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Autore: Yuki Kiryukan    08/08/2012    4 recensioni
Rebecca Jane Callaway si è appena trasferita col padre a Dallas. Mentre si prepara ad affrontare il primo giorno alla sua nuova scuola, si è già abituata all'idea di trascorrere i prossimi anni che l'attendono nella noia e monotonia totale.
Solo in seguito capirà quanto sbagliate fossero quelle previsioni.
Solo dopo aver scoperto la verità sulla sua stessa esistenza.
Solo dopo aver intrecciato la sua vita a quella di Zach Hudson ed al suo, loro, segreto.
Dal cap 15:
"Che cosa stiamo facendo, Zach?" gli chiesi sulle labbra "Tutto questo non ha senso"
Lui si allontanò lentamente da me. Era serissimo "Deve averne per forza?"
"Noi dovremmo ucciderci" gli ricordai, per quanto doloroso fosse anche il solo pronunciare quella frase.
"E questo chi lo dice?" sembrava irritato. Si ostinava a non voler guardare in faccia la realtà.
Deglutii, mentre una lacrima mi rigava la guancia " Il nostro sangue"
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cursed Blood - Sangue Maledetto'
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 Ed ecco il quinto capitolo! =3    Da qui le cose iniziano a muoversi un pò, anche se lentamente! continuate a seguirmi! Aspetto con ansia le vostre impressioni! Ringrazio chi ha recensito i precedenti capitoli!
A presto! <3
Yuki.                      
              
                                           

                                                      Intrighi 





Mi sentivo letteralmente un topo in trappola.

La forza delle braccia che mi tenevano ben stretta era impressionante.

La mia schiena era poggiata di peso al petto del mio assalitore e rabbrividii a quel contatto.

Era successo tutto nel giro di pochi secondi, che ancora faticavo a rendermi conto della situazione in cui versavo.

E che situazione!

Dopo lo schok iniziale, cominciai a divincolarmi. Non mi sarei fatta mettere i piedi in testa da nessuno!

Analizzai la situazione: le braccia erano off limits. Completamente imprigionate nella sua stretta, non riuscivo a muoverle nemmeno di un millimetro.

A mordergli la bocca nemmeno a pensarci. Le labbra erano serrate sotto il peso della sua mano.

Beh, dovevo già ritenermi fortunata per il fatto che non mi avesse stordito col cloroformio.

Infine, optai per le gambe. Erano la mia unica speranza.

Con tutta la forza che avevo in corpo, cercai di pestargli i piedi, ma mi accorsi, mio malgrado, che, oltre che forte, era anche tremendamente agile.

Il mio tentativo fallì miseramente, e mi sentii una perfetta stupida. Odiavo essere così inerme ed impotente.

Con un sospiro, lo sentii avvicinarsi pericolosamente al mio viso, ed impallidii. Non avevo idea di cosa avesse in mente di fare, ma sapevo che non mi sarebbe piaciuto di certo.

Avvertii una leggera pressione al mio orecchio sinistro, solleticandomelo.

Labbra?

Il mio cuore sussultò e rabbrividii. Oddio, erano le sue labbra!

  << Schh… >>  mi intimò  << Datti una calmata, scalci come una cavalla impazzita… >>

Una voce bassa ed un po’ roca. Dove l’avevo già sentita una voce così? Quel tocco di arroganza misto a svogliatezza…

Sgranai gli occhi. Ma certo! Apparteneva sicuramente a lui!

Zach Hudson.

Involontariamente smisi di divincolarmi, e voltai lentamente la testa dalla sua parte.

Contemporaneamente, avvertii la sua stretta ferrea alleggerirsi, fino a lasciarmi libera.

Con uno scatto mi allontanai da lui, ansimando, potendolo finalmente guardare bene in faccia, o almeno per quel che permetteva la scarsa illuminazione di quel posto.

Era proprio lui. I capelli castani sembravano biondi sotto la luce del lampione, ma i suoi occhi erano sempre dei pozzi neri in cui mi sembrava annegare.

Mi costava ammetterlo, ma era bellissimo.

Per fortuna almeno, questa volta non aveva del sangue addosso. Jeans e maglietta scura e un paio di scarpe da tennis nere.

Mi guardava con un’espressione che non seppi decifrare.  << Sei un tipo agguerrito eh… >>constatò massaggiandosi i polsi, sorridendomi arrogantemente.

Ero ancora sconvolta. Prima mi aggrediva alle spalle come se fosse uno psicopatico, e ora ci comportava normalmente?! Si permetteva addirittura di sorridere?!

  << C-c… >> provai a parlare  << Cosa …cosa d-diavolo stai facendo?! >> balbettai come un’idiota.

Sembrava confuso. Alzò le spalle a mo di “sono innocente”.

  << M...mi hai fatto prendere un…colpo! >> continuai col fiatone, mettendomi una mano sul cuore.

  << Non dovresti aggirarti in questi vicoli da sola >>  mi riprese, con tranquillità   << Non c’è brava gente, e saresti un facile bersaglio. Ti ho solo portato via prima che ti succedesse qualcosa >>

Alzai un sopracciglio. Stava cercando di spacciarsi per il mio salvatore adesso?

Era lontano anni luce dal’essere un supereroe!

  << E non potevi usare un metodo più normale nel farlo?! >> esclamai infine, più urlando che altro.

Sorrise  <<  “Il fine giustifica i mezzi” >> fece ironia.

Mi stava prendendo in giro? Sentii il sangue salirmi alla testa…

  << Vai al diavolo! >> non riuscii a trattenermi.

Non perse il sorriso   << Mmh…non era proprio quello che mi aspettavo di sentire come ringraziamento… >>

Non sapevo nemmeno io come mi sentissi.

Ero ancora scossa e tremante, ma probabilmente non era il modo di trattarlo dato che “mi aveva fatto un favore”…

Ma perché non riusciva a comportarsi come una persona normale accidenti?!

  << Perché ti sei disturbato ad aiutare questa “grande scocciatura mai esistita sulla faccia della Terra”? >> ironizzai con un tocco di acidità nella voce dopo un po’   << “Tanto nemmeno ci conosciamo” >>

Gli sbattei volontariamente in faccia le stesse parole che lui aveva rivolto a me.

  << Oooh…sei un tipo vendicativo quindi… >> rispose calmo, riponendo le mani nelle tasche dei jeans.  << Mi piaci >>
 
<< Non sono vendicativa! Semplicemente ti ripago con la stessa moneta! >>
 
 << Che in altre parole equivarrebbe a dire che sei vendicativa… >>

Stetti in silenzio. Ok…Forse aveva ragione.

Rossa di rabbia gli diedi le spalle, e mi diressi dove avevo lasciato le buste della spesa incustodite. Le raccolsi e le pulii dalla sporcizia.
Poi lo riguardai. Non si era mosso di un centimetro.

  <<Se qui non c’è brava gente…tu cosa ci fai da queste parti? >> chiesi riducendo gli occhi a due fessure.

Si irrigidì un po’, aprì la bocca per parlare, ma io lo precedetti  << Ah già, dimenticavo. Tu pesti la gente… >>

Erano queste le sue “compagnie poco raccomandabili”? Amelia aveva ragione a dire di stare alla larga da lui allora…In quel momento mi sentii inquieta nello stare in un posto come quello, in compagnia di quel tipo.

Lui scoccò la lingua  << Tzè,  dai ancora aria alla bocca >> dal suo tono di voce, dedussi che si era innervosito.

  << Ma se sei stato tu a dirmelo! >> mi difesi.

  << Quello era perché… >> fece morire lì quella frase  << Lasciamo perdere. Piuttosto, sbrigati ad andartene, questo non è posto per te >>

  << Invece lo è per te? >>

  << Ma che ti importa! Quanto sei petulante! >>

Non ne potevo davvero più di quel tipo << Hai ragione, non me ne importa un fico secco! >> sbottai  << E se sono così petulante, la prossima volta non ti disturbare a… “salvarmi” >> mimai, muovendo in su e in giù l’indice e il medio di entrambe le mani.

Mi allontanai, ma sentii la sua voce alle mie spalle  << Comunque, un “grazie” è sempre gradito >>

Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo  << Buffo! Pretendi l’educazione dagli altri, quando tu sei il primo arrogante! >> esclamai, alludendo al nostro primo incontro.

Mi intese, e un ghigno si fece strada sul suo volto  << La situazione era diversa >> alzò le spalle  << Io non avevo bisogno del tuo aiuto, tu invece si >>  ridusse gli occhi a due strette fessure  << Eccome se ne avevi bisogno... >>

Alzai gli occhi al cielo. Ragionava con una logica tutta sua. Inutile continuare a parlarci.

  << Convinto tu! >> mi rivoltai   << Buonanotte! >>

Lo sentii ridere  << Buonanotte…Rebecca >>

Sussultai sentendo il mio nome venir pronunciato da lui, ma cercai di non darlo a vedere. Doveva averlo sentito da Amelia. Soppressi il violento istinto di rigirami e alzargli il medio.

Rigai dritto, guardando avanti, e con sollievo, cominciai a sentire i brusii e le luci provenienti dallo stradone.

Tuttavia, non riuscii a trattenermi da rivolgere un’occhiata di sottecchi dietro di me.

Lui era ancora li, e mi stava guardando.

Incrociai il suo sguardo e, sarei pronta a giurarlo, rideva.
 
 
 
 La mattina dopo mi svegliai e sentii qualcosa di diverso.

Non capii inizialmente cosa. La mia stanza era uguale a come l’avevo lasciata la sera prima. Le pareti di un giallo spento, un piccolo comodino a sinistra pieno di cianfrusaglie, un armadio ancora da riempire…

La luce filtrava dalle tendine bianche della finestra. Poi, la mia mente tornò lucida, e arrossii di botto ricordandomi il sogno che avevo fatto.

Come avevo potuto sognare quel deficiente di Zach Hudson?!

Nel sogno era buio pesto, e l’unica figura che riuscivo a scorgere vicino a me apparteneva a lui.

Mi affiancava e mi abbracciava dolcemente, mentre attorcinava le dita tra i miei capelli bronzei e mi ricopriva il collo di baci.

Santo Iddio!

Mi schiaffeggiai le guance. I sogni rappresentano i desideri? Ma nemmeno a pensarci! Dovevo sicuramente essermi lasciata influenzare dallo scambio poco piacevole che avevamo avuto la sera prima per cause di “forza maggiore”.

Scesi giù dal letto, diretta al bagno, con tutta l’intenzione di scacciare quei pensieri…
osceni.

Fu il primo aggettivo che mi venne in mente per descriverli.

Quando scesi al piano inferiore dell’abitazione notai che era deserto. Mio padre doveva aver rincasato tardi, e molto probabilmente era intento a ronfare a letto.

Feci colazione di fretta, divorando qualche cucchiaiata di cereali e un po’ di succo d’arancia direttamente dal cartone, reduci dalla spesa della sera precedente.

Uscii di casa e constatai sbuffando che la notte doveva aver piovuto. Fui sul punto di scivolare diverse volte per raggiungere la fermata del bus.
Dovevo assolutamente convincere mio padre a farmi un’auto. E alla svelta anche.

Arrivata, notai Amelia vicino all’ingresso, in compagnia con altri ragazzi.

Cercai di passare inosservata, ma la sua voce squillante mi fece sussultare  << Becky! >>

Corrucciai la fronte. Da dove veniva quel diminutivo assurdo? Mi sforzai di sorridere e la raggiunsi con passo lento. In un attimo, mi ritrovai al centro dell’attenzione.

  << Sei Rebecca Jane Callaway vero? >> a parlare era stata una ragazza che non avrei certo fatto rientrare nella categoria “magre”. I capelli rossicci raccolti in una buffa e stentata coda di cavallo  << Mi chiamo Susan Pevens >> si presentò.

Abbozzai un sorriso  << Ciao >>

  << Come ti trovi in Dallas? >>si fece avanti un ragazzo alto e robusto. Capelli neri e occhi nocciola  << Mark Constant >>  aggiunse infine.
 
<< Devo ancora ambientarmi, ma per il momento bene, grazie >> mentii. Continuavo ad odiare quella città.

Conobbi una ragazza bionda che sembrava provenisse da una rivista di moda, Gwen Ofman, e un tipo palestrato dai capelli rossicci, di nome Derek Collins.

Non riuscii a capire il motivo per cui Amelia sembrava avercela con la maggior parte degli studenti di quella scuola, tranne che con loro. Si comportava normalmente, rideva, scherzava.

Poi, sentii un mormorio tra gli altri studenti che affollavano il cortile. Mi voltai nella direzione in cui erano rivolti gli sguardi di tutti i presenti, compreso il gruppo con il quale mi stavo intrattenendo, e sussultai.

Zach Hudson, capelli scompigliati e attraenti, occhi magnetici, profondi e sicuri di se, stava facendo il suo ingresso in scena, seguito a ruota da altri ragazzi.

Il gruppetto che lo circondava era formato da altri quattro ragazzi.

Riconobbi la figura del biondo che avevo incrociato il primo giorno di scuola, che aveva una sigaretta accesa tra le labbra e si guardava intorno con aria da strafottente, congelando chiunque sotto il suo sguardo di ghiaccio.

Al suo fianco, una ragazza dai capelli corvini lunghi fino a metà schiena. Gli occhi erano di un blu elettrico. Era bellissima.

Un’altra ragazza dai capelli color nocciola con un taglio corto e asimmetrico. Gli occhi verde palude e la pelle diafana.

Infine, un ragazzo dai boccoli scuri e il fisico scolpito. Si fece passare una sigaretta dal biondo e seguì il suo esempio.

La maggior parte degli altri studenti li ammirava sorridendo, parlottando tra se, un’altra parte li seguì entrando nell’edifico scolastico.

Mi voltai verso Amelia, e l’ennesimo brivido mi attraversò la colonna vertebrale. I visi del gruppo che mi circondava si indurirono notevolmente.

Il tipo alto, Mark Constant, digrignò i denti, e Susan Pevens prese a torturarsi l’unghia del pollice con aria inquieta. Gwen Ofman si lisciava con insistenza una ciocca di capelli e Derek Collins si scroccò le ossa del collo.

Amelia non fece una sola piega. Lo sguardo truce ed impassibile. Ebbi l’impressione che più che essere rivolto al bell’imbusto di Zach Hudson, stesse fissando con insistenza il tipo biondo, che ora era intento a schiacciare il mozzicone di sigaretta col piede.  

Il gruppo che aveva così tanto attirato l’attenzione su di sé, ci passò davanti senza fare una piega. Poi, Zach Hudson posò lo sguardo su di me, imprigionando i miei occhi ai suoi.

Il mio cuore perse un battito, quando, sotto gli occhi sbigottiti dei presenti,  lo vidi muovere una mano in mia direzione, ed intrecciare le due dita affusolate ad un mio boccolo ramato, esattamente come nel mio sogno.

Arrossii solo al ricordo. Perché mi venivano in mente certi pensieri? E soprattutto, perché si comportava in quel modo assurdo, e totalmente incoerente?!

Mi sorrise, in un modo tale che mi mozzò il fiato  << Ci vediamo a lezione, Rebecca >> mi sussurrò, liberando il mio boccolo.

Incapace di distogliere lo sguardo da lui, lo osservai entrare a scuola, e sparire tra i corridoi.

Deglutii, improvvisamente assetata.

Ebbi tutta l’impressione che sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
  
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