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Autore: Aurelia major    21/02/2007    2 recensioni
Cosa succede quando una persona amabile e amichevole ne incontra una scontrosa e sarcastica ? Guai probabilmente , anche perché c'è chi vuole assolutamente fare amicizia e chi cerca d'impedirglielo a tutti i costi ...
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Rinuncia : i personaggi non mi appartengono , di mio c'è solo la storia .

 

 

14

 

 

"Bizzarro."

Fece Setsuna senza troppo scomporsi davanti all’evidente stato d’agitazione della sua interlocutrice. Michiru stava quasi aprendo bocca per aggiungere dell’altro, ma questa la prevenne, e alzando una mano le ingiunse il silenzio.

"E’ la stessa domanda che pensavo di farti quando ti ho vista sulla porta." Spiegò con calma distaccata facendo aumentare vieppiù il turbamento di Michiru, la quale a quel pacato chiarimento era rimasta inerte, come se l’animosità che l’aveva sorretta fin lì fosse evaporata all’improvviso.

Per un momento sembrò davvero non sapere che pesci pigliare, tanto l’atteggiamento dell’altra le sembrava tranquillo, quasi soprannaturale. Ma poi l’ira parve riscattarsi dalla clandestinità a cui si era momentaneamente data e riprese il sopravvento.

"Bizzarro? La stessa domanda? Mi stai prendendo in giro Meiou?!" Sbottò infine esternando tutto il suo sbigottimento.

"Lungi da me." Replicò l’altra con un sorriso di simpatia genuino, dovuto innanzitutto dalla trasparenza col quale le emozioni si specchiavano sul viso dell’altra, ma soprattutto perché trovava quella ragazza gradevole e le spiaceva vederla in quello stato. Quindi si portò al lato dell’ingresso e le fece un garbato cenno col capo. "Comunque entra, non mi sembra affatto il caso di stare qui in piedi a parlare. Inoltre, non offenderti Kaioh, ma temo che le tue urla potrebbero causare qualche problema. In questo padiglione la maggioranza pare abbia fatto il voto di silenzio."

Era una battuta? Doveva prenderla come tale oppure no? Dal volto non traspariva nessun elemento indicativo, ma allo stesso tempo suonava come una celia, anche se non era chiaro. Ebbe quasi l’impressione che Setsuna le stesse lasciando una sorta di libero arbitrio, come se dovesse decidere da sé, indipendentemente da quella che era stata la sua intenzione in origine. In ogni caso quel contegno composto stava rapidamente smontandola, in un certo senso rimase soggiogata da quei modi da sfinge. Per cui fu senza parlare che la seguì all’interno, mentre s’interrogava sulla natura enigmatica di Setsuna e sulla piega imprevista che stavano prendendo gli eventi.

La violinista aveva dipinta sul viso un’espressione di vaga incertezza, giacché non aveva affatto cognizione di dove l’avrebbe portata la conversazione che stavano per avere.

"Accomodati pure." L’invitò Setsuna indicandole il divano. "Ho appena fatto il tè, si potrebbe addirittura dire che il tuo arrivo tempestivo sia un’ottima opportunità per berlo insieme e fare conoscenza."

"Non la metterei proprio in questo modo." Fece dubbiosa celando un certo imbarazzo e cominciando a sentirsi un po’ impacciata. Dov’erano finite le sue buone maniere? Era si era catapultata in quel luogo con la stessa grazia di uno scaricatore di porto e con la certezza assoluta che l’altra le stesse sicuramente nascondendo qualcosa. Ecco cosa succedeva quando ci si lasciava accecare dalle emozioni violente! Eppure Setsuna era riuscita a placarla con una facilità incredibile.

"Prima o poi doveva presentarsi l’occasione e per carattere non indulgo più di tanto a chiedermi il perché delle cose." Rispose dirigendosi verso l’angolo cottura e tornando con due tazze in mano. Gliene mise una davanti, si sedette e senza nessun indugio affrontò il punto.

"Allora Michiru, posso chiamarti per nome vero? Non ti nascondo che quando ho notato la tua assenza, congiunta a quella di Haruka, sono addirittura saltata alla conclusione che potevate essere insieme."

"Eri in errore, come puoi constatare." Commentò badando ad usare un tono che non risultasse ostile. Setsuna fino a quel momento si era comportata nel migliore dei modi, mostrandosi l’adulta della situazione, al contrario di lei che era arrivata strepitando.

"Beh, questo lo so adesso. Comunque, se così fosse stato, la cosa non mi avrebbe stupito. Nient’affatto." Per un attimo, e fu un istante infinitesimale, il suo viso ebbe un guizzo ironico, quasi compiaciuto, come se il constatare che l’amica ancora una volta aveva dato prova di sé, fosse qualcosa che l’appagasse. Ma come si è detto durò un niente, tanto che Michiru pensò d’esserselo immaginato. Sorseggiò il suo tè e attese il resto.

"Ti posso assicurare che nel corso degli anni ho visto persone, del tutto differenti l’une dalle altre, fare le cose più pazze per lei. Ha un carisma a cui è difficile sottrarsi e generalmente quelli che vorrebbero attirare il suo interesse tendono ad acconsentire a qualsiasi suo ghiribizzo. E, ignorando se questo caso era l’ennesimo oppure no, mi sono data la spiegazione più ovvia, sbagliando."

"Mi stai dicendo, tra le righe, che sono un individuo facilmente influenzabile?" Chiese interessata, constatando sorpresa di non essere offesa da quel discorso. Setsuna aveva davvero un modo particolare di piazzare il colpo in punta di fioretto. Che fosse o no una provocazione, restava il fatto che c’era da riflettere sulle sue parole. Giacché, forse Haruka in un certo senso era davvero una sorta di affabulatrice, ma lei d’altro canto non ne usciva meglio, tutt’altro. Non era che un’altra voce alla sua lista, l’ennesima vittima della malia che operava!

Strinse i pugni risentita. Questa constatazione privava quella che aveva creduto una relazione privilegiata, speciale, di tutta la sua bellezza. La fece sentire ordinaria e, peggio ancora, risibile. Nient’altro che una sciocca ragazzina con la quale giocare a proprio piacimento.

Setsuna si accorse del suo percettibile, ed ennesimo, cambiamento d’umore. Non era affatto nelle sue intenzioni metterla contro Haruka, eppure questo stava accadendo. Segno che tra quelle due c’erano svariate correnti sotterranee che probabilmente neppure loro avevano ancora iniziato a sondare. Quindi fu con spirito di pacificazione che tentò di correre immediatamente ai ripari.

"Non ho detto questo, non avrei potuto sai? Ti conosco solo per sentito dire e non mi azzarderei a fare un’affermazione simile a cuor leggero. Volevo solo dire che ho frainteso basandomi su dati empirici. Pensa, sono sempre stata convinta che se fosse stata Haruka il protagonista di Grease, ci avrebbe messo molto meno a far diventare Sandy una donnina allegra."

Setsuna fece questo commento mantenendo fino all’ultimo la stessa espressione neutra, ma poi si lasciò andare all’ilarità e Michiru, a dispetto di sé stessa e della situazione, fu a sua volta presa da una latente ridarella che progressivamente diventò una risata irrefrenabile. Mai avrebbe pensato che sarebbe finita in questo modo allorché aveva deciso di affrontare la sua nemesi.

Stavano ancora cercando di ricomporsi entrambe quando la ragazza più grande riprese il filo.

"Ad ogni modo è evidente che qualcosa bolle in pentola, ma non credo che ci sia da preoccuparsi. Haru è una testa calda, ma sa badare a sé stessa. Inoltre immagino che presto o tardi sapremo, perlomeno quando lo riterrà appropriato."

"Haru eh?" Pensò piccata avvertendo nuovamente la morsa dell’invidia che sovente l’aveva avvinta ogniqualvolta aveva constatato da un gesto o una parola la reale intimità che le due avevano. "E di che mi meraviglio? Dovevo aspettarrnelo qualcosa di simile."

"Non sei d’accordo?" La pungolò Setsuna dato che l’altra sembrava essersi persa in chissà quali considerazioni.

"Nel tuo caso suppongo di sì, per quanto mi riguarda invece, temo l’esatto opposto." Michiru sospirò sconfortata, nonostante le riflessioni che non più tardi di pochi minuti prima aveva avuto su Haruka. Confusa si chiese fino a che punto poteva comprendersi davvero una persona. Poco a quanto pareva. Per quasi due lustri era stata convinta di potersi fidare ciecamente della propria indole, invece adesso stava scoprendo quanto potesse essere illusoria una convinzione di questo tipo al cospetto dell’imprevisto. E col morale a terra ammise che sì, forse non aveva abbastanza considerazione di sé e altro non era che la tacca più recente sul calcio della personalità dominante della bionda. Ma, pure posta innanzi all’amara verità di tutto questo, come avrebbe potuto sol provare a smentire quel che sentiva dentro? Era innegabile e le valutazioni sull’autostima potevano andare anche a farsi benedire. Voleva stare con lei, il resto non lo voleva sapere, né le importava.

"Senti, è più che evidente che non vi siate salutate nel migliore dei modi l’ultima volta."

Azzardò Setsuna, che ancora una volta aveva dovuto assistere allo spettacolo di quelle emozioni esposte e altalenanti, tentando di aiutarla a trovare il bandolo della matassa. Non le piaceva veder soffrire in quel modo una persona, in particolare questa che aveva innanzi. Indovinava un temperamento amabile in lei, un animo fin troppo soggetto alle sollecitazioni esterne. E non poteva restare indifferente ad osservarla come se le sue reazioni fossero un esperimento su una cavia da laboratorio.

"E se tu fossi meno coinvolta da tutto questo ti direi le solite frasi trite, assicurandoti che tutto andrà bene. Ma si da il caso che, a me per prima darebbe fastidio affermare simili banalità. Inoltre per quanto ti concerne sei dotata di bastevole perspicacia e conoscenza della persona per sapere da te quello che potrebbe succedere. Detto ciò, posso solo aggiungere che Haruka sul momento fa fuoco e fiamme, ma che una volta tornata in carreggiata, e magari riconosciuto il suo sbaglio, è capace di ravvedersi e addirittura di chiedere indulgenza."

"Evento frequente come la neve nel Sahara, giusto?" Fu la volta di Michiru di fare dello spirito, anche se il sorriso che ne seguì, era talmente triste da vanificarne all’istante l’effetto.

"Sotto questo cielo tutto può succedere Michiru." Offrendole quella vaga consolazione Setsuna si sentì, per la prima volta da anni a questa parte, poco idonea alla situazione. Che poteva fare? Usare un minimo di buonsenso, era l’unica.

"In ogni caso sappi che, qualora volessi parlare, sfogare quanto ti porti dentro, sono qui, ti ascolto. Non prenderla come un’invadenza nella tua sfera privata, oddio potrei sembrare un’intrigante ed è comprensibile che questo mio invito ti metta in difficoltà. Sarebbe normale, praticamente siamo due sconosciute. Nonostante ciò, credimi, in questo momento nessuno potrebbe capirti più di me. Parlare di te e Haru a qualcun altro che non fossi io, servirebbe solo a buttare ennesima benzina sul fuoco della sua pessima fama e, peggio ancora, a farti fraintendere. Per cui se vuoi, se pensi che possa esserti d’aiuto, abbandona qualsiasi remora e fallo."

Così fu che Michiru le raccontò tutto, dall’inizio, dalla prima volta che si erano incontrate fino all’aspra discussione avuta in ultimo. Non tralasciò nessun particolare, dando rilievo allo stesso modo a quelli poco lusinghieri, sia per lei che per l’altra, che a quelli che davvero le avevano donato stralci di fiducia per il futuro del loro legame. Le parlò dell’ansia, dei tentennamenti, della testardaggine, dei rossori e dei giornalieri malumori.

Senza alcun freno inibitore le disse persino della tormentosa della gelosia che aveva nutrito e che provava tutt’ora, nei suoi riguardi. Raccontò gli stati d’animo più nascosti, tratteggiando senza nessun imbarazzo l’avvicendarsi delle sue sensazioni. Espresse tutti i dubbi che nutriva in merito ad Haruka, tutte le domande che fiorivano intorno alla sua figura, quesiti che nel frattempo si erano mutati in sbigottiti perché che non trovavano senso.

Fece il punto della situazione più e più volte, guardandola dal suo punto di vista e da quello che poteva essere l’eventuale di Haruka. Chiedendosi dove e perché aveva mancato. Chiedendo a Setsuna se, cosa della quale non si sarebbe mai, mai persuasa, era la natura della bionda ad essere irrimediabilmente amorale, intrinseca nella sua indifferenza, imbevuta da quell’impassibile durezza che la rendeva così lontana. Perché, di questo ne era sicura, quest’ultima sapeva quanto fosse importante ai suoi occhi, allora perché non perdeva occasione di passarle sopra? Per quale ragione si mostrava di continuo superficiale e priva di qualsiasi affezione? Era vero, sacrosanto, aveva sbagliato nei suoi riguardi, le aveva detto cose irripetibili, ma da ultimo. Prima aveva fatto di tutto per capirla, per starle vicino senza acuire le enormi differenze che avevano, cercando inutilmente di colmare quel baratro che l’altra pareva voler porre tra loro. Mentre Haruka aveva resistito, aveva opposto una strenua resistenza, ma solo fino ad un certo punto. Già, tutto ad un tratto, inspiegabilmente, le aveva dato una possibilità. Eppure alla luce di come s’era tirata indietro alla prima difficoltà, sembrava l’avesse fatto solo per esibirle quel che poteva essere. Mostrarglielo semplicemente per il gusto, lo sfizio spietato, di toglierglielo non appena aveva incominciato ad assaporare cosa voleva dire essere sua amica.

Setsuna la lasciò parlare, facendo sì che spaziasse a piacimento e senza interromperla mai. L’ascoltò attenta mentre dipanava quel viluppo aggrovigliato, senza sollecitarla quando le parole le venivano meno e s’interrompeva, o quando l’emozione di quanto stava dicendo la sopraffaceva. Non le mise fretta, si limitava ad annuire partecipe, evitando di dire alcunché potesse arrestare il flusso delle frasi, anche quando queste si accavallavano l’una con l’altra, rendendo quasi incomprensibile il senso. Le lasciò l’agio di vuotare il sacco e quand’ebbe finito, non prese a controbattere immediatamente come un pubblico ministero volto a smontare tutto l’impianto dell’avvocato della difesa.

Ponderò seriamente su quanto aveva udito. Una confessione avrebbe meritato rispetto a prescindere, questa in particolare poi, molto di più. Non era da tutti mettere a nudo la propria anima e restare così, inermi e senza difese, esposti al giudizio altrui. Soprattutto se si trattava di un astante col quale non si aveva la minima confidenza e nei confronti del quale si provavano tutt’ora sentimenti di antagonismo. Questa ragazza aveva coraggio, oltre ad un gran cuore, e per questo motivo Setsuna sovvenne che era il caso di contravvenire ad una delle sue basilari regole di comportamento. Che la lealtà che aveva verso Haruka era indiscutibile, ma sentiva di doverne anche a Michiru, che incosciente ,o con fiducia, aveva spogliato l’intero nucleo del suo essere innanzi a lei.

"Purtroppo Michiru io non posso, neppure se volessi credimi, dare risposta ai tuoi interrogativi. Conosco Haruka da un pezzo, ma riguardo a certi suoi atteggiamenti spesso non sono riuscita a capirci più di tanto. E infatti l’ho sempre accettata così per com’è, altrimenti avrei dato fuori di matto. Mi rendo conto che questo non può valere per chiunque e in particolare per te. D’altro canto, sapendo quanto c’è dietro, non mi sento neppure di condannarla. L’indole è propria, ma indiscutibilmente viene forgiata in una certa misura anche dagli avvenimenti. E credimi quando ti dico che la vita non è stata facile per lei. Il che non le da licenza di fare quel che le pare. Tengo a specificare inoltre che non sto menzionandolo quale attenuante ai suoi sbagli. Semplicemente è un monito, tienine conto per quel che è.

Non te ne avrei parlato in circostanze normali, sono cose personali, avvenimenti ai quali raramente fa cenno. Penso che il suo unico desiderio a riguardo sia buttarseli alle spalle.

E sappi per di più, questo allo scopo di emendare l’idea fallace che ti sei ficcata in testa, che la conoscenza di queste circostanze non mi è data dall’essere una confidente favorita, quanto dal fatto che ero presente nel momento stesso in cui queste avvenivano. Il che fa di me una testimone, non l’amica della vita, punto.

Tornando ad Haruka, premetto che non scenderò nei particolari, anche se tenterò di farti comprendere quanto più mi sarà possibile. E’ una questione di correttezza, sarebbe un tradimento, anche se perpetrato alla luce dei propositi migliori. Inoltre mi piacerebbe, per te, che fosse lei stessa a dirtene."

Dopo questo lungo preambolo Setsuna fece una pausa voluta, atta a dare il tempo materiale ad entrambe per riflettere su quanto stavano per affrontare. Da parte sua Michiru voleva sapere, conoscere voleva dire capire e lei non chiedeva altro. Ma allo stesso tempo si domandava se sarebbe stata poi in grado di prendere nel modo giusto le conseguenze che potevano derivare dallo scoperchiare quel vaso di Pandora. Quanto e come sarebbe cambiata per lei Haruka alla luce delle rivelazioni che stava per scoprire? Prese fiato come un subacqueo che si prepari ad una lunga immersione in apnea e le fece cenno di continuare.

Setsuna centellinò il suo tè, ormai freddo, soprappensiero. Il problema non era cosa rendere manifesto o celare, la sua oratoria era sufficiente quanto a questo. Né nella presunta doppiezza che stava per compiere risiedeva la questione, avrebbe potuto citarla come esempio parlandone in terza persona, senza nominarla mai e Michiru non avrebbe certo capito che stava riferendosi ad Haruka. No, il punto piuttosto era che, ora come allora, si chiedeva ancora una volta se la natura di quest’ultima fosse effettivamente il frutto degli eventi o l’esatto contrario. Normalmente sociologi, psicologi e tutti coloro i quali tentavano di darsi spiegazioni su un comportamento poco incline al comune, tiravano in ballo traumi, paure ancestrali e ambienti familiari disagiati. Nel caso di Haruka forse solo uno valeva su tre, ma Setsuna la trovava una spiegazione approssimativa e non voleva affatto che anche Michiru vedesse tutto il contesto sotto quest’ottica. D’altro canto, che poteva esserci di più illuminate dei fatti nudi e crudi? Per cui, non appena la violinista le fece intendere di essere pronta, cominciò il suo racconto, avendo cura di renderlo scevro da ogni paternalismo.

"Avevo all’incirca tredici anni quando ci trasferimmo negli Stati Uniti, all’epoca mio padre lavorava come matematico quantistico e stava tenendo una serie di conferenze attraverso gli atenei statunitensi, però vivevamo stabilmente a New York. Ignoravo che i miei si fossero resi disponibili presso i servizi sociali, lo scoprii solo quando, un giorno improvvisamente, me la ritrovai davanti. Haruka già era stata data in affido precedentemente, non so davvero quante famiglie abbia girato, ma quando arrivò da noi inizialmente pensammo che non fosse del tutto in sé. Parlava solo se interpellata e anche in quel caso rispondeva a monosillabi, la sua presenza era solo fisica. Mia madre, pensando che il contatto quotidiano con una sua coetanea le avrebbe fatto bene, dispose che passassimo molto tempo insieme.

E Non fu facile Michiru, te l’assicuro. Era una ragazzina magra, magra, allampanata, con una gran massa disordinata di capelli e dal carattere piombato. Reagiva raramente agli stimoli esterni e la sua natura era sfuggente, lo è tutt’ora, ma a quei tempi in modo assai più esasperato. Non starò qui a dirti come e quando iniziò ad interagire con noialtri, ma sappi che ci volle del tempo e che comunque non si aprì mai del tutto. Ad ogni modo, col passare dei mesi, scoprimmo che non era affatto d’intelletto limitato come avevamo immaginato all’inizio. Anzi, mi padre scoprì in lei una predisposizione alla matematica e alle scienze che aveva un qualcosa di portentoso e la spronò in quel senso. In tempi strettissimi Haruka recuperò tutto il percorso scolastico che si era persa nel frattempo e intanto noi, attraverso le periodiche visite dell’assistente sociale, ne sapemmo abbastanza su di lei. Immaginavo che i suoi genitori fossero morti o, peggio ancora, in galera, ma non era così. Per quanto riguarda la madre, Ame Tenou, si trattava di una nostra compatriota volata oltremanica una quindicina d’anni prima sull’onda dell’ultimo entusiasmo hippie fuori tempo massimo. Era una fotografa sperimentale che, con mezzi di fortuna, visto che del suo lavoro non riusciva a vivere, girava il mondo e faceva esperienze. Quanto al procreatore biologico, uno svedese sciroccato perennemente fatto d’erba e anfetamine, non ne aveva riconosciuta la paternità e aveva continuato la sua vita disinteressandosene completamente. In definitiva Ame stessa aveva deciso di dare in affidamento sua figlia giacché non era in grado di provvedere a lei, benché inizialmente avesse provato. In ogni caso non intendeva continuare. Ma se dovessi dirti che Haruka abbia mai pronunciato una parola di biasimo su entrambi, o sulla madre in particolare, visto che comunque fino alla metà dell’infanzia avevano vissuto insieme, mentirei. Tanto è vero che in un modo o nell’altro si mantenevano in precario contatto. Ogni tanto arrivava una cartolina, qualche lettera, brandelli d’appartenenza che Haruka accoglieva con piacere, ma senza eccessivi entusiasmi. Allora non me lo spiegavo, ma ora immagino che lei, a differenza di noialtri, ivi compresa l’istituzione che aveva a carico il suo benessere, prendesse sua madre esattamente per com’era, forse perché ormai sapeva che altro non poteva chiedere o aspettarsi. E non credo che neppure il sentirsi estranea presso di noi le pesasse, già l’unica cosa che detestava era sentirsi inferiore. Le sue rivalse probabilmente nascono tutte da qui, ma il condizionale è d’obbligo, non ne ho alcuna certezza. E comunque resta straordinario il fatto che, nonostante tutto quanto ti ho raccontato, sia una persona dall’equilibrio invidiabile. Ha le sue tare, come tutti, ma con delle premesse simili ci si sarebbe potuti aspettare decisamente di peggio.

Quando l’incarico di mio padre terminò, e decidemmo di far ritorno in Giappone, volevamo che venisse con noi. In quei due anni ci eravamo affezionati tantissimo a lei, ma come puoi immaginare rifiutò. Non so quanto l’impressione che il nostro potesse essere un gesto di carità abbia influito. Oppure, allo stesso modo, quanto le pastoie burocratiche abbiano contato, poiché non sarebbe stata una passeggiata passare tutto l’iter che avrebbe consentito l’espatrio. Di certo c’era che Haruka in quegli anni aveva iniziato a correre con i go-kart, prima come semplice amatore e successivamente a livello competitivo. Era entrata in una squadra, aveva cominciato ad accumulare vittorie e non aveva nessuna intenzione di abbandonare questo nuovo mondo che le si schiudeva davanti carico di promesse. Quindi, con la morte nel cuore, partimmo facendole promettere che si sarebbe tenuta in contatto, ma con poche speranze che lo facesse. Invece ancora una volta ci stupì, ci scriveva regolarmente e dalle sue lettere apprendemmo che a furia di successi si stava facendo un nome nell’ambito delle corse minori. Tutto ciò contemporaneamente a risultati notevoli nell’ambito scolastico e atletico. Haruka era nata per correre e lo stava facendo alla grande. Successivamente ci comunicò che, contemporaneamente all’assegnazione di una borsa di studio di entità ragguardevole, aveva ricevuto da una scuderia automobilistica giapponese una proposta d’ingaggio da definire. Era determinata ad accettare, ma non sapeva come avrebbe potuto lasciare l’America per tornare alla sua terra d’origine. Praticamente aveva in mano le armi del suo riscatto, ma non sapeva bene come usarle. I miei genitori intervennero allora, scovarono Ame nell’eremo in cui viveva e ottennero la tutela legale di Haruka. In questo modo ebbe la possibilità di venire a Tokyo, iscriversi alla nostra scuola e cominciare la sua carriera.

Qui inizia anche la tua storia, gli altri particolari li lascio al tuo acume e a quanto Haruka vorrà dirti qualora ne abbia l’intenzione.

In definitiva tutto quello che ti ho raccontato altro non è che un abbozzo. Narrandoti parte di queste vicende ti ho fornito alcune indeterminate linee su uno sfondo in bianco e nero. Spero che ti siano d’aiuto, davvero desidero con tutto il cuore che possano riavvicinarti a lei. Ma ora tocca a te Michiru, sei tu l’artista che da questi tratti imprecisi e disordinati deve ricavare la forma e il contenuto."

"Potrei essere l’ultima persona a cui chiederlo." Affermò Michiru solenne con un’intensità tale nello sguardo che Setsuna rabbrividì. E si chiese apprensiva quanto e come ciò che le aveva testé narrato potesse alterare l’equilibrio tra loro. Difficile a dirsi per il momento, solo sperò che la violinista la prendesse nel modo giusto.

Preoccupazione superflua, Michiru non aveva nessuna intenzione di abbandonare la partita, anzi, quanto aveva appreso non aveva fatto altro che rafforzare la sua risoluzione. E quanto disse infine non fece che ribadirlo.

"Non ho che delle ipotesi per farne un ritratto a colori... malgrado ciò tenterò. Proverò fino a quando i miei tentativi non la riporteranno a me."

   
 
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