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Autore: mamogirl    08/08/2012    1 recensioni
"This Power is greater than the forces of nature."
Brian e Nick. Frick e Frack.
Una forte amicizia che, con il trascorrere del tempo, si é trasformata in un sentimento molto differente e molto più profondo.
Ma il loro rapporto potrà durare nonostante un ritorno di un passato doloroso e gli ostacoli che si presenteranno lungo la strada?
NOTA: Non ho abbandonato questa storia. Alcuni capitoli sono in fase di revisione e di riscrittura e saranno presto online. Ringrazio tutti coloro che stanno ancora aspettando. =)
NOTA: ONLINE IL CAPITOLO 24.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Littrell, Kevin Richardson, Nick Carter
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Quattordicesimo Capitolo

 

 

 

 

 

 

 

Tante cose erano successe in quel breve ma intenso lasso di tempo.
Quanto era trascorso?
Dieci giorni?
    Brian non riusciva a ricordarsi esattamente quanti fossero – o, forse, non voleva dare importanza a ciò che aveva dato inizio a tutto – ma sapeva che non erano molti. E, dopo tutto quello che era successo, dopo tutti i cambiamenti che erano avvenuti nella sua vita, era strano ritrovarsi nella stessa posizione in cui tutto era incominciato, anche se a chilometri e chilometri di distanza: la pioggia che picchettava contro il vetro della finestra, il cielo ingrigito da nubi che non promettevano nulla se non un bel temporale e le fronde degli alberi scosse da un vento che aumentava in intensità di minuto in minuto..
    Quella sera, quella lontana sera, le forze della natura avevano ascoltato la sua anima e deciso di suonare una sinfonia dalla stessa melanconica melodia. Li ricordava ancora quei pensieri, ricordava esattamente come si era sentito, quasi come se quel temporale che sbraitava fuori dalla finestra fosse la perfetta rappresentazione di quello che cercava di venire allo scoperto dentro di lui. A volte, il passato tornava così ferocemente che tutto quello che lui riusciva a fare era mettersi in un angolo e lasciarlo urlare, conscio che una volta terminato, il mostro sarebbe stato più debole e per lui sarebbe stato più semplice riprendere in mano le redini e ritornare ad essere ciò che era e, soprattutto, la persona che era diventato.  
    E ora, in un imprecisato tempo successivo, si ritrovava a cercare di fare la medesima cosa. Si ritrovava, ancora una volta, a trovare un equilibrio prima che qualcuno si accorgesse di quanto fosse alla deriva, trascinato al largo dai demoni del passato senza niente a cui aggrapparsi. Quante notti aveva trascorso insonne, gli occhi spalancati mentre attorno a lui danzavano ombre sinistre, cercando di trattenere i singhiozzi che avrebbero attirato attenzione su di lui? Quante volte si era nascosto ed aveva usato il sorriso come lasciapassare per le domande scomode, sperando che qualcun altro intervenisse e prendesse lui il posto sotto i riflettori? Quanti momenti erano stati quasi decisivi, quante volte era stato sul punto di lasciarsi andare solo per aver, finalmente, qualcuno a cui urlare tutta quella rabbia che cullava dentro di sé? Invece, puntualmente, l’orgoglio e la testardaggine lo obbligavano a ributtare giù quel boccone e a nascondere quel bagaglio ingombrante in qualche meandro, sperando, illudendosi, che un giorno potesse scomparire, esattamente come era apparso dal nulla.
    Per qualche anno, ci era riuscito.
    Fingere era diventato quasi una perfetta recita e lui conosceva il suo ruolo: sorridere, giocare, scherzare, questo era tutto ciò che richiedevano da lui. Fintanto che nessuno sapeva, fintanto che nessuno nemmeno sospettava ciò che era successo, anche lui poteva comportarsi come se niente fosse accaduto, quasi come l’anno dei suoi quindici fosse solamente un enorme buco nero in cui tutti i ricordi erano stati risucchiati. Quasi come se non fosse stato lui quel bambino che aveva dovuto lasciare quel paradiso per bambini su una barella. In un certo senso quella era la verità: il Brian quindicenne era morto quel giorno, l’innocenza rubata in un battito d’ali spezzate per sempre. Da quelle ceneri ne era sorto un altro, forse non completamente guarito, forse non completamente differente da chi era stato precedentemente, ma con la forza e la voglia di non lasciarsi abbattere così facilmente. Ma da qualche parte, nascosto dentro la sua anima, c’era un vuoto che a volte prendeva il sopravvento: era il desiderio di essere sorretto da delle braccia attorno a lui, la rassicurazione che niente avrebbe potuto modificare o cambiare i rapporti creatosi negli anni, la sicurezza di una protezione che non era mai riuscito a crearsi e, più semplicemente, la voglia di essere esattamente come gli altri e buttarsi in quell’amore che aveva solamente sognato e a cui si era aggrappato quando i momenti bui superavano quelli positivi. 
    C’era quasi riuscito, si stava lentamente spogliando di quel pesante drappeggio quando era arrivata quella fatidica serata. Non poteva dimenticarla, nemmeno se dava fondo a tutte le sue energie pur di cancellare quei minuti. Ricordava ogni attimo, rivedeva le immagini come se stesse guardando un film ma senza la possibilità di interromperlo quando arrivava una scena troppo cruda o troppo spaventosa. Ricordava l’alito, un misto tra fumo ed alcohol; ricordava l’aria pungente di pioggia, la brezza che aveva contribuito ad abbassare ancor di più la temperatura del suo corpo... poteva continuare con quell’elenco ma non avrebbe cambiato il fatto che era successo e che aveva riportato tutto a galla. Da quella notte lui era ritornato ad essere quel bambino, indifeso contro il senso di impotenza che era ritornato ad avvolgerlo, insieme a tutte quelle ansie e paure che lo riducevano sempre in preda al panico durante il giorno e prigioniero degli incubi durante la notte. E più il tempo passava, più trovava difficile nascondere a tutti il suo malessere. Era questo che non capiva, come mai non riusciva più a comportarsi come se niente fosse successo? Ci era sempre riuscito ma, ora, sembrava quasi che ogni suo asso fosse stato smascherato e lui non aveva più la forza e l’energia per creare nuove maschere.
    Forse, per la prima volta, non sentiva più quel bisogno quasi primordiale di cercare un angolo e lasciare che il mondo continuasse la sua rotazione mentre lui cercava di riprendersi. Era un pensiero simile ad una lama a doppio taglio: da un lato, era quasi un sollievo non doversi sempre nascondere, lasciare che gli altri capissero quel suo bisogno di riprendere fiato e farsi aiutare, anche se non ne era abituato; dall’altro, aveva sempre cercato di nascondere le sue fragilità e mostrarsi così debole, così esposto all’occhio giudice degli altri lo spaventava ancora di più. Che cosa avrebbero pensato i suoi amici? Che cosa avrebbe pensato Nick?
    Era tutto quello a cui riusciva a pensare, la reazione di Nick. Ed era stata quella a bloccarlo ogni volta perché tutto poteva sopportare tranne che perdere il ragazzo che, senza nemmeno saperlo, era stato l’unico punto fisso nel suo cielo. Ogni volta che era stato sul punto di arrendersi, ogni volta che stava per lasciarsi catturare dai suoi demoni o che perdeva la speranza di essere finalmente una persona completa, e non solamente un corpo che camminava privato della sua anima, Nick lo aveva riportato sulla retta via. A volte, semplicemente con la sua presenza: gli bastava guardarlo per convincersi di nuovo che nel mondo esistevano ancora persone speciali, persone che non gli avrebbero fatto del male alla prima occasione. Osservarlo mentre rideva, osservarlo assorto in un videogioco o mentre leggeva un fumetto, era una ventata di aria fresca: gli dava la possibilità di ricordarsi che il mondo ancora girava, che cose belle nascevano ogni giorno e non c’era bisogno di ritornare sempre in quell’angolo oscuro che occupava gran parte della sua mente. In Nick risiedevano tutte le sue speranze, in Nick aveva concentrato ogni sua energia in modo da avere sempre un appiglio a cui aggrapparsi per non cadere.
    I sogni, le sue speranze di un giorno poter stare insieme, non erano mai stati così reali se non da quella terribile notte. Era strano, come poteva qualcosa di così bello essere nato da un avvenimento così pregno di negatività? Eppure era proprio così, perché già da quelle ore che era nato quel vitale e fondamentale cambiamento nel loro rapporto. La litigata, le urla, le recriminazioni e le paure li avevano uniti mentre la sua stessa ammissione di aver bisogno di stare con Nick per sentirsi meglio aveva abbattuto una difesa e, come tessere di un intricato domino, anche tutte le altre erano cadute una dietro l’altra. Quella sera, erano state le braccia di Nick a tener lontano ogni fantasma del passato ed impedirgli di incontrare il nuovo incubo; era stato il respiro ed il battito del suo cuore a tener calmi i suoi, cullandolo lontano dal panico e dal terrore e dal pensiero che era stato ancora sul punto di cadere nel vuoto ma, almeno questa volta, qualcuno lo aveva salvato. 
    Era stata quella notte, quel particolare momento in cui lui era crollato nell’abbraccio di Nick, che aveva stravolto tutto: ruoli invertiti, sentimenti che non erano più riusciti a rimanere confinati in quel piccolo spazio dove entrambi, consciamente e non, li avevano relegati. E quel momento che avevano scambiato in bagno? Ricordava di essersi perso, come sempre, negli occhi azzurri di Nick, pronunciare frasi su una fantomatica ragazza quando, in realtà, stava parlando di lui come la persona che lo avrebbe amato per tutto quello che era, pregi e difetti compresi. Oh, lo amava, certo, lo amava così totalmente da aver abbandonato qualsiasi altra ricerca e semplicemente messo in stand – by la sua vita perché, almeno, poteva essere suo amico e sperare in qualcosa di più, un giorno. Ma era proprio grazie a quel sentimento che aveva accettato anche gli aspetti non molto positivi del ragazzo, come il suo ricercare sempre l’attenzione perché era così che era stato cresciuto e perché, per molti anni, aveva dovuto sgomitare per essere accettato così com’era. Brian era abituato a non aspettarsi niente da lui, a dover mettere da parte le sue preoccupazioni per occuparsi e risolvere quelle del suo miglior amico. E l’aveva sempre fatto senza mai avere remore o noie perché era così liberatorio potersi sentire in grado di occuparsi di qualcuno invece che focalizzare ogni energia mentale sui suoi traumi. 
    E proprio per questo, si era aspettato le urla e la confusione una volta che Nick si era reso conto che anche lui provava qualcosa, un sentimento molto più forte della semplice amicizia. Perché Nick era così, all’inizio si spaventava sempre, specialmente quando entravano in gioco le emozioni e mettere a nudo la propria anima; si richiudeva a riccio, armi ben alzate per ferire chiunque stesse cercando di avvicinarsi e ferirlo lì dove avrebbe fatto più male. Tanti avevano tentato di farlo, soprattutto chi avrebbe dovuto amarlo ed invece lo aveva semplicemente usato per quello che era diventato e tutti i benefici che derivavano dalla sua posizione. Ma una volta superato quell'ostacolo, una volta messo a riposo le armi e la paura, Nick era in grado di donare anche il suo cuore se fosse stato necessario.
    Brian appoggiò il mento sulle ginocchia e la fronte sulla superficie fredda del vetro: nonostante il cielo grigio, nonostante le luci ad intermittenza dei lampi, New York non perdeva nemmeno un grammo del suo fascino. Adorava quella città, adorava come il verde e la natura si immergeva così perfettamente con i grattacieli e la caotica vita di una metropoli come quella.  Ma quella mattina, nemmeno lo spettacolo newyorkese riusciva a distoglierlo dai suoi pensieri. Anche se non voleva, anche se tutto quello che voleva fare era dimenticare, svegliarsi ed accorgersi che niente gli era successo, se non quella non minima differenza di avere Nick accanto a lui.
    Nick.
    Non voleva ripensare a come Nick si era comportato dopo quel bacio, esattamente per lo stesso motivo per cui non voleva ripensare ai giorni successivi e a quanto fosse stato sul punto di arrendersi. Eppure, anche quello era stato un momento di svolta, come se qualcuno avesse preso il mondo e l’avesse fatto girare fino a che tutto tornasse alla normalità. E lì, nell’attimo più duro, ecco che Nick aveva ripreso la lucidità. Non poteva certo dire di aver completamente dimenticato ciò che gli aveva fatto o di come lo aveva fatto sentire ancor così debole. E sapeva che il ragazzo ancor si torturava per come si era comportato, già lo immaginava a domandarsi come lui aveva fatto a metter da parte tutto ed accettarlo nella sua vita.
    Era contorto anche per lui quel ragionamento, eppure, Nick era la sua speranza, la sua unica opportunità per essere veramente felice e sentirsi un ragazzo normale, il Brian che avrebbe sempre dovuto essere e che, invece, non aveva mai avuto la sua possibilità di volare. Nonostante l’aver cercato di dimenticare tutto, comportarsi come se niente fosse successo, non era mai riuscito ad essere completamente se stesso. Fidarsi di qualcuno, sperimentare, lasciarsi guidare dalla curiosità, erano tutte cose che non aveva mai nemmeno tentato di provare. Riportavano a galla solo brutti ricordi e dolore. 
    Eppure, con Nick, tutto era diverso. Forse, perché quel Nick era totalmente differente da quello che aveva sempre conosciuto. Che fosse in parte dettato dal senso di colpa, non aveva importanza, perché in tutto quello che ora faceva Brian vi leggeva un sentimento che aveva sempre sognato e mai pensato realmente che potesse essere una realtà. Non era stato solamente il discorso che gli aveva fatto il giorno prima, no. Brian sapeva, per esperienza, che non doveva quasi mai dar peso a promesse fatte a parole perché spesso erano solamente quello, un’insieme di vocali e consonanti senza peso. Potevi aggrapparti a quelle parole, potevi circondarti di quelle promesse, ma sarebbe stato più doloroso il momento in cui ti saresti voltato e ti saresti accorto che non avevano seguito e che, ancora una volta, la solitudine era l’unica compagna al tuo fianco.
    Ma Nick non si era fermato solo a quello. Non gli aveva solo promesso di aiutarlo e di prendersi parte del suo peso alle spalle. No, lo aveva anche e soprattutto messo in pratica.  Mai Brian aveva assistito ad un Nick così completamente attento a qualcun altro. Non si era comportato come Kevin, tempestandolo di domande su come si sentisse ogni cinque secondi e chiedendogli continuamente se avesse bisogno di qualcosa. Il più delle volte, era quel continuo rimbrotto di domande a renderlo oltremodo ansioso e pronto a uscir fuori dalla sua pelle in modo che la smettesse di prudere in modo così infernale. Oh, sapeva che quello era il suo modo di dimostrare il suo affetto e, molto più spesso di quanto volte avrebbe ammesso, gliene era grato ma a volte voleva solamente essere considerato ancora un ragazzo normale. Nick, invece, aveva fatto tutto l’opposto, sapendo intuire alla perfezione quando lui voleva essere lasciato in pace e l’esatto momento in cui il panico era lì, pronto ad abbattersi su di lui. Dopo anni ed anni ad essere sempre stato l’eroe di qualcuno, ora era lui ad essere salvato da un eroe. E non era così brutto, forse perché Nick lo aveva fatto in modo così silenzioso e per niente appariscente che era stato semplice abituarsi ad avere qualcuno al suo fianco, delle dita che si stringevano attorno alle sue quando l’aria incominciava a diradarsi e sembrava così difficile respirare. 
    Ma sarebbe durato? Sarebbe stato così facile abituarsi a quel tipo di comportamento ma come avrebbe fatto se, dall’oggi al domani, Nick avesse cambiato idea? E lui sapeva che c’era solo una cosa che avrebbe potuto far scappare Nick a gambe levate. Quel segreto che si portava dietro e che lo stava avvelenando da quel lontano giorno. Poteva continuare a definirlo un segreto? Howie ora sapeva, non ci sarebbe voluto molto prima che anche gli altri lo scoprissero.
    A lui interessava solo la reazione di Nick. Se si era arrabbiato così tanto per avergli tenuto nascosto i suoi sentimenti per cinque anni, che cosa avrebbe fatto quando avrebbe scoperto che aveva un segreto ancor più grosso chiuso dentro di sé? Se... oh, era già straziante pensare quelle frasi senza nemmeno terminarle, ma se lo avesse abbandonato? Ed avrebbe avuto tutte le ragioni di questo mondo, giustificazioni che chiunque avrebbe trovato lineari e valide. Chi mai voleva qualcosa che era già stato, non solo usato, ma anche abusato? Non sarebbe mai stato nuovo di zecca, non sarebbe mai stato uno di quei splendidi trofei che chiunque vorrebbe mettere in mostra. E, forse, stava lì, in quei termini ed aggettivi, la differenza fra come era stato e com’era ora che aveva Nick al suo fianco. Erano state poche ore, pochi giorni, ma già era come se fossero legati insieme da sempre. E Nick, oh, Nick non lo faceva sentire come un oggetto, qualcosa per cui valeva la pena dannarsi così tanto ma poi buttare via al primo uso. Era successo con Tyler, anche se quell’esperienza non poteva contare come essere stati corteggiati, no? Oh no, decisamente no. Era successo però con Leighanne, nonostante la donna fosse ora la sua più grande amica. Ma come fidanzati? Lo erano forse mai stati? Un matrimonio non viene considerato tale se non viene consumato, altrettanto forse si poteva dire di un fidanzamento? Lui vi aveva provato, tentativi falliti uno dietro l’altro, ma almeno dietro a quelli c’era stata tanta buona volontà. Forse, era stato ancora troppo giovane, forse il male si era così insediato dentro di lui da essere un veleno ormai in circolo nel suo sangue da troppo tempo per essere risucchiato via così velocemente. O, forse, perché lei non era Nick, l’unico con il quale riusciva a provare qualcosa che, sì, lo spaventava ma lo lasciava anche avvolto in una coperta di desiderio difficile da separarsene. Come poteva farlo ora? Ora che aveva provato che cosa significasse essere il centro del mondo di Nick, ora che aveva provato ad essere preso cura e trattato come se fosse qualcosa di prezioso. Non un trofeo, non un oggetto da poi mostrare con orgoglio nella propria collezione: era, invece, la sensazione di essere un quadro prezioso, non uno di quei capolavori così tanto adorati nel mondo, ma semplicemente qualcosa che andava celato dall’occhio indiscreto. Non fragile, quello no, anche se era così che Brian si sentiva in quell’ultimo periodo.
    Poteva perdere tutto ciò?
    Poteva, senza qualsiasi dubbio, continuare ad illudersi che poteva rimanere solo e, nello stesso tempo, guarire dal suo passato?
    No, non poteva. Perché il rifiuto di Nick lo avrebbe distrutto, lacerato in pezzi che nessuno avrebbe potuto poi ricomporre. Poteva continuare a non dirglielo. Sarebbe stato semplice, si sarebbe nascosto dietro la scusa della passata aggressione e poi avrebbe vissuto giorno per giorno fino a quel miracoloso momento in cui il passato, quell’enorme bagaglio sulle sue spalle, si sarebbe dissolto nell’aria, lasciandolo finalmente libero di essere se stesso. Era impossibile. Non ci sarebbe mai riuscito, sarebbe bastato un minimo segno di cedimento e Nick sarebbe riuscito ad estorcergli qualsiasi verità, anche quella più nascosta sotto strati e strati di bugie e mezze illusioni. E si sarebbe arrabbiato, oh, e più sarebbe trascorso il tempo e più la sua rabbia sarebbe diventata sempre più bruciante.
    Doveva dirglielo, doveva dargli ora la possibilità di scegliere che cosa era più giusto fare, se continuare a restare al suo fianco, conscio che lui non sarebbe mai potuto essere tutto ciò che aveva sempre desiderato, oppure se ammettere la sua sconfitta ed andarsene. Prima l’avrebbe fatto e meno dolorosa sarebbe stata la sua agonia. 
    Però la paura, ancora quel demone, lo bloccava: si piazzava davanti a lui, mostrandogli immagini che non voleva ricordare e che non avrebbe mai voluto vedere. Ma doveva, doveva essere consapevole di ogni minimo scenario in modo da essere preparato. Perché Nick era così, Nick lo sorprendeva sempre con reazioni che lui non era mai riuscito a calcolare, neppure per un singolo frammento. Poteva arrabbiarsi, certo, poteva appigliarsi all’accusa di non essersi mai fidato di lui e di non dargli mai una vera possibilità di dimostrargli che era cambiato. Oppure, poteva più semplicemente, guardarlo con espressione sconvolta. Forse, era quella che lo spaventava maggiormente. Non voleva vedere su quel volto quelle espressioni da cui era sfuggito, il vero motivo per cui aveva sempre pregato e scongiurato il cugino di non dire niente e custodire il suo segreto: la compassione, la pietà, la tristezza che si poggiava su basi di carta visto che nessuno aveva mai dovuto affrontare ciò che era toccato a lui. No, non voleva vedere quei colori mischiarsi con l’azzurro delle iridi di Nick.
    Ma non era più sicuro di quanto potesse andare avanti. Howie sapeva e, per quanto Kevin avesse cercato di non rispondere, lo aveva letto nei suoi occhi che non gli aveva creduto nemmeno per un volatile attimo. E la curiosità non l’avrebbe tenuto lontano. Forse lo avrebbe tenuto a debita distanza dal maggiore, colui che era capace di incenerire qualcuno con un solo sguardo, ma avrebbe scavato e scavato fin quando non avrebbe avuto la sua verità. E quella che avrebbe trovato, fra articoli di giornali e dichiarazioni di persone che nemmeno erano state presenti quel giorno, non sarebbe mai stata la verità ma solamente una narrazione, più o meno inventata, in cui i dettagli più scabrosi erano stati ingigantiti solo per attirare più lettori.
    Era davvero così che lui voleva che Howie scoprisse il suo passato?
Non aveva commesso nessun crimine, non c’era niente che potesse recriminarsi se non quella di essersi fidato: di Kevin, di Tyler, dell’umanità in generale. Si era fidato ed era rimasto ferito, quello era il sunto della sua storia, una trama così tristemente comune a tante altre persone. Non aveva niente di cui vergognarsi se non l’essere stato ingenuo. Per arrivare a quella verità, per arrivare a quel piccolo pensiero, aveva dovuto passare anni ed anni di odio verso se stesso, di odio contro un mondo che non l’aveva protetto. Passato l’odio, passato tutto quel turbinio di emozioni, sentimenti e paure, era quasi arrivato ad una sorta di accettazione, forse perché si era reso conto che continuare a piangere o a provare rancore avrebbe solamente avvelenato la sua vita e lo avrebbe immobilizzato senza nessun’altra speranza per il futuro.
    Quel nuovo Brian, forgiato da quella nuova relazione a cui non avrebbe rinunciato nemmeno se gli fosse rimasto solamente un respiro ancora in corpo, non si sarebbe lasciato rinchiudere in un angolo. Che Howie sapesse o non sapesse non doveva essere uno spauracchio in grado di farlo scappare. A testa alta e sguardo d’orgoglio, lo avrebbe affrontato e gli avrebbe raccontato la verità. O, almeno, quel poco che si ricordava.
    Una forte folata di vento fece sbattere la finestra, lasciandola poi leggermente aperta. A colpire Brian fu prima l’odore della pioggia, di cemento bagnato e alberi, per poi confondersi con quello più pungente e fastidioso del fumo di una sigaretta. Per i primi secondi, il suo cervello riuscì a collegare quell’odore al suo legittimo proprietario, ovvero Aj che era sgaiattolato fuori sul terrazzo per fumare in santa pace ma poi si ritrovò riportato indietro in un luogo che lo aveva seguito sin quel momento: le pareti della camera si erano trasformate in fredde mura scura di un vicolo che non avrebbe mai dimenticato. Le pozzanghere e piastrelle bagnate risuonavano sotto i suoi piedi, fredda umidità che risaliva dalle dita dei piedi fino all’altre estremità, congelandolo in quella posizione che tutto ora sapeva se non di difesa. Una musica si era alzata da chissà dove, rombi sordi di bassi che risuonavano ogni volta che la porta di apriva e chiudeva, mischiandosi con le voci di passanti. E poi c’era quell’altra voce che supplicava qualcuno di lasciarlo andare, mani invisibili che salivano e scendevano lungo la sua pelle, dita che si stringevano attorno al suo mento ed il dolore che subentrava immediatamente come reazione.
    Poi, dal nulla, un respiro calmo e regolare, così poco attinente a quello scenario. Riportò Brian alla realtà, a quella stanza che era calda ed asciutta, a delle pareti che non erano fatte di mattoni ma di un beige chiaro e l’unica acqua che ora lo stava bagnando era quella delle sue stesse lacrime. Trovò la sua bussola, quel nord che lo aveva strappato via dall’incubo, lì sdraiato a letto.
    Nick.
    Osservarlo mentre dormiva pacificamente, senza nessuna preoccupazione, era avvolgente tanto quanto la sicurezza di essere protetto. Lì, in quella stanza, non sarebbe potuto succedergli niente di male. Lì, fintanto che si sarebbe concentrato su quel respiro che era così in contrasto con il suo troppo frenetico e veloce, poteva ricordarsi che tutto era finito. Non solo, poteva riaffermare a se stesso che ne era uscito, che combatteva ogni giorno esattamente come in quel momento, non permettendo al panico di affondare ancora una volta i suoi artigli e trascinarlo là dove non sarebbe mai più tornato. Così, i suoi occhi rimasero fermi su quei capelli biondi che tanto gli ricordavano il suo aggressore. E sì, forse anche i lineamenti del viso combaciavano, quasi come fossero due gocce d’acqua nate dalla stessa sorgente. Ma, ugualmente, si ritrovò ad alzarsi, quel respiro sempre troppo frenetico a sottolineare ogni suo tremante passo fin quando non si ritrovò accanto al bordo del letto. Recuperò il lembo del piumone, alzandolo quei centimetri sufficienti per infilarsi e poi coprirsi il più velocemente possibile. Si sdraiò accanto a Nick, all’inizio tenendo solamente qualche centimetro di distanza fra loro, non fidandosi dei suoi nervi. Il silenzio li avvolgeva, il respiro calmo, lento e regolare del ragazzo accanto a lui era una silenziosa mano che lo accarezzava, calmando il suo così irregolare ed impazzito. Quasi inconsciamente, perché una piccola parte della sua mente se ne stava rendendo conto, ad ogni inspiro di Nick ne seguiva uno da parte dei suoi polmoni e lo stesso avveniva ad ogni espiro. Tenne questo ritmo per qualche minuto, ad ogni aria che rilasciava un pezzo di panico se ne andava naturalmente, nient’altro pensiero se non quello di tenere fisso il suo sguardo sulla schiena di Nick, osservandone e carpendone ogni dettaglio: l’incavo fra le scapole, il modo con cui la maglietta bianca sembrava essere una seconda pelle, un minimo ostacolo fra di loro.
    Brian si avvicinò, quasi fosse stato attratto da quel corpo; le sue braccia si allacciarono attorno alla vita di Nick, le mani si sistemarono sopra le sue, come se fosse sempre stato quello il loro posto. Infine, appoggiò la fronte lì in quell’incavo che aveva osservato fino a qualche secondo prima, meravigliandosi di come i loro corpi combaciassero alla perfezione, quasi come se fossero stati divisi alla loro nascita e solo ora potevano riunirsi così come avrebbe dovuto sempre essere. Aveva sempre pensato di non poter essere capace di sostenere una posizione del genere, di essere consciamente così vicino ad un altro ragazzo senza essere nervoso o senza andare in panico pensando a tutto ciò che gli poteva capitare. Invece, tra le braccia di Nick, si sentiva così tranquillo da poter lasciar scorrere via le ansie e le paure, lasciandosi poi trascinare in quello che non avrebbe mai potuto affrontare se fosse rimasto solo.
    Addormentarsi.
    E così abbracciato a Nick, avvolto nelle coperte del sonno, Brian non si accorse della porta che veniva aperta in un piccolo spiraglio né di Kevin che rimase immobile, sulla soglia, ad osservare per lungo tempo i due ragazzi così stretti l’uno all’altro, prima di richiuderla ed andarsene.


 

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Con uno sbuffo spazientito, Nick chiuse una finestra per ritornare sulla schermata del motore di ricerca; scrollò l’elenco, leggendo velocemente le brevi frasi di descrizione prima di decidere su quale altro link far cliccarci sopra il suo mouse. Le pagine erano girate velocemente mentre le informazioni si sovrapponevano una sull’altra, sfocandosi in un ingarbuglio che lo stava confondendo molto più di quanto già lo fosse: tutti i siti che aveva visitato dicevano più o meno le stesse cose, rimanendo sul vago e senza entrare nello specifico, rimandando per consigli più seri a uno specialista.Era come sbattere la testa contro un muro invisibile, accorgendosi solo all’ultimo momento che vi era una vetrata fra lui e la verità. E quella la conosceva solo Brian ed era qualcosa che custodiva così gelosamente che non sarebbe stato facile fargliela ammettere.
    Con uno scatto, Nick richiuse il portatile e si sporse con la schiena, inclinando all’indietro la sedia. Con le mani incrociate dietro la testa, gli occhi chiusi per farli riposare dopo quei lunghi minuti spesi ad osservare lo schermo senza lenti o occhiali, Nick cercò di riprendere una sorta di controllo mentre aspettava il ritorno di Brian, domandosi chissà che cosa avesse avuto di così importante da discutere con Howie. Il camerino della Radio City Hall era vuota, salvo per la sua presenza, e lui aspettava solamente il ritorno di Brian per poi andare in albergo: le prove erano andate bene, forse troppo lunghe, anche se non ricordava molto, a parte l’aver osservato per tutto il tempo Brian, a volte sono per rassicurarsi che fosse ancora lì, saldo e sotto controllo, e a volte solamente perché ne era semplicemente attratto. O giusto per ricordarsi che quei giorni trascorsi non erano stati solamente un sogno ma una più che piacevole realtà. 
    E forse era stato anche per quello che non aveva potuto rabbuiarsi quando Brian, dopo un veloce tocco sull’angolo della bocca, gli aveva chiesto di aspettarlo in camerino. La punta di gelosia era nata all’improvviso, anche se non era un sentimento così nuovo per lui, soprattutto quando si trattava di Brian. Per anni lo era stato di qualunque persona si avvicinasse al maggiore e rubasse preziosi attimi che potevano essere trascorsi insieme, impaurito che da un momento all’altro Brian si accorgesse di quanto infantile lui fosse. E forse, un pochino lo era stato, specialmente considerato il modo con cui lo seguiva ovunque andasse e le sue espressioni da cucciolo abbandonato quando Brian usciva da solo o con qualche amico che lui non conosceva. Certo, succedeva raramente ed erano molte più le volte in cui il maggiore preferiva rimanere in un angolo da solo, perso ed intrappolato in qualcosa che già allora sembrava essere qualcosa di più grande di quanto lui sarebbe mai stato capace di comprendere. In quei momenti, Nick si era sempre sentito inutile oltre che a sentire in maniera quasi palpabile quella differenza di età che era sempre rimasta invisibile. Non sapeva come aiutare l’amico, non sapeva nemmeno a che cosa attribuire o identificare quell’espressione in uno sguardo che era sempre stato allegro e leggero; così, se ne rimaneva in disparte, ad osservarlo mentre si poneva mille domande che non trovavano mai una risposta. Crescendo, si erano allontanati. Brian, e lui stesso, avevano attribuito quella distanza al più che naturale cerchio della vita: Nick non era più un ragazzino a cui serviva una guida o un mentore; così, mentre Brian cercava di creare qualcosa insieme a Leighanne, lui aveva cercato di trovare una sua identità lontana dall’ombra del maggiore. Eppure, nonostante tutto, continuava sempre a tornare da lui, a valutare le sue opinioni più di qualsiasi altro, a chiudere una nuova amicizia se non incontrava i suoi gusti o se quella persona aveva qualcosa di ridire contro Brian. A volte, si ribellava a quel giudizio che solo a lui era permesso vedere: usciva apposta, combinava apposta qualcosa pur di dimostrare che non era vero che ancora dipendeva dal ragazzo quasi quanto aveva fatto in passato. 
    Solo ora Nick poteva comprendere il filo che aveva sempre legato tutti quei comportamenti, solo ora poteva vedere il nocciolo di un gomito a cui si era annidato negli anni: quella che era nata come amicizia si era dissolta in un oceano molto più profonda, in qualcosa che lo aveva accompagnato silenziosamente per anni ed anni fin quando non si era presentata davanti a lui richiedendo la sua attenzione. Amare Brian, scoprire di farlo e di averlo fatto da sempre, era stato così naturale tanto quanto uno shock, da cui ancora non si era ripreso. Perché non era un sogno, non come comunemente si poteva considerare. Era una realtà che presentava più spine di quanto lui avesse potuto immaginare perché nata da una serata che ancora aleggiava fra di loro come una nube tossica e perché lui aveva reagito come un bambino viziato e aveva quasi distrutto ogni possibilità per costruire quel rapporto con Brian. 
    E la sua gelosia, ora, non era indirizzata verso Howie, per quanto sapesse che non aveva nulla di che temere. No, quell’acida mano che si era impossessata per qualche secondo del suo cuore era più diretta verso quell’aurea di segretezza che aveva avvolto quella semplice informazione. Si era sentito ferito, punto in quell’animo che stava davvero cercando in tutti i modi di farsi vedere all’altezza di quella nuova situazione, di come quei due ruoli così sempre ben definiti ora erano diventati labili. Forse, erano diventati finalmente più maturi, permettendo ad entrambi di prendersi cura l’uno dell’altro senza dover indicare chi fosse il più forte o il più debole: esistevano solamente momenti più duri in cui solo uno poteva prendersi carico delle responsabilità, aspettando che l’altra sua metà si rialzasse e fosse in forze per continuare il loro viaggio.
    Ma come potevano iniziare qualcosa se non vi era fiducia? Se Brian non si fidava di lui nel confidargli ciò che lo tormentava?
    Ancor più frustato di prima, Nick si alzò di scatto dalla sedia, facendola cadere per terra. Un veloce sguardo all’orologio gli annunciò che era trascorso solo un quarto d’ora da quando era entrato in camerino, anche se a lui sembrava un’eternità. Con pochi passi, fu vicino alla finestra e vi si appoggiò contro con la schiena, tenendo lo sguardo fisso sulla porta, quasi come potesse far apparire Brian con la sola forza del pensiero. 
    A volte, c’erano momenti in cui era così semplice illudersi che tutto andasse per il meglio, che niente di quell’incubo fosse davvero reale e che loro due si fossero semplicemente svegliati ed avessero finalmente deciso di provare fino in fondo quei sentimenti che avevano preso albergo nei loro cuori. Erano i momenti come quella mattina, quando era stato il calore attorno al suo corpo a svegliarlo in un modo a cui non era proprio abituato: delle mani strette attorno alle sue, le dita attorcigliate ed intrecciate con le sue, un perfetto incrocio che aveva occupato qualche lungo attimo di osservazione. Era proprio così, le loro dita sembravano essere nate per potersi cercare ed abbracciare, stringersi e allentarsi in perfetta sincronia, come se fosse stato quello ciò per cui avevano sempre vissuto. Il caldo respiro sulla sua schiena era qualcos’altro che non era mai stata un’abitudine per lui; oh, era stato con tante persone, uomini e donne che avevano condiviso il suo letto ma nessuno di loro era mai rimasto per il dopo, per abbracciarsi stretto a lui e farlo entrare in qualcosa che non era solamente sesso. Era anche vero che nemmeno lui aveva mai permesso a qualcun altro di entrare nel suo mondo, convinto che in questo modo avrebbe sofferto molto di meno quando, alla fine dei conti, la solitudine poteva ferire tanto quanto una pugnalata inferta in nome dell’amore. Così vicino a qualcuno, fisicamente e spiritualmente, lui non lo era mai stato e doveva ammettere che non era così pericoloso: quell’inspirare ed espirare che teneva il suo conto sulla sua schiena non era solamente confortante ma era l’ennesima testimonianza di quanto intenso e forte fosse il sentimento che legava quelle due persone. E se Brian era rimasto al suo fianco, se non era sfuggito non appena lo aveva visto piegato in due in bagno e rimettere qualsiasi cosa avesse mangiato negli ultimi mesi, allora qualcosa doveva pur significare. Forse, non per tutti. Forse, per le persone normali, per chiunque che non fosse nei suoi panni, sembrava una cosa così insignificante per determinare se qualcuno era davvero interessato a lui o meno.
    Non per lui.
    Ciò che rendeva così speciale e importante quella mattina era ciò che aveva permesso a Nick di scoprire su Brian. Era una verità che era sempre stata davanti ai suoi ma che lui, volutamente e cocciutamente, non aveva voluto degnare se non di un veloce sguardo. Certo, era stata a causa di quella piccola verità che il giorno prima aveva fatto tutto quel discorso al ragazzo su come volesse prendersi cura di lui ma, almeno fino a quella mattina, non aveva compreso fino in fondo che cosa significassero quelle parole. E, come in quel momento, dubitava ancora di aver preso coscienza su quanto profondi e radicati fossero i problemi a cui far fronte. No, forse problemi non era il termine adatto. Brian non aveva un problema, qualcosa che si poteva cancellare con una semplice passata di gomma; non sapeva nemmeno come ben definirli se non con quel termine indefinito in cui aveva sempre inglobato i suoi stessi dilemmi e conseguenze del rapporto con i suoi genitori. Erano ferite che andavano ben oltre il superficiale strato della pelle e dell’animo, si erano insidiate fino a raggiungere il cuore della loro identità e, ogni giorno, ne determinavano ogni azione e comportamento, come quasi fossero dei vestiti che non riuscivano a togliersi di dosso. Non sapeva tutto quello che costituiva l’indumento stretto attorno a Brian, forse mai ne avrebbe avuta l’opportunità, ma per la prima volta non si sentiva uno sprovveduto né un ragazzino che fingeva di essere grande. 
    Il giorno prima, Nick aveva commesso quell’errore. Aveva preteso di sapere che cosa fare per rendere meno testo Brian, preteso che qualche piccolo gesto potesse cancellare ogni paura ed ogni panico; sì, quello aveva fatto. Aveva semplicemente preteso. E la sua pretesa di sapere gli si era rivoltata contro quella mattina, quando si era voltato, continuando a tenere stretto quell’intreccio di dita, ed aveva notato le tracce di lacrime sul volto di Brian. Alcune, erano tracce ancora liquide, acqua che Nick aveva asciugato con un veloce bacio. Ma anche quello si era rivelato essere controproducente, i tremori che aveva incominciato a percepire sotto le sue labbra non erano di piacere ma erano inconsci segni che lasciavano intendere che nemmeno i suoi sogni erano lidi liberi dalla paura. Era lì, la paura, ben visibile in quelle linee che aggrottavano la fronte, in quelle labbra che stavano tentando di urlare ma la cui voce ancora non usciva. E tutto ciò che Nick aveva potuto fare era sussurrare, per chissà quanto tempo, parole senza senso ma che sembravano riuscire nello scopo di calmare Brian. Eppure, per quanto spaventato fosse, il ragazzo non si era mai staccato da lui: le dita erano rimaste salde nella loro posizione, anzi, semmai la loro stretta si era fatta più intensa – e Nick aveva dovuto ringraziare che le sue unghie non fossero così lunghe da lasciare segni permanenti – mentre il suo corpo si era accoccolato contro di lui, nascondendo il viso lì fra l’incavo del collo. Era come se Brian stesse cercando di proteggersi, nascondersi da quell’incubo che sembrava non allentare le sue catene. E l’unico posto dove sembrava sentirsi al sicuro era lui, erano le sue braccia, il suo respiro ed il battito del suo cuore.
    Tuttavia, quella rivelazione non sembrava sortire alcunché: perche Brian si fidava di lui solamente quando non era cosciente, quando uno dei due non aveva coscienza di quello che stava succedendo. Oh, all’inizio era rimasto ferito da quella realizzazione ed era stato come se qualcuno lo avesse fisicamente fatto a pezzi, anche se la sua pelle non mostrava lividi né sangue si mostrava come testimonianza lasciando solo la rabbia a dar vita dentro di lui. Ma poi non aveva potuto fare altro che dar ragione a Brian ed alla sua mancanza di fiducia: come poteva fidarsi, come poteva appoggiarsi a lui dopo quello che gli aveva fatto? Per quanto il ragazzo continuasse a dirgli che lo aveva perdonato, lui non riusciva a farlo. Per colpa della paura e di chissà quale altro sentimento dentro di lui, aveva rischiato di rovinare tutto. E nemmeno lui si fidava di se stesso, nemmeno lui riusciva ad affermare con certezza quasi scientifica che non si sarebbe mai più comportato in quel modo. Perché era stato istintivo, era stata una rabbia che lo aveva avvolto ed accecato, facendogli commettere l’atto più di spregevole che avrebbe mai potuto compiere; e se ciò era nato da lui senza che potesse mettergli freno, come poteva prevenirlo in futuro? Ed era sicuro che fossero quelle le stesse obiezioni che Brian si dava ogni volta che si domandava se fosse giusto o meno confidargli il suo segreto.
    Sapeva di essere cambiato, sapeva che già quelle poche ore insieme al maggiore lo avevano trasformato in un’altra persona, un altro Nick che mai avrebbe voluto rifare tutti gli errori che aveva commesso in passato; soprattutto, lo avevano spinto ad essere quello che Brian era sempre stato per lui. Una roccia, un supporto a cui aggrapparsi in quel momento in cui forze a sufficienza per andare avanti sembravano essere scomparse ed attorno a lui vi era solamente l’oscurità. Ma doveva dimostrargli che poteva fidarsi, quella era stata la sua conclusione. E per farlo, Nick non poteva andare alla cieca sperando che ciò che stesse facendo fosse abbastanza. Non sapeva niente di quello che Brian stava passando, non sapeva quante profonde fossero le sue paure, quanto paralizzante potesse essere entrare in un locale o stare attorno alla gente. Domandare sembrava quasi un ostacolo troppo grande da superare ma sapeva che doveva farlo, prima o poi. Ma fino a quel momento, avrebbe aspettato che Brian incominciasse ad aprirsi con lui, avendo fiducia per entrambi e non sempre aspettandosi che fosse il maggiore a risolvere tutto.
    Risoluzione e determinatezza erano ciò che lo avevano spinto quel giorno. Osservare più attentamente Brian non era stato difficile, soprattutto dopo che si era reso conto che conosceva già tutti i trucchi che il ragazzo usava per nascondersi agli altri, anche se quel giorno erano molto meno accentuati, quasi ormai anche quella maschera pesasse troppo per lui. Un sorriso lo calmava quando lo sguardo incominciava a guardarsi attorno come se temesse che un pericolo fosse lì ad attenderlo; una stretta di mano, un semplice “ti amo” mormorato a fil di labbra a ricordargli che non era più da solo. Quelli erano tutti gesti che erano nati spontanei, come se la sua anima sapesse già a priori come comportarsi di fronte a quei segnali. Ma c’era tanto altro a cui non aveva pensato, tanti altri piccoli dettagli che lo facevano sentire piccolo e impotente. Ma non poteva arrendersi. Né lo voleva fare. Perché arrendersi significava dimostrare a Brian che aveva sempre avuto ragione a non fidarsi di lui e perché significava ammettere a se stesso che non era in grado di essere ciò che aveva sempre desiderato essere. E perché arrendersi non era qualcosa a cui Nick era abituato: aveva sempre lottato per ciò che più anelava e quel sogno era il più importante di tutti.
    Staccandosi dalla finestra, Nick riprese il suo portatile e si sedette sul divanetto, la schiena appoggiata al bracciolo ed il computer sulle sue gambe. C’era ancora molto che doveva leggere, informazioni che potevano essere chissà dove e che lui, semplicemente, non era ancora riuscito a trovare; aveva anche copiato già quelle che aveva ritenuto più pertinenti ed anche salvato qualche numero in caso di bisogno. Certo, era una decisione che solo Brian poteva prendere ma lui voleva essere preparato ad ogni evenienza. 
    Stava per copiare uno dei consigli trovati su un sito quando la porta del camerino si aprì all’improvviso, sbattendo forte contro la parete. Nick alzò gli occhi di scatto, già pronto a scattare in soccorso di Brian, la preoccupazione ad alimentare il suo battito mentre aumentava di intensità quando invece si ritrovò di fronte la figura di Kevin.
“Dobbiamo parlare.” Pronunciò il ragazzo, guardandolo come se si stesse trovando di fronte al peggiore dei nemici.
“Di che cosa? Che cosa ho fatto?” Si ritrovò Nick a domandare mentre chiudeva il computer.
“Di te e di Brian.”

 

 

 

 

 

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Il lungo corridoio non offriva una bolla di silenzio dalla baraonda che ancora si stava sfogando sul palco: c’erano ancora luci da montare, sistemi ed impianti audio da mettere insieme e poi provare che funzionassero. Per anni, Howie ne era rimasto affascinato: rimaneva sempre in un angolo ad osservare come magicamente le scene su un palco venivano erette e smontate così velocemente, ancora basito di come lui e gli altri ragazzi fossero il fulcro attorno al quale era stato creato lo show. Ora quella magia era scemata, forse si era trasformata in freddo cinismo, ma ogni tanto riappariva ed era come una ventata di aria fresca da quelle ali di divismo e adorazione che li avvolgeva ovunque andassero. Oh, era una sensazione totalmente fantastica ma, a volte, ognuno di loro voleva fermare lo show e ricordare a tutti che erano anche loro persone, esseri umani esattamente come ognuno di loro. E, proprio come ogni persona, avevano i loro momenti tristi, le loro depressioni e i loro segreti.
    Ma anche lui aveva commesso, almeno apparentemente, il loro stesso errore.
    Racchiuso nella bolla di suoni che si infilavano fra le piastrelle e le mura, Howie stava ancora riflettendo su quanto scoperto su Brian. Mai aveva pensato a qualcosa del genere, nemmeno nei suoi peggiori incubi o al suo peggior nemico avrebbe mai voluto desiderare qualcosa di così terribile. E collegare le due cose, quella violenza alla persona che Howie aveva conosciuto durante gli anni era davvero inconcepibile. Oh, la sua mente riusciva logicamente a riportare a galla dettagli che ora assumevano un senso ma era ancora tutto così irreale da poterle dare ragione. Tanto che una parte di lui ancora rifiutava di crederci, aggrappandosi alla flebile speranza che avesse sbagliato e che forse esisteva un altro B.L. che non era il suo migliore amico. D’altronde, nessuno dei due, né Kevin né Brian stesso, aveva confermato; certo, non avevano nemmeno smentito e l’espressione totalmente sconvolta di Brian era già di per sé una prova. Per non parlare di Kevin, il quale non lo aveva degnato di uno sguardo per tutto il giorno, se non per minacciarlo quasi come se fosse convinto che potesse dire al mondo intero che cosa aveva scoperto. Non l’avrebbe mai fatto, certo che non sarebbe mai andato in giro a raccontare una cosa del genere! A che scopo, poi? No, Howie non avrebbe mai raccontato in giro ciò che aveva scoperto. D’altronde, non toccava a lui e dubitava anche che qualcun altro lo avesse creduto. Aj, di sicuro, lo avrebbe guardato dopo essersi tolto gli occhiali da sole – ed ancora non comprendeva perché li indossasse anche in camera – e si sarebbe infervorato su quanto disgustoso fosse inventarsi queste bugie. E quanto voleva che fossero ciò, quando desiderava che tutto quello che aveva letto fossero solamente menzogne narrate da qualche giornalista troppo disperato per uno scoop.
    Non era nemmeno riuscito a guardare Brian negli occhi. Ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, il suo si abbassava quasi immediatamente, un rossore di vergogna che gli infiammava le guance ben conscio di quale messaggio stava lanciando all’amico. Ma per quanto si era ripromesso di non farlo al prossimo sguardo, non riusciva a far finta che niente fosse cambiato; perché ora, quando guardava Brian, non vedeva l’amico che aveva sempre conosciuto ma solamente quel ragazzino di quindici anni la cui vita era stata rovinata. E una parte di lui voleva sapere tutto, voleva sapere come era riuscito a rialzarsi e prendere fra le mani ciò che gli era rimasto e crearsi una nuova realtà attorno a lui, riuscendo così perfettamente nel far credere a tutti che quel ragazzino del Kentucky non aveva mai avuto una vita difficile. Le apparenze, persino tra gli amici, erano ingannatrici, ti ammaliavano con mezze verità, forgiando i tuoi pensieri e le tue opinioni.
    E lui era un codardo. Sarebbe bastato poco, sarebbe bastato solo un pizzico di coraggio e andare da Brian. Ma a dirgli cosa? Che comprendeva? Che cosa poteva comprendere lui di quella situazione? Che non lo giudicava? Come se davvero pensasse che fosse stata colpa sua! Quali erano le frasi migliori da usare in quei casi? Howie non lo sapeva e, piuttosto che fare figure o rovinare qualcosa, preferiva la via più facile e meno accidentata.
    Ecco perché aveva aspettato che tutti fossero già uscito dallo stage prima di recarsi anche lui verso il camerino: le probabilità di ritrovarsi da solo con Brian erano ridotte al minimo, soprattutto ora che il ragazzo trascorreva ogni momento libero insieme a Nick. Vederli insieme era stato quasi come una boccata di sollievo, ossigeno che aveva scacciato via alcuni dei nuvoloni che si affollavano attorno alla sua mente, anche se non riusciva a spiegarsi che cosa lo rendesse più leggero: forse era il modo con cui Brian si avvicinava senza darne l’impressione o come bastava una semplice mano sulla schiena per allentare quella tensione che irrigidiva il corpo. E la cosa che più lo sorprendeva era che nessuno sembrava farci caso, tanto naturalmente i due ragazzi si comportavano. Forse, la soluzione più giusta era parlare con Nick, anche se ciò implicava rompere il segreto di Brian. Ma se stavano insieme, Nick doveva sapere. Soprattutto, doveva sapere che con Brian non poteva comportarsi come con tutti gli altri. Ma no, non poteva essere sua quella decisione.
    “Howie? - Una flebile voce, con una nota di determinazione nel tono, gli fece alzare lo sguardo e posarlo sulla persona attorno cui avevano ruotato i suoi pensieri. Brian era fermo davanti a lui, il viso alzato da una sicurezza che era sempre stata lì, assieme a lui nonostante tutto; a contrapporsi a quella c’era l’incertezza e l’ansia che li faceva torturare le mani, attorcigliandole su stesse. – Hai un minuto?”
    Deglutì a fondo prima di riuscire a mormorare un semplice “Certo.”
    Brian si guardò in giro, assicurandosi che non ci fosse nessun altro. Lo era già sicuro di ciò, tenendo conto che nel camerino c’era solo Nick mentre Aj e Kevin erano ancora alle prese con la band per gli ultimi dettagli, ma un’altra occhiata non si sarebbe di certo dimostrata inutile. Quando fu sicuro, si avvicinò all’amico, mostrando sotto la luce arancione del lampadario i segni di una tensione che non ci sarebbe dovuta essere: erano amici, anzi, erano quasi fratelli e proprio lì, forse, risiedeva la sorgente di tutto. “Dobbiamo parlare.”
    Howie annuì con un piccolo cenno di capo. “Credo che la stanza vicina...”
    “Ti spiace se camminiamo? – Lo interruppe Brian, abbassando per qualche secondo il viso prima di rialzarlo. – Tendo a diventare un po’ claustrofobico quando si parla di questo.”
    In silenzio, incominciarono a percorrere il corridoio nella stessa direzione verso la quale Howie era arrivato, ascoltando solamente il rumore dei loro passi attutiti dalla spessa moquette rossa. Nessuno dei due sapeva come incominciare, anche se Brian stava cercando solamente di recuperare da qualche parte tutto il coraggio possibile per affrontare quel discorso. Quella mattina, o meglio dire primo pomeriggio, quando si era svegliato, l’idea sembrava così semplice da attuare nella sua mente: prendere da parte l’amico e dirgli la sua verità, confidando che il legame che li univa non lo avrebbe spinto a reazioni negative. E, alla fine, era quello tutto ciò a cui lui si aggrappava: sapere di avere ancora quell’amicizia, sapere di non aver cambiato drasticamente l’opinione che l’amico aveva di lui. Ma ora che si trovava fisicamente lì, ogni positiva speranza era sfuggita via, sentimento condiviso dal suo animo che voleva farlo fuggire e nascondersi nella protezione dell’abbraccio di Nick. Forse, oh, forse la soluzione migliore sarebbe stata parlarne prima con Nick, in modo da avere un bagaglio di supporto da cui attingere in quel momento. Ma chi lo avrebbe supportato in quel caso? No, parlarne con Howie era la soluzione non solo più semplice ma anche la più ovvia: parte della storia già la sapeva e poteva anche sviare sui dettagli, visto e considerato che nemmeno lui se li ricordava.
    “Puoi chiedermelo.” Mormorò quindi, spezzando il silenzio.
    “Oh... va bene. Cioè, no, non va bene... – Howie si passò una mano fra i capelli, sbuffando. – Scusami, non volevo dire quello. Non so come comportarmi.”
    “Siamo in due, allora.” Ribattè Brian mentre un sottile sorriso allentava la tensione.
    “Quindi... sei tu? Quel bambino?”
    “Sfortunatamente sì.”
    Howie aprì le labbra per dire qualcosa ma niente uscì dalla sua bocca, poiché non vi erano parole adatte per quel contesto. Era stato come ricevere un pugno allo stomaco, forte abbastanza da togliere completamente l’ossigeno ai suoi polmoni, lasciandolo boccheggiante come un pesce fuori dall’acqua. Gli uscì solo una domanda, forse quella più importante in quel momento. “Perché?”
    “Perché è successo a me?” Domandò di rimando Brian, la fronte corrucciata.
    “Perché non hai detto niente? – Lo corresse Howie. – Capisco all’inizio, ma dopo tutti questi anni? Perché?”
    Le braccia andarono a stringersi attorno alla sua vita, una posizione che Brian assumeva ogni volta che si ritrovava a discutere situazioni ed argomenti che lo mettevano a disagio. “Non è questione di fiducia o meno. – Incominciò a rispondere, avendo intuito la velata accusa sotto quelle parole. – Ma per quanto ci si possa fidare di una persona, non saprai mai con certezza quale sarà la sua reazione di fronte a certe notizie. E io non volevo che le cose cambiassero, non volevo vedere nei vostri occhi quelle espressioni di pietà e commiserazione che mi avevano sempre seguito in Kentucky; volevo semplicemente rimanere il ragazzo che avete conosciuto e di cui vi fidavate. Era tutto sotterrato, nessuno poteva avere accesso a quelle informazioni e l’unica persona che poteva decidere se farvi sapere questa cosa ero io, quindi potevo vivere, o almeno provarci, come se non ci fosse nessuna macchia nera nel mio passato.”
    “Capisco.”
    “Davvero?” Domandò sorpreso Brian.
    “Sì. – Affermò convinto Howie, stupito anch’egli di quanto potesse trovare un punto in comune in quella stranezza. – Non è la medesima cosa né voglio equiparare le due situazioni ma mi comportavo allo stesso modo da piccolo: nel nostro quartiere, tutti mi conoscevano ancor prima che potessi dire il mio nome. “Oh, tu sei il fratello? Povera stella.” e gli altri bambini non volevano giocare con me perché pensavano che avessi la stessa malattia di mia sorella. Così, quando sono andato nella nuova scuola, non parlavo mai di lei, condividevo quel segreto solo quando ero sicuro di avere instaurato dei rapporti solamente grazie a ciò che ero e al mio carattere. Quindi, in parte, comprendo il motivo per cui non volevi farne parola.”
    Fu come se un peso si sciogliesse attorno a lui. Brian si ritrovò a sorridere, allentare la stretta attorno al suo stomaco, e avvicinarsi di qualche centimetro all’amico. “Non voglio che questa cosa, quest’aggressione, mi definisca. Una volta lasciata scemare la rabbia, una volta superato il rifiuto più totale, mi sono chiesto se volevo permettere a quel veleno di continuare ad infilarsi nella mia vita o se volevo essere di più, tutto tranne che il ragazzino che era stato sui giornali per mesi. Non è stato semplice, non lo è tutt’ora e non credo che sarà qualcosa che potrà scomparire con il tempo. Ma ogni volta che mi sono ritrovato su un precipizio, ogni volta che volevo arrendermi perché quel demone non se ne voleva andare, mi bastava guardarmi in giro e rendermi conto di ciò che ero riuscito a fare e ottenere nonostante tutto. Quasi sempre, siete voi la boccata d’aria che mi riporta sulla strada. Perché mi trattate normalmente, perché Aj mi prende in giro su qualcosa, Nick che vuole giocare o che ha bisogno di me, tu che vuoi semplicemente chiacchierare e Kevin che si dimentica qualcosa. Non voglio perdere tutto questo, non voglio che ora tutti camminino in punta di piedi perché non sanno come comportarsi o che pensino che sia troppo fragile e che abbia bisogno di protezione. Kevin mi basta e avanza.”
    L’aria era seria attorno a loro ma, dal nulla, Howie si ritrovò a sorridere, contenendo a fatica la risata che gli solleticava la gola. Uscirono in un piccolo terrazzino, ad aprire e tenere socchiusa la pesante porta di sicurezza ci pensò un’enorme e rassicurante bodyguard, a cui diedero un sorriso prima di sedersi sul muretto che circondava i tre lati del perimetro. L’aria risentiva ancora della pioggia mattutina, fresca brezza che cercava di insinuarsi fra gli strati di indumenti che indossavano; guardando il cielo, grigio scuro anche se molto più chiaro rispetto alle prime ore, non si riusciva a capire che era quasi ora del tramonto e che avevano trascorso ore ed ore rinchiusi in quello che sembrava una realtà alternativa, così distante dal mondo esterno.
    “Kevin... credo che voglia uccidermi.” Annunciò Howie, dopo qualche attimo in cui entrambi avevano semplicemente preso a pieni polmoni la calma ed il silenzio, per quanto interrotto dalla confusione che solo New York regalava, attorno a loro.
    Brian voltò lo sguardo verso di lui, prendendo nota del tono semiserio del maggiore, considerato che ciò che aveva detto non si discostava molto dalla verità ma neppure da una bonaria battuta fatta per rompere quell’aria di serietà. E normalità. Perché era normale, per loro, ritrovarsi e prendere in giro il maggiore fra tutti. Ed era quello di cui Brian aveva bisogno, anche se Howie continuava a non riuscire a scacciar via quella mano d’angoscia stretta fredda lì in fondo al suo stomaco. “Tranquillo, non ti ucciderà.”
    “Ah, bene.” Commentò quindi Howie con un sospiro di sollievo.
    “Ma potrebbe tagliarti la lingua.” Aggiunse Brian, spostando di lato il viso e nascondendo un mezzo ghigno divertito.
    “Cosa?” Howie lo guardò di rimando con occhi sgranati, un’espressione totalmente terrorizzata ad accendergli il nero delle iridi.
    Brian scoppiò a ridere e per un momento, un mero attimo a cui si aggrappò fino a poterlo farlo diventare parte di sé, fu come se le ultime settimane non fossero nemmeno passate. Era la prima vera risata che gli nasceva da quella notte ed avrebbe voluto che il mondo si fermasse, così che lui potesse rimanere in quella bolla di normalità. “Stavo scherzando!”
    “Mi hai fatto prendere un colpo.”
    “Ma spero solo che tu non gli abbia confidato qualche segreto, altrimenti potrebbe utilizzarlo come ricatto.”
    “Ora stai scherzando o sei serio?” Domandò Howie titubante.
    “Sono serio. – Affermò Brian. – Se non hai ancora notato, Kevin è affetto da manie da eroe salvatore. Soprattutto e consideratamente nei miei riguardi, quindi credo che stia seriamente pensando che il fatto che tu sai possa destabilizzarmi più di quanto già lo sia. E so che è tutto perché mi ha visto letteralmente nel momento peggiore ma... non sono così fragile da dover essere difeso anche da te.”
    La sicurezza che Brian aveva mostrato prima ora si era disciolta in un mare di incertezza e di paura, mista a triste rabbia. E lì, in quel momento, Howie captò qualcos’altro che non poteva essere espresso a parole; più del discorso che Brian gli aveva fatto, quel momento mise in luce che cosa doveva significare dover vivere ogni giorno con quel peso e perché non voleva che né lui né nessun altro avrebbe dovuto sapere ciò che gli era successo. “Brian, sei tutto fuorché fragile.” Le parole gli uscirono senza nemmeno un pensiero ma, nel momento in cui le sue orecchie le udirono, Howie capì che erano giuste. Che era la verità, perché fragile sarebbe stata una persona che si nascondeva e che lasciava che i demoni avessero il sopravvento, non Brian che lottava ogni giorno per essere normale.
    “Glielo fai capire anche a lui? – Ribattè il ragazzo con un timido sorriso. – So che è il senso di colpa a farlo agire in questo senso, anche se ormai ho perso il conto delle volte in cui gli ho cercato di far capire che non è e non sarà mai colpa sua. Non poteva sapere, non poteva esserci niente che avrebbe potuto prevenire ciò che è successo, se non rimanere a casa. E, forse, per lui è anche peggio perché si fidava di Tyler, era il suo migliore amico e... non so, credo che si senta in colpa perché è tramite lui che io ho conosciuto il mio aggressore.”
    “Quindi è per questo che non gli vuoi dire di te e di Nick?”
    Brian annuì, le dita che nervosamente andavano ad appoggiarsi sulla mano sinistra, lì dove l’orologio copriva il polso. “Nick è la cosa più bella che mi sia capitata e so, oh, sì che lo so che un giorno dovrò parlargliene. Ma per ora voglio solo assaporare questi momenti, questi preziosi attimi in cui siamo solo noi due e quel desiderio di conoscersi senza fretta, solamente tramite gesti e sensazioni. Non è la situazione idilliaca che avrei voluto o l’inizio che sognavo per il nostro rapporto ma ora che c’è, ora che posso toccarlo con mano, non permetterò a niente e nessuno di portarmelo via o distruggerlo. E se Kevin lo sapesse, come prima cosa penserebbe che Nick in qualche modo mi abbia costretto o che abbia approfittato di questo momento in cui sono debole e fragile per raggirarmi in qualcosa che crollerà al primo soffio di vento. Ormai, è così abituato a stare all’attenti, ad aspettarsi sempre la pugnalata alla schiena, che non riesce a concepire che al mondo esistano ancora cose che sono così semplici e belle.”
    “Magari ti può sorprendere.”
    “Kevin?”
    “Andiamo, non puoi seriamente pensare che Kevin possa... no, non Nick! Lo conosce da anni, lo ha praticamente cresciuto.”
    “Conosceva anche Tyler.”
    “Ma è differente!”
    Fu un lampo, veloce come solo la luce può essere, ma il ricordo di quei pazzi e bui momenti in cui Nick si era trasformato in qualcuno che non era e che non doveva essere, lo colpì per poi lasciarsi dietro un amaro retrogusto. “Non potrai mai conoscere qualcuno fino in fondo, ci sarà sempre un iceberg di cui non ti sei mai reso conto perché nascosto. – Si ritrovò a dire, quasi meccanicamente, come se non fosse lui a parlare ma qualcuno che si era impossessato della sua voce e del suo corpo. Corpo che gli faceva stringere le mani in pugni, come se bastasse solo quel gesto a cacciar via ogni pensiero negativo. – Kevin si fidava di Tyler esattamente come ora fa con Nick. E non... non permetterà che succeda una seconda volta.”
    Come presto si era abituato in presenza del minore, Howie si ritrovò a sentirsi completamente inutile, la mente completamente vuota senza nessuna frase di conforto da tirare fuori per cancellare quel tono spento, privo di qualsiasi forma di vita e che così tanto strideva con Brian. Ma c’era qualcosa che poteva fargli cancellare quella paura? Se anche esisteva, e su quello aveva ancora molti dubbi, l’unica persona che poteva riuscire in quell’impresa non era di certo lui ma qualcuno che si trovava a così pochi metri da loro. E lo avrebbe fatto inconsciamente, esattamente come lo aveva visto fare in quelle ore appena trascorse. “Non accadrà. - Mormorò solamente ma pareva così una futile promessa che nemmeno lui credette alle sue stesse parole. – Non accadrà.” Si ritrovò comunque a ripetere, questa volta più convinto. Non sapeva chi dei due stava cercando di convincere maggiormente, forse lui stesso perché si sarebbe dannato prima di permettere che Nick potesse arrivare a tal punto di violenza... oh, solo in quel momento si rese conto che si stava comportando esattamente come Kevin. Howie lasciò fuggire dalle sue labbra un lungo respiro, sperando di rilasciare in quel modo tutti quei pensieri.
    “La decisione di dirglielo è tua, esattamente come quella di raccontare del tuo passato a Nick. E come quella di decidere con chi stare. Kevin può arrabbiarsi, può anche non parlarti per tutto il tempo che vuole ma non cambia di un millimetro la situazione. Se ami Nick, se ti fidi così tanto di lui da provarci, nessun’altro può dirti o costringerti a fare il contrario.”
    “Grazie.” Sussurrò con filo di voce Brian, alzando il volto per incontrare quello di Howie.
    “Però con Nick ti conviene evitare che lo scopra come ho fatto io.”
   “Lo so. E lo farò, anche se non so ancora come. – Rispose Brian, la convinzione che si inframmetteva con l’insicurezza. - Anche se mi domando ancora per quale motivo dovrei farlo. Perché non posso vivere questa storia come qualsiasi altro ragazzo?” Poteva sembrare strano ritrovarsi a confessare quelle paure proprio a Howie, eppure l’amico sembrava essere la persona più perfetta quell’incarico. A chi altro avrebbe potuto rivelare le sue paure? A suo cugino, che nemmeno sapeva di lui e Nick e che avrebbe torturato il ragazzo se saputo delle sue intenzioni? Ad Aj che nemmeno sapeva la situazione? A se stesso? Ma era stanco di parlare sempre e solo con il suo riflesso, sempre a trovare rassicurazioni che avevano perso la loro ragione d’esistere tanto tempo addietro. Era stanco di lottare da solo, era stanco e per un momento voleva essere quel ragazzino fragile che non aveva idea di come rimettere insieme i pezzi e vivere il suo presente.
    “E la vivrai, solo che...”
    “Solo che cosa?”
    “Nick deve saperlo non solo per una mera questione di fiducia.”
    “E per che altro, se no?”
    “Per prendersi cura meglio di te. Per trattarti come meriti, senza spingerti quando ancora non sei pronto. E per evitare che tu ti butti in qualcosa solamente per dimostrare a Nick qualcosa.”
    “Oh. – Le labbra di Brian si curvarono in quell’espressione di sorpresa mentre le parole di Howie assumevano significato dentro la sua testa. - Non... non l’avevo mai pensata in questi termini.”
    “Allora non sono così inutile.” Ribattè Howie in una battuta che conquistò lo scopo desiderato: sentire ancora quella risata provenire dall’amico invece che specchiarsi in un oceano di tristezza. Anche se quella era ancora lì, un velo che si chiariva o scuriva a seconda di quanto controllo Brian riusciva a mantenere.
    “No, non lo sei. – Confermò Brian. – Ci penserò, okay? Nick mi ha promesso di non fare domande ma...”
    “Tranquillo, io non dirò niente.”
    “Grazie. So che non lo avresti fatto, ma la mia parte ansiosa e paranoica aveva bisogno di sentirlo con le sue orecchie.”
    Senza bisogno di dire niente, entrambi si alzarono ed incominciarono ad avviarsi verso il camerino. Era stato Brian a muoversi per primo, non appena aveva notato la prima gradazione di blu tingere il cielo; per  quanto si potesse sentire sicuro con un’altra persona al suo fianco ed un energumeno che pesava il triplo di lui e che vegliava su di loro, l’oscurità continuava a dargli quella sensazione di essere costantemente all’erta, aspettandosi che un’ombra si staccasse dal branco e lo attaccasse senza lasciargli via di scampo. All’apparenza, poteva sembrare forte e pronto ad affrontare qualsiasi cosa ma in realtà, dietro a quei vestiti che ormai parevano troppo stretti per continuare ad indossare, era un accumulo di paure miste a ricordi ed incubi.  Come quel mattino, però, fu il pensiero improvviso di Nick a portare un’ondata di calma e tranquillità sui suoi nervi, permettendogli di respirare a pieni polmoni e a sorridere come niente lo stesse preoccupando.
    La porta nera di sicurezza si chiuse dietro alle loro spalle, mettendo una pesante barriera tra loro ed il mondo esterno. Ed impedì loro, specialmente a Brian, di captare un’ombra che si staccava dalle altre, da quelle più semplici ed elementari degli alberi e cespugli. Quella, invece, apparteneva alla figura di un uomo, le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile che aveva addosso, il colletto alto a proteggere il collo, dove una piccola cicatrice comunque riusciva a sfuggire dal quel nascondiglio e che, a causa delle gocce di pioggia che erano scese e scivolate via dalle foglie del cespuglio in cui si era tenuto nascosto, sembrava quasi brillare sotto la luce del lampione. Gli occhi smeraldo continuavano a rimanere fisso sul punto in cui aveva visto scomparire il biondo dei capelli di Brian mentre immagini di quella camminata, che ora chissà dove si stava dirigendo, incominciarono a riempire la sua mente.
    Non avrebbe dovuto trovarsi lì ma la tentazione aveva avuto il sopravvento sul buon senso e sulla logica. Ma era stato cauto, era stato attento, perché tutto quello che desiderava era poter vedere con i suoi occhi quel ragazzo, respirare la stessa aria che i suoi polmoni avevano inspirato e poi espirato. Era stata un’attrazione, un magnete che lo aveva portato fino a quell’angolo ed aspettare, all’inizio senza speranza e poi... poi aveva compreso che era un segno del destino.
    Sì, anche il fato aveva benedetto quell’unione e le stelle indicavano a lui il cammino, un sentiero che lo avrebbe portato ad ottenere ciò che più desiderava ed anelava.
    Perché lui e Brian dovevano stare insieme, in un modo o nell’altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Non ho scuse nè alibi nè giustificazioni. Chiedo davvero perdono per avervi fatto aspettare così tanto per questo aggiornamento. Purtroppo capita che si perda l'ispirazione o che ci si ritrovi a fissare il documento word zeppo di parole ma senza un filo logico che le colleghi. Ecco quello che è successo con questo capitolo: aveva pezzi di scene buttate qua e là ma non sapevo come legarle. E, sia sempre grazia e lode alla mia beta, che mi ha minacciato per portare a termine questa storia!
Questo capitolo, lo so, è lento. Non succede molto ma era necessario. Uno, per legarsi con i precedenti come una sorta di riassunto. Due, perchè dovevo lasciare spazio a Brian e Nick e spiegare non solo i loro comportamenti ma anche come si bilancerà la loro relazione in futuro. Il prossimo sarà più movimentato ma anche con tanto tanto tanto fluff prima di ritornare nel dramma. Il problema non è sapere come andrà a finire, perchè, credetemi, so perfettamente come sarà l'epilogo e ho già pianificato i punti salienti. Specialmente, i dettagli, che sono fondamentali in una storia di questo genere. Ne sto seminando in giro un po', il che è davvero divertente! XD
Al prossimo capitolo, che prometto non arriverà nel 2013! lol

   
 
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