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Autore: Aurelia major    21/02/2007    3 recensioni
Cosa succede quando una persona amabile e amichevole ne incontra una scontrosa e sarcastica ? Guai probabilmente , anche perché c'è chi vuole assolutamente fare amicizia e chi cerca d'impedirglielo a tutti i costi ...
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Da quel momento in poi Michiru trovò in Setsuna un’amica e un’alleata. Iniziò a trascorrere gran parte del suo tempo libero con lei e scoprì, dietro all’apparente riservatezza, una persona deliziosa. Setsuna era la quintessenza dell’equilibrio, oltre che un animo schietto. Sempre più spesso si trovava a paragonarla alle acque di un torrente di montagna che nascesse da un ghiacciaio, tanto le sembrava cristallina e nitida. Nondimeno in sua compagnia si rideva tantissimo. Sapeva essere pungente e brillante, ma in modo sottile, lieve, tanto che all’inizio Michiru non coglieva mai del tutto dove volesse andare a parare. Allo stesso tempo era mite e riflessiva, poteva starsene ferma ore intere appiccicata ad un libro o persa nei propri pensieri, senza lasciarsi turbare da quanto la circondava. Aveva per chiunque un sorriso disponibile e la logica stringente che permeava tutte le sue azioni quotidiane aveva su Michiru un effetto benefico, moderatore. Alla violinista pareva, in un modo che aveva dello straordinario, che questa avesse la capacità di lasciar sgorgare le sue emozioni, mitigandole, ma contemporaneamente senza interferire né mutare la loro essenza.

Sovente Michiru si chiedeva se Setsuna facesse il medesimo effetto anche ad Haruka.

Le aveva credute affini, praticamente in simbiosi tra loro, poiché pensava che la bionda potesse coesistere solo con chi , grosso modo, sentisse vicino alla propria indole. Invece più frequentava Setsuna più si persuadeva che questo poteva essere un ragionamento valido per chiunque altro, ma che per la ragazza dalle lunghe e scure chiome non reggesse. Setsuna riusciva ad essere una persona sé stante, senza essere inflessibile. Conservava la sua autonomia pur avendo la capacità di adattarsi agli altri, sapeva essere socievole malgrado la sua individualità spiccata. Praticamente era l’antitesi di Haruka, ché fossero tali caratteristiche a darle modo d’avere un rapporto paritario con lei?

Poteva darsi, ma allo stesso tempo la medesima contrapposizione di carattere valeva per lei, quindi dove stava il particolare mancante che tra loro creava alchimia?

Non riusciva a coglierlo ma, anche in virtù della frequentazione che stava instaurando con Setsuna, ebbe l’agio di cominciare ad intendere particolari essenziali. Specifiche celate che non aveva saputo intuire sul momento, distratta com’era dalla presenza accentratrice della bionda.

E una volta assimilatele infine capì perché tra lei ed Haruka non si era potuto trovare un equilibrio. La loro ferree volontà del tutto dissimili negli intenti, ma egualmente forti e determinate, non avevano fatto altro che scontrarsi. Certo c’erano state alcune tregue, ma non erano servite all’intesa, piuttosto a corazzarsi ancora di più l’una contro l’altra.

In un certo senso la bionda era la fortezza inespugnabile e lei il barbaro invasore. E dove ci sarebbe voluta un’ambasceria diplomatica, lei aveva dato colpi d’ariete cercando di forzare il blocco.

In pratica se si fosse accostata ad Haruka ammorbidendo le differenze senza escluderle, lasciando un margine alla sua natura dominate, ma senza sottomettersi a lei e soprattutto evitando di dare senza prendere mai, non avrebbero avuto i frequenti contrasti che avevano contraddistinto il loro rapporto fin dal principio. Il suo errore fondamentale non era stato tanto combatterla, benché la sua strenua resistenza le avesse fatto l’effetto della benzina sul fuoco, no, l’errore stava nell’aver voluto strafare. Nella fretta di giungere a lei si era annullata come persona e quando aveva provato a riaffermarsi come tale, rialzando la testa, esprimendo un opinione, per quanto offensiva potesse essere, l’altra se n’era adontata.

"Il dittatore non permette alla plebe di esprimersi." Si disse, a conclusione di questa argomentazione, mentre schizzava Haruka nelle vesti di Lucio Cornelio Silla. E continuando a disegnare i drappeggi della toga su quell’efebico corpo giunse alla conclusione che tra loro non si trattava di una fondamentale impossibilità di convivenza, quanto di un fraintendimento strutturale. Levò gli occhi dal foglio e guardò in direzione della costa. Dalle sue finestre poteva vedere il mare al tramonto. Era immoto e piatto, nessun alito di vento ne increspava la superficie.

Questo era il punto, anche lei era stata tale, calma e distesa, poi gli alisei di Haruka avevano cominciato a soffiare e si era trasformata progressivamente in un mare in tempesta, così come l’altra rapidamente si era mutata in una bufera di vento. Era naturale quindi che combinandosi e scontrandosi non dessero luogo ad altro che un uragano. Viceversa Setsuna proprio come il corso d’acqua pacifico a cui la comparava, prima con Haruka e ora con lei, aveva la capacità di temperare gli aspetti impulsivi di entrambe, lasciando che defluissero senza fare opposizione. Altro che alchimia, il suo era semplice buonsenso innanzi a due ragazzine pestifere!

Michiru cominciò ad affezionarsi a lei e per Setsuna era lo stesso, trovavano conforto nella reciproca compagnia. Iniziarono a frequentarsi con regolarità e si vedevano spesso di sera, nella stanza dell’una o dell’altra. Passavano il tempo parlando di tutto, confrontandosi su svariati argomenti oppure si limitavano a godere della mutua presenza in silenzio, mentre ciascuna svolgeva le proprie attività. In questo modo ebbero agio di conoscersi a poco a poco, avendo l’opportunità di appianare progressivamente le diversità senza ostilità di sorta e, allo stesso tempo, riuscendo a consolidare e incrementare tutto quanto le accomunasse.

Perché, accidenti alla sua smania, aveva avuto tanta fretta con Haruka?

Già poiché, sebbene Setsuna le fosse diventata ormai familiare e la sua vicinanza costante le fosse di estremo appoggio, non era esattamente la stessa cosa. Né voleva che questa dovesse fungere da sostituta. Ma la situazione cominciava a farsi snervante, così a volte tentava d’evadere dalla morsa oppressiva dei suoi stessi pensieri. E finché teneva la mente impegnata su altre cose riusciva persino ad allontanare dalla testa l’immagine della bionda. Ma non appena incappava in un momento di pausa, come si prendeva una tregua dalle sue occupazioni quotidiane, questa ricompariva prepotente in tutti i suoi dettagli.

In classe le sembrava sempre che stesse lì, lì per fare il suo ingresso. Camminando per gli affollati meandri della scuola spesso, in modo del tutto involontario, si scopriva a vagare con lo sguardo in cerca di lei, come se si fosse allontanata solo momentaneamente. E che dire quando imboccava il corridoio che dalla piscina passava per la palestra? Non riusciva a fare a meno di dare un’occhiata alla sala delle bike, nell’assurda speranza che fosse tornata. Ma il momento peggiore era quando si ritrovava sola nel loro alloggio.

Se socchiudeva le palpebre riusciva ad evocarne la presenza, stesa sul divano a riposarsi dopo un allenamento estenuante. Seduta al suo tecnigrafo a tracciare linee, mentre si tormentava la capigliatura indisciplinata e borbottava calcoli astrusi. Oppure quando con espressione decisamente seccata era costretta a studiare i pesanti tomi di giapponese moderno. Il sopracciglio che s’inarcava, i segni che le comparivano sulle guance quando ghignava, il tic di far ondeggiare la gamba mentre era seduta... Poi era costretta a riaprire gli occhi e l’illusione covata scompariva, lasciandole dentro un’amarezza insostenibile. E allora non le restava altro da fare che stringere i denti e ingiungersi a perseverare, scovando tutta quella pazienza che non era riuscita ad avere quando lei ancora c’era. Prima o poi sarebbe venuto fuori qualcosa, nel frattempo le labili tracce che Haruka si era lasciata dietro le davano un qualche conforto. Giacché, sebbene il suo dileguarsi fosse stato repentino, non era riuscita ad annullarsi del completamente. Innanzitutto le era rimasta la sua t-shirt, con la quale ormai dormiva tutte le notti e nella quale, quando la nostalgia diventava intollerabile, affondava il volto per respirarne il profumo. Con quel gesto momentaneamente la ritrovava e, respirando quel flebile effluvio, un misto di sudore e di qualcosa di strettamente connesso a lei, per un breve istante la sentiva nuovamente vicina. In modo tangibile, fisico, che non fosse solo un illusorio ricordo. Oltre a questo aveva rinvenuto una matita mordicchiata su un’estremità, finita casualmente sotto ad una sedia. Piccolezze che non potevano bastarle, ma che serbava come se fossero tesori.

In seguito scoprì qualcosa che in un certo senso la fece sentire peggio, un oggetto che era parte integrante di Haruka. Costei nella sua fretta si era dimenticata un blocchetto d’appunti in un cassetto della scrivania e, incastrato tra le spire che tenevano insieme i fogli rivestiti dalla sua fitta scrittura angolosa, Michiru aveva scoperto un lungo capello biondo. Con riverenza ed estrema attenzione l’aveva rimosso, tenendolo nel palmo della mano come prova che non si era immaginata tutto.

Ultimamente infatti sembrava che gli eventi cospirassero per farglielo credere. Giacché, se durante i primi giorni dell’assenza di Haruka la cosa era passata pressoché inosservata, poiché non era certo la prima volta che accadeva, mano a mano che passavano i giorni attorno alla sua eclisse fiorirono le ipotesi più disparate. Alcune protendevano per un sicuro tracollo fisico, Tenou aveva tirato troppo la corda e ora ne pagava le conseguenze. Le fautrici di questa congettura erano i membri del club di ikebana, le quali trovavano inopportuna e alquanto malsana la mole di attività sportiva che Haruka sosteneva.

Sull’altro fronte c’erano quelle del partito dei forcaioli, composto per la maggiore da tutte coloro che la bionda aveva sistematicamente ridicolizzato, dopo aver liquidato sprezzantemente le loro offerte di amicizia, e che provavano ben più di un risentimento nei suoi riguardi. Queste si dicevano certe di una sua cattura da parte delle forze dell’ordine. Tenou era troppo un cattivo soggetto per non finire dritta nelle patrie galere!

Le possibiliste si limitavano ad immaginare che se ne fosse semplicemente tornata negli Stati Uniti, mentre quelle che non ci avevano avuti diretti contatti, ma che comunque venivano stuzzicate dall’interesse generale, azzardavano che fosse fuggita alle Hawaii per diventare una tri-atleta. Senza contare le testimoni oculari dell’esplosione dell’auto della vicepreside, le quali erano certe della sua colpevolezza e supponevano che fosse stata scoperta, ergo che la sua non fosse altro che un’espulsione fatta passare sotto silenzio.

Poi il trascorrere del tempo e le inevitabili novità accadute nel frattempo, via, via lasciarono cadere la sua vicenda nell’oblio. E quand’ormai le foglie avevano cessato di cadere e il freddo si era fatto intenso, di tutto il gran parlare che si era fatto non restava che il vuoto. E sorprendentemente Michiru constatò di come la stessero accantonando con facilità, se non addirittura con piacere.

Era una sorta di rimozione collettiva alla quale, escluse le chiacchiere della prima ora, nessuno sembrava dare importanza. Le compagne di classe che l’avevano alternativamente detestata e ammirata, i membri della squadra di atletica dei quali era il capitano e non ultimi gli stessi insegnanti, ai quali aveva sempre dato filo da torcere, tutti passivamente avevano preso atto del suo allontanamento e in fretta avevano voltato pagina. Come se non ci fosse mai stata.

Persino Aya, con la quale per Haruka aveva aspramente litigato, dopo l’inevitabile curiosità iniziale, non ne aveva più fatto cenno con lei.

E dire che Michiru, quando il fatto era ancora recente, aveva dovuto difendersi da orde di ragazzine convinte che lei sicuramente sapesse. Era convinzione comune in effetti che lei, in quanto sua compagna di stanza e quindi la persona che fino ad allora le era stata più prossima, dovesse per forza aver captato un dettaglio, un barlume di consapevolezza qualsiasi che portasse a qualche indizio.

Michiru non si era mai espressa in tal senso, aveva sempre taciuto trincerandosi dietro un silenzio neutro e celando con una facciata cortese quanto le si agitava dentro. Finché gl’interrogativi si erano affievoliti fino a spegnersi del tutto.

Allo stadio attuale nessuna aveva ancora interesse a porre domande, Haruka era come stata cancellata da un tratto di penna e persino quelle che la seguivano adoranti in ogni suo microscopico gesto, alla fin fine si erano limitate a scrollare le spalle.

Atteggiamento da "è morto il re , evviva il re ?" Si chiese la violinista, ma riflettendoci attentamente capì, si trattava di ben altro. Ed era infinitamente peggio.

La menefreghista, l’asociale, la superba, la sarcastica Haruka era più comodo eliminarla.

Si trattava di una persona troppo dura per riservarle un trattamento migliore. Annullando la memoria dei suoi record su pista le altre atlete riprendevano coraggio nelle proprie possibilità. Rimuovendo il ricordo della sua solitudine orgogliosa quelle che, nonostante si disprezzassero tra loro, si tenevano compagnia per paura del silenzio e dell’isolamento, potevano continuare a sguazzare nella loro miseria spirituale senza vergognarsi. E quante si piegavano a compromessi per il proprio tornaconto personale, non avendo più il suo incrollabile esempio davanti, dormivano più quiete la notte. In definitiva la forza con la quale Haruka aveva permeato ogni suo gesto aveva schiacciato troppi amor propri per dedicarle più di un fugace pensiero transitorio. E quindi la totalità di quanti l’avevano conosciuta supinamente l’aveva abolita dalla collettiva reminiscenza con sollievo e a nessuno pareva doveroso chiedersi altro.

Michiru, se avesse palesato i suoi sentimenti, avrebbe fatto la figura dell’anacronistica nella sua insistenza. Ché la maggioranza voleva che restasse abbandonata nelle nebbie della vaghezza, come se Haruka non fosse stata altro che un parto della sua fantasia, come se si fosse creata per osmosi un’amichetta immaginaria! E se non fosse stato per Setsuna, l’unica con la quale potesse parlarne, e per quei marginali oggetti che la bionda aveva scordato, avrebbe potuto pensarlo anche lei.

Inoltre, laddove su internet c’erano miriadi di siti che la magnificavano come un’atleta in ascesa, non vi si faceva più cenno. Era stata depennata persino dall’albo delle presenze che riportava le manifestazioni e le gare nazionali a cui aveva partecipato. Per la federazione sportiva, in pratica, non era mai esistita.

Michiru cercava di non scoraggiarsi e per quanto le era possibile cercava di restare calma innanzi a quella epurazione a tappeto.

Che facessero pure, per quanto la riguardava non aveva nessuna intenzione di dimenticare, anzi faceva di tutto per intensificarne il ricordo... oddio, riecco che si riferiva a lei come se fosse deceduta! Maledizione e ancora maledizione! Non doveva neppure pensare ad un’eventualità del genere! Pure, quando il vento di tramontana soffiava e constatava che l’inverno era iniziato, sentiva le sue certezze vacillare. Quante settimane erano passate? Natale era alle porte ormai e ancora era in attesa, in un’assurda, vigile e credula attesa che si palesasse, che finalmente rendesse chiaro che fine avesse fatto! Anche Setsuna a questo punto aveva iniziato a preoccuparsi, finché i giorni erano rimasti tali non si era scomposta, persuadendosi che ci fosse un motivo valido. Ma quando, all’insaputa di Michiru, tentò ripetutamente di rintracciarla sul suo numero di cellulare e questo risultò prima spento e infine inesistente, decise di recarsi a casa sua. Un’amara sorpresa l’attendeva, l’amministratore del residence dove Haruka aveva un monolocale in affitto, le comunicò che il contratto era stato annullato e che già da un pezzo la ragazza aveva fatto armi e bagagli.

A questo punto si risolse a chiedere l’intervento di suo padre, era la sua ultima carta e decise di giocarsela. Ma fece male i suoi conti perché la risposta dell’uomo fu ermetica e irremovibile. Sì, sapeva quanto era accaduto e l’aveva appreso dalla stessa Haruka, la quale stava bene, ma essendo impegnata in faccende personali, aveva categoricamente imposto di non essere importunata. Aveva aggiunto inoltre che, quando avesse potuto, sarebbe stata lei stessa a contattare Setsuna e chiarirle la faccenda. Così come aveva fatto con lui. Per il momento non se ne parlava, punto, fine della storia.

Davanti a questo monumentale menefreghismo Setsuna perse la pazienza che sempre aveva avuto nei suoi confronti. E per la prima volta capì perché mai Haruka non covava malanimo verso la madre, erano uguali! Fottutamente identiche nella determinazione a fare quel che cavolo volevano, nel momento stesso in cui lo volevano e senza curarsi di quanto potevano far soffrire chi avevano accanto!

Avrebbe potuto continuare le ricerche, infatti conosceva la sede centrale della sua scuderia e persino l’indirizzo dell’ufficio di pubbliche relazioni cui Hitomi si appoggiava, ma preferì evitare. Se Haruka la voleva fuori, l’avrebbe accontentata! Che se la sbrigasse da sola per l’ennesima volta. Per quanto la riguardava l’avrebbe attesa al varco e lì si sarebbe pentita amaramente di tutte le ansie che stava seminando!

Passò un’altra settimana e quella successiva. E, a pochi giorni dalle vacanze, Natale sembrava non voler recare ancora nessuna novità. Nel frattempo la rabbia di Setsuna si era sufficientemente placata, ma non la sua inquietudine. In ogni caso la sera prima delle feste, l’ultima passata a scuola dell’anno che stava per terminare, lei e Michiru decisero di trascorrerla insieme. Intendevano festeggiare con una cenetta a base di delizie e spumante sia natale che capodanno, giacché nelle date preposte sarebbero state ognuna presso i propri cari. Così fu che, grazie ad una dispensa speciale, quel pomeriggio si recarono in centro per far la spesa. Tornarono cariche di sporte e giusto in tempo, il nevischio difatti aveva preso a cadere copioso e Setsuna, voltandosi per esternare una facezia alla violinista, alla sua vista rimase muta. Michiru aveva il soprabito parzialmente imbiancato, le guance arrossate dal freddo e i capelli che fuoriuscivano dal cappello le incorniciavano il viso d’angelo come un alone. Era una visone luminosa e davanti a questa rara bellezza ancora una volta Setsuna si domandò risentita perché Haruka si stesse ostinando a farle del male. Voleva punirla? Oppure ne era spaventata?

Domande, sempre domande e mai una risposta che potesse soddisfarle!

"Guarda, c’è qualcosa nella tua cassetta delle lettere." Le fece notare Michiru sfregandosi le mani infreddolita. Soprappensiero Setsuna non colse, davvero non si sarebbe aspettata nulla di simile, per questo la prese senza badarci più di tanto.

Non ci pensò per tutta la sera, ore gradevoli che trascorsero a cucinare e piluccare più pietanze mentre discorrevano piacevolmente. Poi quando Michiru fu andata, se ne ricordò e andò a vedere chi le scrivesse.

Era una cartolina, il timbro recava la dicitura Jerez de la Frontera e la data di appena qualche giorno prima. Appena riconobbe la grafia Setsuna sussultò come se una scarica elettrica l’avesse attraversata. Si affrettò a leggere, Haruka scriveva dalla Spagna:

Non ti dico Buon Natale perché presto sarò di ritorno.

E’ stato un viaggio contraddistinto dalle F questo:

Formula 3

Feste

Belle figure... & Fighe!!

Haruka

   
 
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