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Autore: Beauty    18/08/2012    9 recensioni
E se Belle e Rumpelstiltskin si fossero incontrati nella vita reale?
Mr. Gold, attraverso i suoi patti, tiene in pugno l'intera Storybrooke. E' considerato un uomo malvagio e incapace di amare, ma quando Belle French, per saldare i debiti del padre, accetta di lavorare per lui, le cose si rivelano diverse da come appaiono. Ben presto, Belle e Mr. Gold si ritroveranno inaspettatamente a provare dei sentimenti l'uno per l'altra, ma qualcuno intanto sta tramando nell'ombra...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Wrong Idea

 

Regina Mills si era sempre considerata una donna di grande acume e perspicacia. Era ben consapevole delle sue capacità, della sua intelligenza e del suo carisma che, fin da piccola, aveva utilizzato per ottenere tutto ciò che voleva. Molti l’avrebbero considerata una persona cattiva; Regina, invece, amava definirsi soltanto ambiziosa.

Regina ripose distrattamente alcune pratiche nel cassetto della scrivania, e nel farlo lo sguardo le cadde su una delle fotografie incorniciate che le sorridevano dalla sinistra del computer. La foto era un ritratto di famiglia risalente a molti, molti anni prima, in cui lei, all’epoca un’inesperta e solare ventenne, sorrideva in mezzo ai suoi genitori, Henry e Cora Mills. Regina si soffermò sul volto di sua madre: Cora aveva sempre avuto un’espressione dura e severa, perfino quando sorrideva. Se solo avesse potuto vederla, si disse, sua madre sarebbe stata orgogliosa di lei. Non appena si era diplomata, Regina aveva fatto di tutto pur di non rimanere una sconosciuta e anonima ragazzina di provincia. Aveva lavorato e pazientato, era scesa ad ogni compromesso e aveva macchinato silenziosamente, per riuscire ad emanciparsi, a raggiungere una posizione, a divenire qualcuno. Era stata l’ambizione a condurla dov’era adesso, a farla diventare la persona più importante della città.

Ora, a quasi quarant’anni, Regina Mills era il sindaco di Storybrooke.

Una carica guadagnata attraverso una vita di lavoro e sacrifici, in cui la donna aveva messo da parte tutto e tutti – perfino l’amore.

Regina Mills non era sposata; non lo era mai stata, né era mai andata vicina ad esserlo. Aveva rinunciato all’amore vent’anni prima, quando il suo fidanzato, Daniel – un giovane operaio che sua madre non aveva mai potuto soffrire, in quanto appartenente ad una classe sociale di gran lunga inferiore alla borghesia agiata da cui proveniva Regina –, l’unico uomo che avesse mai amato, era morto tragicamente in un incidente sul lavoro. Da quel giorno, Regina aveva giurato a se stessa che mai avrebbe tradito la memoria di Daniel, che mai avrebbe permesso ad un altro uomo di entrare nella sua vita, mai avrebbe amato qualcun altro – e così era stato.

Il sindaco aveva messo di fronte a tutto e a tutti la sua carriera, fino a giungere alla carica più importante di Storybrooke. Ma alla fine la solitudine aveva avuto la meglio. Dopo la morte di sua madre, seguita a pochi anni di distanza da quella di suo padre, Regina aveva iniziato a sentirsi sempre più sola, ad avvertire un vuoto dentro di sé che appariva incolmabile. Era stato per questo, immaginava, che aveva deciso di adottare un bambino.

Regina non avrebbe mai dimenticato il giorno in cui, dieci anni prima, era uscita dall’orfanotrofio reggendo in braccio un fagottino così fragile e delicato da farle temere persino di sfiorarlo. Tenendo fra le sue braccia quel bambino, si era chiesta che cosa avesse fatto di tanto buono, nella vita, per meritarsi una simile meraviglia.

Aveva chiamato suo figlio Henry, lo stesso nome di suo padre.

Ora, Regina poteva finalmente dire di avere tutto, dalla vita. Un lavoro stabile, una carica importante e un figlio che adorava. Una vita costruita con sangue e sudore, all’apparenza così perfetta e sicura…ma in realtà molto fragile ed effimera.

Nella sua posizione, le sarebbe bastato molto poco, un piccolo errore, un passo falso, per precipitare nel baratro.

Regina Mills digrignò i denti, puntando i duri occhi neri sulle pratiche sparse disordinatamente sulla scrivania. Un solo passo falso, per rovinarsi la vita. E ora, lei quel passo falso l’aveva compiuto.

Per un solo, singolo sbaglio, stava per perdere tutto ciò che aveva. Eppure, pensò con una punta di amara ironia, quello sembrava essere un affare perfetto. Mesi prima, aveva ricevuto la notizia – più o meno attendibile – di un giacimento di petrolio poco lontano dalla periferia di Storybrooke che, se adeguatamente sfruttato, avrebbe potuto procurare non pochi guadagni a lei stessa e alla città, assicurandole inoltre la sicura rielezione allo scadere del suo mandato. Tuttavia, non tutti i cittadini erano disposti a sborsare del denaro di tasca propria per un’impresa di dubbio successo, e la ditta allora proprietaria del giacimento chiedeva un prezzo che neanche le finanze della donna erano in grado di sostenere. Così, Regina si era rivolta all’unico uomo in Storybrooke abbastanza ricco da potersi permettere un simile affare: Mr. Gold.

Mr. Gold era l’unica persona di sua conoscenza a potersi permettere di investire una cifra del genere, e Regina era stata costretta a scendere a patti con lui. Inizialmente, la donna aveva avuto non pochi dubbi su questa faccenda. La fama di Mr. Gold lo precedeva di un quarto d’ora dovunque andasse, e di certo non godeva di una buona reputazione. Regina sapeva che era ricco, ma non poteva non dar retta a tutte le dicerie su di lui, ai pettegolezzi – i più dei quali si erano rivelati fondati – che vedevano la sua ricchezza come un guadagno sporco costruito attraverso patti e accordi più o meno leciti che avevano gettato nella miseria un sacco di persone. Ma, benché la reputazione di usuraio di cui l’uomo godeva la spaventassero non poco, alla fine il sindaco si era decisa. Come usava sempre fare prima di concludere un affare, aveva calcolato attentamente tutti i pro e i contro della questione, e infine aveva accettato l’accordo che Mr. Gold le aveva proposto: un prestito in denaro in cambio del venticinque per cento del guadagno che l’impresa avrebbe fruttato, o in alternativa la restituzione dell’intera somma, compresi gli interessi.

Regina aveva esitato, ma alla fine aveva accettato l’accordo; in fondo, aveva calcolato tutto alla perfezione, non aveva dubbi che l’impresa sarebbe riuscita, e in poco tempo avrebbe potuto restituire il denaro a quella sanguisuga.

Ma stavolta aveva fatto male i suoi conti.

Il proprietario del giacimento di petrolio si era rivelato essere nulla più che un ciarlatano, e l’affare si era rivelato un buco nell’acqua. Regina aveva tentato di nascondere il fallimento alla città, e in parte c’era riuscita: nessun altro, a Storybrooke, sapeva quel che era successo. Nessuno, tranne lei e Mr. Gold.

Nonostante tutti gli sforzi del sindaco, alla fine quel verme s’era fatto vivo. Aveva sentito dire che c’erano stati dei problemi con l’impresa, aveva detto, con quella sua solita, snervante, aria noncurante. Avevano ragione quelli che dicevano che Mr. Gold non aveva pietà: non gliene era importato nulla né delle suppliche di Regina né delle promesse di un rimborso futuro. Aveva preteso indietro il suo denaro, e subito.

E Regina gliel’aveva restituito; ma per farlo, aveva dovuto impiegare dei soldi destinati al fondo pubblico.

Ora, la donna sapeva di essere veramente rovinata: presto l’intera faccenda sarebbe venuta a galla, e lei sarebbe finita in carcere. Avrebbe perso tutto quello che aveva costruito con così tanta fatica e sacrificio, tutto, la sua vita, la sua casa, il suo lavoro…suo figlio.

Già, le avrebbero sicuramente portato via Henry, pensò, sentendosi salire le lacrime agli occhi. Quella Emma Swann l’avrebbe avuta vinta, e lei non avrebbe mai più rivisto il suo bambino. Da quando la madre naturale di Henry si era rifatta viva, Regina non aveva più avuto pace. Viveva nel terrore che Emma Swann, ora nuovo Sceriffo di Storybrooke, riuscisse a trovare un pretesto, una scusa qualsiasi che le permettesse di riprendersi suo figlio.

Se l’intera faccenda fosse venuta allo scoperto, la Swann sarebbe stata la prima a saperlo, e si sarebbe immediatamente ripresa Henry.

- Mamma?- fece una voce infantile.

Regina Mills alzò lo sguardo dalle pratiche, asciugandosi velocemente gli occhi. Suo figlio era in piedi sulla soglia del suo ufficio. Gli aveva detto tante volte di non disturbarla mentre era al lavoro, e in un’altra occasione lo avrebbe rimproverato, ma in quel momento provava solo una gran voglia di prenderlo in braccio e coccolarlo.

- Henry… - disse la donna, cercando di mantenere la voce ferma.- Henry, tesoro, come mai sei qui?

Il bambino fece spallucce.

- Avevo voglia di vederti, tutto qui…- ammise.- Perché piangi?- chiese un attimo dopo.

- Che? Oh no, io…non sto piangendo, amore…- fece Regina, asciugandosi nervosamente gli occhi con un fazzoletto.- Ho solo un po’ di raffreddore, tutto qui…

Henry non rispose, continuando a guardarla. Regina si sforzò di sorridergli.

- Che cos’hai in mano?- chiese.

- Un libro di fiabe - disse il bambino, mostrandole un libro molto spesso.- L’ho preso in biblioteca poco fa…Ti va di vederlo?

Regina annuì, ed Henry sorrise, andandole incontro. La donna lo prese in braccio, stringendolo a sé, mentre il bambino apriva il libro.

- Sai, ho trovato una fiaba che non avevo mai sentito prima…S’intitola La Bella e la Bestia

- Uhm…sembra interessante…- fece Regina, dandogli un bacio sui capelli castani.- Che ne dici, magari stasera la leggiamo e vediamo com’è, va bene?

Henry annuì, entusiasta, continuando a sfogliare il libro di fiabe. Regina lo strinse ancora di più a sé, mentre sentiva le lacrime salirle di nuovo agli occhi. No, non poteva perdere Henry. Non era giusto che solo per uno stupido, singolo errore, dovesse perdere suo figlio e tutto quello che aveva costruito in tanti anni di lavoro.

Doveva trovare una soluzione. Doveva sistemare quello che aveva fatto, e al contempo moriva dalla voglia di vendicarsi di Mr. Gold. Era colpa sua se la sua vita era rovinata, solo colpa sua! Doveva trovare una soluzione…doveva…

Regina ebbe un’improvvisa illuminazione.

Se Mr. Gold aveva avuto il denaro sufficiente per investire in un’impresa petrolifera, allora sicuramente ce l’avrebbe avuto anche per sanare la falla che si era aperta nelle finanze di Storybrooke. Forse, la soluzione ai suoi problemi poteva giungere insieme alla sua vendetta…

Ecco cosa doveva fare: doveva rimanere in silenzio e attendere. Mr. Gold godeva della fama di uomo duro e inflessibile, ma chiunque aveva delle debolezze…e lei non doveva fare altro che scoprire quali erano le sue. Una volta venuta a conoscenza dei suoi segreti, avrebbe potuto usarli contro di lui, a proprio vantaggio.

Avrebbe salvato se stessa e suo figlio, e avrebbe avuto la sua vendetta.

 

***

 

Quando Belle aveva fatto il resoconto della sua prima giornata lavorativa, Ruby era scoppiata in una sonora e sgangherata risata che aveva impiegato diversi minuti prima di estinguersi quasi definitivamente.

- Allora è vero che stare vicino a Mr. Gold porta sfiga!- aveva ghignato.

Granny aveva lanciato un’occhiataccia di rimprovero a sua nipote, ma era servito a ben poco. Belle non aveva risposto, e aveva mantenuto un’aria affranta e sconsolata per tutta la colazione. Alla fine Mary Margaret, da sempre più sensibile di Ruby, le aveva posato una mano sulla spalla.

- E dai, non te la prendere!- le aveva detto, con un sorriso rassicurante.- E’ normale che il primo giorno non sia dei migliori, succede…Vedrai che in futuro andrà meglio…

Belle aveva replicato soltanto con un sorriso di gratitudine, ma in cuor suo sperava veramente che la sua amica avesse ragione. Non avrebbe resistito un anno intero in quelle condizioni.

Purtroppo, però, Mary Margaret si sbagliava.

Le cose, se possibile, andarono ogni giorno peggio. Per quanto si sforzasse di essere puntuale, quasi tutte le mattine Belle arrivava in ritardo. I primi tempi aveva provato a dare delle spiegazioni a Mr. Gold, ma queste erano sempre molto vaghe, e in genere si riducevano ad un mi scusi, ho fatto tardi balbettato alla bell’e meglio. Belle non poteva certo dirgli che non aveva sentito la sveglia perché la notte prima l’aveva trascorsa in bianco seduta in cucina in attesa che suo padre tornasse a casa da una delle sue serate di baldoria, o che aveva dovuto girare tutta Storybrooke al buio per andare a recuperare Maurice, sbronzo e barcollante, in qualche bar malfamato di periferia. Sicuramente Mr. Gold era consapevole di aver assunto la figlia dell’ubriacone della città, ma lei non si sentiva di raccontargli i dettagli dell’alcolismo di suo padre. E, se anche così non fosse stato, Belle aveva presto imparato che con lui ogni tipo di giustificazione era inutile. Se aveva fatto tardi, allora non c’era scusa che tenesse, e lei non poteva fare altro se non incassare la solita occhiataccia silenziosa, per poi mettersi immediatamente, rossa di vergogna, al lavoro.

Il lavoro al negozio si era fatto via via sempre più umiliante, e spesso alla ragazza veniva da piangere al pensiero che avrebbe dovuto continuare così per un anno intero. Si era convinta di essere una perfetta incapace, dal momento che, per quanto impegno ci mettesse, non faceva mai nulla decentemente e nemmeno accennava ad alcun tipo di miglioramento. Mr. Gold trovava sempre qualcosa di mal fatto, e in ogni caso, ogni volta c’era una piccolezza, un dettaglio apparentemente insignificante, o che Belle addirittura non aveva nemmeno notato, che non lo soddisfaceva. Non c’era macchiolina sul pavimento, granello di polvere su soprammobile, o piega su una tenda che lui non le facesse notare. Mr. Gold non si arrabbiava mai, non le urlava mai contro come invece avrebbe fatto suo padre, ma Belle aveva imparato a capire quando c’era qualcosa che lo infastidiva. Non appena notava una nota stonata in quello che lei avrebbe dovuto tenere in ordine, iniziava a squadrare con aria irritata ora l’oggetto del malaugurio ora lei, finché Belle non si decideva a rimediare alla sua mancanza.

Era come avere un’ombra silenziosa che ti segue dovunque tu vada, e ti controlla in ogni momento.

Belle iniziava la mattina presto con il cuore colmo di paura e malumore, e finiva la sera tardi stanca morta e più sconsolata di prima. Mr. Gold non parlava mai, salvo quando non poteva proprio farne a meno, ma la ragazza sentiva il suo sguardo di fastidio e rimprovero addosso ogni qualvolta combinava qualche pasticcio.

Stava veramente cominciando a pensare che Ruby possedesse dei poteri da veggente: ogni volta che si trovava vicino a Mr. Gold, immancabilmente Belle faceva qualche disastro. Prendeva un soprammobile da un ripiano alto, e subito uno sbuffo di polvere le cadeva sulla testa; tentava di lavare il pavimento, e finiva riversa a terra perché era inciampata nel tappeto; trasportava un secchio pesantissimo pieno di acqua e sapone, e questo le sfuggiva di mano allagando l’intero negozio. Il tutto sotto lo sguardo sempre presente del suo datore di lavoro, che la squadrava come un assassino squadra la sua vittima. Insomma, una maledizione!

Belle pensava che Mr. Gold dovesse essere veramente disperato, se si ostinava a tenere una domestica così incapace e imbranata come lei, per di più senza fiatare in proposito ai suoi pasticci.

La ragazza pensava che le cose sarebbero continuate in quel modo per un anno intero, ma così non fu.

Un giorno, verso la fine della giornata, Belle stava spostando alcuni vasi di porcellana cinese da uno scaffale. Si era imposta di prestare la massima attenzione, quando uno strano carillon esposto sul lato opposto del negozio attirò la sua attenzione. Belle ricordò – o almeno, le parve di ricordare – di averlo visto da piccola, un giorno che era andata a far merenda a casa di Ruby; che fosse di Granny, quel carillon?

Mentre cercava di ricordare se l’avesse visto da qualche parte in casa di Granny o no, il vaso cinese le sfuggì di mano. Belle lanciò un gridolino, riprendendolo al volo un attimo prima che toccasse terra. Se lo strinse istintivamente al petto, riprendendo fiato.

Mr. Gold alzò gli occhi al cielo.

Belle si voltò lentamente nella sua direzione.

- Tutto a posto…- mormorò, sforzandosi di sorridere e rimettendo il vaso al suo posto.- Non è successo niente…

- Ne sono lieto…- fece Mr. Gold, con una smorfia.- Avresti dovuto lavorare come minimo altri dieci giorni, per ripagarmelo…

Belle gli regalò un’occhiata confusa e stralunata.

- D-dieci giorni?

- Sarebbe stato il minimo, non trovi?- ghignò Mr. Gold.- Non so se hai idea di quanto valgano quelle porcellane, tesoro, ma ti posso assicurare che graverebbero pesantemente sul debito che stai ripagando…

- Cioè…lei mi sta dicendo…mi sta dicendo che tutte le volte che rompo qualcosa, aumentano i giorni in cui dovrò lavorare qui?- fece Belle, senza trattenere una nota d’indignazione.

Mr. Gold ghignò nuovamente, senza toglierle gli occhi di dosso.

- E’ così che funziona nel mondo del lavoro, tesoro. Chi rompe, paga…hai mai sentito dire questa frase?

- Quindi…quindi anche la tazza…?- balbettò Belle.

- No, quello è stato un incidente avvenuto per colpa mia. Ma tutto quello che romperai, d’ora in avanti, si aggiungerà al debito di tuo padre.

Belle distolse lo sguardo, digrignando i denti per la rabbia. Era già abbastanza umiliante dover lavorare senza un compenso per quell’usuraio che si stava approfittando delle disgrazie di suo padre, ma che oltre a questo ogni minima mancanza le venisse segnata sul conto, era una vera ingiustizia!

- Qualcosa non va, tesoro?

Belle gli scoccò un’occhiata piena di odio.

- Lei è…lei è un essere riprovevole!- sputò fuori, rendendosi subito conto della banalità e poca efficacia dell’insulto. Mr. Gold, infatti, non si scompose.

- Lo so, mi hanno detto anche di peggio, mia cara…

- Lei…lei non ha alcuno scrupolo!- gridò Belle, fuori di sé dalla rabbia.- E’ così attaccato al denaro da avere il coraggio di ricattarmi, di tenermi qui a lavorare in questo maledetto posto, dopo essersi già approfittato di me!

- Se non ricordo male, tesoro, sei stata tu ad offrirti volontaria per lavorare qui…- ribatté Mr. Gold, senza scomporsi.

- Solo perché lei ha minacciato mio padre!- gridò Belle.- Solo perché ci avrebbe portato via il negozio! Era tutto quello che ci rimaneva, tutto quello che restava di mia madre! Ma lei lo sa cosa vuol dire provare affetto o amore per qualcuno? Lo sa cosa vuol dire? No, no che non lo sa, perché lei è un uomo senza cuore e senza anima, solo un essere senza scrupoli attaccato al denaro, lei è una bestia!

Belle ansimò; Mr. Gold continuava a rimanere impassibile. Forse stavolta aveva parlato troppo, ma la ragazza non se ne curò. Erano due settimane che si teneva dentro quelle frasi e ora, insieme alla rabbia, provava un senso di liberazione. Sentì l’orologio del negozio suonare le otto: l’orario di chiusura. Per giorni quel rintocco era stato la sua unica consolazione, e mai più che in quel momento desiderava udirlo.

- Io per oggi ho finito!- ringhiò, afferrando la giacca e avviandosi verso l’uscita. La ragazza uscì senza dire una parola, sbattendo la porta.

Mr. Gold sospirò, abbassando lo sguardo e scorgendo la borsa di Belle abbandonata su una sedia. Alzò nuovamente gli occhi al cielo. Quella ragazzina era talmente arrabbiata da essersi dimenticata perfino la borsa con dentro soldi e documenti, incredibile!

Di nuovo alzò gli occhi al cielo, maledicendosi mentalmente, quindi afferrò la borsa e uscì dal negozio.

Forse era ancora in tempo per raggiungerla…

 

***

 

Belle procedeva a passo svelto e sostenuto, lottando contro il vento autunnale che le scompigliava i lunghi capelli castani e le intirizziva le gambe attraverso i vecchi jeans strappati. Si sistemò il bavero della giacca, cercando di far sbollire la rabbia. Non vedeva l’ora di tornarsene a casa e di farsi una bella doccia, forse questo l’avrebbe aiutata a calmarsi.

Svoltò l’angolo, ritrovandosi in un vicolo lungo e stretto, ai cui lati giacevano bidoni e sacchi della spazzatura. Erano le otto di sera passate, e fuori era già buio, tanto che l’unico lampione acceso che illuminava la strada era insufficiente per fare abbastanza luce.

Belle gettò un’occhiata tutt’intorno, quindi accelerò il passo. Non le piaceva quel posto.

Raggiunse quasi di corsa la pozza di luce emanata dal lampione; si guardò intorno, quindi fece per proseguire, quando si sentì afferrare per le spalle e scuotere con violenza. La ragazza gridò, quando lo sconosciuto la sbatté violentemente contro il muro, e la fioca luce illuminò il suo volto.

- Gaston!- esclamò Belle, con una punta di irritazione nella voce. Era la seconda volta che il ragazzo la coglieva di sorpresa in quel modo, facendola spaventare a morte. Nelle ultime settimane si era presentato a casa sua almeno dieci volte – facendo andare su tutte le furie Maurice – e le aveva riempito il cellulare di SMS e la segreteria telefonica di messaggi. Ormai il suo non era più un corteggiamento, si stava trasformando in del vero e proprio stalking!

E ora aveva anche preso ad aspettarla all’uscita dal lavoro. Peccato che lei quella sera non fosse affatto in vena di fare la carina e la gentile.

Lo allontanò da sé con uno spintone.

- Si può sapere cosa diavolo vuoi?- ringhiò, al che il ragazzo rimase interdetto.

- Scusami, io…volevo solo parlarti…

- Esistono altri modi per parlare ad una persona, non serve strattonarla e sbatterla contro una parete!

Gaston conservò ancora per qualche attimo un’espressione interdetta, quindi il suo volto assunse una smorfia irritata.

- Perché non hai risposto ai miei messaggi?- abbaiò.

- E cosa vuoi che risponda ad uno che ti scrive soltanto ti amo, senza aggiungere altro?

- Mah, non lo so…- la beffeggiò Gaston, fingendo di pensarci tu. - Speravo che tu avessi abbastanza intelligenza da rispondermi che anche tu mi ami!

- No, se questo non è vero!- ribatté Belle.

Gaston non rispose, spalancando gli occhi per la sorpresa. Quindi, sul suo volto tornò repentinamente la stessa smorfia di rabbia, e strinse nuovamente le spalle della ragazza, sbattendola contro il muro.

- Gaston, ma che stai…?

- Quando ti deciderai a capirlo?!- ululò il ragazzo.- Quando ti deciderai a capire che io ti amo?!

- Gaston, lasciami!- Belle cercò di divincolarsi.- Gaston! Lasciami! Mi fai male! Lasciami!

La ragazza continuava a dimenarsi, ma era tutto inutile. Aveva a che fare con un giocatore di football tre volte più grande di lei, era impossibile opporsi. Con un ruggito sommesso, Gaston la scaraventò a terra, e Belle finì riversa su un mucchio di sacchi d’immondizia, fra lattine e cocci di vetri. La ragazza emise un gemito quando si ferì la mano con una bottiglia rotta. Belle cercò di rialzarsi e di scappare, ma Gaston fu più veloce di lei, e afferratala per un braccio la scaraventò nuovamente contro il muro. La ragazza tossì, cadendo sul marciapiede come un sacco vuoto. Belle sollevò lo sguardo, fissando con orrore Gaston mentre iniziava ad armeggiare con la cintura dei pantaloni.

- Ti insegno io a portarmi rispetto, putta…

La frase s’interruppe a metà; Gaston strabuzzò gli occhi, quindi cadde riverso a faccia in giù sull’asfalto. Alle sue spalle, Mr. Gold stava riabbassando lentamente il suo bastone dall’impugnatura d’argento.

L’uomo guardò prima Gaston poi Belle, la quale non riusciva a fare altro se non ansimare e guardare il corpo del ragazzo con orrore. Mr. Gold si chinò, afferrandola per un braccio e tirandola in piedi.

- Ti sei fatta male?- chiese. Belle non rispose. Mr. Gold notò con la coda dell’occhio che la mano della ragazza sanguinava.

- Vieni…- disse, tirandola per un braccio. Belle mosse qualche passo, senza staccare gli occhi da Gaston.- Che stai facendo? Quell’energumeno senza cervello sta benissimo, domani al massimo avrà un po’ di mal di testa. Andiamo, avanti!

Belle si decise a seguirlo, in silenzio.

 

***

 

Con grande sorpresa di Belle, Mr. Gold la riportò al negozio. La ragazza si sarebbe aspettata che la lasciasse in strada, o che al massimo la portasse al Pronto Soccorso, ma alla fine decise che era meglio che non l’avesse fatto. Sconvolta com’era, avrebbe avuto troppa paura per restare da sola in mezzo ad una strada buia e deserta, e non avrebbe saputo inventare una bugia decente da raccontare ai medici per dare una spiegazione della sua ferita.

Ferita che, si rese conto, doveva essere anche abbastanza profonda.

Mr. Gold la guidò in silenzio sul retro del negozio, dove c’era un lavello. Senza dire una parola né tantomeno chiedere il permesso, il proprietario rimboccò una manica della giacca indossata dalla ragazza, in modo che la ferita fosse ben visibile. Belle vide che il taglio si estendeva dal palmo della mano fino a qualche centimetro al di sopra del polso.

Mr. Gold aprì il rubinetto, e fece scorrere l’acqua sulla mano della ragazza. Belle emise un gemito di dolore causato dall’acqua fredda sulla ferita che bruciava, e fece per ritrarsi, ma Gold le trattenne fermamente il polso.

- Bisogna lavare via il sangue…- disse, a mezza voce.

Belle non replicò e chiuse gli occhi, cercando di non pensare al bruciore. Dopo un paio di minuti, Mr. Gold chiuse il rubinetto, e un pezzo di carta asciugò la mano di Belle. Sempre senza dire una parola, sotto lo sguardo confuso e sconvolto della ragazza, aprì uno sportello al di sotto del lavandino, estraendone una boccetta di plastica, del cotone e delle bende. Tolse il tappo alla boccetta.

- Tranquilla, è disinfettante…- disse, notando l’espressione interrogativa e vagamente diffidente della ragazza.- Si può sapere chi era quello?- si decise poi a chiedere, versando un po’ di disinfettante sul cotone e premendolo sulla ferita della ragazza.

- Gaston…- soffiò la ragazza, con una smorfia di dolore. Cavoli se bruciava!

- Scusa, tesoro, ma questo nome non mi dice nulla…- ghignò Mr. Gold.- E’ il tuo fidanzato?

- No…è proprio questo il problema…- mormorò Belle, mentre Gold iniziava a fasciarle la mano.- E’ uno che non accetta i no

- Credo di aver capito…

Mr. Gold terminò di fasciarle la mano, quindi le fece cenno di seguirlo.

- Stasera ho tenuto aperto fin troppo…

Uscirono in strada. Belle attese che il suo datore di lavoro chiudesse a chiave la porta del negozio, quindi fece per andarsene. Gold la trattenne.

- Ti riaccompagno a casa…- disse, senza guardarla.- Non vorrei che incontrassi qualcun altro che non accetta i no.

Belle annuì, in cuor suo piuttosto sollevata. Benché Mr. Gold non fosse esattamente la migliore compagnia che potesse sperare, era contenta di poter fare la strada con qualcuno, quella notte. Camminarono fianco a fianco in silenzio per tutto il tragitto, senza quasi neanche guardarsi; Belle si accorse che Mr. Gold faticava a camminare velocemente per via del suo bastone, quindi rallentò il passo, adeguandosi al suo.

Fu solo quando furono giunti di fronte alla casa della ragazza che Belle ebbe il coraggio di spiccicare parola.

- Grazie…- riuscì a mormorare.

Mr. Gold, per tutta risposta, lanciò un’occhiata alla sua mano.

- Domattina disinfetta di nuovo e cambiati le bende. Ci vediamo lunedì.

Senza aggiungere altro, Gold si voltò e in un attimo sparì dietro l’angolo. Belle rimase un attimo pensierosa, immobile sulla soglia della porta, quindi entrò.

Si fece una doccia calda, rimanendo a lungo sotto l’acqua nel tentativo di riordinare le idee. Che avrebbe fatto con Gaston? L’avrebbe denunciato? Non voleva pensarci, non ora. Si sentiva troppo stanca…

Si asciugò velocemente e indossò la camicia da notte. Avrebbe voluto chiamare Ruby o Mary Margaret, ma il rumore della porta che sbatteva, seguito da passi barcollanti e imprecazioni oscene le comunicò che suo padre era tornato, sbronzo come al solito, e che quindi non era il caso di farlo imbestialire con telefonate notturne.

Belle si chiuse in camera per non doverlo incontrare; non aveva voglia di discutere anche con lui. S’infilò sotto le coperte e spense la lampada, cercando di prendere un po’ di sonno, ma, benché stanchissima, proprio non riusciva a dormire.

Continuava a pensare a Gaston, all’aggressione…a Mr. Gold…

Dopo quel che era successo con il gorilla, il salvataggio di Mr. Gold e la sua gentilezza nel medicarle la ferita e riaccompagnarla a casa erano stati i fatti più sconvolgenti della serata. Belle non si sarebbe mai aspettata un simile comportamento da lui, soprattutto dopo che lei lo aveva insultato. Improvvisamente, si sentì un verme per avergli urlato contro.

Guardò alla debole luce lunare la sua mano fasciata, ripensando a Gold che la disinfettava e la bendava.

Forse, si disse, si era fatta un’idea sbagliata, su di lui…

 

Angolo Autrice: Okay, questo è ufficialmente uno dei capitoli peggiori che io abbia mai sfornato. E non lo dico per falsa modestia, sul serio, non ne sono per niente soddisfatta.

Come vi avevo detto, questa è una delle modifiche che ho apportato alla storia originale, e in questo caso ringrazio Sylphs, lei sa perché…

Ho deciso di dare più importanza al personaggio di Gaston in questa ff, perché nella serie aveva un ruolo marginale e, a mio parere, anche abbastanza ridicolo…

Nel prossimo capitolo, comunque, tornerò sulla retta via, tranquilli XD.

Dunque, ringrazio kagura ed emily silente per aver aggiunto questa ff alle seguite, Nimel17 per averla aggiunta alle seguite e per aver recensito, ANIMAPERSA e Samirina per averla aggiunta alle preferite e x_LucyLilSlyherin e Sylphs per aver recensito.

Ciao a tutti, al prossimo capitolo!

Bacio,

Dora93

  
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