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Autore: Jane Ale    09/08/2012    1 recensioni
Greta è sempre stata strana, di poche parole, introversa. Non ha mai avuto un buon rapporto con gli altri, figuriamoci con se stessa. Ma, dopo essersi trasferita a New York, trova David. David rappresenta per lei una sfida, un ostacolo da superare, un muro da abbattere e solo aiutandolo potrà guarire. Perché lo si sa, a volte, l'amore guarisce.
Dalla storia:
«Non riuscivo a sopportarti, eri sempre nel mezzo. Poi, però, ho pensato che se mi davi così noia, forse, non eri tanto sbagliata. Solitamente le persone ti colpiscono in due modi: o ti innamori di loro, o le odi. Altrimenti non contano niente, capisci?»
Annuii.
Non si agisce mai perché qualcuno ci è indifferente, mi avevano detto, si agisce perché ci si sente toccati, smossi, persino attaccati. Ci si protegge, o ci si apre completamente.
[...] «E adesso?» gli chiesi.
«Adesso cosa?»
«Mi odi?»
«No.»
Sentii una fitta all'altezza dello stomaco, ma non riuscii a classificarla.
Sarà fame, pensai.
Non feci più domande.
Avrei dovuto capire che la fame non si percepisce con l'anima.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 4
Come tutti gli altri



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L'ho imparato da mia madre che lo
diceva sempre a mio padre che
tutti gli uomini sono bugiardi,
bevono, giocano e tornano tardi.
Tutti uguali, tutti uguali.

-Tutti uguali, Mia Martini





"Inspira, espira. Inspira, espira."
Andavo avanti così da cinque minuti buoni. Era impossibile tentare di respirare lì dentro.
«Mandy, ti prego, non posso farcela!» esclamai irritata. Perché continuava ad insistere? Era più forte di me, non avrei potuto sopportarlo.
«Non pregarmi, cara! Ti sto facendo un favore, presto mi ringrazierai.» mi disse dirigendosi verso l'armadio per l'ennesima volta.
«Hai idea di quanto sia stretto questo vestito?! Non respiro, soffocherò!» Mi guardai allo specchio: certo, il vestitino che Mandy mi aveva prestato era carino, rosso, non troppo corto e con una giusta scollatura, perfetto per uscire, se non per il piccolo particolare che mi stava togliendo il respiro!
«Assolutamente no! Tu vuoi toglierlo perché ti vergogni, è questa la verità!» mi disse continuando a rovistare tra i mille vestiti che aveva nell'armadio. «Eccolo!» esclamò dopo qualche secondo.
«Prova questo, è fantastico!» disse porgendomi un altro vestito.
Sbuffai, ma poi mi tolsi l'abito rosso che indossavo per provarlo. Non mi dispiaceva affatto: era nero, con due spalline sottili, lungo fin sopra il ginocchio e aveva una fascia piena di piccoli brillantini sotto il seno.
Era molto carino, ma soprattutto permetteva all'ossigeno di passare dai miei polmoni.
«Questo mi piace.» le dissi guardando il mio riflesso allo specchio.
«Aggiudicato!» Mi strizzò l'occhio.
Continuai a guardarmi allo specchio per qualche altro secondo, ma poi distolsi lo sguardo. Avevo imparato a convivere con il mio corpo, con la mia anima, ad accettare i miei difetti e ad essere orgogliosa dei miei pregi, ma, a volte, sentivo ancora quella sensazione, quel maledettisimo peso all'altezza dello stomaco che mi faceva distogliere lo sguardo ed abbassare la testa. C'è chi l'avrebbe chiamata vergogna, chi umiliazione, altri avrebbero detto che si trattava di senso di colpa, ma a me avevano insegnato a chiamarlo errore. Quando uno sbaglia, mi avevano detto, porterà per sempre con sé un segno interiore che gli ricordi ciò che ha fatto. Non è una punizione, ma una semplice traccia, una segnalazione di passaggio che non si può cancellare. E non avranno nessuna azione il pentimento, le scuse o i rimorsi della coscienza, perché non si cancellano le azioni, esse sono indelebili.
Preso atto di ciò, però, si può decidere se lasciarsi andare, chiudersi in casa e vivere tra i "se" e i "ma" di un passato che ormai non può più essere cambiato, oppure assumersi le proprie responsabilità, superare il dolore e continuare il proprio percorso.
Questo è quello che mi avevano detto. Naturalmente io non avevo mai ascoltato, non avevo mai voluto ascoltare, ma almeno adesso stavo cominciando a capire il significato di quel tragico discorso.
In quel momento ricordai le parole che mi erano state dette pochi mesi prima. Non è mai troppo tardi.. Sbuffai.
«Invece lo sarà se non finisci di prepararti velocemente!» mi intimò Mandy, interrompendo il flusso dei miei pensieri. Non mi ero accorta di aver parlato ad alta voce. Sperai che non facesse domande.
«Tutto bene Greta?» mi chiese lei, quasi leggendomi nel pensiero.
«Certo, stavo solo riflettendo.» le risposi sorridendo. Poi mi diressi verso il bagno per truccarmi.
Ma Mandy mi seguì. Sapevo che avrebbe provato a chiedermi qualcosa.
«Cosa significa "non è mai troppo tardi"? A cosa ti riferivi, Greta?» mi chiese fissandomi.
«Niente, te l'ho detto ero assorta nei miei pensieri.» le risposi passandomi il mascara sulle ciglia.
«Avevi un'espressione così triste. C'è qualcosa che non va?»
«No, è tutto okay. Non preoccuparti.» Le sorrisi e sperai che mi credesse e non cercasse di fare altre domande. E così fu.
«Okay.» mormorò prima di tornare nell'altra stanza.
Chiusi il mascara e presi il lucidalabbra, dando una passata veloce. Premetti le labbra insieme e guardai l'effetto finale. Poteva andare. Come ultima cosa spazzolai i capelli, poi uscii dal bagno, trovando Mandy intenta a riordinare il suo armadio. Sapevo di doverle dire qualcosa prima che arivasse Josh, ma non ero mai stata brava ad uscire da queste situazioni.
«Mandy..»
«Si?» mi risponse voltandosi verso di me.
«Mi dispiace, non volevo essere sgarbata prima.» "Veramente patetica, Greta, veramente.", pensai.
«Non preoccuparti, sono stata troppo invadente. Non avrei dovuto intromettermi, scusa.» mi disse lei.
«No Mandy, non devi scusarti, assolutamente! È che non sono abituata a parlare di me, o a parlare in generale, credo, il che mi rende tutto più complicato, capisci?»
Mi sorrise. «Se mai vorrai, sai dove trovarmi.»
«Grazie.»
In quel momento qualcuno bussò alla porta. Mi girai di scatto verso la sveglia che avevo sul comodino. Le otto e tre minuti. Impossibile! Il tempo era passato troppo velocemente, non poteva essere già Josh.
Aprii la porta e, come non detto, la figura di Josh si materializzò davanti ai miei occhi.
«Ciao, pronta?» mi salutò allegro.
«Pronta!» gli risposi, ma dentro di me ero tutt'altro che pronta!

«Se non vuoi rivelarmi dove andiamo, vuoi almeno dirmi quanto manca?» supplicai Josh ancora una volta.
Eravamo in viaggio da quarantacinque minuti, ma ancora non ero riuscita a far parlare Josh.
«Te l'ho già detto, è una sorpresa e manca poco.» mi rispose pazientemente sorridendo.
«È la decima volta che lo ripeti!» brontolo.
«Perché è la decima volta che me lo chiedi. Non ti facevo così impaziente, piccola Greta.» Rise.
Non credevo di essere impaziente. O forse sì? Non mi erano mai piaciute le soprese, le attese e gli imprevisti, figuriamoci essere portata in un posto sconosciuto dovendo sopportare un'ora di viaggio prima in autobus e poi in metropolitana. Un incubo! Ok, forse stavo esagerando. La mia parte infantile stava avendo la meglio, ma odiavo essere all'oscuro della nostra destinazione.
«Ti sei offesa?» mi chiese Josh. Si era seduto accanto a me e mi fissava in attesa di una mia risposta.
Provai a restare seria, ma, notando la sua espressione preoccupata, scoppiai a ridere. «Josh, scusa se te lo dico, ma sei buffissimo quando sei preoccupato.»
Vidi i suoi muscoli rilassarsi e il suo volto stendersi in un sorriso.
«Grazie, nessuno mi aveva ancora detto quanto fossi buffo
Restammo qualche secondo in silenzio, poi chinai il viso, fissando il pavimento sporco di quella metropolitana. Ero così assorta nell'osservare involucri di caramelle e giornali vecchi lanciati a terra, che mi accorsi a malapena che Josh stava avvicinando una mano al mio volto. "Cosa sta facendo?" mi domandai mentalmente. "Oddio cosa vuole fare? Perché non allontana quella mano?"
Le sue dita afferrarono una ciocca di capelli che mi era scivolata sul volto per portarla dietro l'orecchio.
«Hai dei bei capelli.» mi disse tranquillo.
«Gr-grazie.» gli risposi incerta.
"Che stupida", pensai. "Mi ha gentilmente una ciocca di capelli e io mi impaurisco nel vedere la sua mano. Non c'è male. E mi metto pure a balbettare, cavolo!" Sbuffai.
"Sei rimasta fuori dal mondo per troppo tempo!" sussurrò quell'assurda vocina nella mia testa. "Non è vero!", risposi pronta.
«Ci siamo!» mi disse Josh. «Scendiamo.»
Finalmente! Appena le porte della metro si aprirono, sentii la mano di Josh scivolare nella mia. Lo guardai in viso, stupita.
«Così non ti perdo!» mi disse ammiccando.
Annuii, ma senza fare a meno di pensare che, forse, quella vocina aveva ragione.
Ero rimasta fuori dal mondo per troppo tempo.

«Come hai detto che si chiama questo..coso?»  chiesi per la terza volta.
Josh rise.
«È un burrito con riso, pollo, formaggio e pomodori.»
«Burrito, giusto!» Non riuscivo a ricordare quella parola. Josh mi aveva portata in un ristorante messicano proprio sotto l'Empire State Building. Era la prima volta che mettevo piede nella città, ma l'impatto era stato qualcosa di sensazionale, davvero inspiegabile. Appena avevo messo piede sull'asfalto, avevo chiuso gli occhi e inspirato profondamente; quando finalmente avevo guardato cosa mi circondava, avevo provato una sensazione stranissima all'altezza dell'addome. Emozione era la parola che avrei usato per descriverla. Mi ero emozionata. Le strade, i negozi, le luci, i grattacieli erano veramente davanti ai miei occhi, non si trattava di un film! Poi vidi la cosa più strabiliante: l'Empire State Building si stagliava in tutti i suoi  quattrocentoquaranta metri davanti ai miei occhi, reso ancora più appariscente dalle migliaia di luci dalle quali era illuminato. Ero stata immobile su quel marciapiede per più di cinque minuti a fissare l'edificio come rapita, finché Josh mi aveva risvegliata dicendomi che dovevamo andare, eppure distogliere lo sguardo era stato davvero difficile.
«A cosa stai pensando?» mi chiese Josh, distogliendomi da quei pensieri.
«All'Empire.» ammisi.
«Fa un certo effetto la prima volta, vero?»
«Eh già.» risposi sorridendo.
«Se vuoi una volta andiamo a Top of the Rock, da lì puoi vedere tutta la città. È veramente bellissimo!» mi disse.
«Ci sto!» accettai senza pensarci due volte, senza accorgermi di aver appena accettato un secondo appuntamento con lui.
Dopo che ebbi finito il mio burrito, uscimmo dal locale e ci dirigemmo verso la metropolitana. Guardai l'orologio. Erano già le undici. Il tempo era volato!
«Ti è piaciuto?» mi chiese Josh appena salimmo sul vagone. «So che non abbiamo avuto molto tempo, ma spero di poter rimediare.»
«No, è stato bello invece. Ho visto New York per la prima volta nella mia vita e ho assaggiato il cibo messicano, non potrei volere di più!» dissi sincera.
Mi sorrise soddisfatto. Passarono alcuni secondi prima che Josh parlasse di nuovo, e, quando lo fece, il suo tono era mutato, sembrava più agitato.
«Sono felice che tu abbia accettato di venire stasera, Greta.» cominciò. «All'inizio ero convinto che mi avresti detto di no, un po' perché ci conosciamo appena e un po' perché non pensavo che una come te avrebbe accettato.»
«Una come me?» chiesi meravigliata. Non capivo cosa volesse dire con quell'espressione.
«Riservata, seria, chiusa..non so come spiegarmi, ma tu non sembri una di quelle persone che si lasciano convincere subito e facilmente.» mi spiegò.
«Infatti non lo sono. Ho accettato semplicemente perché pensavo che sarebbe stata un'occasione per imparare a conoscere la città in compagnia di qualcuno che ne sa qualcosa, tutto qui.» Ero io oppure quel discorso stava diventando strano? Perché avevo la sensazione di essere sotto giudizio?
Assunse un'espressione diversa. Era forse delusione quella che vedevo sul suo volto? «Ah, sì, giusto. Beh sì, la città..» affermò poco convinto.  
Non capivo cosa fosse successo. Perché Josh si era ammutolito? Cosa avevo detto?
"La città.." suggerì quell'estenuante vocina nella mia testa.
Poi afferrai: gli avevo appena detto che ero uscita con lui per usarlo come guida. Che genio!
"Si può essere più scemi?" mi chiesi.
«Ehi Josh» lo chiamai per attirare la sua attenzione.  «Allora, quand'è che usciamo di nuovo?» chiesi sorridendo.
Vidi i suoi occhi illuminarsi prima di rispondere al mio sorriso.
Per quella volta ero riuscita a salvarmi. Forse stavo imparando.

Il resto del viaggio trascorse tranquillamente tra chiacchiere e risate. Quando arrivammo al campus, Josh insistette per accompagnarmi fino alla porta della mia stanza ed io non rifiutai, ricordavo fin troppo bene come mi ero persa facilmente per i meandri di quell'edificio.
«Grazie Josh.» gli dissi quando arrivammo di fronte alla mia stanza. «Mi sono divertita.»
Potevo sembrare banale, ma era la verità.
«Grazie a te.» mi rispose lui abbassando la voce.
Poi vidi il suo volto avvicinarsi pericolosamente al mio. "Vuole solo darti un bacio sulla guancia per ringraziarti.", mi dissi.
Così girai la testa, pogendogli la gota. Ma quello che non riuscii a prevedere fu la velocità con la quale si abbassò ancora di più e sfiorò le mie labbra con le sue.
Cosa cavolo stava succedendo? Perché mi stava baciando? Mi sembrava di essere finita di una soap opera: ragazzi che invitano le ragazze ad uscire dopo due giorni che si conoscono e provano a baciarle al primo appuntamento. Sì, ero stata catapultata in una di quelle serie televisive che vengono trasmesse durante l'estate, ne ero quasi sicura!
«Josh, cosa fai?» Il mio tono di voce si era alzato di qualche ottava.
«Ehm..scusa, mi dispiace.» Posso assicurarvi che in quel momento era tutto fuorché dispiaciuto.
«Sì, anche a me, che tu sia un cretino.» gli dissi. Non so perché lo feci o come mi fosse venuto in mente, ma non credevo possibile che avesse davvero tentato di baciarmi. Ci conoscevamo soltanto da qualche giorno!
"Perché i maschi devono sempre rovinare tutto?" mi chiesi.
«Greta scusami davvero, ho sbagliato.» si scusò lui, questa volta con più convinzione.
«Lasciamo perdere. Buonanotte Josh!» lo salutai.
«Aspetta, davvero, mi dispiace. Greta non pensare che io sia quel genere di ragazzo. Anche prima, quando ho detto che pensavo che non ti saresti lasciata convincere così facilmente, non intendevo dire che tu fossi poco seria. Scusa.» Adesso era veramente pentito, potevo leggerlo nei suoi occhi.
«Sì, okay. Scuse accettate. Buonanotte.» Non aspettai che mi rispondesse, ma entrai in camera. Mandy dormiva già, potevo sentire il suo respiro calmo e rilassato provenire da sotto le coperte. Almeno non avrei dovuto farle subito il resoconto della serata.
Continuai a pensare a Josh. Cosa gli era preso? Mi rendevo conto di aver avuto una reazione eccessiva per un semplice sfioramento di labbra, ma la cosa che mi aveva disturbata era stato il suo comportamento: credeva davvero che avrei risposto al bacio? "Devo dare l'impressione di essere una ragazza seria.", pensai ironicamente.
Eppure non riuscivo a credere che Josh ci avesse realmente provato. Mi era sembrato così dolce e carino, invece..
"Invece è esattamente come tutti gli altri!" concluse al posto mio la vocina.
Sì, come tutti gli altri.

Il mattino seguente fui svegliata da qualcuno che bussava alla porta. All'inizio ignorai il rumore, sperando che Mandy andasse ad aprire al posto mio, ma, considerato che non accennava a smettere, mi decisi ad alzarmi. Vidi che il letto della mia compagna era vuoto, così guardai l'orologio. Le 12.22. Quanto avevo dormito?
Aprii la porta e mi ritrovai davanti un Josh un po' imbarazzato.
«Ti ho svegliata?» mi chiese come se non fosse stato ovvio.
Annui. Non ero ancora abbastanza sveglia per proferire parola.
«Volevo scusarmi per ieri sera.» disse tenendo lo sguardo basso. «Sono stato imperdonabile.»
«Sì, vabbé, è andata così.» gli risposi con la voce ancora un po' impastata dal sonno.
«Greta, non pensare male di me, è stato un attimo di..non so, forse pazzia, debolezza. Chiamala come vuoi, ma non volevo rovinare tutto. Mi dispiace!»
«Okay, Josh. Tranquillo, farò come se non fosse mai successo.»
Cercò di sorridere.
«Grazie.»
«Adesso, se non ti dispiace, vorrei farmi una doccia. Ieri sera mi sono addormentata di colpo.» gli dissi.
«Oh scusa, hai ragione. Allora, ci vediamo.»
«Sì, ci vediamo. Ciao Josh!» lo salutai chiudendo la porta.
Tornai verso il letto, lasciandomici cadere a peso morto. "Mi ha svegliata, ma almeno si è scusato.", pensai.
Non ebbi il tempo di chiudere di nuovo gli occhi che bussarono di nuovo alla porta. "Ancora?"
Mi alzai di malavoglia dal letto per la seconda volta nel giro di cinque minuti ed andai ad aprire.
Non avrei voluto essere sgarbata, ma la stanchezza dominava sul mio lato gentile in quel momento.

«Josh, cosa c'è adesso?» dissi un po' troppo acida mentre aprivo la porta.
Poi mi resi conto dell'errore. Non era Josh, bensì David.
«Oh David, non sei.. Beh, scusa, ho sbagliato persona.» mi scusai, mentre lo fissavo stupita di trovarmelo davanti.
«Ho notato.»
«Hai bisogno di qualcosa?» gli chiesi ignorando il suo commento.
Non mi rispose subito. Prese fiato e poi chiese: «Hai detto che non mi vuoi aiutare, giusto?»
Non riuscivo a capire dove volesse arrivare, così annuii.
«Però dici di capirmi.» continuò lui.
Annuii ancora, sempre più stupita dalle sue parole.
«Bene, allora credo di aver bisogno del tuo non-aiuto.» concluse serio.
Sentii i miei occhi spalancarsi. Non sapevo cosa rispondere, così aprii tutta la porta facendo segno di accomodarsi.
Lui entrò. Solo dopo aver chiuso la porta e averlo visto fermo in mezzo alla mia stanza capii che, forse, c'era ancora una speranza. Forse.
Sorrisi.

 



-Note dell'autrice-

Salve a tutte!
Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo. So di aver parlato quasi sempre dell'appuntamento tra Josh e Greta e probabilmente è risultato noioso, ma era necessario, ai fini della narrazione, che lo descrivessi. Mi scuso per questo. :)

Come avrete notato, questa volta la citazione all'inizio del capitolo è tratta da una canzone di Mia Martini. Pur non rientrando contestualmente con ciò che è narrato nel capitolo, ho voluto inserirla, quasi ironicamente, per collegarla al titolo: infatti sono entrambi stereotipi riferiti agli uomini. So che può sembrare stupido, ma mi è sembrata un'idea carina. :)

Ringrazio di cuore tutte coloro che sono arrivate in fondo anche a questo capitolo e continuano a leggere la storia. Grazie!

Volevo ringraziare anche Mary_TVD che ha inserito "How will I know?" tra le storie preferite, e Carrie L, 5HuNtEr5, GoodbyeCalm, che l'hanno inserita tra le seguite. Siete fantastiche!

Vi ricordo che resto a disposizione per qualsiasi informazione o dubbio voi abbiate, e che le recensioni sono sempre bene accette. ;)

A presto!

Baci,
Jane Ale



 
  
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