora fatto vivo. Milo e Alex
erano usciti pochi minuti prima, lasciandola da sola. Non c’erano molti clienti
nel negozio, quindi non c’era nessun problema.
Però,
mentre sistemava per ingannare il tempo, una comitiva di turisti aveva fatto il
suo ingresso. Un gruppo di ragazzi e ragazze sui tredici anni, probabilmente
iscritti a qualche campo estivo, accompagnati da un paio di persone adulte.
All’incirca
una trentina di persone che parlavano tutte insieme.
Cazzo.
Emily non
poteva crederci. Aveva sentito innumerevoli volte le parole “Io voglio”,
seguite da gusti che dopo un minuto venivano surclassati da altri. Ognuno di
quei mostri aveva cambiato idea come minimo quattro volte, piantonando le mani
sul vetro che aveva accuratamente pulito poco prima.
Aveva
passato una buona mezz’ora in balia di quei pazzi da sola, mentre altri clienti
sbuffavano per l’attesa.
Aveva
provato a chiamare Evan sia a casa sul cellulare per chiedere rinforzi, dato
che viveva solo un paio di isolati più in là, ma non aveva risposto.
Per fortuna
la confusione era finita, ed era rimasta solo una coppietta di anziani seduta
ad un tavolino.
La mora
decise di approfittarne per farsi un frappè e cercare di calmare la rabbia che
sentiva montare dentro di sé.
Prese in
mano il telefono, e compose nuovamente il numero di Evan, sperando di riuscire
a trovarlo. Ma mentre attendeva una risposta, qualcuno varcò la porta
d’ingresso: indossava gli occhiali da sole e aveva in volto un sorriso
rilassato.
Senza
degnare Emily di uno sguardo, attraversò il negozio, diretto alla porta che
conduceva agli spogliatoi. Dopo un paio di minuti tornò sui suoi passi,
avvicinandosi al bancone.
“Il vetro
dev’essere pulito” esordì, con una voce stranamente roca.
“Mi sembra
ovvio” disse la mora, chiudendo la telefonata.
“E allora
perché è ancora sporco?”
Emily bevve
un sorso del suo frappè, poi incrociò le braccia, tirando un sospiro: “Non saprei… probabilmente è colpa
dell’accozzaglia di tredicenni che si era insinuata qui dentro”
Daniel si
guardò in giro, inarcando un sopracciglio: “Non vedo nessuno”
“Se fossi
arrivato puntuale ti saresti goduto la scena”
“Desolato,
ma avevo da fare. Ora pulisci”
“Col
cavolo” fu la pronta risposta della ragazza.
“Impedita,
non farmi ripetere le cose due volte”
“E tu non
farle ripetere a me”
Detto
questo, prese il flacone di detergente per i vetri e un straccio, quindi li
lanciò nelle mani di Daniel, che li afferrò prontamente.
Senza
degnarlo ulteriormente di uno sguardo, si mise a sistemare i vari utensili
appena usciti dalla lavastoviglie.
Dovette
inspirare profondamente due o tre volte per darsi una calmata. Le tornarono in
mente le parole di Milo: come poteva concedere del tempo ad una persona del
genere?
Emily non
aveva mai incontrato gente come lui in vita sua. Conosceva qualche persona strafottente
e stupida, ma non ai livelli di Daniel.
Si
conoscevano da appena un giorno, ma Emily era certa che non sarebbero mai
andati d’accordo. La sua idea del ragazzo era ben delineata: era uno di quei
tipi che pensavano di essere belli, e che sfruttavano le loro caratteristiche
per avere tutto e subito, sentendosi sempre un gradino sopra le altre persone.
Non poteva
capitarle un collega peggiore con cui passare l’estate.