Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Malia_    12/08/2012    2 recensioni
E finalmente... come promesso. New moon dal punto di vista di Edward.
Estratto dalla prefazione: -E io… un
mostro, un animale senza respiro, non avevo più alcun motivo
per vivere, nulla aveva più senso, niente sembrava
più avere una direzione. Guardai la luce del sole
abbracciare le figure rosse che affollavano la piazza e sorrisi appena.
Morte, unica compagnia, unica speranza. Ah quanto dolore, quanta
sofferenza...-.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: New Moon
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buona domenica!! Scusate l'assenza prolungata, ma i primi dieci giorni di agosto ho avuto molto da fare. Come state? Come prosegue questa estate? Qui fa caldo, ma meno degli scorsi giorni. Si sopporta. Vi ringrazio come sempre per i vostri commenti e le vostre letture, Nadir è abbastanza seguita e questo mi soddisfa molto, anche se immagino che New Moon non sia proprio il libro preferito dalle Twilighters, almeno credo. Qualcuno preferisce New Moon agli altri libri della saga? Sarei curiosa di capire perché. Ora vi saluto lasciandovi al capitolo. Un bacione enorme e ancora grazie.

Malia.


La vita “normale”

Image and video hosting by TinyPic

Cacciare, non avrei più sentito a lungo il bisogno di farlo. La padrona di casa accontentava i miei desideri, mi nutriva di sangue umano e io mi sentivo forte da giorni. Invincibile. Guardai la stanza dove mi aveva gentilmente ospitato, Elizabeth, e io non potei ignorare la somiglianza con la mia vecchia camera. Da ragazzo, avevo avuto uno spazio personale semplice e sobrio, ma molto simile a quello che ora mi circondava.
Mi sembrava di essere stato catapultato nel mio passato. Quando ancora ero un ragazzino immaturo, con dei sogni. E il pensiero di aver perso i miei genitori divenne insostenibile e doloroso.
Mi stesi sul letto, pur non potendo dormire, e ascoltai Elizabeth suonare il piano con grazia. Lei era molto brava, dovetti ammetterlo, e nascondeva qualcosa, anche questo sapevo. Impossibile per me fare breccia con facilità nella sua mente.
Era diventata simile a una lotta. Il nostro rapporto apparentemente pareva quello di due fratelli affettuosi, ma io cercavo di trovare una breccia nella sua mente, e mi esercitavo a fare scudo dei miei pensieri. Era un esercizio costante nuovo per me, non ero mai stato sotto attacco in quel modo prima d’ora.
Sentii bussare alla porta e mi affrettai a mettermi in una posizione più consona.
«Edward?» mi chiamò lei.
«Hai smesso di suonare? Ti stavo ascoltando con piacere» le confessai.
Girò la maniglia ed entrò con un gran sorriso. Dovevo ancora abituarmi a dividere la casa da solo con una donna. Solitamente i Cullen erano chiassosi e non avevo alcun problema a sentirmi a casa mia. Ora, con Elizabeth, nonostante il luogo molto famigliare, mi sentivo un uomo in balia di una donna da proteggere, consolare, capire.
«Edward, non ti senti a tuo agio qui con me?» mi domandò, il broncio su quelle belle labbra.
«Non è questo… è che, mi sembra tutto così assurdo» le confidai, facendole segno di sedersi sul bordo del letto.
«Lo so, ma io e te siamo legati. Forse questo ti imbarazza» affermò accettando di sedersi al mio fianco.
Mi curvai in avanti, guardando il comodino di legno accanto al letto. Era proprio come lo ricordavo. Quel letto in ferro battuto con accanto un semplice comodino di legno.
«Mi sembra di essere catapultato nel mio passato». Sospirai così e Elizabeth si sporse per toccare la mia mano con la sua.
«Chi ti dice che non era questo quello che dovevi affrontare?» mormorò lei enigmatica.
«Ho la strana sensazione che tu mi nasconda qualcosa».
E l’avevo sin dal primo momento che le avevo parlato. Ridacchiò e io mi trovai a farlo con lei. Sapeva come contagiarmi con la sua ilarità.
«Ti ho detto che ti aspettavo, no? Evidentemente un motivo c’è» mi spiegò e io la fissai, interrogativo, sperando che continuasse, che non mi tenesse sulle spine.
Ma Elizabeth non parlò più e io borbottai un “non mi piace per niente” esasperato.
«Non potresti cercare di rilassarti?» mi chiese allora, dondolandosi sul letto. «Anche se non puoi dormire».
«E come faccio quando la donna che amo…» mi bloccai, conscio di quello che avevo appena detto.
Maledizione, pensare a Bella non sarebbe servito certo a farmi tornare il buon umore.
«Torna da lei» mi rimproverò Elizabeth. «Di certo nessuno ti costringe a starle lontano».
Immaginai di tornare a Forks e presentarmi alla sua porta dopo averla vista soffrire così tanto a causa mia. Guardai la scena con orrore. Bella sarebbe scesa ad aprire la porta, domandandosi chi potesse essere a quell’ora della mattina, e mi avrebbe guardato inorridita.
“Edward” avrebbe sussurrato.
“Emh… ciao”. Sarebbe stata l’unica cosa coerente che mi sarebbe venuta in mente in quel momento.
“Cosa ci fai qui?”.
Ecco, il momento della verità. Sarei ammutolito di fronte a quella dimostrazione di palese disprezzo e odio, quando invece io sarei tornato da lei solo per dirle quanto l’amavo.
Avrei visto l’ombra di un ragazzo alle sue spalle, un ragazzo di cui lei si sarebbe innamorata durante la mia assenza. Magari proprio una persona che io avrei detestato, qualcuno che non avrei sopportato di vederle a fianco.
Come lui. Jacob Black. Che avevo visto vicino a lei in una delle mie assurde visioni lanciate da Elizabeth. Era di lui che si sarebbe innamorata Bella? I Black… c’era qualcosa in loro che mi convinceva poco. Qualcosa che mi sfuggiva attualmente ma che presto sarebbe tornato a perseguitarmi.
«Edward! Mi stai ascoltando?».  La  voce di Elizabeth mi richiamò e per fortuna quella breve immagine scomparve dalla mia testa, lasciando il posto a un grande vuoto nel cuore.
«Non posso tornare» mormorai.
«Non ora certo» borbottò. «Ma Bella non è fuori pericolo come credi. Volente o nolente tu l’aiuterai».
Mi sollevai di scatto, voltandomi verso di lei e fronteggiandola. Non ebbi bisogno di leggerle nella mente per capire a cosa si stesse riferendo.
«Victoria?» sbottai spaventato.
«E non stai dimenticando qualcun altro?» sottolineò con il tono mellifluo di chi la sapeva lunga.
«Laurent» farfugliai portandomi una mano sulla fronte e massaggiandola come se provassi dolore.
«Complimenti» urlò allegra e batté le mani.
Di nuovo la sensazione che Elizabeth somigliasse in modo impressionante a mia sorella Alice.
«Sono lontani da Forks». Tentai di convincermi. «Perché poi dovrebbero interessarsi a lei» continuai iniziando a girare avanti e indietro per la stanza.
«Vendetta? In fondo non sei stato tu a uccidere James? Ti ricordo che era il compagno di Victoria» mi ricordò e io mi ritrovai con le braccia lungo i fianchi, a maledire me stesso per aver lasciato la mia Bella in balia dei pericoli.
«Se solo fossi rimasto con lei a proteggerla…» bofonchiai battendomi un pugno sulla coscia. «Sapevo che avrei dovuto rimanerle accanto nonostante tutto».
«Non fartene una colpa. Non era destino» mi rassicurò.
Non era destino? Io non credevo affatto al destino, se non a quello che mi aveva fatto incontrare Bella. Ma ironia della sorte, l’avevo lasciata pensando di aver fatto la cosa giusta. Non sapevo ancora bene per chi o cosa. Forse per lei, sì, certamente per poterle dare una vita normale, senza vampiri intorno. Non avevo fatto i conti con Victoria però.
«Cosa succederà?» le domandai. «E come diavolo fai a sapere queste cose?».
Elizabeth si strinse nelle spalle: «Io so tutto di te. Te l’ho detto, sono i miei poteri»
«Puoi vedere, come Alice allora? Sei in grado di…». Ma poi mi resi conto che Alice era in grado di vedere il futuro, e nemmeno certo.
«Io posso soltanto sondare la vita delle persone a cui sono spiritualmente unita. E una di queste sei tu. Tutto qui». Fece spallucce e io mi domandai a chi altro fosse legata.
Forse a quel ragazzo che avevo visto ritratto nel dipinto? Chissà.
«L’attaccheranno?» insistei, ma lei scosse la testa mostrandomi la sua confusione.
«Non lo so, questo dovresti chiederlo a tua sorella Alice. Non sono in grado di leggere il futuro, anche se qualcosa posso immaginarlo».
Già, e quel qualcosa era proprio il fatto che Victoria e Laurent si sarebbero nuovamente fatti vivi. Come avevo potuto abbandonare Bella sperando che venisse difesa dal suo nuovo amore? Io ero l’unico in grado di poter distruggere quei vampiri.
E la voglia di ammazzare Victoria con le mie stesse mani mi fece salire il veleno alla bocca.
«Quel sangue umano mi ha resto violento» bisbigliai, tornando verso il letto.
Dovevo sedermi, calmarmi, rilassare i muscoli, ma il pensiero che quei vampiri potessero cercare di far del male a Bella non mi avrebbe più lasciato in pace.
«Hai sbagliato. Lei ha bisogno di te» rincarò la dose Elizabeth.
«Sono io che ho bisogno di lei. Gli umani dimenticano in fretta, probabilmente lei mi avrà già dimenticato. Anche tu sei una di loro… dovresti capire cosa intendo». Ero furioso, arrabbiato per quella scoperta pericolosa, ma ancora di più sentivo le mie mani prudere; il bisogno di essere vampiro mi scorreva dentro.
«Edward. Bella ti vuole ancora» tagliò corto. «E non solo ti vuole, ma aspetta che tu torni».
«Non è vero! L’ho vista, l’ho vista sorridere per un altro!» gridai, fuori di me dalla rabbia.
Lei si sarebbe presto dimenticata, e io non avrei sentito quei sensi di colpa lancinanti al petto, al cuore.
“Oh Bella, perdonami”.
«Perché tu non ci sei! In qualche modo deve pur soffocare la mancanza che ha di te!». Anche Elizabeth  aveva alzato la voce, ora strillava per farsi ascoltare.
«Io non avrò mai un’altra donna» ringhiai.
«Ma Edward… sei ingiusto. Tu sei un vampiro, per te è diverso. E sei anche vergine, non hai idea di cosa significhi avere una donna, non ti manca. Non hai mai fatto l’amore. Sei ancora un ragazzino».
Le sue parole mi fecero male, mi ferirono. Non ero affatto un ragazzino, mi ero comportato come…
«Un eroe non è certo quello che per paura lascia la sua donna, ma che combatte per tenersela a fianco».
Dannata. Odiai Elizabeth e la verità delle sue parole.
«Non puoi capire» bofonchiai.
Ma lei sbuffò e mi diede un colpo sulla spalla: «Io sono qui soltanto per aiutarti».
La abbracciai di scatto, stupito dal bisogno che percepivo in me di sentire addosso il calore di una persona. Elizabeth mi strinse e mi baciò una guancia. Poi mi accarezzò le spalle e io provai un moto di tenerezza.
«Oh Edward!». Mi strinse ancora più forte, ma io non lo feci per evitare di farle male.
La tirai verso di me, facendola stendere al mio fianco sul letto, e chiusi gli occhi, mentre le sue carezze sul viso mi facevano rilassare.
Quanto mi piaceva essere toccato da lei, le sue dita avevano il potere di calmarmi. Il mio cuore fermo trovava conforto. Come una mamma Elizabeth mi consolava.
«Colpa del sangue umano» le balbettai all’orecchio.
«Sei un uomo passionale. Non c’entra nulla il sangue» mi disse, passando le mani tra i capelli rossicci e scompigliati.
Se solo avessi avuto Bella tra le mie braccia, a consolarmi così. Se solo il mio piccolo Bambi, il mio dolce cerbiattino fosse stato con me in quell’istante… quante parole d’amore le avrei detto. E quante volte scusa le avrei chiesto per essere stato così stupido da lasciarla sola nonostante il nostro amore.
Stavo soffrendo.
«Che ne dici di uscire? Andiamo a fare una passeggiata» mi propose, ma il mio umore non era adatto a fare una passeggiata in città.
Volevo rimanere solo e riflettere sulle possibilità di ciò che avevo combinato.
«Sei legato a Bella, quando sarà in pericolo lo saprai» mi consolò Elizabeth continuando ad accarezzarmi il collo con dolcezza.
«Ma se le succederà qualcosa? Io non posso fare niente per lei» piagnucolai, come un bambino bisognoso di rassicurazione.
«Non è vero. Saprai come proteggerla. Mi dispiace, non volevo farti pensare a Victoria e Laurent» si scusò, ma io l’avrei dovuta ringraziare per avermi fatto riflettere sui miei errori.
«Bella non ha certo bisogno di uno come me» digrignai tra i denti.
«Smettila Edward, oppure troverò il modo di farti molto male. E non sarà piacevole. Comincia a stancarmi questo tuo modo di colpevolizzarti e sottovalutarti. Agli occhi di quella ragazza sei la cosa migliore che potesse capitarle. E lei ti ama. Ma non te lo dirò ancora, sono stanca».
Elizabeth si alzò e si diresse verso la porta, spalancandola. Mi guardò con occhi colmi di tristezza e rimprovero.
L’amore era davvero una grande sofferenza. E io non riuscivo a sostenere sempre con calma la lontananza di Bella. Desideravo baciarla, fare l’amore con lei. Quel dolore sordo al centro del petto mi faceva infuriare, arrabbiare con me stesso. E sperai che passasse in fretta, perché rischiavo di impazzire.
«Hai voglia di un bel drink?».
Elizabeth rientrò senza bussare e mi porse un bicchiere colmo di liquido rosso con una bella cannuccia colorata.
Bevvi avidamente, pur non avendo fame e mi sentii forte come raramente mi ero sentito in quei cento anni.
Il sangue umano acuiva i miei sensi, la mia forza, e io rischiavo di diventare pericoloso per la mia dolce coinquilina che non faceva che pensare a me e ai miei bisogni.
«Il sangue umano mi rende…» iniziai, tentando di non farle paura. «Irascibile e fuori controllo».
«Ma almeno ti fa avere desideri sani e ti fa ragionare meglio» mi corresse Elizabeth.
«Rischio di impazzire chiuso qui dentro» le confessai finalmente.
E lei ribatté: «Speravo tanto che lo dicessi. Forza, usciamo, andiamo a divertirci un po’. Anche io ogni tanto ho bisogno di aria fresca».
Cercai di leggerle nella mente, giusto per curiosità, ma lei aveva alzato ancora quello scudo. Si accorse del mio tentativo e tentò di fare lo stesso con me, ma ora anche io sapevo come difendermi. Mi fissò, compiaciuta del muro che ero riuscito ad alzare per proteggere i miei pensieri e si complimentò: «Stai facendo grandi progressi».
Altroché. Ma sospettai che le mie capacità fossero aumentate soprattutto grazie al sangue umano.
Prendemmo la mia Volvo e prima di tutto passai a mettere un po’ di benzina. Guidare la mia auto mi dava sempre un senso di sollievo. Elizabeth lo sapeva, perciò facemmo un lungo giro, in silenzio, a goderci soltanto il paesaggio cittadino dal finestrino.
«Chi è il ragazzo del ritratto?» tornai a domandare.
Dovevo distrarmi.
«Perché ti interessa?» ribatté lei.
«Potrei leggerlo nella tua mente mentre dormi» la minacciai, alzando una mano per avvertirla della mia serietà.
«Certo, provaci, sarebbe molto divertente» mi provocò, senza però rispondere alla mia domanda.
Dovevo in qualche maniera scoprire chi si celasse dietro quel viso. Che fosse il ragazzo di cui era innamorata? In fondo Elizabeth era carina, giovane e piena di talenti. Perciò non trovai nulla di male nel pensarla legata a un uomo.
«Lui ti piace?» le chiesi.
A questo avrebbe potuto anche rispondere. Non era un terreno pericoloso.
«Non saprei» rispose lasciandomi interdetto.
«Sì o no?» insistei.
«Ma come sei insistente. Oggi sei insopportabile!» mi accusò e io dovetti ammettere che non aveva tutti i torti. Ero nervoso, e i motivi si potevano riassumere in un nome solo: Bella.
«Comunque non lo conosco affatto, quindi puoi farmi tutte le domande che vuoi. Non ti so rispondere. E questa è la verità».
Non lo conosceva? E allora come era possibile che l’avesse ritratto in un quadro nella sua casa che sembrava più un mausoleo di inizio Novecento?
«Ho voglia di strozzare qualcuno» le confidai stringendo il volante tra le mani.
«Potresti provare col tuo collo» replicò facendomi scoppiare a ridere.
Parcheggiai e mi rilassai sul sedile, aspettando di finire il mio attacco di risa. Elizabeth incrociò le braccia al petto, stizzita e io le lanciai un’occhiata divertita. Solo lei aveva il potere di farmi ridere nonostante la disperazione di sentirmi impotente e lontano da Bella.
«Avrei voglia di un gelato» borbottò con un certo fastidio di fronte al mio sguardo canzonatorio.
«Andiamo a comprarlo» le dissi, ben contento di poterla accontentare in un suo desiderio, anche se dei più semplici.
Elizabeth stava facendo molto per me, e io ero consapevole che aver ritrovato la mia famiglia era un dono. Ero ancora esterrefatto dalle sue capacità. Non avevo bisogno di nasconderle nulla di me, lei avrebbe capito. Era così che funzionava tra parenti? Non sempre, a giudicare dai pensieri umani che spesso mi facevano accapponare la pelle dalla crudeltà.
Ero avvezzo a sentire ogni tipo di pensiero umano, anche adesso, mentre camminavo con lei sul marciapiede, sentivo la mente di ogni ragazzo apprezzare con pensieri poco galanti Elizabeth, che pareva ignara vicina a me.
Non sopportavo i pensieri lascivi degli uomini. Come quelli delle donne verso di me.
«Non ti preoccupare, sono abituata».
Io invece non mi sarei mai abituato a questo.
«Lo detesto» ammisi.
«Per questo non hai mai avuto una ragazza prima di Bella?» mi chiese, entrando in un locale areato.
La seguii, vagamente in imbarazzo.
«Non penserai anche tu che sono una sorta di vampiro asessuato, vero?» mormorai per non farmi sentire dalla gente che ci circondava.
«Edward, io non penso niente» rispose.
«Ma ti sembra strano, dico bene?» continuai imperterrito.
Perché sembrava così assurdo e illogico che io non avessi mai avuto una donna prima di Bella?
«Non mi sembra strano. Tu sei strano» disse, sottolineando la cosa con una stretta alla mia maglietta. «Sei diverso dagli altri uomini, ma sei anche nato in un’epoca dove le donne non erano considerati oggetti sessuali. Non ancora almeno».
Abbassai la testa per ringraziarla in modo “antiquato” e lei mi abbracciò velocemente, tornando a guardare all’interno della gelateria. Una bella pasticceria, molto accogliente.
«Vorrei una torta, ho cambiato idea» sussurrò.
«Scegli, te la compro io». Desideravo vederla felice.
I suoi occhi brillarono e si avvicinò al banco delle torte, indicandole con la mano a una a una.
«Mi piace la mimosa, ma anche quella con la frutta. E ora quale scelgo?».
Mi piacque vederla intenta e concentrata a scegliere.
«Perché non entrambe?» le proposi.
«Tu mi vuoi viziare». Sorrise e il mio cuore si sentì più caldo.
«Tu lo stai facendo con me» le feci notare.
Decise di prenderle entrambe e io fui felice dei miei cinquanta dollari ben spesi. Ero convinto che vederla sorridere felice mi avrebbe ridato un po’ di serenità e infatti fu così. Mi ricordava un fiore di primavera pronto a sbocciare, ma con qualche difficoltà segreta che teneva ben custodita nel suo cuore.
Tornammo subito a casa, per poter mettere le torte nel frigorifero.
«Avrò torta da mangiare per più di una settimana. Diventerò enorme».
Mi sedetti in cucina, osservando il suo viso eccitato e sconsolato. La sensazione che Elizabeth fosse una parte importante di me, si fece molto molto forte e per un attimo desiderai farla conoscere ai Cullen. Le sarebbero piaciuti, soprattutto Emmett e Alice. E poi Esme sarebbe stata entusiasta di avere un’altra donna umana in casa, così avrebbe potuto cucinare ancora uno dei suoi piatti speciali per umani.
«Piaceresti a mia madre Esme» bisbigliai sovrappensiero, guardandola infilare un dito nella morbidezza della torta mimosa.
«Credi?» mi rispose vaga. «Non credo che la conoscerò mai».
«Perché?». Ero sorpreso dalla sua risposta. «Potresti invece».
Scosse la testa e non resistette, affondò ancora il dito nella panna: «Non ne avrò mai l’opportunità».
Sinceramente non capii cosa stesse cercando di dirmi. Forse era timida. La sua mente era ancora chiusa e io aprii la mia, sapendo che lei avrebbe sentito i miei pensieri perplessi e stupiti. Non fiatò comunque e io mi avvicinai, stringendola in un abbraccio possessivo.
«Ora sono qui. E ti proteggerò». Non sapevo il motivo per cui mi ero lasciato sfuggire quella frase, ma Elizabeth capì e scoppiò a piangere, ricambiando il mio affetto.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Malia_