Facciamo una cosa: diciamo che è
colpa del caldo. Siamo d’accordo? Bene, perché non riuscirei a trovare una
spiegazione più dignitosa a questa cosa.
L’avevo in mente fin da quando
scrissi il capitolo 5 di Medusa, e mi ero ripromessa di non scriverla.
È molto più introspettiva e credo
dai toni più cupi.
Mi sono concentrata su qualcosa che
non avevo potuto spiegare nella storia originale, qualcosa per cui io e alcune
di voi ci siamo fatte un sacco di domande.
Qui ci sono delle risposte. E il
doppio delle domande.
Non volevo intaccare il bel ricordo della
pubblicazione di Medusa – con quella storia mi avete regalato spicchi di
paradiso, e continuate a farlo ancora oggi – ma c’erano delle cose che andavano
fatte.
Per esempio avevo promesso quanto
meno un’ultima uscita in questo fandom un numero
smisurato di mesi fa per celebrare la cifra tonda dei lettori che mi hanno tra
i preferiti (tranquilli, la scusa del caldo potete usarla anche voi, dà alla
testa a tutti!).
Ma se ho trovato l’ispirazione per
scrivere questa oneshot è grazie a Des.
Nella mia ultima storia ho scritto
una cosa in cui credo molto. Ci sono delle persone che nella nostra vita sono
la regola – quelle che ho amato sempre sin da quando ero uno scricciolo
capriccioso. E poi ci sono altre che sono delle eccezioni.
Des non lo sa, ma mentre scrivevo
quelle frasi pensavo a lei. È una delle eccezioni più belle che mi sia capitata
nella vita.
Oggi compie gli anni, e io le faccio
gli auguri con questa uscita pseudo-sentimentale.
(Le parti in corsivo sono tratte da lettere mai lette, diventerà più chiaro
nel corso della storia).
Grazie a tutti quelli che ci sono stati e che ci saranno ancora.
Medusa
Lei vive in noi
Hermione Granger esibì un sorriso
rilassato per sembrare serena davanti al carceriere con la bacchetta sguainata.
Gli mostrò un permesso redatto dal Ministro della Magia in persona col quale
lei si era conquistata il diritto di far visita a Lucius Malfoy.
«Non è uno spettacolo interessante»,
commentò la guardia, restituendole la pergamena, «a meno che non fai parte del
reparto psichiatria del San Mungo».
Non era il caso di Hermione,
naturalmente. I suoi motivi non avevano alcun interesse professionale o
accademico, ma erano legati a qualcosa di più intimo e asfissiante.
Erano trascorse alcune settimane dai
funerali di Narcissa e c’era un’immagine che l’aveva perseguitata notte e
giorno senza darle tregua. C’era lo sguardo di Draco che si allungava sul pizzo
di una collina in lontananza, poi inchiodava sul punto in cui il manto verde
veniva calpestato da stivali alti e accarezzato da mantelli scurissimi. Nelle
notti e nei giorni di Hermione insomma c’era ancora Draco, ma in una posa particolare:
quella con cui aveva scoperto che a suo padre era stato concesso il permesso di
dare l’estremo saluto alla propria moglie. Lucius Malfoy aveva i polsi tirati
dietro la schiena, il viso basso, mani forti posate sulle spalle e gambe
muscolose davanti alle sue che gli avrebbero impedito qualsiasi iniziativa.
Da lontano era stato impossibile
coglierne lo sguardo, ma da un po’ Hermione aveva cominciato a condividere la
domanda muta nascosta tra le labbra di Draco: cosa ne era stato degli occhi di
Lucius Malfoy?
A quella domanda erano seguite altre,
più insinuanti, dolorose come punte di spillo che invece di cogliere la seta
con cui lei e Draco si coprivano, di notte, finivano impiantate in squarci di
pelle delicatissima. Molte volte Hermione si era ripetuta che alcune punture
sottilissime non li avrebbero uccisi – non erano pungenti i petali della
margherita che ancora portava al collo? E quelle punture non sapevano più di
vita che di morte?
C’era qualcosa di particolare, però, nel
dolore che provocavano quelle domande. Forse perché era un tipo di dolore che
Hermione non avrebbe mai immaginato di provare. Nasceva da un pensiero scomodo,
spiazzante, dall’empatia che provava nei confronti di Lucius Malfoy: qual è il
dolore di un uomo che può respirare un giorno di libertà soltanto per salutare
il cadavere di sua moglie?
Forse Hermione non ci avrebbe mai
pensato da sola. Era stato Draco a suggerirle quella riflessione, anche se non
l’aveva mai pronunciata ad alta voce. E poi avevano continuato a pensare insieme,
davanti alla stessa tomba e alla stessa fiammella tremolante su un cerino
consumato: cosa avrebbe potuto alleviare il dolore di quell’uomo?
«Vorrei solo porgli una domanda» replicò
seria, facendosi strada nel buio di un corridoio deserto.
«E quale sarebbe il vantaggio di porre
una domanda se nessuno potrà darle una risposta, signorina Granger?» la schernì
la guardia, con un sorrisetto sbieco e la bacchetta sollevata per grattarsi la
barba.
Doveva esserci qualcosa di curioso nei
meccanismi di difesa di quell’uomo, pensò Hermione, o forse qualcosa di
terribilmente naturale: lavorava da così tanto tempo nel mezzo dell’oscurità
che l’unico modo per non lasciarsi sopraffare era stato trasformarla in
qualcosa di divertente.
«L’importante è porre la domanda»
rispose Hermione, scrutandolo severa e ferma nella sua posizione. «Anche se la
risposta impiegherà anni ad arrivare, un giorno arriverà. E quando succederà…».
La situazione era più pericolosa di
quanto avesse immaginato. Più tetra, spiazzante. Le ombre nere della cella di
Lucius Malfoy si allungavano sul corpo dell’uomo e lo abbracciavano come se
fossero state demoni infernali sempre pronti per chiamarlo a sé. Avevano anche
qualche altra cosa di infernale: forse la misteriosa persuasione dell’oscurità,
con cui l’avevano convinto a non uscire mai dalla loro morsa.
Lucius Malfoy era immobile, coi piedi
nudi e sporchi, graffiati per via del continuo dondolio a cui li sottoponeva
strusciandoli sulla pietra. Aveva il viso basso, coperto da capelli ispidi e
con un principio di argento che nessuno si prendeva la briga di ripulire con
acqua tiepida e mani delicate.
Era circondato da un mucchio di fogli,
sembravano carta straccia ma forse un tempo erano stati pezzi di elegante
pergamena.
Hermione provò a chiamarlo, ma non
ottenne risposta.
«Signor Malfoy…»
riprovò, schiarendosi la voce.
Un tremolio scosse quelle spalle
rinsecchite, tanto che la ragazza in un istante si animò di speranza.
Hermione gli si avvicinò con cautela,
avanzando passi brevi per non spaventare un uomo fin troppo abituato
all’immobilità. Allungò più decisa la mano, poggiandola sul suo braccio. Lo
sentì tremolare sotto le dita e fu presa da un sospetto tremendo tanto che
senza nemmeno pensarci gli pose la mano sotto al mento e gli sollevò il viso.
Lo trovò ridente.
Spalancò gli occhi con orrore davanti a
quella smorfia, ma riuscì a governarsi prima che un istinto primordiale le
suggerisse di scappare.
«Femmina» rise lui a occhi chiusi. «Una
femmina».
«Sono Hermione Granger».
«Chi l’avrebbe mai detto che tra tutte
le voci che sento qui dentro un giorno mi avrebbe perseguitato anche quella di
una femmina».
«Non voglio perseguitarla o farle del
male» chiarì lei, per niente certa che Lucius Malfoy si sarebbe lasciato
rassicurare dalle sue parole. «Vorrei solo che mi dicesse qualcosa».
La testa dell’uomo dondolava sul collo,
assecondando le risate che si facevano sempre più fitte e vuote. Qualche volta
sbatteva contro il muro su cui poggiava il suo giaciglio, ma almeno in
apparenza non ne traeva nemmeno dolore.
«Le voci parlano» replicò, forte di una
logica che in pieno doveva cogliere solo lui. «Le voci parlano, io le ascolto
soltanto».
«Io…» esitò
Hermione, ricordandosi del discorso che aveva preparato, «capisco che per lei
debba essere tremendo. Nessuno è pronto ad assistere alla morte delle persone
care, anche se a volte la vita ci prepara all’idea di non averle più. E capisco
anche… capisco anche che deve esserci stato qualcosa
di paradossale in quello che ha provato quel giorno. Lo capisco, perché deve
essere strano ascoltare qualcuno che le dà il permesso di rivedere per qualche
ora la luce del sole e poi scoprire che la porta ad assistere ai funerali di
sua moglie. Deve essere strano conciliare il piacere della libertà col dolore
della perdita… la libertà…»
«Quale luce?» si interrogò Malfoy,
rigirando ancora la testa ad occhi chiusi.
Hermione gemette, mordendosi le labbra.
Forse lei e Draco avevano sbagliato a farsi tutte quelle domande complicate,
forse nella testa di quell’uomo non c’era più spazio per la complessità della
vita. Forse quando la vita viene strappata tanto brutalmente dalle mani, non
c’è più differenza tra piacere e dolore.
Hermione decise di arrivare al punto.
«Non credo di poter fare molto per lei, c’è solo una cosa che mi è venuta in
mente» precisò, supponendo che comunque non l’avrebbe ascoltata. Quasi si
convinse di essere da sola a parlare con uno dei demoni che ancora la
perseguitavano dai tempi della guerra. «In realtà questa cosa non mi è venuta
in mente pensando a lei. Non sono così buona come credono molti. Penso di
essere egoista, a volte… da quando mi sono
innamorata, credo. Mi è venuto in mente di venire da lei perché voglio fare
qualcosa per la sofferenza di Draco. Della sua sofferenza non mi è mai
importato molto… non ci ho mai pensato troppo, voglio
dire. E ancora non so se sia un bene o un male. Ma comunque…»
prese fiato, annotando che Lucius non aveva fatto una piega nemmeno a sentire
il nome di suo figlio. «Non andrò via di qui fin quando non mi dirà le ultime
parole che vuole dire a Draco». Hermione annuì, ripetendosi che quella era la
cosa giusta da fare. Era vero, era anche l’unica cosa a cui era riuscita a
pensare, ma vi aveva trovato una certa logica per giustificarla. E il fatto che
quella fosse la sua unica possibilità di fare del bene a Draco e al padre non
la rendeva una cosa meno giusta, si ripeté.
Recitò a memoria i motivi che l’avevano
spinta a insistere col Ministro per un incontro con Lucius Malfoy: c’è qualcosa
di bello nelle persone che si lasciano toccare da un segno di amore (Draco non ti abbandonerà, è abituato a
essere amato, non fuggirà) e succede qualcosa di altrettanto bello nelle
persone che si permettono di amare (da
quanto tempo a Lucius Malfoy era stato negato il diritto di amare?).
Hermione aveva desiderato che per
un’ultima volta Lucius amasse suo figlio.
Ritrovarselo davanti in quello stato di
remota incoscienza l’aveva quasi lasciata atterrita. Poi aveva ridestato in lei
una rabbia che conosceva bene, era la stessa che l’aveva perseguitata nei mesi
successivi alla guerra: era rabbia che nasceva dal sentore di ingiustizia.
Perché era ingiusto che un padre non
potesse fare qualcosa per suo figlio, qualcosa che avrebbe salvato entrambi.
Hermione affondò le unghie nella casacca
sottile di Malfoy, lo scosse un po’. «So che mi ha sentito», proruppe, con
decisione, «e so che ha qualcosa da dire a Draco. Ci pensi…»
«Voce di femmina…»
«Ci pensi bene» ribatté lei, ignorando
il suo lamento. «Cosa vuole dire a Draco?» chiese lentamente, calcando su ogni
parola. «Sia un po’ come lei»,
mormorò alla fine, con voce più bassa e provata.
«Lei…»
«Narcissa» lo aiutò Hermione.
«Narcissa…»
sfiatò Malfoy, scuotendo la testa.
«Avanti» si rianimò Hermione. «Cosa
vuole dire a Draco?»
«Draco…»
Malfoy spalancò gli occhi, ed erano quasi immobili.
Hermione faticò a sostenere il vuoto di
quello sguardo, ma non si allontanò mentre gli sollevava il mento e lo invitava
ancora a parlare.
«Draco… Draco… Draco, lei
vive in te».
***
Era passata una vita da quando Lucius
aveva sentito quella terribile voce di femmina. All’inizio il solo pensiero
l’aveva fatto ridere sguaiatamente di commiserazione. Non bastavano le urla dei
mangiamorte, il sibilo costante del signore oscuro, i silenzi di Draco, gente
che moriva davanti a lui con voce rotta ma penetrante…
tutto quello non bastava. Doveva arrivare anche una voce di femmina a
triturargli il cervello.
Quante
voci può accogliere una testa? Quante potevano tormentarlo prima che sarebbe
stato troppo?
Lucius ne voleva ascoltare solo una. Ed
era voce di donna.
E diceva sempre le stesse cose…
E da qualche notte sembrava uscita dalla
sua testa. Sembrava ovunque.
Caro
Lucius,
sono
stata ai funerali dei caduti dell’Ordine della fenice. Avevo pensato di
salutare mia sorella Andromeda, poi ho capito che non era il momento. Vorrei
tanto ricongiungermi a lei e vorrei che sapesse che non lo faccio per il dolore
di una perdita, per colmare un vuoto o per placare i sensi di colpa.
Vorrei
farlo perché mi va, Lucius. E non riesco a immaginare un motivo per cui non
dovrei assecondare i miei desideri.
Oggi
ho rimandato, però. Non l’ho nemmeno salutata, anche se temo che mi abbia
visto. Era addolorata, e non ho voluto peggiorare la situazione perché anche io
per lei sono dolore.
Ma
mi affretterò a cambiare le cose. Dovevi vederla: era talmente fuori di sé da
lasciare suo nipote tra le braccia di una ragazzina smunta e goffa. Io non ho
mai fatto una cosa del genere con Draco. E forse in passato non l’avrebbe fatto
nemmeno lei.
Mi
ha fatto capire una cosa: certi dolori ci cambiano. E forse io, che per lei
sono dolore, sono ancora in tempo per cambiarla.
Draco
mi ha detto che quella ragazzina era Hermione Granger. Avrei dovuto immaginarlo
dal naso all’insù e l’espressione supponente.
Ma
c’è qualcosa in lei che non si può immaginare. Solo vedere.
Mia
sorella dovrebbe essere più attenta. L’ho sempre dovuta aiutare nella selezione
delle amicizie. Credo che diventerò di nuovo indispensabile per lei.
Mi
ha chiamata Cissy.
Ora
mi mancano le parole per spiegarti cosa è successo nel nostro primo incontro.
Ma
farò in modo che anche da lontano potrai capire.
Draco
è rigido di fronte ad Andromeda. Non le parla, non la guarda. Non è interessato
a conoscerla. Non sembra interessato a niente, a dire il vero. Solo a spostarmi
la poltrona per farmi sedere comodamente. Da quando nostro figlio è galante,
Lucius?
Hermione
Granger d’altra parte è così inesperta! Dà le fragole a un bambino.
Ho
dovuto suggerirle una pozione per risolvere l’allergia e mi ha guardata con saccenza e incredulità. Non si fida di me – fa bene, dirai
tu, le uniche persone che possono fidarsi di me sono giaciute sul mio petto per
notti così lunghe da sembrare vite intere.
Ma
lei non deve saperlo. Lei deve fidarsi di me, solo così potrò risolvere il suo
mistero.
Lucius,
Lucius! Per Andromeda non sono più dolore.
Ho
cominciato una bella routine: vado a trovarla ogni tre giorni. Draco ne è molto
contrariato, ma temo che non abbia l’energia per contrastarmi.
Credo
di aver finalmente risolto il mistero di Hermione Granger. Ricordi quando Draco
ce ne parlava con molta amarezza e altrettanto fastidio? Ricordi quando lo
riprendevi con severità dicendo che era assolutamente svilente sapere che una
nata babbana riuscisse meglio di lui in qualsiasi
cosa? Ricordi quando Draco rispondeva che la odiava, e che una persona tanto
odiata non ha futuro?
Dopo
anni, ho capito cosa scatenava queste discussioni.
Dovresti
vederla, Lucius.
Ha
l’apparenza di una ragazza comune e degli occhi che non sembrano umani. Ho
capito cos’ha di strano: fa qualsiasi cosa con un’attenzione maniacale. Quando
prende in braccio il bambino si vede da lontano che non sa bene come fare, che
ha studiato su qualche libro il modo migliore per stringersi addosso un bambino
e che non sa che certe cose non si insegnano, ma si scoprono. Fissa quel
bambino come se non esistesse altro al mondo. Fa lo stesso con le pergamene che
legge e che compila. Fa lo stesso con le fragole che mangia. Assottiglia gli
occhi, e fa lo stesso con qualcosa che vede solo lei, quando si assenta.
Hai
capito Lucius cosa irritava tanto Draco quando parlava di lei?
Il
fatto che una persona capace di concentrarsi così tanto su qualsiasi cosa non
ponesse attenzione a lui.
Penso
di poter sfruttare quella ragazza. Saresti fiero di me. Lo so. Se solo mi
rispondessi, almeno una volta…
Forse
non era una buona idea sfruttare la ragazza. Sembra sempre agitata, potrebbe
avere una pessima influenza su Draco. Oggi sono partiti per Hogwarts,
ho provato con l’ultima strategia: le ho suggerito un calmante. Te le ricordi
Lucius le notti spaventose in cui l’abbiamo bevuto insieme? Infuso di artemisia
ed erba fondente ed estratto di camomilla. A volte funzionava, altre volte
tentavamo di dissimulare le occhiaie di mattina, fingendo di aver dormito
almeno qualche ora.
Spero
che impari a preparare la pozione e si dia una calmata. Se non funzionerà,
almeno avrò trovato qualcuno che la possa preparare per Draco quando è a
scuola, lontano da me.
Draco
la insulta di nuovo, credo che sia buon segno.
Andromeda
e la sua famiglia passeranno il Natale da noi. Ho trascorso le ultime tre notti
a immaginare come avremmo litigato in proposito. Non ci sono riuscita bene. La
mia fantasia deve avere qualcosa di diverso rispetto a prima, ma non importa.
Non riesco a immaginare come avremmo litigato, eppure riesco a vederci in pace
e vicini, così stanchi della guerra…
A
proposito di guerra, ho detto a Draco di invitare anche Hermione Granger.
Draco
dice che passare la notte in biblioteca con lei non era tra le sue aspirazioni
e che secondo lui tra i babbani le famiglie non vanno
di moda. Sono davvero esseri così orribili? Eppure tu sei l’unica moda che ho
sempre seguito… io, che di mode me ne intendo,
conosco bene quelle intramontabili.
Ho
deciso: devo scriverle io. Dopotutto lei non conosce ancora la natura dei miei inviti. Ma presto
capirà che un invito è solo un modo elegante di dare un ordine.
Draco
non la guarda negli occhi, la chiama Medusa. Riesci a immaginare perché?
Nostro
figlio è cresciuto ossessionato dai serpenti, e io devo dargli i mezzi per
governare tutte le ossessioni che ne verranno.
Ho
chiesto loro di fare un giro in biblioteca. Hanno tentato di imbrogliarmi
dicendo che avevano letto il poema di Odino. Erano buffi, e ingenui. Ho detto
loro che quel libro è nella tenuta di campagna, perché come glielo spiego che
ogni tanto me lo stringo al petto per non dimenticare i toni inverecondi della
tua voce quando me lo leggevi?
Alla
fine la nostra biblioteca è piaciuta alla ragazza, naturalmente.
È
successa una cosa strana, Lucius. Hermione Granger ha convinto Draco che c’è
bellezza ovunque… che convinzione grossolana! Come si
può credere a una cosa del genere? Come si può credere che la bellezza sia
qualcosa di così poco esclusivo? E dirlo senza vergogna, con compiacimento?
La
bellezza è una cosa rara, non è alla portata di tutti, è nell’anello che a
sedici anni mi hai stretto al dito, nel tuo bastone da passeggio, tra le nostre
lenzuola, nei pavoni albini, nei diamanti, nelle nostre candele profumate
d’oriente.
Hermione
Granger è tremendamente ingenua se pensa di trovare bellezza ovunque si giri.
Le
mancano i genitori. Forse non è vero che le famiglie tra i babbani
non vadano di moda. O forse a Hermione Granger le mode non interessano. Non mi
stupirebbe, d’altra parte, quella ragazza ha seriamente bisogno di rivedere le
sue priorità.
Soltanto
così invece di trovare la pace troverà se stessa.
Ma
chi sono io per dirlo? Chi sono io per dire qualcosa del genere quando una
parte di me è così lontana da sembrare il ricordo di un sogno?
A
volte non mi rispondi nemmeno nei sogni, Lucius…
Mi
ha scoperta, ma sono stata convincente: non dirà niente a Draco.
Tuttavia
forse è tempo che parli sinceramente con te. Avrai notato che nelle mie ultime
lettere ho ceduto sempre più alla malinconia e al sentimentalismo – non erano
cose di cui odiavi leggere? Adesso mi odi, Lucius? So che non è così. Allora mi
chiedo se tutte le cose che abbiamo odiato in vita forse non fossero solo lo
spettro delle nostre paure più intime.
Sto
morendo, Lucius, lo sento. E la mia unica difesa sono le righe che riesco a
scriverti con sincerità – si muore di sentimentalismo? Allora probabilmente ne
stiamo morendo entrambi.
Il
medimago dice che c’è poco da fare. C’è qualcosa che
mi divora i visceri, mi fa rivoltare senza posa nel letto, mi riempie le labbra
e le lenzuola di sangue. Deve essere un male terribile. E lui riuscirà a
risanare queste ferite soltanto per qualche altro mese. Quando gli dirò di
smettere, sarò solo sangue.
Userò
lenzuola rosse per coprirmi, così le macchie non saranno evidenti.
Eppure
ho un’idea che mi tormenta…
Lucius sapeva che bastava un’idea per
creare il tormento. A volte bastava un ricordo felice, altre volte il ricordo
di qualcosa che non era mai accaduto.
Ma, altre volte ancora, bastava un
bacio.
Qualcosa era cambiato da quando qualcuno
l’aveva di nuovo baciato.
Una notte come tante si era sentito di
nuovo avvolgere dal gelo. Non si era agitato nel letto, non lo faceva da tempo;
non ricordava cosa fosse l’agitazione. Sapeva solo che il gelo non gli piaceva,
l’ultima volta che l’aveva sentito gli aveva sottratto tutto – il bacio di un dissennatore ti svuota ripulendo bene le pareti della
memoria, le consuma fin quando non esiste più il confine tra passato e presente.
Lucius aveva un’idea vaga di quello che
era stato in vita. Aveva la testa piena di urla – uomini morivano nella sua
testa continuamente e lui non poteva farci niente. Tra le urla riconosceva solo
i silenzi di Draco e una voce di donna – Narcissa.
Perciò era successa una cosa strana una
notte come tante: la voce di donna era uscita dalla sua testa e si era messa a
danzare tra le pareti della sua cella. La voce era ovunque da quando qualcosa
di gelido aveva sfiorato di nuovo le sue labbra.
Quella voce parlava per ore intere. Il
suo non era semplice chiacchiericcio, la voce leggeva…
Si
fanno i dispetti… ma non hanno la mia stessa
esperienza. Dubito che l’avranno mai, dopotutto tu porti ancora i segni delle
mie piccole vendette, loro hanno la pelle coperta da altre cicatrici…
Hermione
Granger mi ha fatto ricordare di quando Draco si aggirava sorridente tra i nani
in giardino. Sono certa che, nonostante le apparenze, quelli sono giorni che
anche tu ricordi con trionfo.
Ho
scoperto di amare l’antropologia e un autore che ci definisce scimmie nude… Mi troverebbe anche del tutto d’accordo se il mio
amore per la manicure mi permettesse di non soffermarmi sulla loro mancanza di
buongusto e sul fatto che non conoscono l’utilizzo di una lama per le unghie.
Questa
sera il mio trucco è restato perfetto per molte ore dopo cena, così ho pensato
che Hermione Granger potesse unirsi a me e a Draco nella nostra conversazione
serale. È intelligente, il problema è che lo sa. Quindi è un’intelligente della
peggiore specie.
Fortunatamente
non sempre il mio rossetto resiste ai bicchieri di vino elfico che bevo, quindi
non la inviterò molto spesso. Salazar me ne scampi, alcune delle sue
osservazioni mi fanno girare la testa più dell’alcol.
Credo
che abbiano un effetto simile anche su Draco. Il problema è che non gli fanno
girare solo la testa. Lo fanno girare tutto. Intorno a lei.
Sotto
la pioggia lei lo guarda diversamente, a lui piace la sua pelle bagnata. Draco
dice che nel cuore lei ha un groviglio di serpi. Io gli ho confidato che lui ha
l’antidoto.
Ho
dovuto dirglielo. Ricordi quando tu stesso mi dicevi che io ero veleno e
antidoto?
E
Draco non ha forse il mio stesso sangue?
Leggono
insieme, lei gli racconta una storia per burlarsi di lui ma Draco la burla in
maniera ancora più sottile – è proprio nostro figlio! La burla al punto che lei
si convince di aver trascorso il pomeriggio a prendersi gioco di lui, ma in
realtà non fa altro che adempiere ai suoi desideri ogni volta che apre bocca.
Credo che a Draco piaccia la sua voce e quello che gli racconta a proposito di
candelabri con l’accento francese e bambini trasfigurati in tazzina. Sono
storie curiose, dopotutto.
Hermione
Granger ha nascosto il libro dell’antropologo all’ombra del suo seno. Te lo
ricordi Lucius cosa nascosi io all’ombra del mio seno?
(Una
vita intera, Narcissa).
Molte notti dopo la prima in cui si era
sentito avvolgere dal gelo, c’era qualcosa che si destava nella sua testa.
Lucius la riconobbe con riguardo e paura: doveva essere una scintilla di lucidità,
qualcosa di talmente fievole che ancora non gli suggeriva di aprire gli occhi,
ma c’era. C’era. Lo sentiva nei graffi sulle piante dei piedi che da un tempo
indefinito avevano preso a fargli male mentre prima pensava che fosse solo
pelle morta. Qualcosa c’era. Lo sentiva sulla punta della lingua ogni volta che,
mangiando, per sbaglio si leccava anche le dita e le scopriva di un sapore
sgradevolissimo. Sentiva qualcosa di nuovo ogni volta che si grattava la barba
e il cuoio capelluto e vi trovava i capelli annodati.
Si sentiva meno uomo, più animale. Però
cominciava a sentirsi di nuovo.
Quell’antropologo
che ci chiama scimmie nude dice alcune cose strane. Per esempio che non ci
calmano melodie lievi, o movimenti regolari, e nemmeno il silenzio. Dice che
possiamo calmarci solo ascoltando i battiti del cuore. E non ha forse ragione?
Non
mi rispondi da mesi, ma so che ci sei, che lo avresti fatto se avessi potuto.
Anche solo per dirmi che non dovrei perdere la calma o la compostezza; che
alcune cose non si scrivono, ma si serbano negli occhi e si mostrano solo di
notte all’ombra di un viso amato che incombe su di noi.
Ma
a me sembra sempre notte, e il viso che prima incombeva su di me, tra le tende
di seta e il profumo lontano di una candela… quel
viso non c’è più. Allora ho bisogno di calmarmi. E ne hai bisogno anche tu.
Appoggia la mano sul cuore, quell’antropologo dice che solo i cuori calmano.
Appoggia la mano sul tuo cuore, immagina che sia il mio petto.
Draco
ha paura per me. Dice che gli sembro strana. Ha chiesto un permesso particolare
a Hogwarts ed è venuto a stare a casa per qualche
giorno.
Lucius,
Lucius! Ho ancora un’idea che mi tormenta.
Ci
sono cose che la pietra, la terra, il marmo più pregiato del mondo non riusciranno
mai a contenere. Sono desideri.
Io
sono convinta che quando qualcuno costruirà una tomba per me, non riuscirà
comunque a contenermi. Basterà una sola delle tue parole e a me distesa lì
verrà la voglia di grattare via pietra, terra e marmo; mi verrà voglia di
destarmi e raggiungerti. Non importa quanto sia morta.
Lucius,
sarei costretta a distruggere i confini dell’eternità per raggiungerti. Ma per
farlo dovrei rovinarmi la manicure… sai che non l’ho
mai permesso a niente e nessuno. E per evitarlo c’è solo un modo, uno solo…
Ho
rispedito Draco a Hogwarts. Ha bisogno di vita e non
di morte, ma lui non lo sa, perché ha già cominciato a confonderle, come se da
quando nei suoi occhi ciò che era vita ha iniziato a morire, ormai non trovasse
più differenza tra il respiro di una donna e l’alito della morte.
Sono
riuscita ad entrare ad Azkaban. Ora sono sicura di
poterci tornare per l’eternità.
A
Draco non piacciono i gladioli di mio cognato.
Sono
ingenui, Lucius. Ricordi di quando ti ho parlato del Maestro e di Margherita?
Credono che alla fine siano morti.
C’era qualcosa di strano nel modo in cui
Lucius ricominciò a sentirsi vivo.
Un giorno aprì gli occhi e gli sembrò la
cosa più naturale del mondo. Aveva le unghie sporche e le lavò con cura. Chiese
delle calzature e le indossò dopo essersi arrangiato con medicazioni di
fortuna.
Da un momento all’altro si accorse di
ricordare finalmente come si facesse a leggere.
La voce di donna non era scomparsa, soltanto… veniva da un punto più lontano, si nascondeva da
lui.
Una notte Lucius raccolse i bigliettini
che lo circondavano, prese a leggerli fin quando la sua voce non si confuse con
quella di donna.
Pronunciavano le stesse parole,
dopotutto.
A
Draco adesso piacciono i gladioli. Mi ha mostrato una tela: al centro c’è una
nave con le vele fatte di gladioli giganti. Qualcuno adagiato su quei petali li
usa per solcare le acque, come se fossero esseri divini. Ma sono uomini. Come
Draco. Come te. Come me.
Ho capito una cosa, Lucius. Possiamo camminare
ovunque, se lo vogliamo, con piedi immateriali, su acque e terre estranee, su
petali rosa, su tombe vuote, su pietre scure.
Non ci crederai mai, Lucius. Ho detto una cosa
assurda. Non la ripeterò mai più, ma forse la sento vera come poche. Oggi Draco
mi ha fatto visita con Hermione. Alla fine mi ha salutato con un bacio, mi ha
chiesto come mi sentissi. Gli ho detto che poteva capitarmi di peggio che
lasciarmi vedere senza rossetto dalla ragazza di mio figlio.
Forse sono egoista, Lucius, o forse non voglio farti
perdere niente di nostro figlio. Ma ti riporto qui anche la sua risposta: Draco
ha detto che se lo immagina, cosa c’è di peggio.
Draco
è ancora un po’ ingenuo. Aveva davvero creduto che non amassi più i pettegolezzi.
C’è in lui così tanto del bambino che è stato… c’è
qualcosa di te, però, nella fermezza del suo sguardo, nella leggerezza delle
sue dita quando mi accarezza, nella fuggevolezza dei suoi sorrisi quando mi
guarda. Credo di aver capito anche a cosa sia dovuta la sua lieve galanteria. E
la sua ossessione per le attenzioni.
Avevo
ragione su Hermione Granger: era quello che gli ci voleva.
Non
capita tutti i giorni di trovare una ragazza capace di concentrarsi su di lui
come ho sempre fatto io con mio marito e con mio figlio.
La
ragazza mi legge il poema di Odino che io amo tanto. Draco la sta confondendo
con la vita. Il fatto che lui si sente più vivo quando lei gli racconta la
storia di un candelabro francese non significa che la sua voce salverà anche
me. Forse, in fondo, Draco lo sa. Ma non riesce ad accettarlo. E a me viene in
mente solo una cosa: anche io sono confusa dalla vita e dalla morte. Un giorno
per me avranno lo stesso significato.
Ho
raccontato a Hermione Granger la storia dei nani. Ne ha sorriso.
Poi
mi ha raccontato lei una storia curiosa. Dice che c’è qualcosa in comune tra le
favole babbane e quelle dei maghi. E cioè c’è sempre
qualcuno che si ridesta per il bacio dell’amore perduto. Dice che è una cosa assurda… cosa ci si scambia con un bacio se non un po’ di
saliva? Eppure le madri ci convincono sin da piccoli che i baci possono
salvare. Insinuano dentro di noi il pensiero che con un bacio l’anima di uno
passa nella bocca dell’altra.
Hermione
Granger ha analizzato persino questo passaggio: si è chiesta se l’anima vada a
finire nella bocca o nello stomaco.
Non
credo che sia questo il punto. Ma lei ha insistito, mi ha chiesto se non
sentissi di avere nello stomaco la tua anima nera.
Le
ho risposto che la tua anima non è nera, solo oscura. Di quell’oscurità che sa
di mistero pronto a svelarsi solo per qualcuno.
Forse
l’ho anche convinta.
Forse
Draco ha ragione. Ci sono voci che salvano.
La
mia riuscirà a salvarti, un giorno?
Hermione
Granger pensa ancora che ci sia bellezza ovunque. Il problema è che pian piano
mi sta persuadendo. Da quando guardo la luce del sole con malinconia, le acque
del laghetto in giardino come se fossero il riflesso di un paradiso che non mi
accoglierà mai. C’è un po’ di bellezza nelle sue mani sporche di inchiostro –
anche se non riuscirò mai a trovare belle le sue unghie poco curate. C’è
bellezza in favole di uomini che abbiamo disprezzato per tutta la vita, in vite
che non potremo mai vivere. C’è bellezza nelle margherite, nei gladioli… ma la verità è che c’è bellezza in tutti i fiori
del mondo se ce li porge una mano amata.
C’è
bellezza nelle navi che viaggiano verso terre che non conosceremo mai, che
forse sono belle proprio per questo.
C’è
bellezza – credo che abbia cercato di dirmi questo, oggi – c’è bellezza nel
modo che inventa ognuno per lasciarsi amare meglio, a misura.
Io
ne ho inventato uno nuovo per te. Spero che mi perdonerai.
Sarebbe stato difficile perdonarla, e
altrettanto complicato sarebbe stato amarla di meno.
Lucius Malfoy lo scoprì il giorno in cui
capì tutta la verità. Narcissa aveva sfidato la vita e la morte, le aveva
confuse, forse, proprio come aveva detto lei nelle centinaia di lettere che gli
aveva spedito ad Azkaban nell’ultimo anno.
Era diventata un fantasma per salvarlo
da se stesso. Lucius per un istante aveva sentito di odiarla, perché l’aveva
costretto a salvarsi nel modo più tragico possibile, dopo un suo sacrificio.
La prima volta che l’aveva vista
immateriale, incorporea, luminosa, ne era rimasto sopraffatto. Non l’aveva
riconosciuta. Aveva accolto il suo bacio come si accoglie una condanna a morte.
Però il suo bacio non l’aveva svuotato. A poco a poco, notte dopo notte, l’aveva
riempito.
(Come
si può passare la vita da un fantasma a un uomo quasi morto?)
Ho
deciso che non spiegherò a loro perché il Maestro e Margherita non sono del
tutto morti.
Credo
che lo capiranno. Sono intelligenti e lo sanno.
Ma
come possono credere che quei due siano morti? Come si fa a credere che due
persone siano morte quando possono guardarsi negli occhi per l’eternità?
Capiranno
mai che essere vivi significa restare con le persone amate?
Lucius non era riuscito ancora a
parlarle. Lei gli sfuggiva sempre. Doveva essere nella sua natura di fantasma
tutta quella fuggevolezza. Ancora non si era adattata alla sua nuova forma, la
terra doveva sembrarle estranea.
Narcissa si limitava solo a ripetere
pochi semplici gesti: lo salutava con un bacio, soffiandogli un po’ di anima
tra le labbra, sospingendola nella sua bocca. Rileggeva per lui alcuni
bigliettini che gli aveva spedito quando essere viva per lei significava
attendere il momento in cui avrebbe potuto rivederlo. Gli ripeteva di non dire
niente a Draco riguardo la sua decisione.
***
Tre
mesi dopo.
Hermione Granger esibì un sorriso
rilassato per sembrare serena davanti al carceriere con la bacchetta sguainata.
Gli mostrò un permesso redatto dal Ministro della Magia in persona col quale
lei si era conquistata il diritto di far visita a Lucius Malfoy.
«Non è uno spettacolo interessante»,
commentò la guardia, restituendole la pergamena, «a meno che lei non abbia
la pazienza di un elfo domestico».
Hermione superò la guardia senza badare
troppo ai suoi avvertimenti. Lo invitò ad aprire la porta della cella. Non riusciva
a immaginare cosa la aspettasse. Aveva solo ricevuto un bigliettino: porta ad Azkaban
la tua insopportabile voce da femmina, signorina Granger.
Hermione aveva accettato, confusa. Sapeva
soltanto che avrebbe impiegato parecchio tempo per riprendersi da un’altra
visita a Lucius Malfoy.
La precedente l’aveva lasciata
atterrita, vittima di un pensiero vago.
Draco,
lei vive in te.
Era la stessa cosa che Hermione aveva
detto al suo fidanzato il giorno dei funerali di Narcissa. Avere un pensiero in
comune con Lucius Malfoy era stato per lei qualcosa di destabilizzante.
Trovarlo in piedi, vestito di tutto
punto e col bastone da passeggio puntato a terra invece non era solo
destabilizzante, ma era…
«Stupefacente, non trovi?»
Hermione sussultò a sentire quella voce
chiara e padrona di sé.
«Come ha fatto a riprendersi?» chiese a
bruciapelo.
«Degli abiti puliti e un bastone da
passeggio farebbero destare dalla tomba chiunque» sorrise Malfoy, schernendola
compiaciuto.
«E come li ha ottenuti?»
«Pensavo che avessi imparato qualcosa
dalle capacità persuasive di mia moglie».
Hermione lo fissò accorta. Malfoy aveva
recuperato lo spirito per infastidire il prossimo e comandare tutti quelli che
lo circondavano. Era tornato in sé, insomma, tanto da trattare le sue guardie
carcerarie come umili elfi domestici.
«Ero impegnata a imparare altro dalla
signora Malfoy», replicò Hermione, duramente.
«Del genere?» indagò lui, assottigliando
gli occhi e fissandola con una punta di rancore. Le si avvicinò con passo
misurato, quasi felino. «A quanto ho capito mio figlio ti paragona alla divina
Medusa per via dei tuoi capelli e dei tuoi occhi. Per me somigli di più a una
medusa di mare…» spiegò senza toccarla, come se
temesse di farsi del male. Le sollevò il mento con il capo del suo bastone: il
serpente che le carezzava la pelle aveva occhi verdi, forse capaci di
pietrificare chiunque li guardasse.
«Ma c’è qualcosa di utile in tutto. Mia
moglie avrebbe detto qualcosa di bello»
sorrise lui, sfidandola a replicare. «Perciò farai qualcosa di utile e bello
anche per me, signorina Granger».
«E che cosa dovrei fare?»
«Dì a Draco…»
cominciò Malfoy, posando il bastone a terra. «Dì a Draco…
da adesso lei vive anche in me».